mercoledì 30 novembre 2016

"I vitalizi dei parlamentari ormai sono insostenibili". Panico tra i politici. Il siluro dell'Inps fa tremare la casta

Per gli ex parlamentari sono in pagamento 2.600 vitalizi per una spesa di 193 milioninel 2016, circa 150 milioni superiore rispetto ai contributi versati.

Lo dice il presidente dell’Inps, Tito Boeri in una audizione alla Camera sui vitalizi. "Applicando - dice - le regole del sistema contributivo oggi in vigore per tutti gli altri lavoratori all’intera carriera contributiva dei parlamentari, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 40%, scendendo a 118 milioni, con un risparmio, dunque, di circa 76 milioni di euro l’anno (760 milioni nei prossimi 10 anni)". Boeri nell’audizione sottolinea come la spesa negli ultimi 40 anni sia stata "sempre più alta dei contributi. Normalmente un sistema a ripartizione (in cui i contributi pagano le pensioni in essere) - precisa - alimenta inizialmente forti surplus perchè ci sono molti più contribuenti che percettori di rendite vitalizie. Nel caso di deputati e senatori, invece, il disavanzo è stato cospicuo fin dal 1978, quando ancora i percettori di vitalizi erano poco più di 500, prova evidente di un sistema insostenibile".

"Essendo il numero dei contribuenti fisso - dice - questi andamenti erano più che prevedibili. Eppure si è ritenuto per molte legislature di non intervenire. Addirittura si sono resi questi trattamenti ancora più generosi, come testimoniato da una crescita, per lunghi periodi, più accentuata della spesa che del numero di percettori. I correttivi apportati più di recente alla normativa, pur avendo arrestato quella che sembrava una inarrestabile crescita della spesa - continua - non sono in grado di evitare forti disavanzi anche nei prossimi 10 anni". "Con le regole attuali - sottolinea Boeri - la spesa per vitalizi è destinata ad eccedere anche nel prossimo decennio di circa 150 milioni l’anno i contributi versati da deputati e senatori. Applicando le regole del sistema contributivo oggi in vigore per tutti gli altri lavoratori italiani all’intera carriera contributiva dei parlamentari, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 40%, scendendo a 118 milioni. Vi sono 117 ex-deputati e senatori con lunghe carriere contributive per i quali il ricalcolo potrebbe comportare un incremento del vitalizio. I risparmi derivanti dal ricalcolo contributivo salirebbero a circa 79 milioni se la correzione alla luce del ricalcolo contributivo avvenisse solo al ribasso, tenendo conto del fatto che per la stragrande maggioranza degli ex- parlamentari ha ricevuto un trattamento di favore rispetto agli altri contribuenti". "Supponendo poi che il rapporto fra vitalizi in essere e vitalizi ricalcolati sia lo stesso per i consiglieri regionali, il risparmio complessivo in caso di ricalcolo per l’insieme delle cariche elettive - avverte il presidente Inps - salirebbe a 148 milioni di euro circa per il solo 2016 (e circa un miliardo e 457 milioni sui primi 10 anni presi in considerazione dalle nostre simulazioni). Si tratta, dunque, di misure non solo simboliche, ma in grado di contribuire in modo significativo alla riduzione della spesa pubblica o al finanziamento di programmi sociali".

SCOPERTA CHOC DEL M5S SUL COSTO DELLA BENZINA! ECCO COME CI FREGANO A LORO PIACIMENTO POLITICI E LOBBY.

"Il prezzo del petrolio continua a scendere mentre quello della benzina rimane alto. Perché?
Per l’ennesima promessa del governo non mantenuta: l’anno scorso aveva detto che avrebbe cancellato le accise sulla benzina.
E invece no. Paghiamo ancora le guerre di 50 anni fa, emergenze finite con soldi mai arrivati. E il prezzo della benzina rimane alto. Tanto al governo che importa? A pagare sono solo i cittadini.
Ne abbiamo chiesto ragione al governo e la risposta ricevuta stamattina in Aula è stata sconcertante! Secondo il sottosegretario Baretta il prezzo finale non è influenzato dalle accise.
Ma il governo pensa che ci beviamo le sue frottole?

Questa bugia andasse a raccontarla a Renzi. È stato lui a promettere la riduzione delle accise.
Chi viaggia in Europa si accorge subito della differenza di prezzo dei carburanti. Non è che sono più bravi nel resto del Continente, è che da noi le accise incidono per il 70% sul prezzo finale. Checchè ne dica il sottosegretario. 
Insomma, il solito balletto di balle e irresponsabilità sulla pelle dei cittadini. Tanto al governo che importa? A pagare sono sempre i soliti. Cioè noi." Michele Dell’Orco, portavoce M5S Camera








SCANDALO ETRURIA, ARRIVANO LE PRIME VERGOGNOSE ASSOLUZIONI: I RISPARMIATORI TRUFFATI ANCHE DALLA GIUSTIZIA

Sono stati assolti l’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari, l’ex dg Luca Bronchi e il direttore centrale Davide Canestri imputati per ostacolo alla Vigilanza. Lo ha deciso il gup del tribunale di Arezzo Annamaria Lopresti.
Sotto accusa c’erano tutti gli ex vertici che hanno governato l’istituto dal 2011 fino al commissariamento avvenuto nel febbraio 2015. Il procuratore capo Roberto Rossi e la Pm Jiulia Maggiore avevano chiesto 2,8 anni di carcere per Fornasari e Bronchi e 2 anni per Canestri.
Quello per ostacolo alla vigilanza è uno dei diversi filoni di indagine aperto dai magistrati aretini. Si indaga infatti anche per truffa, fatture false, bancarotta, conflitti di interesse. A parte la bancarotta, gli altri filoni puntano ad accertare se gli ex manager fossero a conoscenza del grave stato di salute della banca e se lo avessero nascosto a Banca d’Italia. L’assoluzione dall’accusa di ostacolo alla vigilanza potrebbe assestare ora un colpo a tutte le altre inchieste sull’istituto.
FONTE
HUFFINGTON POST

