Leggiamo il durissimo sfogo del deputato a 5 stelle Alessandro Di Battista:
"Dopo alcune settimane dalla rivelazione di De Bortoli ("la Boschi chiede all'amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni di comprare Banca Etruria") Maria Etruria non ha ancora querelato nessuno. Né De Bortoli né i parlamentari del M5S, a detta sua, profondamente diffamatori. A questo punto non mi rimane altro che dire che la Boschi è una tremenda bugiarda, una menzognera e una ipocrita. Ha mentito al Parlamento (quindi all'Italia intera) quando disse di non essersi mai occupata della "bancuccia di famiglia". Le mie parole sono pesanti? Benissimo, la Boschi dovrà per forza querelarmi per diffamazione. Così a processo finalmente dovrà parlare chi ha il dovere di parlare per sbugiardare definitivamente questa persona politicamente pericolosa."
mercoledì 31 maggio 2017
CLAMOROSA DENUNCIA DI V.RAGGI, POCO FA A SORPRESA:" Vi dico chi c'è dietro.."
"Vi abbiamo chiamati qui per denunciare quello che sembrerebbe un attacco coordinato ai mezzi del servizio giardini, dal 19 aprile sono ben otto. Sono iniziati con l'avvio della bella stagione, la primavera, quando l'erba cresce e quando è necessario che il servizio giardini si attivi per rendere fruibile il verde. Sono state fatte delle denunce spot, ora il comune presenterà un esposto alla procura, perché sembra che dietro questi episodi ci sia una regia". Lo ha detto la sindaca di Roma, Virginia Raggi, durante una conferenza stampa nella sede del servizio giardini di Villa Lazzaroni.
Danni da 30mila euro. In meno di un mese sono otto gli episodi di aggressione e vandalismo alle sedi e ai mezzi del servizio giardini di Roma conteggiati dal Comune di Roma. Nel complesso i danni economici prodotti sono "contenuti", si legge in una relazione del dipartimento Tutela Ambientale: le prime stime si aggirano intorno ai 30 mila euro circa, tuttavia si tratta di danneggiamenti che stanno rendendo inservibile i mezzi speciali del servizio. Le due aree che hanno maggiormente risentito di tali danneggiamenti sono villa Borghese, nel municipio II, e villa Lazzaroni nel VII municipio.
Nella relazione sono annotati otto episodi, dal picconamento del container utilizzato dal personale che opera per il Centro emergenza Verde il 19 aprile all'ultima rottura dei parabrezza di due camioncini e di un lucchetto a Villa Lazzaroni. (FONTE: Huffingtonpost.it)
Danni da 30mila euro. In meno di un mese sono otto gli episodi di aggressione e vandalismo alle sedi e ai mezzi del servizio giardini di Roma conteggiati dal Comune di Roma. Nel complesso i danni economici prodotti sono "contenuti", si legge in una relazione del dipartimento Tutela Ambientale: le prime stime si aggirano intorno ai 30 mila euro circa, tuttavia si tratta di danneggiamenti che stanno rendendo inservibile i mezzi speciali del servizio. Le due aree che hanno maggiormente risentito di tali danneggiamenti sono villa Borghese, nel municipio II, e villa Lazzaroni nel VII municipio.
Nella relazione sono annotati otto episodi, dal picconamento del container utilizzato dal personale che opera per il Centro emergenza Verde il 19 aprile all'ultima rottura dei parabrezza di due camioncini e di un lucchetto a Villa Lazzaroni. (FONTE: Huffingtonpost.it)
SE TUTTI CONDIVIDIAMO QUESTO VIDEO ALL'ISTANTE, IL PD DOVRA' ANDARSI A NASCONDERE!
Destra e Sinistra si sono sempre dati da fare per contrastare le indagini e i processi sulla corruzione.
Le parole di Piercamillo Davigo poco fa al convegno M5S "Questioni e visioni di giustizia"
Ha poi anche aggiunto :
“Ho dato dimostrazione nella vita che non sono interessato alla politica. Mi occupo di politici quando rubano. Ritengo che i magistrati non siano capaci di farla. Ministro della Giustizia? Non lo farò“. Così, a margine di un convegno organizzato dal M5s alla Camera, l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo ha escluso una sua candidatura, dopo i retroscena che lo indicavano tra i possibili candidati alle primarie online del M5s o ipotizzavano un suo ruolo come possibile Guardasigilli nell’eventuale squadra di governo pentastellata. “Ministro della Giustizia? A parte che non lo farò, non capisco perché tutti lo vogliono fare visto che non dovrebbe contare niente perché è ministro senza portafoglio e che non dovrebbe spostare o nominare nessuno”, ha affermato il magistrato. La platea era però in disaccordo con Davigo quando, alla domanda della giornalista Liana Milella se intendesse impegnarsi in prima persona in politica, Davigo ha escluso questa possibilità. Con tanto di standing ovation durante il suo intervento.
