giovedì 30 novembre 2017

CLAMOROSA NOTIZIA: CI TOLGONO LA PENSIONE. IL CLAMOROSO SCOOP DEL GIORNALISTA FRANCO BECHIS.

L’Italia non cresce e i pensionati aumentano. E allora ecco che l’Europa prepara per gli italiani una sorpresina affinché il nostro paese rispetti tutti i parametri necessari per la permanenza nell’Ue.
Ne parla Franco Bechis su Libero:
“C’è una doccia fredda nella nota di aggiornamento del Def appena depositata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per i futuri pensionati italiani: a davvero pochi anni dalla approvazione della contestatissima legge Fornero che ha innalzato l’età pensionabile, le simulazioni sui costi della previdenza nei prossimi anni indicano ancora una volta una spesa fuori controllo.
E siccome quel documento con le sue considerazioni tecniche sarà letto dagli uffici della commissione europea, bisogna attendersi nel breve-medio tempo nuovamente da parte della Ue una pistola puntata alle tempie dell’Italia perché vari un’altra legge Fornero.
Padoan evidenzia bene il tema: «Nuove proiezioni delle tendenze del sistema pensionistico, basate su un imminente aggiornamento degli scenari demografici ed economici a livello europeo, evidenziano rischi di salita della spesa pensionistica nei prossimi due decenni». Le tabelle e le note tecniche che accompagnano il Def indicano che rispetto alle previsionii conti sono sbagliati sia pure non di molto già nel 2020, per poi raggiungere i picchi di scostamento intorno al 2035.
Il ministro dell’Economia riconosce che il problema c’è: «Il governo», scrive, «ritiene che tali proiezioni rappresentino uno scenario avverso a fronte di quello sinora adottato». Padoan scopre l’acqua calda: bisogna «conseguire tassi di crescita del Pil più elevati rispetto a quelli registrati negli ultimi anni e promuovere un aumento dei tassi di attività e una risalita del tasso di fecondità.
L’Italia ha bisogno di un’economia più dinamica, di una finanza pubblica che possa assorbire il futuro impatto del pensionamento dei baby boomers e di politiche di sostegno all’occupazione giovanile e alla famiglia».
A Bruxelles sanno che se la spesa pensionistica salirà più del dovuto ma anche il Pil farà altrettanto, il problema non ci sarà. Ma sanno anche che l’ottimismo di Padoan ha basi fragili: il Pil italiano in tutta Europa cresce appena più di quello greco, e meno di quello di tutti gli altri 26 paesi.”

SE TUTTI CONDIVIDESSERO ALL'ISTANTE, SAREBBE SPUTTANATO IN TUTTO IL WEB.

Rondolino: ‘M5S punta allo scontro fisico, alla violenza e all’eversione’. E denigra gli attivisti
Ci sono scene a cui non vorremmo mai assistere.
Una di queste è l’intervista rilasciata da Fabrizio Rondolino a Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, riassunta da Dagospia in 5 parole: “TOGLIETE IL FIASCO A RONDOLINO”.
Sì, perché ogni volta che parla dei 5 Stelle l’editorialista dell’Unità esagera. Ecco cosa ha detto nell’intervista:
“Penso da tempo che una parte del Movimento Cinque Stelle punti esplicitamente allo scontro fisico, nelle piazze. Il Movimento Cinque Stelle aizza, provoca, stimola, la sua presenza sulla scena politica è un invito costante al menare le mani, perché l’unico principio del movimento è il vaffanculo. E’ un movimento che oggettivamente incita alla violenza e all’eversione. Poi fortunatamente la gente se ne sta a casa, perché i loro attivisti sono i famosi leoni da tastiera”.
Rondolino si riferiva a quanto dichiarato da Luigi Di Maio in merito alla “assoluzione” di Minzolini da parte del Senato: “Poi non lamentatevi se i cittadini vengono a manifestare in maniera violenta”, ha detto il deputato pentastellato.
Ma attenzione, ora arriva il peggio. Rondolino ha avuto anche due parole per gli attivisti del Movimento 5 Stelle:
“I loro attivisti sono disoccupati, fancazzisti, impiegati pubblici che non lavorano e stanno lì al computer. Perchè, secondo voi ci sono attivisti del Movimento Cinque Stelle che lavorano secondo voi?”.
Poi, conclude Dagospia nel suo commento, non poteva mancare la “leccatina al cazzaro”: “La leadership di Renzi non è mai stata messa in discussione dentro il Pd, il problema di Renzi è costruire un’alleanza o meglio ancora muoversi in un sistema politico e istituzionale che non è più quello suo, perché lui è un uomo del fare, il sindaco d’Italia, l’uomo del fare”, ha detto Rondolino.

ULTIM'ORA - SCATTA LA DENUNCIA DI LUIGI DI MAIO: CONDIVIDETE IL PRIMA PRIMA POSSIBILE!

Ecco l'annuncio di Di Maio:
Negli ultimi giorni una buona notizia: pare proprio che l'OSCE verrà in Italia per il monitoraggio delle prossime elezioni politiche! A inizio dicembre incontreranno i gruppi politici e la delegazione del MoVimento 5 Stelle sarà ricevuta il 12.
Se nessuno dei partiti si oppone hanno tutta l’autonomia di poter venir a controllare la regolarità del voto. Noi ci auspichiamo che sia davvero così per non far piombare tutta l'Italia nella situazione in cui si trova oggi la Sicilia. Nel frattempo ci siamo sentiti in dovere di inviare loro una lettera in cui raccontiamo cosa è successo alle ultime regionali siciliane e altri casi eclatanti in altre regioni italiani per sollecitare la loro presenza.
L'OSCE si occuperà di monitorare per garantire la regolarità del voto e sottolineiamo la necessità di un focus sulla situazione dei media e del tempo da loro dedicato ai vari gruppi politici.

++ TREMENDA NOTIZIA: CI TOLGONO LA PENSIONE. IL CLAMOROSO SCOOP DEL GIORNALISTA FRANCO BECHIS.