MAFIA CAPITALE, BUFERA NEL PD: AVVISO DI GARANZIA E DIMISSIONI PER IL PIDDINO DELLA REGIONE LAZIO

Regione Lazio – Bufera in Regione Lazio tra gli scranni del PD. Doccia fredda per Nicola Zingaretti.  Marco Vincenzi da poco nominato Presidente della Commissione bilancio della Regione Lazio stamattina si è dimesso. La Procura di Roma ha notificato un avviso di conclusioni indagini per 28 persone coinvolte nell’inchiesta Mafia Capitale.
L’indagine sul Mondo di Mezzo sembrerebbe mai essere terminata, così ora con la terza fase il provvedimento con rischio di rinvio a giudizio colpisce anche  volti nuovi, oltre a quelli che figurano già come imputati nel maxi processo. La chiusura indagini infatti coinvolge anche Salvatore Buzzi, figura chiave della maxinchiesta, Luca Odevaine, ex componente del tavolo sull’immigrazione e Eugenio Patanè, ex consigliere alla Regione Lazio nella fila del Pd.
VINCENZI, D’AUSILIO COLPITI DALLA TERZA INDAGINE
Tra i nomi nuovi spiccherebbero quelli dell’ex capogruppo del Pd in Consiglio Comunale, Francesco D’Ausilio e l’ex capogruppo al consiglio regionale del Lazio, sempre del Pd, Marco Vincenzi.
Si legge: “I fatti risalgono al periodo compreso tra il 2011 e fine 2014. Tra i reati contestati, a seconda delle posizioni, corruzione, turbativa d’asta, rivelazione di segreto d’ufficio e finanziamento illecito ai partiti”
Marco Vincenzi, già era contestatissimo per la sua nomina a Presidente della IV Commissione bilancio della Regione Lazio, partecipazione, demanio e patrimonio, programmazione economico-finanziaria, del 9 febbraio 2016 passata con con 8 voti a favore, 5 schede bianche e una nulla.  L’elezione del nuovo presidente s’era resa necessaria a seguito delle dimissioni di Mauro Buschini (Pd), diventato a sua volta assessore ai Rapporti con il Consiglio, Ambiente, Rifiuti. La commissione, che si compone di 14 membri (8 di maggioranza e 6 di opposizione), doveva provvedere nella successiva seduta alla elezione di uno dei due vicepresidenti, in sostituzione del dimissionario Simone Lupi (Pd). 
MARCO VINCENZI SI DIMETTE
Arrivano puntuali le dimissioni del Consigliere Vincenzi tramite una nota, si legge su AgenParl: “Mi è giunta questa mattina la comunicazione di chiusura delle indagini con notifica dell’avviso di garanzia. Ribadisco la mia totale estraneità alla vicenda, sicuro di aver sempre operato nella più assoluta correttezza e nel pieno rispetto della legge come potrò ampiamente dimostrare. Tuttavia, a tutela dell’istituzione Regionale e del mio diritto alla difesa, ho deciso di rassegnare le dimissioni da presidente della Commissione bilancio della Regione Lazio e di auto sospendermi dal Partito Democratico. Quando cinque mesi fa ho accettato l’incarico, non avevo ricevuta alcuna comunicazione giudiziaria. Oggi che questa condizione è venuta meno, preferisco fare un passo indietro per serietà e rispetto nei confronti dei tanti cittadini – elettori che mi hanno dato la fiducia, del Pd, dei colleghi d’aula e del presidente Zingaretti. Confermo la mia più assoluta fiducia nei confronti della magistratura e sono certo che potrà essere facilmente accertata la correttezza del mio comportamento”.
fonte: http://www.freedompress.cc/mafia-capitale-bufera-nel-pd-alla-regione-lazio-vincenzi-si-dimette-per-avviso-di-garanzia/

PROPAGANDA DEL “SI” CON I SOLDI DEGLI ITALIANI: CONDANNATA SERRACCHIANI. E ADESSO VEDIAMO SE LA PARASSITA PAGHERA’ LA MULTA

“È una parata della sinistra che, con i soldi dei contribuenti, finanzia in modo sfacciato quanto imbarazzante la propaganda in favore della riforma costituzionale“.

Massiliano Fedriga, capogruppo della Lega Nord alla Camera, batte i pugni sul tavolo per l’ennesima entrata a gamba tesa del Pd in favore del “sì” al referendum del 4 dicembre. Matteo Renzi, in difficoltà con i sondaggi, ha sguinzagliato i suoi per far campagna elettorale. Se ne infischia della par condicio. Pur di vincere è disposto a tutto.

A scatenare l’ultimo scontro, come riporta anche il Fatto Quotidiano, è stato un convegno organizzato dal vice segretario piddì Debora Serracchiani. Lo scorso 7 ottobre la sede della Regione Friuli Venezia Giulia si è, infatti, tenuto l’incontro “Riforma costituzionale e autonomie speciali”. Già dalla sede, però, si capisce che la Serracchiani non l’ha organizzato da esponente dem ma da governatrice. E qui subentrano un po’ di problemi. Per prima cosa ha invitato solo politici asserviti a Renzi e, quindi, favorevolissimi alla riforma costituzionale. Il sindaco di Udine Furio Honsell, il presidente del Consiglio regionale Franco Iacop, il ministro alla Affari regionali Enrico Costa e i presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano Ugo Rossi e Arno Kompatscher non hanno fatto mistero dell’intenzione di votare “sì” al referendum. Tutto questo a spese dei contribuenti.

“Non solo questo spudorato manifesto per il ‘sì’ al prossimo referendum del 4 dicembre è stato pagato con risorse pubbliche – attacca la grillina Elena Bianchi – ma si è svolto in piena violazione della par condicio e in totale assenza di contraddittorio”. Il Movimento 5 Stelle ha così presentato un esposto all’Agcom che ha sanzionato la Serracchiani per aver violato le regole della par condicio e ha ordinato la Regione a pubblicare sulla homepage del proprio sito l’indicazione col convegno è stato organizzato senza rispettare la legge. “Pur di far vincere il ‘sì’ al prossimo referendum costituzionale – tuona la Bianchi – la Serracchiani è disposta a fare di tutto, anche a violare spudoratamente la par condicio. Fortunatamente – conclude – l’abbiamo beccata con le mani nella marmellata”.

martedì 29 novembre 2016

Milena Gabanelli, addio a Report: "Ecco chi mi voleva far fuori e il mio peggior nemico"

Il peggior nemico in 20 anni di Report? "Mi ha denunciato per 2 volte all'AgCom, invano: è Giulio Tremonti". Non ha dubbi, Milena Gabanelli: ha appena salutato il pubblico di Raitre, dicendo addio al programma di inchieste più longevo e seguito della tv. A Repubblica svela chi sono stati gli ossi duri incontrati per strada. 
Qualcuno ha cercato di farla fuori: "Qualche componente del vecchio Cda Rai, ma non ha senso rivangare, anche perché l'abbiamo sempre spuntata". "Fino al 2007 - prosegue - non avevamo alcuna tutela legale. Poi, con Cappon direttore generale, ci venne concessa. Provò nel 2009 Masi a toglierla, ma alla fine ci ripensò". A Viale Mazzini, assicura, sono stati molti i suoi sostenitori: "Certamente tutti i direttori di rete dalla nascita del programma a oggi, ma lo è stato anche Gubitosi e lo sonoCampo Dall'OrtoCarlo Verdelli, i capistruttura della rete, Valerio Fiorespino, la responsabile risorse tv Chiara Galvagni e sicuramente ne dimentico". Tra i potenti, Mario Draghi le ha mandato un sms di commiato dopo l'ultima puntata. Detto dell'ex ministro Tremonti, la Gabanelli non andrebbe a cena con Antonio Razzi ("Siccome il tempo è oro, magari non saprei tanto cosa dirgli") ma non rinuncerebbe a "dialogare anche con chi ho poco in comune, se c'è un motivo. Per esempio nella puntata di oggi (lunedì, ndr) abbiamo chiesto a Salvini un confronto su un progetto proposto da noi per la gestione dei richiedenti asilo". Con Renzi, invece, "ci siamo incontrati una volta, è stato cordiale, e io ho sostenuto la mia battaglia sulla riduzione dell' uso del contante". Le inchieste più belle? "Quelle sui prodotti derivati, su Cremonini, Geronzi, Eni, Alitalia, Tanzi e il biologico hanno lasciato un segno".

Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/sfoglio/12032141/milena-gabanneli-addio-report-mio-peggior-nemico-politico-chi-mi-voleva-fare-fuori-.html

lunedì 28 novembre 2016

RENZI DISPERATO SUL REFERENDUM: L’ANNUNCIO BOMBA PER COMPRARE IL VOTO DEI PENSIONATI



A meno di una settimana dal voto Matteo Renzi si gioca l’ultima carta per provare a strappare la vittoria del Sì. Lo fa in un annuncio in una conferenza stampa congiunta con Pier Carlo Padoan in cui ha illustrato la legge di stabilità approvata alla Camera, nella quale ha spiegato che arriveranno aumenti tra i 30 e i 50 euro per le pensioni più basse. “Non siamo riusciti ad arrivare a 80 euro – ha ammesso il premier -. Per la prima volta c’è un aumento per le pensioni fino a mille euro e la possibilità di ricongiunzione delle pensioni anche per i professionisti”.


Renzi ha aggiunto che “la manovra è migliorata alla Camera. È ricca di buone notizie e non è all’Achille Lauro. Le tasse continuano ad andare giù, via l’Ires, via l’Irpef agricola, interventi sulle partite Iva con buona pace del presidente Monti. La fase della riduzione delle tasse per il nostro governo è strategica e decisiva”, ha precisato. La manovra, ora, approderà in Senato per la seconda lettura a partire da martedì 6 dicembre.
Nella conferenza stampa, il premier ha anche parlato di referendum: “Noi sappiamo che le tensioni e le difficoltà che ci sono sui mercati finanziari sono legate alle incertezze della politica, però abbiamo bisogno di rispondere alle esigenze e alle certezze dei nostri cittadini, dei mercati rionali. Un governo ci sarà sempre – ha aggiunto -. Politico, tecnico, super politico, ipertecnico. Noi faremo di tutto perché l’Italia sia nelle condizioni di poter affrontare le sfide”.

fonte: libero.it

IL FIGLIO DI NAPOLITANO? COSI’ GIOVANE E’ GIA’ TITOLARE DI UNA CATTEDRA: SAI CHI ERA IL RETTORE DELL’UNVERSITA’ DOVE HA “VINTO” IL CONCORSO? PROVA AD INDOVINARE. VINCI UN’INCAZZATURA GRATIS

Giulio Napolitano, secondo genito dell’ex presidente della Repubblica, insegna diritto amministrativo all’Università Roma Tre. A firmare la sua assunzione nel 2008, è Guido Fabiani, per 15 anni rettore dell’Ateneo, e attualmente assessore alle Attività Produttive nella Regione Lazio. Ma sapete chi è Giulio Fabiano?

Giulio Fabiano è lo zio di Giulio Napolitano, perché è sposato con la sorella della moglie di Giorgio Napolitano, Clio. Avete capito bene. Giulio Napolitano è stato assunto all’Università dallo zio. Magari Napolitano è uno straordinario professore, ma fra tutti gli Atenei che ci sono in Italia, proprio qui doveva venire a lavorare?

Ma non finisce qui. La carriera del figlio di Napolitano è fatta anche di numerose consulenze ed incarichi pubblici: presidenza del Consiglio, Autorità dell’Energia, Antitrust, Telecom. Poi, decine di arbitrati sportivi e consulenze per il CONI e la FIGC.


Una sua consulenza per il Comune di Roma, finisce sul tavolo della Corte dei Conti. Il funzionario che gli ha assegnato l’incarico è stato condannato a pagare una multa.





Anche il figlio di Napolitano ha diritto all... di bigcocomero






FIGURACCIA LILLI GRUBER: DIFENDE LE BALLE DI RENZI SULLE TASSE: “SMENTITA” IN DIRETTA TV DALLA SENATRICE CINQUESTELLE! ECCO COME E’ ANDATA E PERCHE’ HA RAGIONE L’OSPITE



Barbara Lezzi attacca la Gruber: ‘Non fa una bella figura il suo PD’
La devo richiamare all’ordine“. La senatrice 5 Stelle Barbara Lezzi, presa più volte di mira dalla conduttrice Lilli Gruber e dal collega del PD Taddei, rivolge alla giornalista una battuta davvero esilarante: “Non fa una bella figura il suo PD“.
“Senatrice, non è molto educato però“, replica la Gruber. La colpa della Lezzi? Aver sbugiardato e, giustamente interrotto, il collega Taddei che, parlando del Jobs Act e delle riforme del Governo Renzi, aveva sparato: “Ci saranno 18 miliardi di tasse in meno“.
Barbara Lezzi, sentendosi presa in giro nei panni di un qualsiasi spettatore, è intervenuta immediatamente con un secco: “E’ falso“.
I 18 miliardi di tasse in meno sono una balla colossale, smentita anche dall’Agenzia Stampa ADNKRONOS che scrive:
Quadriennio 2015-2018 da incubo: stangata fiscale da 68 miliardi e spesa pubblica fuori controllo in aumento di 35 miliardi. Nel 2018, sulle casse dello Stato peseranno uscite per 810,8 miliardi in aumento di 35,6 miliardi (+4,60%) rispetto ai 775,1 miliardi con cui si chiuderà il 2014; in aumento costante anche il gettito fiscale che fra quattro anni arriverà a quota 847, 8 miliardi, in crescita di 68,3 miliardi (+8,76%) rispetto ai 779,4 miliardi che lo Stato incasserà quest’anno. Resterà stabilmente sopra il 43% la pressione fiscale che si attesterà al 43,2% nel 2018 sostanzialmente invariata rispetto al 43,3% del 2014. Questi i dati più rilevanti di una analisi del Centro studi di Unimpresa.
Le elaborazioni di Unimpresa, basate su dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, rivelano anzitutto che la spesa statale è destinata a crescere continuamente. Alla fine del 2014 dalle casse dello Stato usciranno 775,1 miliardi , cifra che salirà a 775,5 milioni l’anno prossimo con un incremento di 377 milioni (+0,05%); nel 2016 le uscite si attesteranno a 787,04 miliardi in crescita di 11,5 miliardi (+1,48%) sui 12 mesi precedenti;
nel 2017 lo Stato arriverà a spendere 796,2 miliardi, ben 9,2 miliardi in più (+1,18%) sull’anno precedente; nel 2018 la spesa sfonderà il tetto degli 800 miliardi per arrivare a 810,8 miliardi con una crescita di 14,5 miliardi (+1,83%) sul 2017. Complessivamente, nell’arco di quattro anni è dunque previsto un aumento di 35,6 miliardi della spesa pubblica (+4,60%).
In costante salita anche il gettito fiscale che quest’anno arriverà a 779,4 miliardi. L’anno prossimo dalle tasche di famiglie e imprese usciranno in tutto 789,3 miliardi, vale a dire 9,8 miliardi in più (+1,26%) rispetto al 2014; nel 2016, poi, si arriverà a entrate pari a 808,6 miliardi in salita di 19,3 miliardi (+2,45%) sui 12 mesi precedenti; nel 2017 tasse e oneri sociali arriveranno a 826,9 miliardi, con un incremento di 18,2 miliardi (+2,26%) sul 2016; nel 2018, poi, si arriverà a sfiorare la vetta degli 850 miliardi con le entrate che si attesteranno a 847,8 miliardi in salita di 20,8 miliardi (+2,53%) sull’anno precedente.
Complessivamente, nell’arco di quattro anni è dunque previsto un aumento di 68,3 miliardi delle entrate nelle casse dello Stato (+8,76%). In questo arco di tempo, la pressione fiscale resterà sostanzialmente invariata: 43,3% nel 2014, 43,4% nel 2015, 43,6% nel 2016, 43,3% nel 2017 e 43,2% nel 2018.
“Siamo di fronte a dati spaventosi: è la prova che la spending review non esiste e che il taglio delle tasse è un miraggio. Lo Stato continuerà a spendere sempre di più e il peso del fisco sui contribuenti è destinato a salire. Come cittadini, come imprenditori e come rappresentanti di persone che lavorano e cercano di portare il Paese fuori dalla recessione ci sentiamo letteralmente presi in giro dal governo di Matteo Renzi” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
“In questi giorni – aggiunge Longobardi – si parla della riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori come se fosse la panacea di tutti i mali, ma si tratta, e lo abbiamo già detto più volte, di un falso problema. La sensazione è che si sia innescata una battaglia ideologica che ha, alle sue fondamenta, una precisa strategia politica ma che in realtà non risolve i problemi delle aziende italiane”.