CLAMOROSO - ARRIVA LA CONFERMA: HANNO VUOTATO IL SACCO SUI MIGRANTI ARRIVATI IN ITALIA.
Agli scafisti fa comodo che ogni tanto avvenga una strage in mare in modo da far pressione sugli europei e sull’Italia.
E’ quanto afferma il dottor Paolo Narcisi, presidente Rainbow for Africa, una piccola ong piemontese. Secondo Narcisi, intervistato da La Stampa, facendo l’esempio dei migranti arrivati a Pasqua.
Di seguito uno stralcio della sua intervista al quotidiano torinese:
“Non escludo che sia accaduto qualcosa del genere anche il giorno di Pasqua. Sabato hanno fatto partire quattromila persone; le navi più grandi hanno fatto il pieno e si sono mosse verso l’Italia. In zona erano rimaste tre barche piccole.
Eppure domenica gli scafisti hanno mandato avanti altre duemila persone. Ma su Juventa possono salire al massimo in quattrocento, altri milleseicento restavano aggrappati ai gommoni. E intanto il mare diventava burrascoso. Sono state ore tragiche. La Guardia costiera italiana, di cui dobbiamo essere orgogliosi, ha fatto miracoli. È stata dirottata in zona una petroliera che s’è messa di traverso e ha fatto da scudo contro le onde. Poi sono arrivati pescherecci e mercantili. E quella gente è stata salvata”.
Narcisi ha poi aggiunto che “ormai i libici non usano più barconi e solo gommoni di pessima qualità” e se le navi delle ONG non stazionassero al limite delle acque territoriali i migranti sarebbero mandati a morire.
Narcisi sostiene la denuncia del pm Zuccaro e ha negato che ci siano contatti tra la sua ONG e gli scafisti:
“Conosciamo il procuratore Carmelo Zuccaro e sappiamo che è una persona seria. Se ha detto certe cose, ci costringe a interrogarci. Noi siamo a sua disposizione. Mai i nostri satellitari sono stati contattati da scafisti libici. La Juventa non stacca mai i suoi apparati che mandano la posizione ogni ora alla centrale operativa di Roma. Abbiamo preteso dal nostro partner tedesco che la nave non prenda iniziative personali. Come da ultime indicazioni della Guardia costiera, abbiamo anche arretrato il nostro raggio di azione nelle acque internazionali, in modo da non entrare in acque libiche neppure per errore”.
E’ quanto afferma il dottor Paolo Narcisi, presidente Rainbow for Africa, una piccola ong piemontese. Secondo Narcisi, intervistato da La Stampa, facendo l’esempio dei migranti arrivati a Pasqua.
Di seguito uno stralcio della sua intervista al quotidiano torinese:
“Non escludo che sia accaduto qualcosa del genere anche il giorno di Pasqua. Sabato hanno fatto partire quattromila persone; le navi più grandi hanno fatto il pieno e si sono mosse verso l’Italia. In zona erano rimaste tre barche piccole.
Eppure domenica gli scafisti hanno mandato avanti altre duemila persone. Ma su Juventa possono salire al massimo in quattrocento, altri milleseicento restavano aggrappati ai gommoni. E intanto il mare diventava burrascoso. Sono state ore tragiche. La Guardia costiera italiana, di cui dobbiamo essere orgogliosi, ha fatto miracoli. È stata dirottata in zona una petroliera che s’è messa di traverso e ha fatto da scudo contro le onde. Poi sono arrivati pescherecci e mercantili. E quella gente è stata salvata”.
Narcisi ha poi aggiunto che “ormai i libici non usano più barconi e solo gommoni di pessima qualità” e se le navi delle ONG non stazionassero al limite delle acque territoriali i migranti sarebbero mandati a morire.