L’Italia non cresce e i pensionati aumentano. E allora ecco che l’Europa prepara per gli italiani una sorpresina affinché il nostro paese rispetti tutti i parametri necessari per la permanenza nell’Ue.
Ne parla Franco Bechis su Libero:
“C’è una doccia fredda nella nota di aggiornamento del Def appena depositata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per i futuri pensionati italiani: a davvero pochi anni dalla approvazione della contestatissima legge Fornero che ha innalzato l’età pensionabile, le simulazioni sui costi della previdenza nei prossimi anni indicano ancora una volta una spesa fuori controllo.
E siccome quel documento con le sue considerazioni tecniche sarà letto dagli uffici della commissione europea, bisogna attendersi nel breve-medio tempo nuovamente da parte della Ue una pistola puntata alle tempie dell’Italia perché vari un’altra legge Fornero.
Padoan evidenzia bene il tema: «Nuove proiezioni delle tendenze del sistema pensionistico, basate su un imminente aggiornamento degli scenari demografici ed economici a livello europeo, evidenziano rischi di salita della spesa pensionistica nei prossimi due decenni». Le tabelle e le note tecniche che accompagnano il Def indicano che rispetto alle previsionii conti sono sbagliati sia pure non di molto già nel 2020, per poi raggiungere i picchi di scostamento intorno al 2035.
Il ministro dell’Economia riconosce che il problema c’è: «Il governo», scrive, «ritiene che tali proiezioni rappresentino uno scenario avverso a fronte di quello sinora adottato». Padoan scopre l’acqua calda: bisogna «conseguire tassi di crescita del Pil più elevati rispetto a quelli registrati negli ultimi anni e promuovere un aumento dei tassi di attività e una risalita del tasso di fecondità.
L’Italia ha bisogno di un’economia più dinamica, di una finanza pubblica che possa assorbire il futuro impatto del pensionamento dei baby boomers e di politiche di sostegno all’occupazione giovanile e alla famiglia».
A Bruxelles sanno che se la spesa pensionistica salirà più del dovuto ma anche il Pil farà altrettanto, il problema non ci sarà. Ma sanno anche che l’ottimismo di Padoan ha basi fragili: il Pil italiano in tutta Europa cresce appena più di quello greco, e meno di quello di tutti gli altri 26 paesi.”

Marco Travaglio non ha dubbi:"Legge elettorale? Dobbiamo fregarli così". Il clamoroso escamotage contro i parassiti della casta

Marco Travaglio - Freghiamoli così.
FQ - 14/10/2017

Daniele Luttazzi, ai tempi di B., coniò un’immagine che rendeva bene l’idea: il “golpe al rallentatore”. Se alziamo lo sguardo e ripercorriamo la storia di quest’ultima legislatura, proprio questo vediamo: un golpe al rallentatore. Dove però B. non c’entra se non di straforo: i veri golpisti sono tutti targati Pd. Il Parlamento dei nominati con una maggioranza estrogenata da una legge elettorale poi dichiarata illegittima, che dunque è una minoranza, si è permesso di fare cose mai viste neppure ai tempi di B.: rieleggere il capo dello Stato per cacciare all’opposizione l’unica forza politica che ha vinto le elezioni (i 5Stelle) e mandare al governo chi le ha perse; riformare la legge elettorale a colpi di fiducia per iniziativa del governo (Italicum, incostituzionale anche quello); tentare di cambiare un terzo della Costituzione a botte di canguri e tagliole per strozzare il dibattito in Parlamento, addirittura rimpiazzando i senatori non allineati; comprare pezzi di centrodestra per annetterli al centrosinistra; ricattare chi non ci sta con la minaccia di non ricandidarlo; incoraggiare il trasformismo fino a 550 cambi di casacca (su 945 seggi parlamentari) in quattro anni e mezzo; e ora truccare un’altra volta le regole del voto a pochi mesi dalle urne per drogare gli scarsi consensi di chi aveva perso nel 2013 e si appresta a riperdere nel 2018 eliminando chi potrebbe rivincerle), ancora una volta a colpi di fiducia e con la complicità dei poteri di controllo: il Quirinale del silenzio-assenso, i giornaloni e le tv di regime, gran parte del mondo intellettuale, giuridico e artistico ieri sulle barricate, ora allineato e coperto.

Tutt’intorno, un’opinione pubblica per metà disinformata dalle balle del potere che non trovano mai smentita e per metà consapevole, ma troppo mitridatizzata o stremata o rassegnata dopo anni di vergogne ogni giorno più gravi per trovare la forza per reagire. Anche noi del Fatto, nati proprio per dare la sveglia e scrivere ciò che gli altri non dicono, ci domandiamo spesso che hanno fatto di male i lettori per sorbirsi ogni giorno un attentato al fegato e alle coronarie per effetto delle nostre cronache e delle nostre analisi delle cose come stanno. Poi naturalmente continuiamo, perché un giornale che non dice pane al pane e non racconta i fatti nudi e crudi non è un giornale. E perché ogni tanto le nostre battaglie partono in beata solitudine, ma poi col tempo coinvolgono milioni di persone e addirittura riescono a strappare una vittoria. Come nel referendum del 4 dicembre 2016. È da lì che dobbiamo ripartire, per capire che cosa accade e che cosa possiamo fare noi.

