mercoledì 31 ottobre 2018

Sapete chi finanzia le mega-navi delle Ong? La peggio feccia della finanza mondiale, a partire da Soros. Ecco tutti i nomi

Da Soros al tifoso di Hillary Clinton, ecco dove prendono i soldi e come li spendono le Ong che portano migranti in Italia
di Giuseppe De Lorenzo per Il Giornale
Le Ong di nuovo nell’occhio del ciclone. Dopo le accuse di Frontexle indagini di tre procuree il sospetto di “affari sporchi”, ieri anche Matteo Renzi ha accusato le organizzazioni umanitarie di “non rispettare le regole”.
È vero? Chissà. Di certo ci sono molti lati oscuri su cui è doveroso fare un po’ di luce.

Medici Senza Frontiere

Partiamo dalle associazioni più grandi. In cima alla lista va messa ovviamente Medici Senza Frontiere, che nel 2016 poteva contare su tre navi: la Dignity I, la Bourbon Argos e Aquarius. Oggi è rimasta attiva solo la Aquarius, a cui però è stato affiancato il nuovo acquisto “Prudence“, un’imbarcazione commerciale da 75 metri e 1000 posti a bordo. Un gigante del salvataggio.
Niente da ridire sulle attività che Msf porta avanti nel mondo. Anzi. Fa però sorridere il fatto che tra i suoi fondatori compaia Bernard Kouchner, medico francese che ha visto più palazzi della politica che sale operatorie. Dal 2007 al 2010 infatti è stato ministro degli Affari Esteri da Nicolas Sarkozy, ovvero di quel governo che nel 2011 ha bombardato Muhammad Gheddafi e trasformato la Libia nel porto senza regole da cui oggi partono i barconi carichi di immigrati.
E così, in qualche modo, persone collegate a Msf erano di casa in istituzioni che sono state la causa della crisi migratoria. Oggi l’associazione per salvare stranieri dalle bagnarole sostiene spese ingenti, ma i fondi non sembrano essere un problema. Nel 2016 ha raccolto 38 milioni di euro grazie al contributo di 319.496 donatori, 9,7 milioni di euro dal 5×1000 (di cui 1,5 andati per la nave Bourbon Argos) e 3,3 milioni da aziende e fondazioni. Tra queste chi appare? La Open Society Foundation di George Soros, il magnate ungherese col vizio del buonismo e delle frontiere aperte. Peraltro, la Open Society e Msf sono soliti scambiarsi collaboratori come se facessero le cose in famiglia. Un esempio? Marine Buissonnière, per 12 anni dipendente Msf, poi direttrice del programma per la Sanità pubblica di Soros e ora di nuovo consulente per le migrazioni della Ong.

Save The Children

Guarda caso, Soros ha finanziato (anche se per altre iniziative) pure un’altra organizzazione attivissima nel recupero clandestini: Save The Children. La nota associazione internazionale ha nel suo parco navi la Vos Hestia, un’imbarcazione da 62metri, che batte bandiera italiana e si avvale di due gommoni di salvataggio. I soldi? No problem: nel 2015 a bilancio sono segnati 80,4 milioni di euro di incassi.

Proactiva Open Arms

Un anno fa a gestire il famoso peschereccio Golfo Azzurro“beccato” dai radar a raccogliere stranieri vicino alle coste libiche, ci pensava l’olandese Life Boat Refugee Foundation. Da inizio 2017 la fondazione non organizza più salvataggi in mare, ma la Golfo Azzurro continua la sua opera al servizio della Ong spagnola Proactiva Open Arms, che una volta usava il vascello di lusso Astral donato dal milionario italiano Livio Lo Monaco. Per le loro navi gli spagnoli spendono 1,4 milioni di euro, di cui il 95% usati per le azioni di salvataggio (700mila euro al largo della Libia e 700mila euro a Lesbo) e il restante 5% in strutture, comunicazione e via dicendo. L’incasso però è più alto, con una raccolta fondi che supera i 2,1 milioni di euro. Secondo il direttore Oscar Camps, la Golfo Azzurro può ospitare 400 persone a bordo e un giorno di navigazione costa “solo” 5mila euro.

SOS Mediterranée

Spende invece almeno il doppio la Ong italo-franco-tedesca Sos Mediterranée, fondata dall’ex ammiraglio Klaus Vogel. Per sostenere 24 ore di mare, alla Acquarius servono circa 11mila euro. E se desiderate fare una donazione sappiate che con 30 euro si riesce a mettere in mare per un’oretta solo la lancia di salvataggio. Tra i soci fondatori compare il Cospe, una Onlus italiana dedita all’immigrazione e che (oltre a fondi pubblici) ha ricevuto 46mila euro dalla solita Open Society di Soros.