Narcisi sostiene la denuncia del pm Zuccaro e ha negato che ci siano contatti tra la sua ONG e gli scafisti:
“Conosciamo il procuratore Carmelo Zuccaro e sappiamo che è una persona seria. Se ha detto certe cose, ci costringe a interrogarci. Noi siamo a sua disposizione. Mai i nostri satellitari sono stati contattati da scafisti libici. La Juventa non stacca mai i suoi apparati che mandano la posizione ogni ora alla centrale operativa di Roma. Abbiamo preteso dal nostro partner tedesco che la nave non prenda iniziative personali. Come da ultime indicazioni della Guardia costiera, abbiamo anche arretrato il nostro raggio di azione nelle acque internazionali, in modo da non entrare in acque libiche neppure per errore”.
TANGENTI SULLA TAV, ARRESTATI FIGLI DI POLITICI E DI ALTI PAPAVERI. ECCO CHI SONO I PARASSITI DI QUESTO STATO INFAME E PARASSITA
Spiccano due nomi illustri nell’inchiesta della Procura di Roma su appalti e corruzione delle grandi opere. Uno è l’imprenditore Giandomenico Monorchio (figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio) arrestato stamattina dai carabinieri del Comando Provinciale di Roma. L’altro, che risulta indagato a piede libero, è invece Giuseppe Lunardi, anch’egli imprenditore, nonché figlio dell’ex potente ministro Pdl ai Trasporti e alle Infrastrutture del governo Berlusconi, Pietro Lunardi.
Sono in totale ventuno gli arrestati tra Lazio, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Abruzzo, Umbria e Calabria nell’indagine condotta dai carabinieri di Roma e denominata «Amalgama» (per simboleggiare i legami stretti). Ipotizza la corruzione per ottenere contratti di subappalto nell’ambito dei lavori per la realizzazione della tratta Tav «Av./A.C Milano-Genova-Terzo Valico Ferroviario dei Giovi» (Alta Velocità Milano-Genova), del 6° Macrolotto dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e della People Mover di Pisa. Agli indagati i procuratori aggiunti Paolo Ielo e Michele Prestipino contestano, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione.
Uno scambio di favori tra dirigenti e imprenditori. Falsi certificati sui lavori in cambio di subappalti. Ruolo «chiave» era quello del direttore lavori, l’ingegner Giampiero De Michelis, considerato il «promotore e organizzatore» della banda insieme all’imprenditore calabrese Domenico Gallo. Era proprio lui che, incaricato della direzione dei lavori dal «contraente generale», svolgeva compiacenti controlli di qualità e rilasciava certificati dove si affermava il falso, ottenendo come contropartita «commesse per beni e servizi» fatturati a ditte riferibili a parenti o amici.
Il complesso meccanismo è spiegato dalle intercettazioni telefoniche con le quali i carabinieri, agli ordini del generale Antonio De Vita, hanno incastrato i due principali protagonisti e gli altri indagati coinvolti, a vario titolo, nell’inchiesta. Tantissime le telefonate ascoltate dagli inquirenti. C’è ad esempio quella dell’aprile 2015, nella quale Gallo dice a un coindagato: «Chi fa il lavoro… la stazione appaltante… i subappaltatori… deve crearsi l’amalgama, mo’ è tutt’uno… Perché se ognuno tira e un altro storce non si va avanti… Quando tu fai un lavoro diventi… parte integrante di quell’azienda là… E devi fare di tutto perché le cose vadano bene… è giusto?».
I carabinieri annotano nel verbale, poco dopo, lo stupore dello stesso Gallo nell’apprendere che il suo interlocutore credeva che i controlli sui lavori venissero svolti secondo le regole: «Ah, perché pensavi che erano…». Quello risponde: «Io sì», e Gallo chiarisce: «Nooo… non pensare…. Chi pensa male fa peccato ma non sbaglia mai».
FONTE:
LA STAMPA
Sono in totale ventuno gli arrestati tra Lazio, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Abruzzo, Umbria e Calabria nell’indagine condotta dai carabinieri di Roma e denominata «Amalgama» (per simboleggiare i legami stretti). Ipotizza la corruzione per ottenere contratti di subappalto nell’ambito dei lavori per la realizzazione della tratta Tav «Av./A.C Milano-Genova-Terzo Valico Ferroviario dei Giovi» (Alta Velocità Milano-Genova), del 6° Macrolotto dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e della People Mover di Pisa. Agli indagati i procuratori aggiunti Paolo Ielo e Michele Prestipino contestano, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione.