Il progetto dei golpisti al rallentatore è semplice, anche perché è sempre lo stesso: quello cacciato a furor di popolo dalla porta del referendum e ora rientrato dalla finestra del Rosatellum-Fascistellum. Un progetto di pseudo-democrazia verticale, centralizzata, oligarchica e dunque incostituzionale, dove pochissime persone – tutte controllabili dai poteri forti italiani e soprattutto internazionali – decidono il destino di tutti i cittadini ridotti a sudditi. Fallito il tentativo di ridurre il Parlamento a un’aula sorda e grigia alle dipendenze del premier-padrone (come previsto dall’incrocio mostruoso della controriforma Boschi e dell’Italicum), ci riprovano con la nuova legge elettorale, anzi anti-elettorale: il giorno delle elezioni tutti i giochi saranno già fatti, quasi tutti i parlamentari saranno già stati decisi da tre o quattro capi-partito che nomineranno tutti quelli della quota proporzionale (due terzi) e anche di quella maggioritaria (l’altro terzo), col divieto del voto disgiunto e il via libera alle finte coalizioni a geometria variabile da collegio a collegio. Così il prossimo Parlamento sarà ancor più servo di questo, senza più nemmeno l’esigenza di comprare voltagabbana (a parte qualche leghista, qualche fratello d’Italia e qualche grillino in libera uscita). E quando la Consulta, come per il Porcellum e l’Italicum, ci comunicherà ciò che sappiamo fin da oggi, e cioè che pure il Rosatellum è incostituzionale, lorsignori faranno spallucce: invocando il principio di continuità, seguiteranno a comandare con una maggioranza truccata per tutta la legislatura. E così via, all’infinito.

Intanto lo stesso modello vertical-oligarchico darà i suoi frutti in tutti quelli che nelle vere democrazie si chiamano “contrappesi” (check and balance). Nella magistratura, una circolare del Csm si appresta a centralizzare vieppiù le Procure nelle mani del capo, selezionato da un Csm ipercontrollato dai partiti e dalle loro proiezioni correntizie, con poteri di vita e di morte sui singoli pm, un tempo esclusivi e intangibili titolari dell’azione penale e ora ridotti a passacarte e camerieri di un procuratore onnipotente (che, se poi fa il bravo, viene premiato con incarichi ministeriali e persino con proroghe ad personam dell’età pensionabile). Nell’informazione che conta, il modello è lo stesso: i giornaloni, a parte qualche trascurabile sfumatura, sono tutti governativi; la Rai non è più nemmeno lottizzata, ma controllata dal partito unico di governo sotto la dittatura di un dg-ad che fa il bello e il cattivo tempo anche sul segnale orario; su Mediaset, inutile sprecare fiato; e il web sarà sempre screditato come sentina di fake news e magari imbavagliato da “regole” di bon ton a immagine e somiglianza del sistema.

Prima di spararci un colpo alla nuca, dobbiamo sapere che questo quadro terrificante non è scontato. Dipende da noi, se faremo finalmente buon uso della scheda elettorale: alle Regionali siciliane e alle Politiche. Come? Votando per quelli che hanno votato no l’altroieri alla Camera. Il Fascistellum almeno un merito ce l’ha: dirci per chi non dobbiamo votare mai più.

Le 1800 assunzioni che Renzi aveva millantato insieme a Marchionne? Nessuno ti racconta che fine hanno fatto

Un sms di poche righe sul cellulare: “Il tuo contratto cessa, ci aggiorniamo“. È così che 530 operai interinali dello stabilimento Fca di Cassino hanno appreso che dal giorno successivo non si sarebbero più recati in fabbrica. Non se l’aspettavano, le premesse erano ben altre e risalivano esattamente all’anno prima, quando l’allora premier Matteo Renzi e l’amministratore delegato di Fca Sergio Marchionne avevano annunciato 1800 nuove assunzioni per lo stabilimento di Cassino entro il 2018. Ma in un anno tante cose sono cambiate, il referendum costituzionale bussava alla porta ed era obbligo spargere ottimismo a piene mani: “Sono 4300 i lavoratori dell’Alfa di Cassino e altri 1800 saranno assunti nei prossimi 18 mesi – disse Renzi il 24 novembre 2016 – Facile lamentarsi, dire che va tutto male, criticare soltanto. Cassino ci dimostra una volta di più che l’Italia va avanti quando vincono quelli che provano a cambiare, non quelli che vogliono solo bloccare”. Le assunzioni sono partite a marzo di quest’anno per 830 nuovi dipendenti con contratti di somministrazione. Il primo passo, secondo gli operai, nel percorso all’interno dell’azienda. Il mercato del lavoro è quello che è, niente pretese eccessive e la stabilizzazione arriverà col tempo, pensavano gli operai. Quindi i primi quattro mesi, a luglio la proroga di altri quattro. Fino al 31 ottobre. Poi arriva un sms sul telefonino di 530 degli 830 neoassunti: “Per il momento il tuo contratto cessa. Ci aggiorniamo per ulteriori novità”.

Il mittente è il somministratore, ovvero la società (anche chiamate agenzie interinali) che cerca i lavoratori per conto dell’utilizzatore, Fca. Tecnicamente, quindi, non si può parlare di licenziamento, trattandosi di lavoro somministrato, ma la sostanza è la stessa a fronte delle promesse fatte e poi non mantenute. E lo stesso Renzi, in tour a Ciociaria con il trenino democratico “Destinazione Italia” solo una settimana fa è dovuto tornare sull’argomento assicurando che “ci faremo sentire” ma sottolineando al tempo stesso che prima “lì c’era un’azienda in cassa integrazione a zero ore”.
La ragione per cui non sono stati rinnovati i contratti, ha detto Fca ai sindacati, è il calo di esportazioni delle auto verso la Cina. A Cassino, infatti, si producono l’Alfa Stelvio e l’Alfa Giulia, due tipi d’automobile che guardano soprattutto al mercato estero, in particolare a quello americano e orientale. Si tratta di veicoli di fascia alta, un Suv (segmento C) il primo, una berlina (segmento D) la seconda. E le loro dirette concorrenti sui mercati sono ostiche a dir poco: lo Stelvio compete con l’Audi Q5, la Porsche Macan, il Bmw X3. La Giulia invece deve fare i conti con l’Audi A4, la Mercedes Classe C e la Jaguar XE.
Il mercato dell’auto è tornato a crescere e proprio l’Alfa Romeo aveva fatto un balzo nelle vendite il mese scorso, con Giulia e Stelvio che hanno registrato +20,3% a ottobre e del 34,4% da inizio anno. Nei primi nove mesi del 2017, ha comunicato la Fim Cisl, le produzioni di Giulia e Stelvio con 100.985 hanno raddoppiato i livelli del 2016 (51.425). Risultati positivi, ma non abbastanza a quanto pare. Il target di vendite per Cassino doveva essere almeno il doppio, circa 200mila auto, sostengono i sindacati.
Di qui il “licenziamento” dei 530 dipendenti interinali. “Qua la sensazione è che anche i 300 che sono rimasti a Cassino a dicembre verranno lasciati a casa, salvo particolari cambiamenti”, dice senza farsi grandi illusioni Claudio Panfili, segretario della Nidil Cgil. Nidil sta per Nuove Identità di Lavoro, i lavoratori atipici. Coloro che possono essere lasciati a casa con un sms sul cellulare. “E non erano neanche tenuti a inviare un messaggino perché la legge non prevede la comunicazione obbligatoria”, conclude Panfili.