ULTIM'ORA BOMBA: può saltare il Referendum. Ecco la clamorosa motivazione.

A 5 giorni dal voto un altro ricorso
pende sul referendum costituzionale. E questa volta è davanti alla Consulta, costretta a riunirsi d’urgenza per discutere un’istanza del Codacons. La questione sollevata è sempre la stessa: il quesito referendario, secondo i legali dell’associazione dei consumatori, non permette un voto dell’elettore davvero libero. Una tesi già avanzata dal Codacons, dal M5s e da Sinistra Italiana davanti al Tar del Lazio e alla Corte di Cassazione, ma anche dall’ex presidente della stessa Corte, Valerio Onida, al tribunale civile di Milano. In tutti i casi il ricorso è stato respinto. In particolare in Cassazione l’istanza del Codacons era stata dichiarata inammissibile per mancanza di requisiti della stessa associazione. Secondo i giudici della Suprema Corte, insomma, il Codacons non può essere parte in procedimento di questo tipo perché a suo tempo non è stato tra i soggetti che hanno presentato richiesta di referendum.

Ora, partendo da qui, il Codacons chiede di sollevare un conflitto d’attribuzione di fronte alla Consulta tra l’Ufficio centrale per il referendum in Cassazione e i cittadini elettori rappresentati dal Codacons. Il primo passo dei giudici della Consulta sarà proprio verificare in via urgente se il conflitto è ammissibile. La Corte costituzionale, quindi, ha programmato una camera di consiglio straordinaria fissata alle 15,30. La decisione di convocare la riunione è stata assunta nel fine settimana. Solo in questo caso la Corte potrà ritenere ammissibile il conflitto stesso e passerà all’esame di merito. In caso contrario lo dichiarerà inammissibile e l’istanza sarà chiusa.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/28/referendum-la-corte-costituzionale-si-riunisce-durgenza-per-un-ricorso-del-codacons-sul-quesito/3222190/


domenica 27 novembre 2016

TERREMOTO A ROMA: scoperta ennesima truffa faraonica e partono le perquisizioni. Ecco la vergogna venuta fuori

Atac, altri sprechi: 4 milioni per la mensa Via alle perquisizioni per l'ultimo scandalo
L'inchiesta dei pm parte da una segnalazione del nuovo direttore generale

Patricia Tagliaferri
Roma - Mentre ai cittadini riserva un disastroso servizio di trasporto pubblico, contribuendo con i suoi conti perennemente in rosso all'altrettanto disastroso bilancio del Comune di Roma, l'Atac spende ogni anno 4 milioni di euro per mense e bar. Con gli stessi vertici dell'azienda che ignorano come vengano gestiti e soprattutto da chi.

E questa è soltanto una delle irregolarità su cui sta cercando di fare luce la Procura di Roma, che ieri ha disposto una serie di perquisizioni presso la società che gestisce il trasporto pubblico nella Capitale, la più grande azienda italiana del settore con i suoi 12mila dipendenti. Un pozzo senza fondo che ingoia risorse milionarie senza produrre servizi all'altezza, come dimostrano le continue disfunzionalità e il «rosso» record di oltre un miliardo di euro accumulato dal 2010 al 2014. Da quando si è insediato, lo scorso febbraio, il nuovo direttore generale di Atac, Marco Rettighieri, sta cercando di rimettere in riga l'azienda. È da un suo dossier, consegnato al procuratore capo Giuseppe Pignatone lo scorso maggio, che è partita l'inchiesta del pm Nicola Maiorano nella quale si ipotizza il reato di dichiarazione infedele di reddito. Il magistrato vuole capire che fine fanno i 4 milioni che l'Atac utilizza ogni anno per i pranzi dei dipendenti. Una somma importante, alla quale partecipano con una quota mensile gli stessi lavoratori, che poi possono mangiare con una spesa media di 4 euro a pasto. Ma l'azienda stessa non sa nulla di come vengono gestite nel dettaglio queste spese e ha poche informazioni anche sui responsabili e sui dipendenti di un servizio che negli ultimi anni, a quanto pare, sarebbe stato gestito senza appalti. Stando alle carte all'attenzione della Procura da imprese costituite da sindacalisti.

Per questo ieri la Finanza ha perquisito gli uffici del dopolavoro Atac-Cotral alla ricerca di documenti che facciano luce sulla gestione di questo e altri servizi. Si indaga non solo sulle mense, dunque, ma anche sui permessi sindacali retribuiti, che nel 2015 sarebbero costati 4,3 milioni di euro e un milione e mezzo solo nei primi quattro mesi del 2016, e sui costi delle forniture pneumatici per i bus. Tre criticità dell'azienda che lo stesso Rettighieri aveva denunciato in tre diversi fascicoli consegnati al procuratore capo e che ora si vanno ad aggiungere a quelle rappresentate in precedenza dall'ex assessore ai Trasporti Stefano Esposito sugli appalti della metro, sul caos del comparto mobilità e sui continui disservizi della linea ferroviaria che collega Roma al mare.

LA SAPETE L'ULTIMA DELL'AIUTINO ALLA "LADY" DI RENZI? NON AVEVA I REQUISITI PER LA CHIAMATA DIRETTA.

Gli aiutini di Renzi alla moglie Agnese: assunta con chiamata diretta nonostante fosse priva dei requisiti richiesti

Fonte: Dagospia.com 

di Christian Campigli e Alessia Pedrielli per "la Verità" 

«Un giornalista? No guardi, la preside non parla con nessun giornalista. Anzi, se ne vada immediatamente, altrimenti abbiamo l'ordine di chiamare i carabinieri». Ci hanno ricevuto così all'Istituto Tecnico Peano di Firenze, mentre Agnese Landini, moglie di Matteo Renzi, era a cena alla Casa Bianca in compagnia del presidente Obama. 

Da settembre la first lady lavora qui, in una delle scuole più prestigiose della città, come docente di italiano e latino. Ma dopo nemmeno un mese ecco, già, il primo impegno (del consorte) che la porta lontano dai suoi alunni. 

Nulla di illecito, per carità: Agnese, adesso non è più una precaria, insegna part time ed è bastato un permesso per motivi familiari per volare dall'altra parte dell'oceano. Ma come è arrivata, da impegnatissima- moglie- di premier, ad essere assunta in un rinomato istituto, non lontano da casa, nell'annus horribilis della scuola italiana? 

Bufera in studio! Il Pres. Elio Lannutti sputtana e smaschera Renzi in diretta TV in modo magistrale!





Elio Lannutti: "Renzi? Il maggiordomo preferito dei banchieri"
Il PD vuole consegnare le vite degli italiani ai banchieri e agli assicuratori. È l'Europa dei banchieri e dei tecnocrati. Bisogna rispettare il voto popolare.
Al referendum, farò i comitati per il no. Questa è una riforma firmata J.P. Morgan...E' una riforma prostituzionale. Arrestare questi manager, e a Zonin, bisogna confiscare i beni. I danni vanno riparati.
La Gabbia 29 giugno 2016

sabato 26 novembre 2016

++ ULTIM'ORA BOMBA ++ Voto di scambio,disposto arresto per il sindaco di...

