C' era un' occasione rapidissima per mettersi alle spalle il caso Maria Elena Boschi-Banca Etruria riaperto dal libro di Ferruccio De Bortoli. L' ha avuta ieri l' ufficio di presidenza della commissione Finanze della Camera, ma l' ha buttata via. I gruppi di opposizione, in testa il M5s ma con loro anche altri, avevano chiesto una riunione dei capigruppo della commissione per l' avvio di una indagine conoscitiva lampo sulla vicenda. Tre sole audizioni da fare nel giro di pochi giorni per risolvere il mistero: l' autore delle rivelazioni, De Bortoli, l' ex amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni e infine l' ex ministro dei rapporti con il Parlamento oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi. De Bortoli ha scritto che all' inizio del 2015 la Boschi avrebbe chiamato il vertice di Unicredit per chiedere di esaminare il salvataggio di Banca Etruria, di cui era vicepresidente il papà della ministra, Pier Luigi.
La Boschi ha negato di avere fatto "pressioni" (cosa che De Bortoli non ha scritto) e annunciato genericamente querele, senza specificare a chi. Ghizzoni fin qui non ha smentito la rivelazione di De Bortoli, ne ha dato una conferma indiretta dicendo che non si può mettere nelle sue mani la tenuta del governo di Paolo Gentiloni (che non sarebbe a rischio affatto se De Bortoli si fosse inventato il suo scoop) e detto che avrebbe risposto apertamente o davanti a un tribunale o a una commissione parlamentare. Bastava convocare i tre la prossima settimana, Ghizzoni avrebbe parlato rivelando i fatti e la Boschi avrebbe potuto replicare. Invece si è scelto di insabbiare tutto, perché nella maggioranza che sostiene il governo nessuno ha voglia di approfondire un fatto che già tutti nel loro intimo hanno compreso.
Ieri l' ufficio di presidenza della commissione Finanze, guidato da Maurizio Bernardo (Ap), ha addormentato ogni possibilità di avere in tempi rapidi la verità su quel che è accaduto. Come sapevano fare solo i vecchi democristiani, il presidente della commissione non ha detto di sì e nemmeno ha detto di no all' audizione di Ghizzoni e compagnia bella. Ha fatto spallucce, guardato chi stava chiedendo quella piccola indagine conoscitiva e detto «ma che la facciamo a fare? Fra poco nascerà la commissione di inchiesta sulle banche, mica possiamo andare a rubare il lavoro che devono fare loro». Non solo: ma sentire oggi Ghizzoni per appurare la verità «sarebbe difficilmente comprensibile sotto un profilo squisitamente istituzionale». Sentite quelle parole che erano musica per le sue orecchie, ecco unirsi alla litania come prima voce del coro il Pd Michele Pelillo: «Parole sante, non possono esserci conflitti istituzionali. E poi penso che se anche chiamassimo i tre, da noi non verrebbero a parlare». Bella secchiata di sabbia, ed ecco seppellito il problema. Altro che volere fare luce su tutto, altro che chiarimenti il prima possibile.
Il governo su questo caso ha deciso di infinocchiare l' opinione pubblica. E per farlo - nomen omen - ha inviato a Montecitorio proprio ieri il ministro Anna Finocchiaro. Che ha sentenziato come il caso sia già chiuso, perché «Maria Elena Boschi ha chiarito tutto ampliamente». Tutto cosa? A sentire l' ancella del governo inviata per infinocchiare l' opinione pubblica, la Boschi ha chiarito di non avere fatto pressioni su Unicredit e di non essere incappata in alcun conflitto di interesse. Prove? Nessuna, semplicemente lo dice senza alcuna carta di appoggio. In compenso le prove la Finocchiaro le pretende da quello là che avete letto sui giornali. Sì, perché De Bortoli non viene nemmeno nominato. Ma liquidato così: «Il quesito nasce dalla lettura della rassegna stampa e, quindi, da presunte rivelazioni contenute nella pubblicazione di un noto giornalista, formulate in riferimento a una informazione di cui non si dice come e da chi sarebbe stata acquisita né, tanto meno, verificata».
Dunque sugli scandali bancari da due anni e più si stanno prendendo in giro gli italiani.
Dunque sugli scandali bancari da due anni e più si stanno prendendo in giro gli italiani.
Renzi per difendersi già nel 2015 dagli schizzi di fango che venivano da Etruria e dalla famiglia Boschi disse «subito commissione di inchiesta». Era il capo del governo, del Pd, della maggioranza, praticamente il sovrano assoluto d' Italia. Ma la commissione di inchiesta non si è fatta. Un anno dopo, nuova bufera. Questa volta su Mps. Mille promesse: «Indaghiamo subito, fuori la lista di chi ha preso i soldi ed è scappato». Nulla. Ora la prossima settimana inizierà alla Camera la discussione su una futura commissione. Su Etruria?
Boh. Su Mps? Chissà. Un po' di poltrone. Se le divideranno con l' iter burocratico che serve più o meno a metà-fine giugno. Poi lunghe discussioni su che fare. Poi la lista delle priorità da scegliere. Poi i contatti con i banchieri da chiamare, la verifica delle loro agende. Siamo a fine luglio. Si parte! Eh, no: ci sono le vacanze. Va beh, settembre. E magari a ottobre si chiama Ghizzoni per una chiacchieratina in seduta segreta. No? Il governo è già caduto?
Si vota già? Che peccato...
Si vota già? Che peccato...
di Franco Bechis
Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/12389360/maria-elena-boschi-banca-etruria-ghizzoni-commissione-finanze-boschi.html
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