Renzi in delirio: fa irruzione alla presentazione del libro di Fabio Volo. E lui? Lo massacra e se ne va lasciandolo solo sul palco a balbettare

Un Fabio Volo bipartisan. Dopo aver attaccato Silvio Berlusconi sullo ius soli nel dietro le quinte di Che tempo che fa, se la prende anche con Matteo Renzi. Il segretario del Pd, infatti, è arrivato a sorpresa alla presentazione del libro dello scrittore a Serralunga, e tra i due – come mostra il video di Corriere.it – sono subito scintille. Alla fine, Volo sbotta: “No ai comizi”. Dunque si alza e se ne va (dalla sua presentazione). Uno schiaffo memorabile al premier.

Disastro Fedeli, governo a pezzi. Si dimette la sottosegretaria: perchè l'ha mollata/Foto

La senatrice Angela D’Onghia ha rassegnato le dimissioni da sottosegretaria al Miur, ma "continuerà - spiega - a svolgere il mandato parlamentare affidatole dagli elettori fino alla naturale scadenza della legislatura". Le ragioni di queste dimissioni, si legge in una nota, sono "nella presa d’atto del fallimento dell’impegno assunto oltre tre anni fa, in forza della delega conferita dal ministro Giannini e successivamente confermata dalla ministra Fedeli, di completare la riforma del sistema Afam introdotta in ordinamento dalla legge n.508/99 e rimasta inattuata per 17 anni".
"Nonostante il cantiere aperto nel lontano 2014 sotto la guida della sottosegretaria D’Onghia, con il titolo beneagurante di ’Chiamata alle artì e tre lunghi anni di discussione sulle proposte normative avanzate dal tavolo tecnico appositamente costituito sulle diverse aree delegate dalla legge del ’99 - prosegue la nota - nulla di concreto è stato realizzato, la montagna ha partorito il solito topolino. L’unico risultato, infatti, è rappresentato dall’emendamento alla Finanziaria, in corso di approvazione, per il finanziamento degli Istituti musicali pareggiati e delle Accademie non statali, che rischierebbero il collasso finanziario".

Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/13285851/angela-donghia-schiaffo-fedeli-sottosegretaria-dimissioni-delusa-amareggiata.html 

mercoledì 29 novembre 2017

BUFERA IN STUDIO! LA GUZZANTI MASSACRA GASPARRI E IL PUBBLICO VA IN DELIRIO:"SEI UN BASTARDO"

 

Nel giugno 2015 crea una nuova serie web satirica: TG PORCO Informazione e Vendetta. La Guzzanti interpreta in questa web serie tanti personaggi per rappresentare il pessimo stato di salute del mondo dell'Informazione in Italia da diversi punti di vista. La giornalista in studio Venezia Cartolani, l'inviata aggratis Mara Ventura, la fuffologa Ezia De Mita, la sindacalista della ULA (Unione Lavoratori Aggratis) Zzazzetti e l'agente della CIA Madison sono solo alcuni dei personaggi emersi durante le due stagioni prodotte. Tra le imitazioni più divertenti troviamo Maria Elana BoschiMassimo D'alemaGiorgia MeloniDebora SerracchianiMatteo Salvini e Lucia Annunziata. Le prime 8 puntate della prima stagione sono state un momento di pura sperimentazione insieme al Web strategist Michele Maffei e al Graphic designer Valentino De Petro. Le successive 10 puntate della seconda serie sono state finanziate dagli utenti attraverso una campagna di raccolta fondi sul sito produzioni dal basso, centinaia di persone hanno versato circa 21.000 euro in soli 90 giorni . Il gruppo editoriale di Fan Page ha co-finanziato 6 puntate.

Sticker by fabiolopiccolo:

TASSE? FIGURA DI MERDA BOSCHI DAVANTI AI FINTI GIORNALISTI DEL TG1: ECCO COME FUNZIONA L’INFORMAZIONE PAGATA CON I TUOI SOLDI DEL CANONE

 




  No, le tasse non sono affatto bellissime. Proprio una delle bandiere della sinistra di governo, lanciata durante il governo di Romano Prodi nel 2007, è ammainata dal ministro più importante del governo di Matteo Renzi: Maria Elena Boschi. Ammainata con una gaffe durante una breve dichiarazione al Tg1avvenuta in occasione del no tax-day. La Boschi è andata a Roma, all’Eur, invitata dalla leader Pd di zona, Patrizia Prestipino. E aveva dietro il cronista embedded del Tg1, visibilmente imbarazzato per il compito.