(ANSA) - SALERNO, 25 NOV - Il Tribunale del Riesame di Salerno ha disposto la custodia cautelare in carcere per il sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, accusato di violazione della legge elettorale, con l'aggravante del metodo mafioso, in occasione delle elezioni amministrative del 2013, e di voto di scambio politico-mafioso, in occasione delle elezioni regionali del 2015.
    Il Riesame ha accolto il ricorso della Procura Antimafia di Salerno ma il primo cittadino di Scafati non andrà in carcere, come disposto dai giudici, perché prima dovrà pronunciarsi in merito la Corte di Cassazione alla quale Aliberti si rivolgerà.
    Secondo il sostituto procuratore della DDA Vincenzo Montemurro, Aliberti avrebbe beneficiato dei voti della camorra non soltanto per l'ultima tornata amministrativa, ma anche per la precedente nel 2008, e poi per le provinciali del 2011. Aliberti, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe usato voti inquinati e controllati appoggiandosi ai clan che si sono alternati nel controllo del territorio.

Fonte: ansa.it


venerdì 25 novembre 2016

IL PARASSITA DA 500MILA EURO DI PENSIONE? PRENDERA’ ALTRI 100MILA DA RENZI PER UNA POLTRONA “COSTRUITA” TUTTA PER LUI

UN PENSIONATO D’ORO ALLA CORTE DI PADOAN – E’ ANTONIO MALASCHINI, GIA’ SEGRETARIO GENERALE DEL SENATO ED EX SOTTOSEGRETARIO GOVERNO MONTI – PRENDE UNA PENSIONE DA UN MILIARDO DI VECCHIE LIRE – GUADAGNA IN UN GIORNO QUEL CHE UN DIPENDENTE PUBBLICO PRENDE IN UN MESE – POTREBBE DIVENTARE PRESTO VICE CAPO DI GABINETTO AL MEF
Dagonews
 Un pensionato d’oro alla corte di Padoan. E’ Antonio Malaschini, già segretario generale del Senato, già sottosegretario per i Rapporti con il Parlamento con il governo Monti.
I rumors dicono che verrà presto nominato vice capo di gabinetto del ministero dell’Economia. Insomma, andrà a dare una mano a Roberto Garofoli.

Il signore in questione (classe 1947) ha maturato – e sta incassando – una pensione da 519 mila euro all’anno: un miliardo di vecchie lire.
Insomma, Malaschini guadagna 1500 euro al giorno netti: quello che la sua prossima segretaria prende in un mese. Non è escluso che altri 100 mila euro li incasserà dal ministero per il nuovo incarico.
Non è ancora sicuro, ma dovrebbe affiancarlo Antimo Prosperi, dirigente del Mef ed in attesa di trasloco al Consiglio di Stato.

RISULTATO STRAORDINARIO, C'E' RIUSCITA DAVVERO: LA NOTIZIA CHE NESSUN TG VI DARA'!

Roma - (askanews) - Tre miioni di euro circa di risparmi in cinque anni: li realizzerà l'Assemblea capitolina decretando il taglio delle auto blu a disposizione della presidenza dell'Assemblea e dei capigruppo d'aula e dei permessi Ztl a tutti i consiglieri del Comune di Roma.
Nella seduta di questa mattina, ha spiegato il presidente Marcello De Vito, "l'ufficio di presidenza dell'Assemblea capitolina ha ratificato il taglio delle 5 auto blu dell'ufficio stesso e delle 8 dei capigruppo, oltre all'eliminazione dei permessi Ztl con facoltà di parcheggio per i 48 consiglieri, che avranno a disposizione la tessera per il trasporto pubblico. Considerando che ogni auto costa al Comune circa 40mila euro all'anno, il risparmio stimato è di oltre 500mila euro annui".
"Per i permessi Ztl, dal costo di 2mila euro l'uno, il risparmio è di quasi 100mila euro all'anno", ha concluso. A tutti i consiglieri verrà, comunque, garantita una tessera Atac per permettere loro di lavorare per la città utilizzando i mezzi pubblici.

Fonte: http://www.askanews.it/regioni/lazio/roma-per-campidoglio-3mln-di-risparmi-da-ztl-e-tagli-a-auto-blu_711871868.htm


BUFERA SUL SINDACO PD. CLAMOROSE INTERCETTAZIONI IN CUI CERCA DI FAR RIMUOVERE UN COMANDANTE

A Solofra, capitale campana dell'industria delle concerie, l'acqua è contaminata dal tetracloroetilene, ci sono pozzi sequestrati da più di due anni e c'è il rischio che l'inquinamento si propaghi nei comuni irpini a valle. 

Risulta da una inchiesta della Procura di Avellino che ha aperto un fascicolo per avvelenamento delle acque, delitti colposi contro la salute pubblica e omissione d'atti d'ufficio. Ed il Pd locale, che governa il territorio, che fa? Trama al telefono per vedere se è possibile rimuovere il comandante della Stazione dei Carabinieri di Solofra che indaga sui presunti responsabili dell'inquinamento. Ovvero su di loro, ed in particolare su un sindaco dem. Intercettato mentre sollecita pressioni sul ministro della Difesa Roberta Pinotti (estranea a queste vicende e tirata in ballo a sua insaputa), dal quale dipendono gerarchicamente i militari dell'Arma. 

Lo si evince dalle telefonate depositate dai pm alla conclusione di una prima tranche di indagini, che contesta a un manager e a un tecnico di Irno Service il reato di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi. Si tratta delle intercettazioni del sindaco Pd Michele Vignola a colloquio con l'ex senatore, ex assessore regionale e componente della segreteria campana dem Enzo De Luca (solo omonimo del Governatore). Conversazione del 26 marzo 2014, ore 13.12. Vignola, indagato e col telefono sotto controllo, chiama De Luca: "Poi quell'altra cosa... mi stai facendo pigliare collera... una cosa che non ti posso parlare per telefono...". De Luca: "Io tutto quello che potevo fare l'ho fatto...". Vignola insiste: "Mah... e no... possiamo andare a Roma... al ministero della Difesa...". De Luca ribatte: "Ho capito... devo parlare con quella madonna... devo parlare con Roberta (Pinotti, ndr)". Vignola: "Me la devi fare questa cosa qua... me la devi chiudere... questa è una cosa personale... che ti sto chiedendo". 

E' una delle quattro telefonate che il procuratore capo di Avellino Rosario Cantelmo cita come indizi delle manovre di Vignola "per intervenire su politici avellinesi di primo piano per far trasferire il comandante dei Cc di Solofra Giuseppe Friscuolo, evidentemente troppo attivo nelle indagini". Indagini che secondo la Procura danno fastidio a un sindaco che "più che preoccuparsi della contaminazione della falda idropotabile del suo Comune, sia preso essenzialmente dal problema di non scontentare il potente ceto dei conciatori solofrani, costituente il suo bacino elettorale". (ilfattoquotidiano.it

"L'Europa è finita". Dopo la Brexit, una mazza: chi si vuole staccare

C'è un altro Paese che minaccia di uscire dall'Europa. Norbert Hofer, candidato di estrema destra alla presidenza dell'Austria, fa sapere che appoggerà un referendum sulla permanenza del Paese nell'Unione europea se, dopo la Brexit, il blocco sceglierà una maggiore centralizzazione. Il 4 dicembre Hofer sfiderà alle presidenziali il candidato indipendente Alexander Van der Bellen che nel voto di maggio aveva vinto di poco. L'esito delle elezioni è stato però annullato dalla decisione di una corte nazionale che ha individuato irregolarità nel voto.