Sea Watch Foundation

Il mistero dei costi si infittisce osservando le attività della Sea Watch Foundation. Nel 2014 Harald Höppner investe con un socio 60.000€ nell’acquisto di un vecchio peschereccio olandese. Oggi vanta attrezzature di tutto rispetto: oltre alle due unità navali (una battente bandiera olandese e l’altra neozelandese), a breve dovrebbe essere operativo il “Sea Watch Air”, un aereo col compito di pattugliare dall’alto il Mediterraneo. Da dove vengono i soldi? Non è dato sapere.

Life Boat

Sia Sea Watch che la sorella Life Boat condividono una curiosità interessante. Tra i loro partner spicca la Fc St. Pauli, una società sportiva di Amburgo più famosa per sposare cause buoniste che per meriti calcistici. Per dirne una, è stata la prima squadra a vietare l’ingresso allo stadio ai tifosi di destra. Altro che accoglienza. La base operativa sarebbe a Malta, ma l’equipaggio della Minden sembra preferire i porti italiani per “scaricare” i migranti. Solitamente effettuano missioni da 10 giorni per 24 ore di navigazione e il costo giornaliero del carburante ruota attorno ai 25 euro. Sulla piattaforma betterplace.org sono riusciti a raccogliere 6mila euro per radar e comunicazioni satellitari, 7.500 euro per comprare un gommone di salvataggio e 12 mila euro per il combustibile. Troppi pochi per gestire così tante missioni. Gli altri da dove arrivano? Lecito chiederselo, visto che a breve dovrà comprare una barca tutta sua e per ora i generosi sostenitori hanno versato solo 1.800 euro.

Sea-Eye e Jugend Rettet

All’appello delle cinque Ong tedesche mancano la Sea-Eye e la Jugend Rettet. La prima è stata fondata nel 2015 da Michael Buschheuer, conta circa 200 volontari e sul sito è scritto che gli bastano 1.000 euro per pagare un’intera giornata alla ricerca di clandestini. Si avvale dei pescherecci Sea-Eye e Sea Fox. La seconda invece è formata da un gruppo di ragazzi che per 100mila euro ha comprato il peschereccio Iuventa. Ogni missione in mare costa circa 40 mila euro al mese e viene finanziata con donazioni private. La loro raccolta fondi funziona molto bene, visto che da ottobre 2016 ad oggi hanno racimolato 166.232 euro.

Moas

Il caso più curioso è però quello della Migrant Offshore Aid Station, associazione maltese con due imbarcazioni (Phoenix e Topaz responder), diversi gommoni Rhib e alcuni droni. Moas è stata fondata nel 2013 da due imprenditori italo-americani, Christopher e Regina Catambrone, diventati milionari grazie alla Tangiers Group, agenzia assicurativa specializzata in “assistenza nelle emergenze e servizi di intelligence”. Tra i vari (e ricchi) partner, ha ricevuto 500mila euro da Avaaz.org, cioè la società riconducibile a Moveon.orgche a sua volta fa capo all’onnipresente George Soros. Non è tutto. Perché Christopher appare tra i finanziatori (416mila dollari) di Hillary Clinton durante l’ultima deludente campagna elettorale e negli anni si è contornato di personaggi a dir poco particolari. Nel circolo di amici appare tal Robert Young Pelton, proprietario di un’azienda (Dpx) che produce coltelli da guerra. Esatto: armi bianche già testate in zone di conflitto come Afghanistam Somalia, Iraq e Birmania. Non basta? Fino a giugno 2016 il direttore era Martin Xuereb, in passato Capo della Difesa dell’Esercito maltese. Infine, una seggiola del Consiglio di Moas è riservata a Ian Ruggier, ex ufficiale maltese famoso per aver represso con la violenza le proteste dei migranti ospitati sull’isola. Strano, no? Professano accoglienza e poi usano il pugno duro. Oltre ad avere alcuni lati oscuri, pare che lo Ong pecchino anche di coerenza.

LA MANOVRA? UN CAPOLAVORO: COSI’ HANNO FREGATO MATTARELLA. E ADESSO E’ OBBLIGATO A STARE MUTO, ALTRIMENTI SARANNO SOLO GUAI PER LUI ED I SUOI ACCOLITI