Uno scambio di favori tra dirigenti e imprenditori. Falsi certificati sui lavori in cambio di subappalti. Ruolo «chiave» era quello del direttore lavori, l’ingegner Giampiero De Michelis, considerato il «promotore e organizzatore» della banda insieme all’imprenditore calabrese Domenico Gallo. Era proprio lui che, incaricato della direzione dei lavori dal «contraente generale», svolgeva compiacenti controlli di qualità e rilasciava certificati dove si affermava il falso, ottenendo come contropartita «commesse per beni e servizi» fatturati a ditte riferibili a parenti o amici.
Il complesso meccanismo è spiegato dalle intercettazioni telefoniche con le quali i carabinieri, agli ordini del generale Antonio De Vita, hanno incastrato i due principali protagonisti e gli altri indagati coinvolti, a vario titolo, nell’inchiesta. Tantissime le telefonate ascoltate dagli inquirenti. C’è ad esempio quella dell’aprile 2015, nella quale Gallo dice a un coindagato: «Chi fa il lavoro… la stazione appaltante… i subappaltatori… deve crearsi l’amalgama, mo’ è tutt’uno… Perché se ognuno tira e un altro storce non si va avanti… Quando tu fai un lavoro diventi… parte integrante di quell’azienda là… E devi fare di tutto perché le cose vadano bene… è giusto?».
I carabinieri annotano nel verbale, poco dopo, lo stupore dello stesso Gallo nell’apprendere che il suo interlocutore credeva che i controlli sui lavori venissero svolti secondo le regole: «Ah, perché pensavi che erano…». Quello risponde: «Io sì», e Gallo chiarisce: «Nooo… non pensare…. Chi pensa male fa peccato ma non sbaglia mai».
FONTE:
LA STAMPA
CONDIVIDETE TUTTI ALL'ISTANTE: SENZA DIRVI NULLA HANNO MESSO IN GINOCCHIO GLI ITALIANI!
I fake media ieri ci hanno raccontato quanto è “figo” il premier canadese Justin Trudeau e della sua avventura allo stadio con la maglia di Francesco Totti.
Tutto molto bello, però i criminali dell’informazioni hanno “dimenticato” di dirci cosa è venuto a fare Trudeau qui da noi: promuovere il Ceta, l’accordo commerciale di libero scambio tra Canada ed Unione Europea che dà il colpo di grazia alle aziende italiane.
Il TTIP non è passato perché i cittadini si sono opposti. E allora hanno trovato il modo di aggirare l’opinione pubblica con un nuovo accordo, il Ceta appunto, che viene presentato come un trattato che favorisce il commercio, ma che nei fatti ci toglie sovranità, favorisce le banche e massacra i consumatori e le imprese italiane, soprattutto nel settore alimentare.
Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ha denunciato che “l’accordo CETA è un regalo alle grandi lobby industriali dell’alimentare che colpisce il vero Made in Italy e favorisce la delocalizzazione, con riflessi pesantissimi sul tema della trasparenza e delle ricadute sanitarie e ambientali“.
Coldiretti: “Il Ceta uccide il grano duro italiano”
Il settore alimentare sarà quello più colpito dal Ceta, se l’accordo sarà ratificato dal parlamento italiano. Denuncia Coldiretti:
“Nei trattati va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione e possa garantire la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e della libertà di scelta dei consumatori. Il Ceta uccide il grano duro italiano con il crollo dei prezzi favorito dall’azzeramento strutturale i dazi per l’importazione dal Canada dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perché accusato di essere cancerogeno. Oltre la metà del grano importato dall’Italia arriva proprio dal Canada dove le lobby in vista dell’accordo CETA sono già al lavoro contro l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta previsto per decreto e trasmesso all’Unione Europea, trovando purtroppo terreno fertile anche in Italia”.
Ceta, M5S: “Svenderà i servizi pubblici italiani”
Il M5S, da sempre critico verso questi accordi transnazionali, ha spiegato i rischi del Ceta tramite il proprio sito:
“Un trattato simile al Ttip (quello tra Usa e Ue), che in un certo senso lo sostituisce visto che molte multinazionali statunitensi hanno una sede anche in Canada, e che, solo per citare alcuni rischi, svenderà i servizi pubblici italiani, renderà irreversibili le privatizzazioni (dagli ospedali alla gestione dell’acqua), sdoganerà in Europa gli Ogm, di cui il Canada è il terzo produttore mondiale, e circa 130mila tonnellate di carne canadese trattata con ormoni.
E il Governo davanti al primo ministro canadese Trudeau, sponsor principale del Ceta, cosa fa? Lo accoglie a braccia aperte. Prima la Boldrini con i suoi panegirici, elogiandolo a tutto tondo in quanto ‘femminista’, promotore di una ‘visione multiculturale’ e della ‘lotta ai cambiamenti climatici’ in casa propria, ma del tutto favorevole alle porcate che è invece venuto a piazzare in Italia e nel resto d’Europa.