Lei si è concessa alla dichiarazione di rito, raccontando della abolizione dell’Imu-Tasi sulla prima casa. Ma le è scappata la gaffe, che sminuisce tutto: “Purtroppo le tasse continuiamo a pagarle“. Se ne è resa conto la stessa Boschi, appena spenta la telecamera: “Purtroppo non dovevo dirlo!“, e giù risate generali. Il giornalista del Tg1 comprensivo: “La rifacciamo?”. Ma i militanti lì si sono opposti: “Eh, no! dire che è bello pagare le tasse proprio no!”…

Photo by fabiolopiccolo:

LEVA SUBITO I SOLDI DA QUESTE 3 BANCHE: STANNO PER FALLIRE! DISASTRO PADOAN, ECCO COSA FANNO AI CONTI

Potrebbe essere solo questione di tempo perché tre grandi gruppi bancari italiani dichiarino fallimento. Il ministro dell’Economia, PierCarloPadoan, avrebbe intenzione di intervenire facendo quel che ha sempre fatto finora, come riporta il Fatto quotidiano, cioè nulla. A trovarsi sull’orlo del baratro ci sono Monte dei Paschi di SienaPopolare di Vicenza e Veneto Banca, che equivalgono al 10% dell’intero sistema bancario nazionale.


È giusto però che i meriti sui fallimenti imminenti siano distribuiti tra chi ha contribuito all’ultimo capolavoro nel mondo creditizio nostrano. Oltre al ministro Padoan, va dato atto ai burocrati della Bce e a quelli della Commissione Ue di essersi impegnati parecchio. Si sta per assistere a una sorta di esperimento sulla pelle viva dei correntisti e dei contribuenti italiani, perché le attese sono sull’applicazione della Direttiva Brrd, quella famigerata sul bail in. Prima però che siano messe le mani nelle tasche dei correntisti con più di 100 mila euro, la Bce ha ricordato più volte che il fallimento di un istituto di credito è evitabile ricorrendo alla “ricapitalizzazione precauzionale”. Che tradotto vuol dire: iniezione di soldi dello Stato, quindi di chi paga le tasse.
Il delirio di leggi e regolette europee però non finisce così facilmente. Secondo il comma 22 della direttiva, lo Stato può intervenire per salvare una banca solo se “rispetta i requisiti patrimoniali minimi”. Per una volta le banche, in questo caso Mps, si ritrova nello stesso incubo di tanti correntisti che hanno chiesto credito alla propria banca. Così Mps ha bisogno di soldi e li chiede allo Stato, ma la Bce può autorizzare lo Stato solo se Mps dimostra di non aver bisogno di quei soldi.

Grazie a questo meccanismo malato le tre banche sono a un passo dal disastro. I due istituti veneti non sono poi messi meglio, dopo anni di magagne sui conti ignorate dalla vigilanza della Banca d’Italia. Sia la popolare di Vicenza che Veneto Banca sono state costrette dalla Bce a rimettere mani al portafogli per un aumento di capitale senza aiutini. A Vicenza l’aumento è stato di 1,5 miliardi, a Montebelluna il fondo Atlante – partecipato dalla banche – un miliardo tondo. La scorsa estate per le due banche destinate alla fusione sono stati iniettati altri 2,5 miliardi. I vertici però si accorgono che il buco lasciato da chi dirigeva in passato la baracca era molto più profondo.
A quel punto le due venete chiedono l’aiuto dello Stato, indispensabile per non fallire. Dalla Commissione europea però avvertono che le perdite previste nei rispettivi bilanci devono essere coperte dal fondo Atlante, che ormai è a secco. E nessuno dei soci del fondo ha più intenzione di dare un altro euro alle due banche venete, visto che finora ci hanno rimesso 3,4 miliardi con scarse speranze di rivederli presto, compresi gli interessi. Nel frattempo Padoan è rimasto immobile, dal suo ufficio non sono partite notizie per i vertici delle due banche, in attesa che ne arrivino dalla Bce, che a sua volta le aspetta dalla Commissione europea. I correntisti nel frattempo stanno scappando, già un terzo dei depositi è andato perso nell’ultimo anno e mezzo. Il pallino è sempre nelle mani del governo, sempre più sotto lo schiaffo di Bruxelles, ma di decisioni all’orizzonte non si vede neanche l’ombra.
FONTE: http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/12327006/tre-banche-stanno-per-fallire-mps-popolare-di-vicenza-veneto-banca-padoan.html

FORZA, CONDIVIDIAMO IN MASSA QUESTA NOTIZIA: GLI ITALIANI DEVONO SAPERE LA VERITA' SUL PD


GENTILONI E QUEI 21 MILIONI DI EURO: PRESO CON LE MANI NEL SACCO! COSI’ SE LA SCIALANO A PALAZZO CHIGI STI FETENTI

Paolo Gentiloni costa più di Matteo Renzi: le spese di Palazzo Chigi salite di 21,5 milioni di euro
E zitto zitto Paolo Gentiloni ha messo bei muscoloni da premier.

Quello che mai ti saresti atteso, è lì documentato dal bilancio di previsione 2017: il nuovo presidente del Consiglio costa più di Matteo Renzi. A Palazzo Chigi quest’ anno si spendono circa 21,5 milioni di euro in più del 2016, e la lievitazione inattesa è tutta nelle spese correnti, che tornano a superare il miliardo di euro con un incremento di 36,3 milioni.

Diminuisce invece il capitolo delle spese in conto capitale (ridotto di 14,7 milioni di euro), perché sono minori le necessità di manutenzione del palazzo.

Ma quel che più conta e fa comprendere la differenza fra i due governi è la notevole lievitazione delle spese del segretariato generale di palazzo Chigi, il cuore pulsante del potere del governo. Lo stanziamento in questo caso passa da 403,57 a 537,9 milioni di euro, con un incremento di 134 milioni. E il grosso dell’ aumento viene dalle spese correnti di funzionamento, che crescono di quasi 100 milioni di euro passando da 275,9 a 375,67 milioni di euro. Cresce il personale dipendente dopo molti anni, e ovviamente aumentano di conseguenza gli stipendi base e i benefit concessi, compresi i buoni pasto. Ma cresce anche il costo diretto e indiretto degli uffici di stretta collaborazione del premier, dei ministri senza portafoglio e dei sottosegretari alla presidenza del Consiglio.