Marco Antonellis per “Dagospia”
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella utilizzerà i prossimi appuntamenti istituzionali per esternare tutta la sua preoccupazione in tema di conti pubblici, spiegano ambienti del Quirinale. Le grandi agenzie di rating internazionali si esprimeranno a breve (a proposito: in Piazza Affari danno per scontato un declassamento da parte di Moody’s e Standard & Poor’s) mentre fonti diplomatiche fanno sapere che in Europa si stanno preparando al peggio e stanno già lavorando riservatamente ai “Piani b” per attutire il colpo di un’eventuale fuoriuscita dell’Italia dall’euro. Insomma, il Cigno Nero potrebbe arrivare e anche prima del previsto spiegano le medesime fonti.
In Europa, raccontano fonti diplomatiche di altissimo livello “sperano che i mercati facciano il loro dovere e pieghino l’Italia con le buone o con le cattive” altrimenti dovrà essere Bruxelles a bocciare la manovra e costringere Roma a riscriverla. Con tutti i rischi del caso.
Perché stavolta Bruxelles ha paura dell’Italia, ha paura di bocciarla e di cadere così nella trappola messa in piedi con grande abilità politica da Di Maio e Salvini, i reucci della nuova Italia sovranista-populista. Spiegano fonti del governo gialloverde: “Se ci bocciano la manovra stravinceremo le elezioni europee del prossimo anno puntando tutto sull’Europa cattiva e matrigna, andando a testa bassa contro l’euro e contro i mercati.
Avremmo la campagna elettorale bella che fatta. Dopo di che la manovra la ripresenteremo comunque tale e quale il prossimo anno. Se invece non ce la bocciano o ci chiederanno piccoli aggiustamenti (ipotesi più probabile) avremmo vinto su tutta la linea e ci presenteremo da vincitori alle elezioni europee del prossimo maggio”.
Insomma, comunque vada sarà un successo: Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno già vinto. E tutto quello che vale per l’Europa vale anche per il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, sempre più in un vicolo cieco: è totalmente fallita la sua linea Maginot che aveva impedito dapprima a Paolo Savona di diventare Ministro dell’Economia e poi posto Giovanni Tria al Mef.
E sono totalmente falliti gli appelli e i moniti delle scorse settimane con cui aveva solennemente invitato alla prudenza. Ora non gli resterebbe che appellarsi all’Art.81 (quello sul pareggio di bilancio messo in Costituzione da un certo Mario Monti) e non firmare la manovra, come qualcuno in alto loco già sta ventilando.
Con il rischio però che se ciò accadesse, la serata di fine Maggio in cui i populisti chiesero l’impeachment del Capo dello Stato al confronto di quanto potrebbe accadere ora sarebbe stata solo una passeggiata di salute.
Intanto, tra i vertici istituzionali del Paese già si ragiona sulla “madre di tutte le battaglie”, la sfida per la conquista del Quirinale nel 2022: “Se dovesse cadere in mani pentaleghiste sarebbe la fine” fanno sapere fonti diplomatiche. Se ciò accadesse per l’establishment e i relativi poteri forti sarebbe Game Over: “Non è un mistero per nessuno che negli ultimi anni il vero terminale di Berlino, Parigi e Bruxelles sia stato il Colle più che Palazzo Chigi”. “Se perdiamo il Quirinale è finita” spiegano scuotendo la testa. La vittoria dei populisti sarà completa e totale. Per questo, giurano i soliti bene informati, si farà di tutto per andare nei prossimi 12/24 mesi ad elezioni anticipate ed impedire così che la coalizione composta da Lega e 5 Stelle possa eleggere il prossimo Capo dello Stato.
Meglio, molto meglio, fanno notare le medesime fonti, che si vada al più presto ad elezioni e che vinca il Centrodestra in maniera netta e chiara (ecco spiegato il riavvicinamento Salvini-Berlusconi degli ultimi tempi: l’establishment preferirebbe di gran lunga Salvini premier con Berlusconi all’attuale esplosivo duopolio Di Maio-Salvini) in modo che poi non possano pretendere anche il Quirinale (avendo già Palazzo Chigi per il Capitano) e che quindi lo lascino in mano ad una figura ‘terza’ e di garanzia (oltre che ‘equivicina’ a Bruxelles).
Insomma, per i poteri forti la vittoria del Centrodestra sarebbe a questo punto il male minore, comunque da preferire all’attuale alleanza di governo (ed è per questo che i 5Stelle hanno già “drizzato” le orecchie sospettando taluni autorevoli esponenti leghisti di essere uomini del ‘sistema’). Questo, potete scommetterci, sarà il prossimo “Great Game” della politica italiana.

"Questo Def doveva farlo il Pd. Governo coraggioso". L'ammissione del super uomo di sinistra

Intervista di Affaritaliani.it a Stefano Fassina, deputato di Liberi e Uguali, sul Def approvato dal governo Conte


Da uomo di sinistra, che cosa pensa del Def approvato dal governo Lega-M5S con il deficit/Pil al 2,4% per tre anni?
"Sono stati fissati obiettivi necessari e coraggiosi. E, proprio perché coraggiosi, anche pericolosi in quanto colpiscono interessi che, ovviamente, reagiscono rispetto a una politica di bilancio che, finalmente, pone le condizioni per tornare ad affrontare le priorità economiche e sociali. Poi vedremo nella Legge di Bilancio come il governo utilizzerà questo spazio di extra-deficit".