Pochi minuti dopo è la volta di Gentiloni, che, ospitando in conferenza stampa Trudeau al proprio fianco, ha dichiarato pubblicamente che spera che il Parlamento italiano dia al più presto il via libera alla ratifica del Ceta, che l’ultimo Consiglio dei Ministri ha predisposto in tutta fretta con un disegno di legge. Un’indicazione di voto vergognosa”.
Fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/05/31/ceta/
Tutto molto bello, però i criminali dell’informazioni hanno “dimenticato” di dirci cosa è venuto a fare Trudeau qui da noi: promuovere il Ceta, l’accordo commerciale di libero scambio tra Canada ed Unione Europea che dà il colpo di grazia alle aziende italiane.
Il TTIP non è passato perché i cittadini si sono opposti. E allora hanno trovato il modo di aggirare l’opinione pubblica con un nuovo accordo, il Ceta appunto, che viene presentato come un trattato che favorisce il commercio, ma che nei fatti ci toglie sovranità, favorisce le banche e massacra i consumatori e le imprese italiane, soprattutto nel settore alimentare.
Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ha denunciato che “l’accordo CETA è un regalo alle grandi lobby industriali dell’alimentare che colpisce il vero Made in Italy e favorisce la delocalizzazione, con riflessi pesantissimi sul tema della trasparenza e delle ricadute sanitarie e ambientali“.
Coldiretti: “Il Ceta uccide il grano duro italiano”
Il settore alimentare sarà quello più colpito dal Ceta, se l’accordo sarà ratificato dal parlamento italiano. Denuncia Coldiretti:
“Nei trattati va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione e possa garantire la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e della libertà di scelta dei consumatori. Il Ceta uccide il grano duro italiano con il crollo dei prezzi favorito dall’azzeramento strutturale i dazi per l’importazione dal Canada dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perché accusato di essere cancerogeno. Oltre la metà del grano importato dall’Italia arriva proprio dal Canada dove le lobby in vista dell’accordo CETA sono già al lavoro contro l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta previsto per decreto e trasmesso all’Unione Europea, trovando purtroppo terreno fertile anche in Italia”.
Ceta, M5S: “Svenderà i servizi pubblici italiani”
Il M5S, da sempre critico verso questi accordi transnazionali, ha spiegato i rischi del Ceta tramite il proprio sito:
“Un trattato simile al Ttip (quello tra Usa e Ue), che in un certo senso lo sostituisce visto che molte multinazionali statunitensi hanno una sede anche in Canada, e che, solo per citare alcuni rischi, svenderà i servizi pubblici italiani, renderà irreversibili le privatizzazioni (dagli ospedali alla gestione dell’acqua), sdoganerà in Europa gli Ogm, di cui il Canada è il terzo produttore mondiale, e circa 130mila tonnellate di carne canadese trattata con ormoni.
E il Governo davanti al primo ministro canadese Trudeau, sponsor principale del Ceta, cosa fa? Lo accoglie a braccia aperte. Prima la Boldrini con i suoi panegirici, elogiandolo a tutto tondo in quanto ‘femminista’, promotore di una ‘visione multiculturale’ e della ‘lotta ai cambiamenti climatici’ in casa propria, ma del tutto favorevole alle porcate che è invece venuto a piazzare in Italia e nel resto d’Europa.
Pochi minuti dopo è la volta di Gentiloni, che, ospitando in conferenza stampa Trudeau al proprio fianco, ha dichiarato pubblicamente che spera che il Parlamento italiano dia al più presto il via libera alla ratifica del Ceta, che l’ultimo Consiglio dei Ministri ha predisposto in tutta fretta con un disegno di legge. Un’indicazione di voto vergognosa”.
Fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/05/31/ceta/
Luigi Di Maio e Marco Travaglio. Diffusa poco fa questa clamorosa notizia:..
Brutte notizie per l’Italia sul fronte della libertà di stampa. Nell’annuale classifica di Reporters sans Frontieres il nostro Paese perde quattro posizioni, scendendo dal 73° posto del 2015 al 77° (su un totale di 180 Paesi) del 2016. L’Italia è il fanalino di coda dell’Ue (che è comunque l’area in cui c’è maggiore tutela dei giornalisti), seguita soltanto da Cipro, Grecia e Bulgaria.