Un aumento che si spalma su tutte le voci di personale, sia quello a tempo indeterminato sia quello provvisorio degli staff. Cresce di 120 mila euro rispetto al 2016 il capitolo degli «stipendi del personale non proveniente da pubbliche amministrazioni, degli uffici di diretta collaborazione del presidente, degli eventuali vicepresidenti (che non ci sono, ndr) e del sottosegretario di Stato-segretario del consiglio dei ministri». Ma aumentano anche i costi indiretti per il personale di diretta collaborazione: 376 mila euro in più per i contributi previdenziali e 125.800 euro per gli oneri Irap.

Aumentano addirittura del 40 per cento i costi del trattamento economico accessorio degli staff di Gentiloni e del sottosegretario Maria Elena Boschi, che passano rispetto a Renzi e al suo sottosegretario Claudio De Vincenti da 2,7 milioni a 3,76 milioni di euro annui. Mentre per i ministri senza portafoglio la crescita è più limitata, passando da 4,5 a 4,8 milioni di euro. In compenso Gentiloni risparmia qualcosina nell’ organizzazione delle visite di Stato in Italia e all’ estero, tagliando 50.469 euro rispetto al budget superiore a 1 milione di euro che aveva Renzi.

Crescono anche i costi del personale fisso, che solo per le retribuzioni di ruolo aumentano di 1,513 milioni di euro (passando da 86 a 87,513 milioni di euro), e di pari passo aumentano i costi Irap e quelli previdenziali sugli stessi assunti. Nella nota integrativa al bilancio di previsione si spiega che complessivamente l’ aumento è di «euro 2.093.700, dovuta all’ assunzione di nuove unità di personale.

In particolare sono stati assunte 4 unità di personale provenienti dalle Province, 36 unità di personale provenienti dal Ministero dello sviluppo economico, 16 unità di personale per l’ esercizio di compiti connessi all’ impiego dei Fondi strutturali europei e al monitoraggio degli interventi cofinanziati dai suddetti Fondi strutturali».

Non ci sono solo i costi del personale, e come già avveniva da anni crescono esponenzialmente le spese per le liti, i contenziosi e gli arbitraggi. In questo caso il premier Gentiloni si porta dietro i problemi causati da Renzi e dalle sue leggi. L’ aumento dei fondi stanziati però è da record: più 180 per cento, e salgono da 50 a 140 milioni di euro. Fra questi – spiega la nota integrativa al bilancio, ci sono anche i contenziosi «per le borse di studio dei medici specializzandi».

Di fronte a tanti aumenti, c’ è invece una riduzione di fondi che proprio nessuno avrebbe atteso: quelli del capitolo per la Protezione civile, che «passano da euro 447.748.405,00 ad euro 371.801.383,00 con una diminuzione complessiva di euro 75.947.022,00 (meno 16,96 per cento)». La nota spiega che «tale diminuzione deriva dalla riduzione che ha interessato gli stanziamenti destinati al Fondo per le emergenze nazionali (cap. 7441) che passano da euro 249.000.000,00 ad euro 240.000.000,00. Inoltre, sul Fondo per la prevenzione del rischio sismico (cap.

7459) non è stata stanziata alcuna risorsa finanziaria».

Fonte Libero

Traguardo storico a Roma. Dopo ben 5 anni di inattività, la Raggi mette in funzione le famosissime..

 

I mezzi, costati oltre un milione e mezzo, erano fuori uso e fermi nel terminal Gianicolo (60 mila euro al mese d’affitto) dal 2012. L’assessora: «Le avete conosciute quando erano incomprensibilmente abbandonate. Ora in funzione 5, presto le altre 6»

Finalmente sono operative - spazzano, strofinano, ingoiano cartacce - cinque anni dopo la presentazione in pompa magna in Campidoglio, quand’era sindaco Gianni Alemanno. Sono i tempi della capitale, ma tant’è. L’11 febbraio 2017, nella storia minore dell’Ama, la municipalizzata rifiuti al centro di un permanente tourbillon di scandali, sarà ricordato come un giorno speciale. Di festa. Sono infatti entrate in funzione - dopo uno spreco nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro - le spazzatrici elettriche nuove di zecca acquistate nel 2011 per pulire il centro storico e da allora custodite in garage, inattive. I 12 mezzi, agili e silenziosi, perfetti per infilarsi nei vicoli, erano costati 130 mila euro ciascuno, per un totale di un milione 560 mila euro, e oltre che il rispetto dell’ambiente garantivano un miglioramento della produttività, essendo previsto l’impiego di un singolo operatore. Peccato che, per la mancanza di uno «spinotto» adeguato, tale da garantire un’efficiente ricarica, finirono subito nel terminal Gianicolo (come denunciato nella recente inchiesta del Corriere) e lì siano rimaste per quasi un lustro. Ebbene, in queste ore i romani stanno vivendo il privilegio di rivederle in funzione. Dal vivo e sul web.

fonte; http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_febbraio_11/ama-spazzatrici-elettriche-azione-5-anni-raggi-posta-video-727be256-f06e-11e6-811e-b69571ccd9d9.shtml





BOOM, FERMI TUTTI! Parla Celentano: "Ecco chi preferisco tra Di Maio e Renzi"