Quali sono questi interessi che reagiscono e in che modo lo fanno?
"Come reagiscono è semplice, con la vendita dei nostri titoli di Stato. E parlo di tutti coloro che vogliono mantenere lo status quo ovvero il pesante sfruttamento del lavoro e un modello che favorisce le grandi imprese che esportano e la grande finanza. Questi poteri hanno i propri capisaldi in Germania. E, come è successo con Syriza in Grecia, verso chi compie atti di insubordinazione c'è una reazione forte".
La bocciatura Ue della manovra è abbastanza scontata...
"Non lo so, ma è l'aspetto meno preoccupante. Il punto è che cosa farà la Bce in interazione con Berlino. Sono fenomeni politici e non economici, scelte politiche che la Banca Centrale Europea prende in stretta relazione con il governo tedesco. Devo dire però che l'attenzione manifestata da Manfred Weber, capogruppo del Ppe all'Europarlamento e candidato della Merkel alla Commissione, verso i sovranisti - rispetto ai quali si è posto come pontiere - mi porta a dire che non necessariamente ci sarà una rigidità dalle parti di Berlino. Quelli fissati nel Def sono obiettivi necessari e coraggiosi, quindi pericolosi, perché è una partita tutta politica. Bisogna vedere cosa faranno anche i governi di quei Paesi extra-europei che sono stati visitati in queste settimane da Tria, Savona e Conte con i loro fondi sovrani e le loro banche centrali. Ripeto, è una partita tutta politica che inevitabilmente che si apre. Tuttavia, finalmente la politica ritrova il primato sull'economia".
Quindi Cina, Russia e Usa potrebbero comprare Btp al posto della Bce quando finirà il QE?
"Non è un'ipotesi da escludere. Si apre un gioco politico dove ci sono attori e interessi diversi nei confronti dell'Italia che interagiranno".
Obiettivi coraggiosi ma pericolosi ha detto, perché?
"Potrebbe esserci lo scenario greco che però penso non convenga a nessuno visto il peso finanziario dell'Italia, decisamente superiore a quello della Grecia. Vi sarà un'attenzione anche perché il governo ha fissato un obiettivo distante dall'autolesionismo del fiscal compact, ma con il 2,4% aumenterà la crescita e tutto ciò avrà effetti compensativi sul debito pubblico. Non stiamo parlando di un obiettivo di deficit fuori dal mondo, ma certamente di una rottura e di una forzatura rispetto al fiscal compact. Un'azione necessaria, poi vedremo che uso ne farà il governo. Un conto sono investimenti pubblici che si moltiplicano, altro operazioni di carattere elettorale. Ma oggi ci sono le condizioni per fare investimenti pubblici, ieri con l'1,6% o anche con il 2 non c'erano".
Qual è il provvimanteo che la convince maggiormente? Il reddito di cittadinanza?
"Il reddito di cittadinanza vedremo come verrà fatto. Se sarà un reddito di inclusione e punterà al potenziamento della promozione del lavoro, bene; se invece sarà solo assistenzialismo puro non funzionerà perché sarebbe uno strumento di passivizzazione e di manenimento della marginalità sociale. Il modello deve essere il Rei (reddito di inclusione, ndr) potenziato significativamente. L'altro provvedimento importante e positivo è l'allargamento del forfettone fiscale per le partite Iva ovvero l'innalzamento della soglia di fatturato alla quale si applica l'aliquota del 15%".
Strano che un uomo di sinistra come lei dica queste cose di un governo dove dentro c'è un partito, la Lega, che per molti suoi colleghi è razzista e fascista. No?
"A parte che non ritengo che siamo di fronte ad un governo fascista, penso che prendano misure sbagliate rispetto a problemi veri. Dopodiché, come dissi quando fu bloccata la nomina di Savona, è necessario cambiare rotta e a farlo è un governo che per alcuni aspetti non condivido anche se tutto ciò avrebbe dovuto farlo la sinistra ma non lo ha fatto perché pesantemente sfiduciata da parte di quelle categorie sociali che avrebbe dovuto rappresentare e che invece ora si affidano a chi sta al governo. Se chi governa attua provvedimenti nella giusta direzione, tali misure vanno sostenute perché fanno gli interessi di coloro che proprio la sinistra dovrebbe rappresentare. Purtroppo la larga parte degli eredi della sinistra storica ha definitamente deciso di difendere gli interessi dei più forti".
Alle elezioni europee del 2019 potrà nascere un sovranismo di sinistra?
"E' già nato. Mélenchon in Francia, con una piattaforma che da noi a sinistra definiscono per ottusità populista e sovranista, ha preso oltre il 20% alle Presidenziali. E c'è una parte della Linke, quella della Wagenknecht, che ha lanciato un movimento che sta ottenendo un consenso molto ampio proprio sulla stessa linea di Mélenchon".
Una linea che non è certo quella di Renzi...
"Assolutamente no. Lo spazio c'è, ma oggi è occupato, con tante contraddizioni, dal M5S. Uno spazio che va riconquistato. Con alcuni compagni e con alcune compagne e con tanti intellutuali l'8 settembre scorso abbiamo lanciato l'associazione 'Patria e Costituzione' che ha scandalizzato la sinistra del 'main stream', sia radicale che riformista, perché afferma il primato della nostra Costituzione sui trattati europei".
Una convergenza al Parlamento europeo tra sovranisti di destra e di sinistra?
"Un'alleanza è impraticabile perché ci sono questioni di fondo che sono inconciliabili. C'è un'evidente distanza ma c'è anche un'alternativa radicale all'europeismo liberista di Macron, del Pd e dell'Spd".