Classifica: ecco le prime 10 posizioni (Fonte: rsf.org)
GIORNALISTI NEL MIRINO
Fra i motivi che - secondo l’organizzazione con base in Francia - pesano sul peggioramento, il fatto che «fra i 30 e i 50 giornalisti» sarebbero sotto protezione della polizia per minacce di morte o intimidazioni. Nel rapporto vengono citati anche «procedimenti giudiziari» per i giornalisti che hanno scritto sullo scandalo Vatileaks. I giornalisti in maggiore difficoltà in Italia, dunque, sono quelli che fanno inchieste su corruzione e crimine organizzato
DIETRO BENIN E BURKINA FASO
Per farsi un’idea dell’allarmante situazione italiana basta dare un’occhiata alla classifica: ci precedono Paesi come Tonga, Burkina Faso e Botswana.
“QUELLE RAPINE AGLI ITALIANI DELL’INPS”: GIORDANO SMASCHERA LA GRANDE TRUFFA DEI SIGNORI DELL’ASSEGNO
Pubblichiamo Posta Prioritaria, la rubrica in cui Mario Giordano risponde alla missiva di un lettore.
Caro Giordano, negli anni Novanta l’ Inps incamerò “enne” anni di contributi da lavoratori che, come me, impiegata di concetto per 10 anni in un’ azienda a suo tempo monopolista in Italia si vide annullare tali importi perché “troppo vecchi”. Possibile? Ma se c’ è gente che riscuote pensioni per 40 anni relative a versamenti molto più agée… Ma c’ è di più: chi voleva, poteva proseguire a versare contributi volontari fino al raggiungimento dell’ età pensionabile (pari a 120 euro mensili attuali) mentre per coloro che, come me, non si sono fatti convincere, gli importi versati in moneta legale sono stati fagocitati dalle casse Inps. Preciso che non pretendo la pensione con il sistema contributivo, come ora si predica, ma semplicemente la restituzione di quanto versato, maggiorato, logicamente degli interessi maturati in 44 anni, periodo nel quale l’ Inps li ha usati come ha voluto… Lo Stato, quando il cittadino non versa quanto richiesto, provvede al sequestro dei beni, mentre il cittadino servo della gleba deve abbozzare e stare zitto nel caso sia lo Stato a non osservare le norme relative ai contributi. Bel Paese che pretende di esportare altrove la democrazia… Quale democrazia? Ma mi faccia il piacere, come diceva Totò…
La questione è nota, ma non per questo meno urticante: il fatto che l’ Inps abbia trattenuto i contributi versati dalle persone che non hanno raggiunto la soglia minima per avere la pensione è una rapina. Non ci sono altri modi per definirla. Se si comportasse in questo modo un gestore di risparmi privati verrebbe arrestato, non crede signora Carla? C’ è solo una cosa che lei sbaglia: non è vero che lo Stato “non osserva la norme”. Lo Stato le norme, in casi come questo, le osserva eccome. Peccato che le norme non stiano proprio dalla parte dei cittadini. Non di tutti, almeno. Perché non le sarà sfuggito, amica di Torino, che proprio mentre lei perdeva tutti i suoi contributi c’ erano persone che sono riuscite ad avere la pensione pur avendo lavorato assai meno anni di lei. Le faccio un esempio? Il 1 agosto 1983 andò in pensione un bidella di Lissone. Aveva 32 anni e aveva lavorato nella scuola appena 11 mesi. Appena assunta, infatti, aveva fatto il ricongiungimento con contributi versati nel settore artigianale a Messina (dove pare si fosse occupata di tappezzeria) e questo fece scattare la famosa clausola delle baby pensione (14 anni, 6 mesi, 1 giorno). Da allora la signora vive felicemente con un assegno mensile. Anche grazie ai soldi suoi. Ed è tutto perfettamente, maledettamente legale, mi creda.
martedì 30 maggio 2017
Notizia incredibile, la Raggi spiazza tutti. Si scaglia contro il Governo, è infuriata. Ecco cosa sta succedendo
Roma Capitale ha presentato ricorso contro la decisione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo di ridimensionare la Soprintendenza speciale di Roma per istituire il Parco Archeologico del Colosseo. È un atto molto importante perché, da sindaca di Roma, non posso accettare che dall’alto vengano calate scelte che compromettano la gestione della città e la vita dei suoi cittadini.