Votare per lui alle presidenziali, ha detto in una intervista alla Bbc, non significherebbe automaticamente appoggiare l'uscita dell'Austria dall'Ue, ma esistono due fattori che potrebbero fargli cambiare opinione: la decisione sull'annessione della Turchia all'Ue e la risposta del blocco alla brexit. "Se la risposta alla Brexit sarà quella di optare per un'Europa più centralizzata, con Parlamenti nazionali senza potere e una Unione governata come uno Stato allora si dovrebbe tenere un referendum in Austria". Poi ha tirato una bordata agli islamici: "Benché i musulmani che vivono in Austria fanno parte del Paese l'islam non è parte dei nostri valori". 

Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/12027626/austria--l-ultradestra--referendum-per-uscire-dall-europa--.html

giovedì 24 novembre 2016

MATTEO RENZI? 4 ANNI DI BILANCI FALSI! LA CORTE DEI CONTI INCHIODA NUOVAMENTE L’EBETINO, NEL SILENZIO TOTALE DEI MEDIA ASSERVITI

Renzi, Corte dei conti accusa: a Firenze 4 anni di “gravi irregolarità” in bilancio
“Inosservanza dei principi contabili di attendibilità, veridicità e integrità del bilancio, anche violazioni in merito alla gestione dei flussi di cassa e alla loro verificabilità”. Così i giudici contabili bollano la gestione dell’attuale premier da primo cittadino del capoluogo toscano. E il successore-delfino Nardella deve trovare 50 milioni di euro.
E quattro. Il Comune di Firenze è costretto ancora una volta a ricevere i rilievi della Corte dei conti. Per il quarto anno consecutivo. L’intera gestione firmata Matteo Renzi. Ma questa volta ai giudici contabili non sono bastate le rassicurazioni di Palazzo Vecchio e non è stato sufficiente neanche l’intervento riparatore della giunta di Dario Nardella, che si è visto costretto a rimediare alla pesante eredità ricevuta. Per i giudici contabili rimangono “gravi irregolarità” che generano “oltre all’inosservanza dei principi contabili di attendibilità, veridicità e integrità del bilancio, anche violazioni in merito allagestione dei flussi di cassa e alla loro verificabilità”. Per questo la Corte, il 31 luglio come già il 22 maggio, ha recapitato a Palazzo Vecchio un’ordinanza con cui invita l’ente “ad adottare entro 60 giorni i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio”.
L’erede di Renzi, il fidato Nardella, sapeva che con la poltrona di primo cittadino avrebbe ricevuto in consegna anche qualche guaio. Ma non di tale entità. La percezione reale l’ha avuta lo scorso dicembre quando ha saputo che anche da Roma l’amico Matteo avrebbe regalato altri guai. Con esattezza minori entrate dallo Stato per 22 milioni. Il 27 dicembre 2014, dopo aver faticosamente chiuso la discussione sulla Finanziaria, Nardella ha ammesso: “Sappiamo solo che c’è uno sbilancio di 50 milioni di euro, dobbiamo trovare 50 milioni”. Aggiungendo sconsolato: “Ci stiamo lavorando anche in questi giorni di ferie”. Non è servito. Non secondo i giudici contabili che a fine luglio hanno contestato alcuni punti al sindaco seppure prendendo atto che l’erede ha risolto qualche falla lasciata dal predecessore.

DAVVERO SCATENATO! DI MAIO UMILIA LA BOLDRINI SVELANDO TUTTA LA VERITA'! GUADATE VOI STESSI

Luigi Di Maio ha pubblicato un post in cui rivela la decisione di Laura Boldrini di non costituirsi parte civile, e con lei anche tutti i membri dell'ufficio di presidenza della Camera (tranne il M5S), per la vicenda di 2 anni fa legata agli spintoni del Deputato Stefano Dambruoso ai danni di Loredana Lupo (M5S). 

Così Di Maio su Facebook: "Era il 29 gennaio 2014, la presidente Laura Boldrini decise di applicare per la prima volta nella storia del Parlamento italiano, la ghigliottina sul decreto Imu-Bankitalia con cui regalarono 7,5 miliardi di euro alle banche. Durante le proteste per quel gesto ignobile, il Deputato Stefano Dambruoso colpì al volto la nostra collega Loredana Lupo. Le immagini di quella aggressione fecero il giro di tutti i media.

Oggi, dopo più di due anni da quell'episodio, la Camera Dei deputati doveva decidere se costituirsi parte civile nel processo contro Stefano Dambruoso.

La Presidente Boldrini e tutti i membri dell'ufficio di Presidenza della Camera (tranne M5S), hanno votato per NON COSTITUIRSI!

Si riempiono la bocca con tante belle parole sulla tutela della donna, ma quando si tratta di decidere preferiscono salvare gli energumeni.

A Loredana Lupo tutta la mia solidarietà.


TERREMOTO SU TRAVAGLIO! ECCO L'INTERVISTA CHE HA FATTO INFURIARE TUTTO IL PD: ECCO L'INTERVENTO SOTTO ACCUSA



Tutto quello che bisogna sapere sul Referenzum d'autunno contro la schiforma Boschi-Verdini

Ad ottobre (ancora non sappiamo in che data) il paese sarà chiamato ad esprimersi per il referendum confermativo della riforma costituzionale, il DDL Boschi: su questa riforma, sul "sì", il governo ha messo la faccia ma ha pure legato la sua permanenza al potere. Perché se perdo, dicono Renzi e il ministro Boschi, con che faccia mi ripresento al paese?

Mettiamo da parte la questione, non secondaria, che le Camere sono sciolte dal Presidente della Repubblica e non dall'esecutivo. Concentriamoci sul contenuto della riforma: ogni giorno su buona parte dei TG è un continuo ripetersi degli slogan delle regioni del Si. #Bastaunsì è l'hashtag che gira sui social: metti un sì, sembra di capire, è tutti i problemi della nostra Repubblica saranno risolti.
Non preoccuparti, elettore, c'abbiamo pensato noi: taglio ai costi della politica, tempi certi per l'approvazione delle leggi, fine del bicameralismo perfetto. Avremo un sistema più snello, con meno costi, più agile.

Sui telegiornali le ragioni del no hanno avuto e (presumibilmente) avranno poco spazio: altrimenti sarebbe abbastanza facile smentire tutte questi mini spot per la riforma. A quanti sostengono le ragioni del no (e magari non sono comici, calciatori, ma costituzionalisti fuori dai giochi della politica) ci sono solo pochi secondi per cercare di spiegare, di far capire a chi ascolta dei rischi che questo sistema comporta. Il tante volte ripetuto “combinato disposto” di una riforma che accentra potere nell'esecutivo, toglie rappresentatività, elimina pesi e contrappesi (check and balances dicono quelli bravi) con una legge elettorale che mantiene di fatto tutti i difetti del porcellum.