BENZINA, TAGLIO ALLE ACCISE? IMPOSSIBILE GRAZIE AD UNA LEGGINA VOLUTA DA RENZI: ecco l’ultimo regalo del codardo agli italiani

Il taglio alle accise benzina? No, per colpa di Renzi vanno alzate

Il governo ha promesso un taglio alle accise sulla benzina. Ma la risposta del Mef ad una interrogazione spiega: dal 2019 andranno aumentate
Il governo è al lavoro sulla manovra. E come ogni legge di Bilancio che si rispetti non mancano frizioni tra colleghi di maggioranza, promesse fatte (a cui occorre trovare ampie coperture finanziare) e zerovirgola da aggiustare qua e là.
In fondo la coperta è corta e puoi tirarla quanto vuoi, ma i piedi o la testa resteranno comunque fuori.
Nei giorni scorsi Massimo Bitonci, sottosegretario all’economia in quota Lega, aveva annunciato in un’intervista al Messaggero che il governo avrebbe dato il via ad “un primo sfoltimento delle accise sulla benzina”, cancellando “quelle più datate nel tempo”. Il fatto è che Forza Italia ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere “se e quando” l’esecutivo “intenda procedere al taglio del costo fiscale della benzina” e soprattutto “con quali tempistiche”.
Il responso ha sorpreso gli onorevoli azzurri. “Il Governo – dice Galeazzo Bignami al Giornale.it – non solo smentisce se stesso e allontana ogni ipotesi di taglio delle accise, ma annuncia che a breve vi sarà un significativo ritocco al rialzo per garantire un ulteriore gettito alle casse dello Stato”.
A osservare la risposta all’interrogazione, in effetti, si legge chiaramente che sebbene “eventuali riduzioni delle aliquote di accisa sui carburanti” sarebbero “fattibili dal punto di vista tecnico”, da tenere in conto ci sono tre fattori. Il primo è che non possono essere cancellate del tutto perché esiste una “aliquota minima unionale” stabilita dalle direttive dell’Unione Europea. Il secondo, che “dalle predette riduzioni deriverebbero ingenti minori entrate per l’erario, proporzionali direttamente all’entità delle riduzioni praticate e che potrebbero essere quantificate soltanto in sede di elaborazione di una puntuale proposta normativa”. Terzo, un decreto legge firmato da Renzi e dal suo governo impone entro il 30 novembre di alzare ancora le accise sulla benzina. Bel regalino.
Con il D.L 91/2014, infatti, per finanziare “il meccanismo di aiuto alla crescita economica (ACE)” l’ex premier aveva previsto la più classica delle coperture: alzare le tasse sul gasolio. La norma prevede “un aumento, a decorrere dal primo gennaio 2019 dell’aliquota di accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché del gasolio usato come carburante, da adottare con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli entro il 30 novembre 2018”.
L’incremento sarà peraltro ingente, visto che dovrà essere “in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni di euro nel 2019, 164,4 milioni di euro nel 2020 e 148,3 milioni di euro a decorrere dal 2021”. Insomma: se nulla cambierà, presto “occorrerà procedere all’emanazione di una determinazione che rimoduli in aumento le aliquote di accisa” sulla benzina. Altro che taglio: qui per colpa di Renzi vanno alzate. A meno che il governo non trovi nel fondo del barile qualche risorsa per scongiurare la batosta.

“ENTRA IL LADRO IN CASA? GIUSTO SPARARGLI, MA SCHERZIAMO?” BONGIORNO SENZA SE E SENZA MA: entri in casa mia per rubare? Devono essere solo problemi tuoi, non miei

Intervistata ad Agorà, su Rai Tre, la ministra per la Pubblica Amministrazione, eletta al Senato con la Lega, rilancia una delle battaglie storiche del Carroccio: “Nell’incertezza si può difendere. Chi sta dentro casa, se sente dei rumori e qualcuno che si muove dentro casa, non può fare indagini, può difendersi”, dice in un’intervista ad Agorà

“Ed è giusto che gli spari se manca di freddezza?”. “Secondo me, sì. Chi sta dentro casa, se sente dei rumori e qualcuno che si muove dentro casa, non può fare indagini, può difendersi. Nell’incertezza si può difendere. Quello che dico è che chiunque entri in casa altrui per rubare o per uccidere ne accetta le conseguenze”. Giulia Bongiorno, riapre con queste parole la discussione sulla legittima difesa.


