L’INDAGINE SUL PADRE DI RENZI A GENOVA RESTA IN PIEDI PER UN DEBITO DA 1750 EURO – IL GIP HA DECISO DI FAR CELEBRARE UN PAIO DI UDIENZE PER APPROFONDIRE IL CASO, ANCHE CON L’AIUTO DI UN PERITO COMMERCIALISTA
A dare al Gip l’occasione per approfondire i fatti è stata l’opposizione all’archiviazione presentata da un tignoso creditore, Vittorio Caporali – Caporali tra l’1 gennaio 2003 e il 24 agosto 2005 ha ospitato a Genova in un locale di tre vani di proprietà della Genova press gli uffici della Chil post. Quando l’amministratore riconsegnò le chiavi, lasciò dietro di sé locali semidistrutti…
Giacomo Amadori per “Libero Quotidiano”
Per un debito di 1.750 euro Tiziano Renzi, il babbo del premier Matteo resta indagato a Genova. E pensare che appena quattro giorni fa il presidente del Consiglio in visita nel capoluogo ligure aveva fatto una piccola invasione di campo e rimarcato la richiesta di proscioglimento per il genitore da parte della procura.
Infatti i pm genovesi a marzo avevano proposto l’archiviazione per Renzi senior, inquisito per la bancarotta fraudolenta della sua vecchia società di marketing editoriale, la Chil post srl. Ma il gip Roberta Bossi, forse sentendosi tirata per la toga, non ha accolto la richiesta e ha deciso di far celebrare almeno un paio di udienze per approfondire il caso, anche con l’ausilio di un perito commercialista.
A darle l’occasione una decina di giorni fa è stata l’opposizione all’archiviazione presentata da un tignoso creditore, il settantacinquenne Vittorio Caporali. L’imprenditore, cremonese di origine, ma genovese d’adozione, è il titolare della Genova press, società specializzata nella distribuzione di giornali.
Nella memoria preparata dall’avvocato Ernesto Rognoni sono illustrati i motivi dell’opposizione all’archiviazione. Caporali tra l’1 gennaio 2003 e il 24 agosto 2005 ha ospitato a Genova in un locale di tre vani di proprietà della Genova press gli uffici della Chil post. Quando l’amministratore riconsegnò le chiavi, secondo Caporali, lasciò dietro di sé locali semidistrutti.
Nel 2006 la Genova press si rivolge al giudice per chiedere il risarcimento dei danni. Per il proprietario gli affittuari asportarono le pareti divisorie, danneggiarono il controsoffitto «rendendolo inservibile», distrussero l’impianto elettrico e telefonico e abbandonarono «materiale ingombrante e inutilizzabile». Nel primo grado il giudice dà ragione a Renzi, ma la Corte d’appello, nel maggio del 2012, riforma parzialmente la sentenza.
A fronte di un risarcimento richiesto di 5.900 euro ne concede 1.750 (per le pareti divisorie usate), a cui aggiunge rivalutazione monetaria, interessi e spese legali. Nel frattempo la Chil post ha cambiato padrone e dalla famiglia Renzi è stata ceduta a Mariano Massone (ufficialmente l’intestatario delle quote è il padre settantacinquenne Gian Franco), ex collaboratore genovese di Tiziano. I nuovi titolari, però, non hanno intenzione di risarcire i numerosi creditori e nel febbraio del 2013 dichiarano il fallimento.
A questo punto l’avvocato Rognoni si rivolge al curatore fallimentare per la restituzione di 4.900 euro. Nel marzo del 2014 Renzi senior, Massone e l’ultimo amministratore, Antonello Gabelli, vengono iscritti sul registro degli indagati per bancarotta fraudolenta. Un anno dopo i pm genovesi ritengono «insufficienti» le prove contro Tiziano e ne chiedono l’archiviazione. Ma Caporali, come detto, non ci sta.
Secondo lui i danni vennero causati quando alla guida della Chil post c’era Tiziano Renzi e adesso festeggia il rinvio del proscioglimento: «Il giudice era da marzo che aveva le carte su tavolo, ma ha deciso dopo la presentazione della nostra memoria. Forse non aspettava altro che la mossa di un creditore per proseguire le indagini, nonostante le pressioni che avrà certamente sentito».
Signor Caporali non ce l’avrà mica con Matteo Renzi?
«Ho votato Grillo, Lega e Berlusconi, mai il Pd o la sinistra. Ma nel mio caso il figlio non c’entra nulla. Io ce l’ho con il padre. Mi ha portato via il porta a porta del Secolo oltre alle pareti dell’ufficio e mi ha distrutto gli impianti elettrici».
Non le è proprio simpatico…
«Pensi che quando firmammo il passaggio della distribuzione dei giornali non volle andare dal commercialista e mi disse: “Lo faccia venire da noi, io non mi muovo”. Il personaggio è questo».
Però per gli inquirenti il vero responsabile delle disavventure della Chil post è Massone.
«Quell’uomo è un delinquentello. Con la sua ditta curava per me la consegna a domicilio del giornale. Una volta ha minacciato un sciopero e io gli ho dovuto dare 25 milioni di lire sull’unghia perché altrimenti il Secolo XIX non sarebbe stato distribuito».
Questo accadeva il 30 settembre del 2002 e alla fine dello stesso anno il quotidiano genovese tolse l’appalto alla Genova Press.
«Lo assegnarono a Renzi senior (il figlio all’epoca era uno dei soci ndr) che aveva assunto il cognato dell’ex amministratore delegato del giornale».
E Massone?
«Rimase a lavorare con Tiziano e mi risulta che i due abbiano condiviso anche altre avventure imprenditoriali. È per questo che non accetto che il babbo del premier venga considerato estraneo a quanto mi è accaduto».
FONTE
http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/indagine-padre-renzi-genova-resta-piedi-debito-1750-102401.htm
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