Il cantautore commenta la petizione del Fatto Quotidiano contro i presunti nemici della Costituzione, tra la legge "truffa" sulle grandi navi a Venezia e regolamenti televisivi mancati.
 La democrazia e l’alternativa renziana - Tanto per cominciare, diciamo subito che, se è in atto un cambiamento, il merito va a un uomo solo: Grillo. Senza di lui rischiavamo altri 50 anni di macerie come quelle create dall’ipnotica cultura della Democrazia Cristiana, dei socialisti, fascisti e comunisti, senza contare poi l’indotto distruttivo che da questi ne deriverebbe a causa della loro tragica malformazione mentale e che purtroppo, dico purtroppo, investirebbe il povero italiano che, assorbendone tutti i difetti, precipiterebbe a loro “immagine e somiglianza”. Un’impresa, quella di Grillo, che tuttavia non manca di qualche errore. Si dice che sbagliando si impara e qualcuno del suo movimento sta quasi esagerando nell’imparare. Il primo fra tutti, Luigi Di Maio. Un ragazzo in gamba dallo sguardo fermo e rassicurante, e altri che sono stati espulsi perché avevano una loro opinione. Ma a Grillo non bastava. Sentiva che gli mancava qualcosa e così ha pensato bene di generare lui stesso il suo antagonista. E gli è venuto mica male, devo dire, tutt’altro che “ebetino”. In quattro e quattr’otto ha fatto un clamoroso sgambetto a Letta ed è subito diventato Presidente del Consiglio. Grillo ancora non è contento. Forse se lo immaginava diverso e qualcuno già dice che si sia pentito di averlo concepito in quel modo. Dal suo blog infatti lo accusa di golpe alla democrazia. Un’accusa che gli fanno in parecchi e, anche se meno esplicita, persino alcuni del suo partito.


Pare che il motivo stia nella velocità con la quale il Presidente del Consiglio vuole riformare il Senato in modo diverso a com’era prima del suo arrivo: oltre a volerlo snellire nelnumero dei senatori(da 350 a 100) e nei costi, la cosa che più infastidisce i dissidenti (e fra questi ci sono fior di professori come Rodotà, lo storico dell’arte Salvatore Settis, Zagrebelsky e molti altri) sta nel fatto che i rimanenti 100 senatori prenderanno un compenso ridotto, ma non saranno eletti dal popolo. Le loro poltrone saranno strettamente raccomandate dalle Regioni e daiComuni. Due enti, che dalla fine della guerra in poi, si sono dimostrati tra i principali responsabili del disastro italiano. Per cui verrebbe a mancare la leggendaria sovranità del popolo. Dopo di che non è difficile immaginare la domanda che gli italiani, compreso il sottoscritto, potrebbero farsi: “Cosa ha prodotto la sovranità popolare negli ultimi 50 anni”? Se diamo un’occhiata in giro, solo disastri (e la sciagurata trascuratezza degli scavi di Pompei ne è la testimone oculare): con un debito pubblico stratosferico che non si può più neanche chiamare debito, poiché la sua fisionomia più corrispondente è ormai quella del becchino. Pertanto viene logico pensare che quel tipo di democrazia così tanto ambita dai detrattori di Renzi esistesse solo nel suono delle parole. “Forse, più che una democrazia – avrà pensato Renzi – ciò che davvero serve è una “dittatura democratica”, dove l’approvazione di una legge non dovrà più sottostare all’eterno ping pong senza uscita fra le due Camere. Certo, stando così le cose, è difficile dargli torto. Ma allora dov’è lo sbaglio? In quelli che vogliono una finta democrazia dove c’è posto anche per la corruzione che avvelena il Sud con le scorie nucleari? O in quelli che vogliono una dittatura democratica dove, per paura che la sovranità popolare possa esprimersi, si tenti con ogni mezzo di allontanare l’agibilità dei referendum portandoli a 800mila firme anziché a 500mila come è stato fino ad ora? Di sicuro non è facile. Specie quando si tratta di scegliere fra due sistemi orrendi.

Quel Canale dei mostri che deturpa la Laguna - C’è un solo modo per capire quale dei due sentieri è il meno sanguinoso. Osservare, credo, con più attenzione quelli che per ora non sono che i primi passi di questo governo, al fine di intercettare qualche segnale che ci dia almeno un’idea di quale sarebbe la sua vera direzione. E uno di questi segnali si è manifestato già nei primi giorni di Ferragosto. Con un blitz a sorpresa è stata approvata la legge “truffa” sulle grandi navi a Venezia. La quale ci annuncia che il nuovo attacco alla città sarà di scavare il Contorta, un canale apposito per il passaggio dei mostri. Questo per liberare “ipocritamente” la Laguna dallo spaventoso traffico che tuttavia permarrà fino a oltre il 2016, periodo in cui agli sciacalli del mare è stato imposto un divieto che ha più della farsa tanto è spudorato: non superare le 96mila tonnellate di peso. Forse Renzi non sa che con questa legge ha inferto un colpo mortale al cuore dell’Arte in seno alla città di Venezia: culla delle arti figurative, dell’architettura e della musica. Ritenuta da tutte le nazioni una delle città più belle del mondo, patrimonio tutelato dall’Unesco, che ora minaccia di escludere la città dalla lista dei patrimoni dell’umanità. Mi domando come sarebbe apparso Renzi agli occhi del mondo se, oltre a essere giovane, svelto e simpatico, avesse fatto anche un decreto legge hard rock, che avesse vietato per sempre (senza ulteriori sprechi e scavi pericolosi) il micidiale passaggio delle grandi navi a Venezia. Sono certo che avrebbe ricevuto il plauso di tutti i giovani del mondo e non solo, difficile da credere, ma persino dal suo “acerrimo” nemico Grillo. E invece caro Matteo, credo proprio che tu abbia perso il treno della tua vita. Quel treno che, non avendo il coraggio di non far salire uomini distruttivi come il ministro Lupi e il velenoso padrone del porto Paolo Costa, rischia di andare a sbattere, sebbene tu non perda occasione per dire che a te interessa solo il bene degli italiani. Sarà anche vero e io voglio crederlo, ma forse ancora non hai capito qual è il bene degli italiani, come credo non l’abbiano capito non solo nessuno dei tuoi avversari politici, ma neanche gli italiani. Ed è questa la vera disgrazia.