Intervistata ad Agorà, su Rai Tre, la ministra per la Pubblica Amministrazione, eletta al Senato con la Lega, rilancia una dellebattaglie storiche del Carroccio che vede 5 disegni di leggeincardinati a Palazzo Madama lo scorso luglio. “Quando parliamo di legittima difesa dobbiamo entrare in un’ottica – spiega Bongiorno – Lei si immagini uno che vive da solo e sente dei passi ha la freddezza per fare un’indagine notturna e capire se chi cammina lo fa per rubare un oggettino o per uccidere?”, ha spiegato la ministra. A quel punto la conduttrice l’ha interrotta domandando se fosse giusto o meno sparare e Bongiorno ha risposto senza esitazioni: “Secondo me, sì”.
Dopo le parole di Salvini a fine giugno (“è una priorità”), in mattinata, con un’intervista al Messaggero, nei giorni in cui venivano presentati i ddl era stato il capogruppo dela Lega al Senato, Massimiliano Romeo, a ricordare come quella sulla legittima difesa sia “una nostra battaglia da sempre” sulla quale “puntiamo a procedere in modo spedito” pur sottolineando che “ne parleremo principalmente con i nostri partner di governo” purché “sia chiara la direttrice su cui ci muoviamo”. “Mutuando la legislazione francese – aveva concluso – noi introduciamo la presunzione di legittima difesa. Significa che se uno entra in casa tua armato o comunque contro la tua volontà, qualunque reazione è considerata legittima“.

Pochi giorni fa, l’argomento aveva scatenato un botta e risposta tra il vicepremier e il presidente dell’Anm, Francesco Minisci. Quello del governo, aveva detto il numero 1 dell’Associazione magistrati, è un disegno di legge di cui “non avevamo bisogno e che può essere molto rischioso“. La legge “regolamenta già in maniera adeguata tutte le ipotesi di legittima difesa”, aveva precisato il magistrato. Mentre il ddl del Carroccio “rischierebbe addirittura di legittimare reati gravissimi, fino all’omicidio. Non si può prescindere – spiegava Minisci – dal principio della proporzionalità fra offesa e difesa e dalla valutazione, caso per caso, del giudice: se un soggetto minaccia di schiaffeggiarmi o di sottrarmi un bene, io non posso reagire sparandogli; se, da fuori casa, vedo un tizio che si arrampica sul mio balcone, non posso essere autorizzato a sparargli”. La risposta del capo del Viminale è arrivata dopo poche ore: “Il sindacato dei magistrati (Anm) oggi ha attaccato le proposte di legge della Lega sulla legittima difesa perché inutili e rischiose – scriveva il ministro dell’Interno su Twitter – Invasione di campo? Tutto normale? Io tiro dritto, la difesa è sempre legittima”.

TANGENTI SULLA TAV, ARRESTATI FIGLI DI POLITICI E DI ALTI PAPAVERI. ECCO CHI SONO I PARASSITI DI QUESTO STATO INFAME E PARASSITA

Spiccano due nomi illustri nell’inchiesta della Procura di Roma su appalti e corruzione delle grandi opere. Uno è l’imprenditore Giandomenico Monorchio (figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio) arrestato stamattina dai carabinieri del Comando Provinciale di Roma. L’altro, che risulta indagato a piede libero, è invece Giuseppe Lunardi, anch’egli imprenditore, nonché figlio dell’ex potente ministro Pdl ai Trasporti e alle Infrastrutture del governo Berlusconi, Pietro Lunardi.

Sono in totale ventuno gli arrestati tra Lazio, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Abruzzo, Umbria e Calabria nell’indagine condotta dai carabinieri di Roma e denominata «Amalgama» (per simboleggiare i legami stretti). Ipotizza la corruzione per ottenere contratti di subappalto nell’ambito dei lavori per la realizzazione della tratta Tav «Av./A.C Milano-Genova-Terzo Valico Ferroviario dei Giovi» (Alta Velocità Milano-Genova), del 6° Macrolotto dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e della People Mover di Pisa. Agli indagati i procuratori aggiunti Paolo Ielo e Michele Prestipino contestano, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione.

Uno scambio di favori tra dirigenti e imprenditori. Falsi certificati sui lavori in cambio di subappalti. Ruolo «chiave» era quello del direttore lavori, l’ingegner Giampiero De Michelis, considerato il «promotore e organizzatore» della banda insieme all’imprenditore calabrese Domenico Gallo. Era proprio lui che, incaricato della direzione dei lavori dal «contraente generale», svolgeva compiacenti controlli di qualità e rilasciava certificati dove si affermava il falso, ottenendo come contropartita «commesse per beni e servizi» fatturati a ditte riferibili a parenti o amici.