Per questo motivo i giornalisti del Fatto Quotidiano, il direttore Travaglio e Silvia Truzzi hanno deciso di pubblicare questo breve saggio, “Perché no”, che raccoglie e spiega tutte le ragioni del no.
Non a caso il libro inizia col capitolo “Passate parola”: è così semplice oggi, in un paese dove la gente tende a delegare, a non interessarsi, a non appassionarsi più alla politica, dire sì.
Non pensate, non ragionate, non sforzatevi. Basta un sì.

Massì dai, aboliamo del tutto questa Costituzione, che per molti (tipo JP Morgan, per fare un nome) è come un vestito troppo stretto, scomodo, perché è pensata per includere e non per escludere, per tutti senza discriminare e non solo per le elìte.
La legge uguale per tutti, la sovranità che appartiene al popolo, il diritto all'istruzione fino ai più alti livelli per i meritevoli, il diritto alle cure, ad un salario dignitoso.
Non capita tutti i giorni di riformare la Costituzione e dunque quando la si modifica (cosa ragionevole, non essendo un dogma scolpito nella pietra) si deve procedere allargando il dibattito a tutti, non lavorare a colpi di maggioranza, a colpi di canguro e di questioni di fiducia, per escludere le proposte delle minoranze e con il ricatto o votate si o si va a casa.
Questa riforma, dicono quelli che pure voteranno sì, è scritta male, raffazzonata, pasticciata (Scalfari, Cacciari,Benigni ..): ma se non votiamo si, avremo perso tempo, avremo perso un'occasione, daremo l'impressione di non essere capaci di fare le riforme...
Falso: se passa il si ci troveremo sulle spalle leggi costituzionali, da cui discenderanno le leggi ordinarie, scritta male, che creeranno contenziosi tra regioni e Stato centrale, che impatteranno sulla nostra vita.
È sbagliato riformare la legge delle leggi considerando i problemi dell'oggi (le reazioni dei mercati, degli altri paesi europei) e non l'effetto che avrà sull'Italia dei prossimi decenni.

Per quanto detto sopra (e quanto dirò in seguito) è importante votare no al referendum, per questo è importante essere consapevoli di cosa comporterà il sì, per questo è importante questo libro. Libro che ha il pregio di smontare tutte le ipocrisie, le bugie anche grossolane, la spudoratezza del fronte del si.

Padri Costituenti e ricostituenti.
In questo capitolo si racconta di come è nata la Costituzione attuale, approvata nel 1948 dopo due anni di lavoro da parte dei costituenti, confrontando poi l'iter approvativo dell'attuale riforma che toccherà 47 articoli del 136, alcuni riscritti male (l'articolo 70 passa da 9 parole a 439, per dire della complessità del linguaggio); non dovrebbe toccare i principi della prima parte, ma non è detto che ciò accada nel futuro.
Si è arrivati alla sua approvazione col canguro (del senatore Esposito) per abbattere gli emendamenti della minoranza, con la sostituzione dei componenti della commissione affari costituzionali contrari come Corradino Mineo.
Non solo: questa è la riforma di Renzi, Boschi (e Verdini e Berlusconi, che nella prima parte die lavori erano pure favorevoli). Ci si è dimenticato quindi di quanto scriveva Calamandrei “quando si scrive la Costituzione i banchi del governo dovrebbero essere vuoti”.

La controriforma.
Cosa c'è dentro Italicum e DDL Boschi?
Non c'è maggiore semplificazione dell'iter delle leggi, poiché per alcune si mantiene il passagio tra Camera e Senato.
Non si è abolito il Senato che diventa una camera di doppio lavoristi, già pagati dalle regioni (o dagli enti locali) e che riceveranno probabilmente un rimborso per lo spostamento nella capitale.
Noi cittadini non li voteremo più, ma la riforma rimanda ad altra legge il modo in cui verranno scelti i consiglieri regionali.
Si risparmieranno costi? Per gli stipendi dei 215 senatori sì. Ma parliamo di un risparmio di 25 milioni per una macchina (il Senato) che costa circa 500 ml l'anno.
Tutto qua il risparmio, 215 senatori di meno, quando attorno alla politica, nello stato centrale, nelle amministrazioni e nelle partecipate lavorano 1,1 milione di persone? Le leggi verranno approvate più velocemente?
Dipende, per alcune l'iter di approvazione rimane doppio. E poi c'è una questione dirimente: chi controlla l'operato dell'esecutivo (che avrà un binario preferenziale per i suoi decreti)?
Con una Camera di nominati, in maggior parte, con la possibilità di eleggere i membri più malleabili al CSM e dentro la Corte Costituzionale, mancano i contrappesi al potere del Presidente del Consiglio.
Vogliamo tornare ai tempi in cui Berlusconi si approvava lo scudo del lodo Alfano, ai tempi della legge Ronchi che consegnava ai privati la gestione dell'acqua, alle centrali nucleari che diventavano opere strategiche?
Le leggi dell'esecutivo già oggi sono la stragrande maggioranza e passano tutte in meno di due mesi.
E senza bisogno del DDL Boschi.
Le leggi che non passano (o che fanno fatica a passare, su tortura, autoriciclaggio, sulla prescrizione, sulle unioni civili) è perché sono i partiti a non volerle.

L'Italicum: differisce dal porcellum perché il premio di maggioranza viene dato se la lista vincente passa il 40%. Ma rimangono i capilista bloccati, i collegi multipli.
Il premio di maggioranza garantirà una stabilità? Non è detto perché dà una maggioranza di soli 26 deputati.
E non è detto nemmeno che non ci saranno più inciuci e ricatti delle minoranze: i gruppetti si metteranno assieme al partitone (della nazione?) prima delle elezioni, per poi sciogliersi nuovamente dopo il voto. Come sta succedendo oggi con ALA di Verdini e NCD di Alfano.

A proposito: la sovranità appartiene al popolo sta scritto nell'articolo 1. Ma domani, questa apparterrà ai partiti, che si sceglieranno i deputati e i senatori.
Saremo una Repubblica semipresidenziale, con una Camera svuotata delle sue funzioni e con un Senato che non rappresenterà né le regioni (non c'è vincolo di mandato e né vincolo di votare come espressione del voto regionale) né le autonomie e non avrà più funzione di controllo.

A quanti tirano fuori le proposte dell'Ulivo dove già si parlava di riformare il Senato, o Berlinguer quando proponeva di eliminare la doppia camera, si può rispondere che erano proposte che si basavano su una diversa legge elettorale.
Ai tempi di Berlinguer c'era il proporzionale puro (che garantisce rappresentatività) e la proposta dell'Ulivo del 1996 era così poco importante che rimase lettera morta.
Il Mattarellum, vent'anni fa, non aveva l'abnorme premio di maggioranza oggi previsto dall'Italicum.
Che, ricordo, è stato approvato usando il meccanismo della fiducia. Come la legge Acerbo del 1924.

C'è la ciliegina sulla torta dei referendum: si è abbassato il quorum per i referendum (50% dei votanti alle ultime elezioni) ma servono 800 mila firme.
E sappiamo come poi i risultati dei referendum siano stati disattesi (l'acqua, il finanziamento ai partiti). Le leggi di iniziativa popolare (per cui serviranno 150mila firme) dovranno essere discusse dal parlamento, ma questo è rimandato ad una futura legge e non è detto che poi finiscano nel cassetto.

E vissero felici e impuniti.
Buona parte dei neo senatori saranno i consiglieri regionali di cui oggi sentiamo parlare per le inchieste come le spese pazze dei fondi regionali.