Per la cronaca, si tratta del nono intervento in dieci anni che inevitabilmente creerà ulteriore confusione sulla gestione del patrimonio archeologico. Il nuovo ente dovrebbe avere competenza sui Fori e sul Colosseo, creando di fatto un’area archeologica di serie A e altre aree minori che, a questo punto, andrebbero intese come minori.
Non posso sorvolare sul fatto che lo Stato centrale voglia gestire, in totale autonomia senza consultare nessuno, il territorio della città che, invece, è patrimonio dei suoi cittadini. Roma è patrimonio del mondo; di chi vi abita; di chi ogni giorno viene qui per lavoro o studio; di chi viene per ammirare le sue bellezze.
E la gestione di questa complessità deve essere univoca. Non può essere frammentata tra enti e ostacolata dalla burocrazia.
E la gestione di questa complessità deve essere univoca. Non può essere frammentata tra enti e ostacolata dalla burocrazia.
Non posso accettare l’idea che ci siano aree di serie A e aree di serie B nella mia città, nella nostra città.
È sbagliata la creazione di periferie e centro. Secondo il disegno del ministero, infatti, gli oltre 40 milioni annui di ricavi che frutta le gestione di Colosseo e Fori entreranno nelle casse del nuovo ente ministeriale, il Parco Archeologico. Mentre prima erano affidati per l’80% alla gestione della Soprintendenza speciale che in futuro dovrebbe ricevere solo il 30%.
È sbagliata la creazione di periferie e centro. Secondo il disegno del ministero, infatti, gli oltre 40 milioni annui di ricavi che frutta le gestione di Colosseo e Fori entreranno nelle casse del nuovo ente ministeriale, il Parco Archeologico. Mentre prima erano affidati per l’80% alla gestione della Soprintendenza speciale che in futuro dovrebbe ricevere solo il 30%.
In silenzio sta prendendo forza in Italia l’idea di centralizzare a livello statale tutte le decisioni, anche quelle locali. Non va bene. Non va bene per nulla. Le istituzioni devono restare al fianco dei cittadini.
Il modello di sviluppo che ho in mente per Roma è inclusivo e partecipato, così come avviene nelle principali capitali mondiali. Dobbiamo dire basta alle vecchie logiche del passato. Guardiamo al futuro.
Il modello di sviluppo che ho in mente per Roma è inclusivo e partecipato, così come avviene nelle principali capitali mondiali. Dobbiamo dire basta alle vecchie logiche del passato. Guardiamo al futuro.
Ho a cuore la nostra città e per questo ho deciso, insieme a tutta la giunta, di presentare questo ricorso proprio il giorno del Natale di Roma. La Capitale d’Italia è un patrimonio di tutto il mondo e va preservato.
“SOLDI IN CAMBIO DI LEGGI”: FINI TREMA, PER LUI STANNO PER ARRIVARE LE MANETTE. ANCHE SE CON 7 COLPEVOLI ANNI DI RITARDO
L’ex vicepremier e i decreti sui giochi nel mirino Il gip: favori a Corallo e grandi flussi di denaro
Il timore di Gianfranco Fini, mentre i fantasmi della casa di Montecarlo tornano nottetempo a bussare alla sua finestra, è che qualcuno, soprattutto in procura, possa non ritenerlo un «coglione».
La colorita autodefinizione più va avanti la storia, più sembra strategicamente sensata. Sacrifica l’immagine di colui che fu la terza carica dello Stato. Ferisce il suo amor proprio. Ma ne salvaguarda la fedina penale, raccontando di un big della politica che non si accorgeva degli affari strani di parenti e congiunti. Ma non è detto che basti.
L’ordinanza con cui la procura ha sequestrato preventivamente una manciata di milioni di euro in cash e case ai Tullianos, infatti, si sofferma intorno al ruolo dell’ex presidente della Camera. Fini per gli inquirenti è il trait d’union tra il capo del colosso del gioco Atlantis, Francesco Corallo, e la sua nuova famiglia, quella portatagli in dote da Elisabetta Tulliani. È lui, Fini, che per primo lega con quell’imprenditore considerato da sempre vicino ad An, durante un viaggio a Saint Marteen, quartier generale caraibico di Corallo, nel 2004. È lui, stando all’interrogatorio di Amedeo Laboccetta, che dopo quel viaggio, nel 2005 aiuta Atlantis a dirimere controversie con i monopoli. E sempre Fini – siamo nel 2007 – avrebbe cercato di spingere il «cognato» Giancarlo, provando a fargli fare da intermediario per un affare immobiliare con Corallo, affare così discutibile che lo stesso Laboccetta boicotta il progetto. E una volta di più è lui che a dicembre 2008, in occasione del primo compleanno di Carolina, figlia sua e di Elisabetta, invita Corallo nella foresteria di Montecitorio. Sono passati pochi mesi dalla celebre cessione della casa di Montecarlo da An alla Printemps ltd, la società offshore dietro alla quale si celava Tulliani, perfezionata per una cifra buona solo per l’acquirente, tanto che gli inquirenti hanno accertato che a pagare non furono i Tullianos ma proprio Corallo, che aveva già provveduto a mettere a disposizione del delfino della family e di Lady Fini i suoi consulenti della Corpag – Walfenzao&co – per costruire la rete di off-shore e preparare il colpaccio immobiliare nel Principato.
