martedì 14 febbraio 2017

Attaccare la Raggi per colpire Di Maio ed il M5S: l'obbiettivo dei media. Ecco perché..

“Tutti i nodi vengono al pettine”. “Quando c’è il pettine”, aggiungeva Leonardo Sciascia in Nero su Nero (Einaudi); parlava della giustizia in tempi difficili forse più di quelli odierni. Cosa avrebbe detto dell’intricata vicenda romana che vede protagonista Virginia Raggi? Il pettine della magistratura è all’opera e i nodi del malaffare oggi sono sotto gli occhi di tutti: Raffaele Marra – “sempre a disposizione” – e il costruttore Scarpellini sono in carcere. Arriverà un avviso di garanzia anche alla sindaca? Tema complesso: 1. L’accusa che ha colpito Marra (corruzione) risale ad anni lontani: Raggi che colpa ne ha? 2. La sindaca conosceva Marra da tempo, l’ha difeso e voluto come potente collaboratore, è colpevole perlomeno della sua scelta: attingere dagli uomini di Alemanno non è stato saggio, è saltata la discontinuità. Raggi ha ammesso l’errore. Basta? Se riceve un avviso di garanzia deve dimettersi?

Sono domande importanti, che, nel loro insieme, spiegano la complessità e i lati oscuri della vicenda romana. Nelle prossime ore gli imputati saranno interrogati in carcere; l’inchiesta potrebbe allargarsi, se Raggi verrà indagata – con accuse politicamente significative – dovrà dimettersi (c’è poco da valutare) e sarà dura per i 5Stelle evitare le ricadute sul Movimento: Roma è questione nazionale.

E’ questa l’altra partita, quella decisiva: da mesi si attacca la sindaca – che ha commesso errori, certo – per colpire Di Maio. Il M5S è in testa ai sondaggi: c’è occasione migliore del caos romano per demolirne l’immagine? Se i 5Stelle non sanno gestire una città, sapranno gestire lo Stato? E’ la domanda – declinata in mille modi – che circola negli editoriali di Repubblica, Corriere, Stampa, Messaggero. Eccetera. I giornaloni non parlano d’altro anche quando scrivono di Milano (“La questione Sala è delicata. Sì, però, la vicenda romana…”). E’ un infinito argomentare su Roma. Un’ossessione Roma. Un continuo e martellante e ipocrita “L’avevamo detto”. Il campione di questo stile di pensiero s’è rivelato Mario Calabresi: Repubblica ha denunciato dall’inizio e per questo “siamo stati criticati, accusati di essere partigiani, non obiettivi e di farlo per partito preso.

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