Il complesso meccanismo è spiegato dalle intercettazioni telefoniche con le quali i carabinieri, agli ordini del generale Antonio De Vita, hanno incastrato i due principali protagonisti e gli altri indagati coinvolti, a vario titolo, nell’inchiesta. Tantissime le telefonate ascoltate dagli inquirenti. C’è ad esempio quella dell’aprile 2015, nella quale Gallo dice a un coindagato: «Chi fa il lavoro… la stazione appaltante… i subappaltatori… deve crearsi l’amalgama, mo’ è tutt’uno… Perché se ognuno tira e un altro storce non si va avanti… Quando tu fai un lavoro diventi… parte integrante di quell’azienda là… E devi fare di tutto perché le cose vadano bene… è giusto?».

I carabinieri annotano nel verbale, poco dopo, lo stupore dello stesso Gallo nell’apprendere che il suo interlocutore credeva che i controlli sui lavori venissero svolti secondo le regole: «Ah, perché pensavi che erano…». Quello risponde: «Io sì», e Gallo chiarisce: «Nooo… non pensare…. Chi pensa male fa peccato ma non sbaglia mai».

FONTE:

LA STAMPA

LA SAPETE L'ULTIMA DELL'AIUTINO ALLA "LADY" DI RENZI? NON AVEVA I REQUISITI PER LA CHIAMATA DIRETTA

LA BUONA SCUOLA FINISCE IN TINELLO - LA 'VERITA'' DI BELPIETRO: LA MOGLIE DI RENZI ASSUNTA CON CHIAMATA DIRETTA MALGRADO L' ASSENZA DI CERTIFICAZIONE LINGUISTICA E DIDATTICA DIGITALE - LA GIUSTIFICAZIONE: “PARLO INGLESE E FRANCESE, SONO AUTODIDATTA DEL WEB. FARÒ I CORSI”

Christian Campigli e Alessia Pedrielli per “la Verità”


«Un giornalista? No guardi, la preside non parla con nessun giornalista. Anzi, se ne vada immediatamente, altrimenti abbiamo l’ordine di chiamare i carabinieri». Ci hanno ricevuto così all’Istituto Tecnico Peano di Firenze, mentre Agnese Landini, moglie di Matteo Renzi, era a cena alla Casa Bianca in compagnia del presidente Obama.

Da settembre la first lady lavora qui, in una delle scuole più prestigiose della città, come docente di italiano e latino. Ma dopo nemmeno un mese ecco, già, il primo impegno (del consorte) che la porta lontano dai suoi alunni.

Nulla di illecito, per carità: Agnese, adesso non è più una precaria, insegna part time ed è bastato un permesso per motivi familiari per volare dall’altra parte dell’oceano. Ma come è arrivata, da impegnatissima- moglie- di premier, ad essere assunta in un rinomato istituto, non lontano da casa, nell’annus horribilis della scuola italiana?


La strada, lo dimostrano i fatti, gliela ha aperta la riforma voluta dal marito, la stessa che, invece, tra trasferimenti e ricorsi, ad altre migliaia di docenti italiani ha sconvolto la vita. Per lei, che si trovava al posto giusto al momento giusto, prima è arrivato il contratto a tempo indeterminato poi, grazie all’introduzione delle assunzioni a chiamata diretta, anche la cattedra, nonostante qualche titolo che mancava all’appello.

«Io faccio uno più uno. Ha la moglie, che non ha superato il concorso, che però sta nelle graduatorie ad esaurimento…e guarda caso quella graduatoria l’ha davvero esaurita, assumendo tutti. È evidente che ci sia qualcosa che non torna », suggeriscono voci nei corridoi della Cgil fiorentina.

Di certo la carriera della first lady, negli ultimi anni, non è stata tra le più impegnative: dopo essere stata fermata alle selezioni per insegnanti di ruolo, nel 2012, Agnese rientra nelle graduatorie per precari e la ritroviamo, prima, supplente per qualche mese in un educandato, poi in aspettativa per impegni di famiglia. E dopo la pausa, quando torna a scuola, nel 2015, pur lavorando sotto casa sceglie ancora l’orario ridotto.


Eppure proprio mentre è in aula, da supplente, qualche ora a settimana, arriva il primo colpo di fortuna. Parte la riforma La Buona Scuola, pensata dal consorte che, tra gli altri, stabilizza (grazie alla cosiddetta «fase c») anche i docenti iscritti alle graduatorie ad esaurimento e che non avevano superato il concorso. Tra cui Agnese.

«A Renzi avevamo consigliato di fare in modo diverso, per esempio un piano pluriennale di assunzioni in modo da esaurire quelle graduatorie in due o tre anni», spiegano ancora i sindacati, critici verso quella «fase c» che, con le assunzioni di massa, ha creato caos nelle assegnazioni. «Invece lui ha messo di ruolo tutti, senza guardare quali competenze davvero servissero », continuano «così, per esempio a Firenze ci sono 82 docenti di materie giuridiche parcheggiati lì, mentre, magari, mancano quelli di matematica ». E concludono: «La criticità è questa, la malignità viene dopo», ma «certo stupisce che un premier così giovane, così rampante», non abbia «pianificato le cose in modo più sensato».


