Pure lo zio della Boschi tra i grandi debitori del crac Banca Etruria
L’istituto ha finanziato con 10 milioni la “Saico”, l’azienda rossa di cui è stato per anni amministratore Stefano Agresti, fratello della mamma
L’istituto ha finanziato con 10 milioni la “Saico”, l’azienda rossa di cui è stato per anni amministratore Stefano Agresti, fratello della mamma
Una famiglia, quella dei Boschi, che non finisce mai di stupire. Dall’albero genealogico più chiacchierato d’Italia ora spunta anche un oscuro zio.
Stefano Agresti, ragioniere, 57 anni, nato a Spoleto oggi vive ad Arezzo, fratello di Stefania, professoressa ed ex vicesindaco di Laterina, e soprattutto madre del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. L’azienda dove lo zio Stefano ha ricoperto per anni incarichi dirigenziali all’interno del cda è tra quelle che hanno accumulato enormi debiti con Banca Etruria e che ha contribuito ad affossare l’istituto. La Saico, fondata nel 1973, era un’azienda leader a livello internazionale nel mercato degli impianti di verniciatura, forni, sistemi di ventilazione e barriere fonoassorbenti, con sede ad Arezzo e una succursale a Laterina, la Saico Refinish, dove è nata, a un centinaio di metri dalla grande casa rosa della famiglia Boschi. L’azienda fallisce nel 2013, dopo una crisi che determina un fabbisogno di più di 70 milioni di euro, mettendo in mezzo ad una strada 200 dipendenti. Il 21 marzo 2013 il tribunale di Bologna dichiara il fallimento di Energia & Ambiente, la società che aveva «assunto» il concordato delle imprese rimaste formalmente attive dopo la fine di Saico Refinish. I debiti riguardano le diverse articolazioni dell’azienda: quella relativa ai forni (Refinish) e quella dei pannelli frangirumore per le autostrade (Energia & Ambiente). Quasi 25 milioni, per la precisione 24,5, spariscono nel crac legato al fallimento della Saico e poi di Energia & Ambiente. Circa 10 milioni di questi vengono finanziati da Banca Etruria e non sono mai rientrati. La Saico Refinish di Laterina è la prima a fallire, nel 2011.
Le altre aziende del gruppo (Energia & Ambiente, Boss, Air, Saico Co e Saico Spa) vivono prima la fase del concordato e poi muoiono anche loro. Gli aretini più anziani conoscono la Saico come «l’azienda dei Ds, del tutto politicizzata, che usava come mano d’opera cooperative sociali, l’avamposto del settore industriale del partito e che vinceva commesse pubbliche milionarie come quelle i pannelli fonoassorbenti per le autostrade». Tutti sanno che negli anni Novanta funge da poltronificio per i compagnucci. Il fallimento del gruppo Saico, che ha contribuito a trascinare nella fossa Banca Etruria, è legato a personaggi del Pci, Ds e Pd. Dirigenti famosi in città come Paolo Nicchi (socio di minoranza), esponente politico di primo piano dal Pci fino al Pd, ex vicesindaco e al momento del fallimento, nel 2013, alla presidenza della Fiera Antiquaria . Luciano Baielli (che ha lasciato ad altri il «cerino» delle responsabilità), eminenza grigia e uomo forte dei Ds aretini, alla guida dell’ex azienda dei trasporti Atam ai tempi di Nicchi vicesindaco. Gianni Arno, ex dirigente della San Giovanni Valdarno Calcio (serie D). E, infine, appunto zio Stefano Agresti. Nel suo profilo Linkedin lo zio Stefano si definisce «Libero professionista Macchinari industriali» (con un diploma di ragioneria) e su Facebook rimanda il suo nome alla Saicozero Sa di Stabio, nel canton Ticino, in Svizzera. Il centralino della Saicozero, però, è allacciato ad una segreteria telefonica.Ieri Matteo Renzi al Senato ha parlato di Banca Etruria come «discussione allucinante», «di non aver riguardo per nomi e cognomi», «per noi non ci sono amici o amici degli amici», «non si può parlare di conflitto di interessi».Va riconosciuto: questo ragazzo ha un coraggio da leoni.
Fonte: ILGIORNALE.IT
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