Di Marco Travaglio.
Prima o poi doveva arrivare ed è arrivato: il momento di diventare renziani. È stato precisamente due giorni fa, quando anche Monica Cirinnà, folgorata sulla via di Orlando, ha scoperto all’improvviso che Renzi “è stato un pessimo segretario, da lasciare alle spalle” visto che ha rovinato il Pd (“un partito immobile e isolato”). E dire che il 4 dicembre scorso, appena cinque mesi fa, twittava giuliva: “Grazie @matteorenzi, senza il tuo coraggio non avremmo governato x 1000 giorni approvando leggi innovative come #unionicivili”. Ora, Renzi ha tanti difetti, ma non il mimetismo: almeno da quando è segretario è sempre lo stesso. Cosa può essere cambiato dal 4 dicembre? Una sola cosa: il 5 dicembre ha perso il referendum e il governo. Per la verità il referendum l’ha perso tutto il Pd, a parte i pochi che votarono No e ora sono andati in Mdp. Ma gli altri preferiscono sorvolare. Anzi trasvolare verso altri lidi. Scelta legittima: solo i cretini non cambiano idea. Ma può capitare che cambino idea anche i cretini, e per sposarne una altrettanto cretina: accade quando si dimenticano di chiedere scusa per aver sbagliato l’idea precedente e passano direttamente alla successiva con la stessa disinvolta sicumera. Se poi la nuova idea è più conveniente della vecchia, il sospetto è che siano pure opportunisti e voltagabbana. Mai visto uno che traslochi dal carro del vincitore a quello del perdente: si attende il referto del medico legale, poi si finge di non aver mai visto né votato né leccato il caro estinto.
Tutti fascisti, tutti antifascisti; tutti democristiani, tutti antidemocristiani; tutti craxiani, tutti anticraxiani; tutti dipietristi, tutti antidipietristi; tutti berlusconiani, tutti antiberlusconiani; tutti montiani, tutti antimontiani; tutti renziani, tutti antirenziani. Negli anni 70, quando nell’intellighentija andava di moda la sinistra, per chi non s’intruppava era difficile lavorare: Montanelli, il più grande giornalista di tutti i tempi, fu sbattuto fuori dal Corriere e dovette, a 68 anni, farsi un Giornale tutto suo. Subito messo all’indice, ghettizzato, snobbato, tacciato di essere fascista. Poi, con comodo, quando il comunismo finì sotto il muro di Berlino, fu tutto un fiorire di anticomunisti fuori tempo massimo che intrepidamente ne combattevano il cadavere. “Che strano – scherzava il vecchio Indro – quando cercavo anticomunisti per il Giornale era un fuggifuggi. Ora che il comunismo non c’è più, tutti contro. A me i nemici piace combatterli da vivi. Da morti, mi vien voglia di abbracciarli”. La stessa che viene a noi ora che “Renzi chi?” è rimasto solo e si accinge a vincere le primarie di un partito che, nei sondaggi, è terzo su tre.
Iniziò il 6 dicembre Dario Franceschini, la cui fedeltà è sempre al di sotto di ogni sospetto: “Non consentiremo a Matteo di portarci a sbattere contro il muro”. Napolitano, che ha seppellito ben altri cadaveri, lo liquidò sprezzante: “L’idea di Renzi di votare subito è tecnicamente incomprensibile”. A Vincenzo De Luca, Matteo parve tutt’a un botto “strafottente” e autore di “riforme demenziali”. Ed ecco Andrea Orlando: mai un gemito, un vagito, un pigolio contro Renzi per tre anni, poi il ruggito del coniglio: “Troppi errori, voglio ricostruire il Pd” (e chissà dov’era mentre si facevano gli errori e si polverizzava il Pd col suo voto). Sergio Staino, incautamente promosso da Renzi a direttore dell’Unità, gli dà del “cafone”. Nel fuggifuggi generale non tutti notano il consigliere economico Filippo Taddei che lascia il Nazareno in macerie per i “troppi errori: non c’è stato il cambiamento radicale promesso”, anzi “è passata l’idea di un Pd più empatico con i forti che con i deboli” (l’avesse detto quando l’amico era lingua in bocca con Marchionne, Boccia, Briatore & C. sarebbe stato meglio). Repubblica, turborenziana fino al 4 dicembre pomeriggio, inverte la rotta con agile piroetta in serata con Ezio Mauro (Renzi è un “populista”), Stefano Folli (“Matteo esca dalla nebbia” di un “sistema di potere famelico, spregiudicato e del tutto privo di etica pubblica”) e Francesco Merlo (“bullo bellimbusto”, “pacchiano”, “potente spavaldo gonfio di boria”, “scarafaggio”). Galli della Loggia, sul Corriere, ora che ha perso lo trova “insopportabilmente antipatico”.