Per Agnese, comunque, un senso c’è. Appena entrata di ruolo infatti, la consorte si ritrova in cattedra, voluta dalla preside dell’Istituto Peano, che tra tante, preferisce proprio lei. E, anche in questo caso, il merito è della riforma che ha dotato i dirigenti scolastici di poteri assoluti: niente più punteggio o anzianità, con la chiamata diretta, il dirigente assume chi vuole. Anche a prescindere dai titoli, se è il caso.

Nell ’avviso di selezione per i posti al Peano, pubblicato lo scorso 18 agosto, la dirigente dell’istituto indicava i titoli preferenziali su cui si sarebbe basata la scelta dei docenti: ai primi posti per importanza figuravano la certificazione linguistica (B2 o superiore) e i titoli in didattica digitale (uso degli strumenti tecnologici per l’insegnamento). Alla selezione rispose anche Agnese, ammettendo onestamente di non avere all’attivo, almeno in parte, i titoli richiesti.


«Non possiedo ancora certificazioni linguistiche ma ho buona padronanza di inglese e francese e sono intenzionata ad iniziare il percorso di certificazione», scriveva lei stessa nel suo curriculum «e per la didattica digitale ho acquisito competenze in maniera autonoma, ma sono intenzionata a seguire corsi per incrementare le mie conoscenze». Ma poco importa. La moglie del premier viene comunque assunta.


E, anzi, la preside, Maria Centonze, ben lieta della scelta, interpellata qualche giorno dopo sull’incarico alla first lady, spiegherà con semplicità: «Il suo curriculum corrispondeva ai requisiti pubblicati nel bando dell’Istituto: uso della tecnologia in classe e conoscenza della lingua inglese ».

fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/buona-scuola-finisce-tinello-verita-belpietro-moglie-134662.htm

martedì 30 ottobre 2018

“TRA LUI E SALVINI? SALVINI TUTTA LA VITA” Travaglio senza peli sulla lingua, così ammazza sul nascere il burattino che la sinistra considera il vero leader in Europa

Vien quasi voglia di stare con Matteo Salvini, parola di Marco Travaglio. A convincere il direttore del Fatto quotidiano è la spocchia immotivata di Emmanuel Macron, che in questi giorni si sta ergendo ad anti-salviniano e baluardo della democrazia in Europa. “Col risultato di instillare in tutti gli italiani, anche nei più anti-salviniani, una domanda angosciante: ma siamo proprio sicuri di voler essere salvati da Macron?”, chiede ironicamente Travaglio nel suo editoriale”.
Macron, cioè il “gattopardo parigino creato nei caveau di banca Rotschild per fingere di cambiare tutto lasciando tutto com’era”, il “finto buonista che ci dà lezioni di accoglienza e poi fa massacrare i migranti alle frontiere di Ventimiglia e Bardonecchia, donne incinte comprese”. Risposta: no, grazie. E con lui a casa anche i maldestri imitatori italiani del presidente francese, da Matteo Renzi a Carlo Calenda, dai veri renziani del Pd fino a Giorgio Napolitano, l’ex presidente che vedeva nel leader di En Marche la risposta europea ai sovranisti in ascesa. “Dopo un anno – conclude Travaglio caustico -, già sta sulle palle a quasi tutti. Una picchiata persino più repentina di quella di Renzi, che almeno, per guadagnare tante antipatie, di anni ne ha impiegati quattro”.

“ADESSO ENTRIAMO IN GUERRA PER VINCERLA” SAVONA, LANCIA LA SFIDA ALL’EUROPA DEI BUROCRATI AL SERVIZIO DELLE BANCHE

”ABBIAMO LANCIATO IL GUANTO DI SFIDA ALLA VECCHIA EUROPA. ORA DOBBIAMO VINCERE LA GUERRA, PERCHÉ GUERRA SARÀ”. QUESTO HA SCRITTO IL MINISTRO PER GLI AFFARI EUROPEI PAOLO SAVONA A DANIELE LAZZERI (DIRETTORE DE ‘IL NODIO DI GORDIO’) – INSOMMA MATTARELLA LO HA BOCCIATO COME MINISTRO DELL’ECONOMIA MA IL RISULTATO NON CAMBIA: ”CON LA FORTE VOLONTÀ POLITICA” DI SALVINI E DI MAIO ALLA FINE è PASSATA LA MANOVRA ‘SAVONIANA’


Oggi sulla bacheca Facebook di Daniele Lazzeri, direttore del think tank e rivista ”il Nodo di Gordio”, è apparso questo post:
Questa mattina mi ha scritto il Ministro Savona:
“Senza una forte volontà politica non si sarebbe potuto fare nulla. Abbiamo lanciato il guanto di sfida alla vecchia Europa, ora dobbiamo vincere la guerra, perché guerra sarà. Grazie e buon lavoro. Paolo”.

Grande Professore!