Cambiamo verso alla pubblicità – E, se devo essere sincero, con tutti questi giochi di potere, di cui in prima linea è sempre il popolo a fare le spese, proprio non saprei dire quale potrebbe essere lo schema ideale per il tuo governo. Viviamo in un mondo in cui, come giustamente dice il Papa, è in atto (sia pure a piccoli sprazzi) la terza guerra mondiale. Dove, oltre alle bombe, non mancano i cretini che, per paura di essere dimenticati, sganciano frasi non meno pericolose. Dove nemici come la Rai, e altrettanto dicasi diMediaset, bombardano di spot pubblicitari la mente dell’uomo con una frequenza devastante, dove l’inserto non è più quello dello spot pubblicitario che interrompe il film, ma al contrario è il film che interrompe la pubblicità con tanti piccoli frammenti di “Ben Hur” distribuiti nella intera serata pubblicitaria. E qui capisci che la guerra è molto più sottile e penetrante. Perché lacera i sentimenti. Quei sentimenti che, se appiattiti, riducono l’uomo ad annaspare nel buio del nulla in cerca magari di qualche guerra da combattere. Non importa quale e chi sia il nemico, purché si combatta, tanto per ammazzare il tempo, oltre che se stessi. Questo è ciò che mi pare di capire. Una prospettiva alquanto triste che il “Re degli ignoranti” altro non sa immaginare e che solo un presidente del Consiglio potrebbe cambiare.

Ma tu non te la senti, o te la senti (tanto per cominciare, per poi subito dopo affondare il dito nella piaga delle tasse ingiuste) di fare un decreto legge che impone alla Rai, aMediaset e a tutte le stazioni televisive che l’intervallo tra un inserto pubblicitario e l’altro non debba essere inferiore ai 20 minuti? E che l’inserto pubblicitario non possa durare più di 2 minuti? No, non te la senti, perché avresti contro il mondo della pubblicità, le televisioni e i politici di tutti i partiti comincerebbero a parlarti di disoccupazione, di gente che vive sulla pubblicità, come l’Ilva diTaranto e le grandi navi, che come ha dichiarato il governatore Zaia (dall’alto della sua cattiva ignoranza) danno lavoro a tanta gente, anche se poi è a causa loro che si muore di cancro. Ma tu non te la senti vero? Perché è questo il tipo di governo che “il vento di questo tempo” impone. Le legislature, compresa la tua, dureranno sempre meno se chi ne è coinvolto non ascolterà la voce impetuosa di questo vento. Oggi, più di ieri, la gente ascolta e giudica. E anche se, come dicono tanti, l’aggettivo di “sovrano” applicato al popolo è una tragica burla, piuttosto che niente è meglio vederlo scritto a caratteri cubitali nella Costituzione, in modo che i 100 senatori rimasti prenderanno qualcosa meno, ma avranno l’onore di essere eletti direttamente dal popolo e conservare così una chiave di controllo nel caso la Camera impazzisca (cosa non difficile) e approvasse una legge ingiusta, antidemocratica e contro la libertà di pensiero.

Il sottile nemico che alberga in noi – Ho letto Eugenio Scalfari che, in un suo bellissimo editoriale su Repubblica, diceva: “Credo che la sola e vera forma che realizza la sovranità sociale sial’oligarchia”. Che significa (lo spiego per il mio popolo): tipo di governo in cui i poteri sono concentrati nelle mani di pochi cittadini. “A patto però – diceva Scalfari – che siano democraticamente eletti dal popolo.” Quindi un’oligarchia aperta al facile e disinvolto rinnovamento sia per i molti che vi entrano che per quelli che escono. Un’idea che a mio parere si può anche condividere, ma non prima d’aver trovato il rimedio per risolvere la crisi. Che non si risolverà mai se non si ha il coraggio di fare una vera e propria “rivoluzione economica.” E qui sono d’accordo con Grillo, quando dice che se l’Europa non condivide il pagamento del nostro “debito” è meglio uscire dall’euro. Del resto, il titolo di “comunità Europea” è valido solo se gli Stati membri si aiutano l’uno con l’altro. Solidarietà indispensabile, per non dire vitale, tanto più nel caso di un ritorno alla lira, che però non avrebbe nessun effetto se nei rapporti col prossimo l’uomo non recupera, prima di ogni altra cosa, quellaspiritualità che l’arido mondo del business ha perso. E per farlo è necessario che la società popolare sia investita da un senso nazionale di crisi, non per addentrarsi nei meandri di un incubo, ma al contrario per accomunarci tutti insieme lungo il sentiero della trasparenza e dell’onestà. E questa è una pulizia che deve partire dalpopolo. Perché, se lo sporco è già tra le file del popolo, come non di rado accade quando magari il falegname o l’idraulico si approfitta dell’ingenuità del semplice per fargli pagare la riparazione di un tavolo o un rubinetto che perde tre volte quello che dovrebbe costare, è inevitabile poi che anche i pochi che ci governano, se prima erano puliti, piano piano ma non tanto piano addirittura ci sguazzino nello sporco, perché troverebbero nel popolo un terreno fertile.

E come giustamente ha esortato il Papa in una delle sue ultime omelie: le vie che l’uomo può percorrere non sono tre, ma due. Quella Spirituale, seminata nell’arte della natura e delle cose, e quella mondana, la cui dimensione rischia di ingigantire il sottile nemico che alberga in ognuno di noi, l’ego. Che tanti identificano come “lo sfidante”, “il falso io” che esiste solo a livello psichico ma non fisico. Da qualche parte, non so dove, devo aver letto qualcosa che diceva più o meno così: “Quando l’ego occupa lo spazio che il Creatore ha destinato alla natura, attraverso la quale vive quel principio divino da cui nasce l’unica vera essenza dell’uomo, non fa altro che sfruttare a suo vantaggio le risorse di quell’essere umano di cui l’ego si è impossessato, a tal punto che il ‘posseduto’ non ha più coscienza di sé e di cosa ci sta a fare in questo mondo. E la sua vita si trasforma in un vero inferno”.

FONTE: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/13/celentano-renzi-dittatore-democratico-incapace-di-fare-veri-decreti-hard-rock/1120051/