I prodian-renziani passano armi e bagagli con Orlando. E Sala, il candidato sindaco più a destra di Milano travestito da Renzi e Pisapia nell’alfiere della sinistra? Disperso. Dice: “Alle primarie non mi schiero”. Ah però. Poi firma su Repubblica un appello che sa tanto di fuga con un altro renziano intiepidito, Chiamparino: “Caro Matteo, cambia mare se vuoi restare capitano” (qualunque cosa voglia dire). Restava giusto il Foglio, con Stanlio e Ollio al secolo Cerasa e Ferrara a contendersi le grazie di Matteo. Ma stanno cedendo anche loro. Cerasa scopre che Renzi “rincorre grillini e salviniani sul ridicolo terreno dell’antieuropeismo”, dunque non deve più governare, perché ora si porta molto Gentiloni: il prossimo governo “in nome della mediazione che rottama la rottamazione non potrà che essere affidato a leader affidabili ma con poco consenso”, mentre il prossimo leader Pd dovrà “fare ciò che non ha avuto la forza di fare fino in fondo negli ultimi 4 anni: il segretario di un partito destinato a condizionare il governo più con le idee che col carisma”. Ferrara resiste un po’ alla tentazione di buttarsi sul nuovo premier come su tutti gli altri, da Craxi ad Andreotti, da B. a D’Alema, da Amato a B., da B. a Monti, da Letta a Renzi: “Elezioni subito, non si sospende la democrazia”. Poi inizia a tentennare e ora si capisce benissimo che ama Gentiloni. Perciò, finalmente soli, siamo tentati di passare con Renzi. È vero che gli sono rimasti Scalfari e mezzo Ferrara. Ma queste, com’è noto, sono due aggravanti.
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RispondiEliminaPENTALICUM: TERZA REPUBBLICA PRESIDENZIALE, PER COMPETERE ADEGUATAMENTE NEL FUTURO CRESCENTE CAOS ECONOMICO-ECOLOGICO MONDIALE, CONDIZIONATO ANCHE DAL ACCAPARRAMENTO DELLE MATERIE PRIME SEMPRE PIÙ SCARSE E COSTOSE, CHE ORMAI TUTTI PROSPETTANO CON ANGOSCIA, SOPRATTUTTO PER L’AVVENIRE DEI FIGLI.
RispondiEliminaÈ visionabile su youtube in https://youtu.be/7ln8b7tsz2a
> Questa innovativa riforma permette un rapido e sensibile rilancio dell’Italia, che recupererebbe credibilità politica, sicurezza interna e affidabilità finanziaria, con forte ripresa della produzione e sensibile calo della disoccupazione, evitando così futuri disordini sociali e violenze, a causa della crescente estrema povertà.
> L’Italia, rifondata su una Costituzione parlamentare bi-camerale di stampo comunista, ora residuato bellico fallimentare, dopo aver abrogato la stabile Monarchia con l’inganno comunista e la religione di Stato tramite il concordato Craxi-Wojtyla, ha perso la sua unità e identità storiche, mentre a causa dell’odio di classe le sue maggiori aziende sono state svendute e le migliori intelligenze continuano ad emigrare.
> Pertanto il bel Paese è vincolato alle lungaggini delle disorganiche leggi della maggioranza, generatrici di burocrazia ostacolante le attività produttive, che l’esecutivo deve applicare fino alla loro eventuale soppressione, anche se ritenute inadeguate o dannose, senza tenere conto della accresciuta dinamicità e variabilità degli eventi nazionali, della UE e mondiali, che richiedono provvedimenti di rapida e sicura attuazione, spesso ostacolati o respinti dagli intrighi di partito o voti di scambio.
> Conseguentemente l’Italia repubblicana è ora pervasa da corruzione dilagante, clientelismi tollerati, ladreschi squilibri retributivi nel pubblico impiego e nella RAI, disoccupazione o sottoccupazione giovanile con gravi ripercussioni sulle future nascite, mentre i vari Tribunali politicizzati, giustificati dalla Costituzione composta da 139 articoli e 18 disposizioni transitorie, condizionano pesantemente i provvedimenti governativi necessari al buon funzionamento dello Stato.
> Con questa innovativa riforma la conduzione dello Stato diventa efficiente e rapida, mentre buona parte delle sue costose e ipergarantiste istituzioni collegiali vincolate alla Costituzione vengono soppresse (Provincie, Prefetture, TAR, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale, Consiglio superiore della magistratura, Camera dei deputati e Senato della Repubblica), e con esse anche gran parte della soffocante burocrazia, che frena notevolmente la governabilità e lo sviluppo dell’economia.
Inoltre tutte le Regioni vengono accorpate in sole 5 Macro Regioni (Nord, Centro, Sud, Sicilia, Sardegna) suddivise in distretti amministrativi esecutivi, ad esse subordinati senza eleggibilità politica, gestibili a distanza mediante i sistemi informatici.
sempre sferzante e preciso
RispondiEliminaperfetta analisi, perfetto rimedio.
RispondiEliminaTravaglio mi piace tanto quanto M5S (cioè nulla) ma non si può non condividere la lucidità di questa analisi.
RispondiEliminaNON TUTTE LE MELODIE SI ACCORDANO CON LE NOSTRE ASPETTATIVE . SE DIVERGONO , ANALIZZIAMOLE, POTREMMO ESSERE NOI NELL'ERRORE.!!
EliminaAnalisi e comento stupido e irrilevante come il tuo pseudonino micio micio micio micio !!
EliminaSe uno condivide la lucidità di tale analisi è ad un buon punto della propria presa di consapevolezza nei confronti di un fenomeno attuale, che spero non venga mai inquadrato come storico, in quanto non ne avrebbe il rango, essendo il frutto un coacervo di mistificazioni mediatiche, esercizi di marketing mal posti, ignoranza ed arroganza che manteca il tutto rendendolo stucchevole ed indigesto.
EliminaUnico aspetto positivo, la capacità, forse, di suscitare reazioni forti di disgusto ed indignazione tali da determinare dei cambiamenti che, se ben gestiti, potrebbero riaprire un percorso virtuoso in grado di rallentare un declino politico e sociale ormai elevatosi a fenomeno percettibile ai più...⏰🇮🇹