Dalla Val d'Aosta alla Sicilia, una lunga carrellata di consiglieri con alle spalle inchieste e condanne e che ora dovranno andare a Roma a rappresentare le regioni d'appartenenza con tanto di immunità parlamentare.
Ne abuseranno, usandola come scudo per proteggersi per inchieste di natura non politica?
Vogliamo veramente fidarci di queste persone che già prendono stipendi più che onorevoli e che ora diventeranno pure senatori?

C'è chi diveva no.
Penso che questo sia il capitolo più interessante.
Nel 2005 il governo Berlusconi approvò la sua riforma costituzionale, la devolution, toccando 53 articoli della Costituzione.
Si andava verso un regime presidenziale chiaro: l'allora centro sinistra criticò la riforma nei metodi (essere stata approvata dalla sola maggioranza) e nella sostanza (il potere consegnato nelle mani dell'esecutivo e del Presidente del Consiglio) senza contrappesi.
Il vicepresidente della regione Emilia Romagna Gualmini, ad Otto e mezzo aveva criticato il no di FI dicendo “[..] per non parlare di Brunetta e Berlusconi che avevano fatto una riforma del tutto identica”.
Ohibò: il Pd ha fatto una riforma identica che nel 2006 aveva criticato (e fatto campagna elettorale per il no) e ora la ri propone pari pari?
Talvolta qualche pezzo di verità esce dalla bocca di questi personaggi.

Tra quanti dicevano no troviamo la senatrice Finocchiaro, il presidente Mattarella, Napolitano, Fassino, Pier Luigi Bersani, Renzi stesso (all'epoca presidente della provincia di FI).
Franceschini scriveva “il PDC ha in mente un paese in cui il potere viene sempre più tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona”.mQuello che succederà con la riforma Boschi.
Il costituzionalista Ceccanti (oggi fautore del si alla riforma Boschi) e l'economista Salvati avevano fatto un appello contro la devolution “approvare unilateralmente un testo così è uno strappo”.
Nel 2006 a schierarsi per il no c'erano anche magistrati (come Spataro), cosa che oggi d a fastidio all'esecutivo di centrosinistra (schierato per il si).
Infine l'ex presidente Napolitano che, intervistato da Myrta Merlino diceva “non deve passare un'eccessiva amplificazione dei poteri del capo del governo”.
Era il 2006 e all'epoca non ci si poneva il problema per cui se si votava si si sarebbero persi anni di lavoro e un'occasione per rinnovare la carta etc etc …

Le alternative c'erano
Partiamo da un principio semplice semplice: la carta costituzionale si può cambiare, prescindendo dai principi della prima parte che dovrebbero rimanere intoccabili e che ancora aspettiamo la loro attuazione.
Molti dei costituzionalisti del no erano pure favorevoli a riformare gli assetti del nostro paese e avevamo proposto al governo le loro idee. Purtroppo inascoltati.
Così è successo per le proposte di Zagrebelsky che proponeva un senato di garanzia di eletti, non rieleggibili, con criteri di esperienza e di non incompatibilità.
Una camera eletta col criterio maggioritario, senza nominati e su collegi uninominali e un Senato di garanzia che si attiva su alcune leggi per attivare la procedura bicamerale paritaria.
Azzariti, docente di Diritto Costituzionale a Roma, proponeva direttamente l'abolizione del Senato e un'unica Camera eletta in modo proporzionale (che era poi la proposta anche di Berlinguer e Ingrao, oggi citati a sproposito).
Anche Massimo Villone, professore di Diritto Costituzionale a Napoli, proponeva l'abolizione del Senato o, in alternativa, la trasformazione verso una repubblica presidenziale vera. Ma con un meccanismo di controlli per avere “un governo forte, ma anche un popolo non di sudditi ma di cittadini”.
Alessandro Pace, professore emerito della Sapienza a Roma, era dell'idea di trasformare il Senato in organo solo consultivo, poiché non eletto.

Insomma c'erano diverse alternative al “pastrocchio” del Senato non eletto, con poteri legislativi, composto anche da persone scelte dal presidente della Repubblica (perché?), con tanto di immunità ma che non rappresenterà i territori.
Il rammarico di questa occasione persa è nelle parole di Lorenza Carlassare, professore emerito a Padova: “nessuno difendeva il bicameralismo paritario, l'accordo sulla sua modifica era pressoché unanime. Bastava procedere sulle vie indicate dalla Costituzione [..] Le Costituzioni sono fatte per durare, non le si può cambiare secondo gli umori della maggioranza del momento”.

Niente da fare: professoroni, gufi, archeologi della Costituzione.
Anche la proposta del Fatto Quotidiano stesso, lettera morta: non è vero che chi è per il no sia contrario ai cambiamenti in sé, dunque. La domanda da porsi è perché sono stati bloccati i tentativi di mediazione, di dialogo, a suon di ghigliottine o canguri.
Fino ad arrivare alla situazione ridicola di oggi dove, dopo la batosta alle elezioni amministrative (la sconfitta a Roma, Napoli e Torino), si torna a parlare di modifiche all'Italicum e a considerare l'ipotesi di spacchettare i quesiti.

Come funziona negli altri paesi
Interessante è vedere come stanno le cose in altri paesi dove, è vero, non esiste un sistema bicamerale perfettamente paritario come in Italia, ma dove esiste piena rappresentatività e dove esistono sistemi di controllo al potere dell'esecutivo.
In Germania, dove nel Bundesrat si trovano persone scelte (non elette) dai Lander stessi col vincolo del mandato, ovvero dovranno votare compatti, pena il voto nullo.
Il Bundestag è eletto con quote di proporzionale e maggioritario.
Negli Stati Uniti sono eletti in modo diretto i membri di Camera dei rappresentanti e del Senato: c'è un bicameralismo perfetto per il sistema legislativo e per la revisione delle leggi costituzionali.
Il Senato ha poteri di vaglio e ratifica sulle nomine presidenziali, fa da giudice per i procedimenti di impeachment nei confronti del Presidente.
La Francia è un sistema semi presidenziale dove l'esecutivo ha due teste: Presidente del Consiglio e della Repubblica che possono avere colori politici diversi.
Mentre negli Stati Uniti il Congresso ha potere di controllo sul Presidente, in Francia il potere è sbilanciato verso quest'ultimo.
Il Senato è eletto da un collegio di grandi elettori (162mila tra deputati, senatori, consiglieri regionali): l'iter delle leggi è bicamerale ma solo la l'Assemblea nazionale dà la fiducia al governo.
Nel Regno Unito esistono due Camere, la prima House of Commons eletta in modo maggioritario uninominale e la seconda da nominati (Lords ereditati o nominati, 26 vescovi).
Il sistema è bicamerale ma non paritario: la prima Camera dà la fiducia, la seconda è di controllo, “camera di riflessione” sulle leggi del governo.
Infine la Spagna: è un modello regionale asimmetrico, non essendo indicato in Costituzione né quante siano le regioni né le loro competenze.
Il Parlamento è bicamerale: il Congresso eletto in modo proporzionale dà la fiducia, il Senato ha funzione di veto e può proporre emendamenti.

Le ragioni del no
Le ragioni per cuivotare no sono riassunte in questo articolo uscito sul FQ: sono 35 punti, il primo dei quali dovrebbe tagliare la testa ad ogni discussione. Una maggioranza che è tale perché drogata da un premio giudicato incostituzionale, sta cambiando a colpi di minoranza relativa la Costituzione.
In Appendice trovate il testo della riforma costituzionale con a fianco, i testi della costituzione vigente.
Così potete farvi un'idea.
Prima di decidere.