Fini, dunque, per la procura è l’anello di congiunzione tra Corallo e i suoi parenti acquisiti. Ma gli inquirenti ritengono che il suo ruolo non si limiti a questo. Il rilievo delle sue cariche istituzionali – prima vicepremier, poi presidente della Camera – fa di lui il vero «obiettivo» delle attenzioni rivolte ai Tullianos da Corallo, e il gip lo lascia desumere in maniera esplicita: «Che l’obbiettivo di Corallo fosse altro dai Tulliani – scrive – si desume per tabulas: Corallo è il titolare di un’impresa colossale, i Tulliani una famiglia della piccolissima borghesia romana». Fini invece, «all’epoca», era una «figura istituzionale di elevato rilievo», e dunque gli intrecci tra questi tre poli innescano interessi di «estrema delicatezza», anche perché le tracce di dazioni di denaro, osserva il gip, vengono lasciate «in occasione dell’adozione di provvedimenti di legge di estremo favore per Corallo». Non un solo decreto ma almeno due, il 39/2009 e il 78/2009. La storia mette in fila anomalie di ogni genere, dalle «gravissime interferenze» sui Monopoli alle «inverosimili sottrazioni» alle casse dello Stato, fino alle norme pro-Atlantis approvate, «sintomatiche di condizionamento della vita parlamentare in ragione di flussi di denaro di grande consistenza». Una storia dalle «implicazioni inquietanti», e che al giudice sembra sia stata svelata solo in minima parte, potendo riservare «imprevisti» e sviluppi «piuttosto tumultuosi». Quanto basta per togliere la decantata «serenità» all’ex leader, già scottato nell’amor proprio, ora anche indagato. E sempre più nel fuoco della procura.
FONTE
IL GIORNALE
Il timore di Gianfranco Fini, mentre i fantasmi della casa di Montecarlo tornano nottetempo a bussare alla sua finestra, è che qualcuno, soprattutto in procura, possa non ritenerlo un «coglione».
La colorita autodefinizione più va avanti la storia, più sembra strategicamente sensata. Sacrifica l’immagine di colui che fu la terza carica dello Stato. Ferisce il suo amor proprio. Ma ne salvaguarda la fedina penale, raccontando di un big della politica che non si accorgeva degli affari strani di parenti e congiunti. Ma non è detto che basti.
L’ordinanza con cui la procura ha sequestrato preventivamente una manciata di milioni di euro in cash e case ai Tullianos, infatti, si sofferma intorno al ruolo dell’ex presidente della Camera. Fini per gli inquirenti è il trait d’union tra il capo del colosso del gioco Atlantis, Francesco Corallo, e la sua nuova famiglia, quella portatagli in dote da Elisabetta Tulliani. È lui, Fini, che per primo lega con quell’imprenditore considerato da sempre vicino ad An, durante un viaggio a Saint Marteen, quartier generale caraibico di Corallo, nel 2004. È lui, stando all’interrogatorio di Amedeo Laboccetta, che dopo quel viaggio, nel 2005 aiuta Atlantis a dirimere controversie con i monopoli. E sempre Fini – siamo nel 2007 – avrebbe cercato di spingere il «cognato» Giancarlo, provando a fargli fare da intermediario per un affare immobiliare con Corallo, affare così discutibile che lo stesso Laboccetta boicotta il progetto. E una volta di più è lui che a dicembre 2008, in occasione del primo compleanno di Carolina, figlia sua e di Elisabetta, invita Corallo nella foresteria di Montecitorio. Sono passati pochi mesi dalla celebre cessione della casa di Montecarlo da An alla Printemps ltd, la società offshore dietro alla quale si celava Tulliani, perfezionata per una cifra buona solo per l’acquirente, tanto che gli inquirenti hanno accertato che a pagare non furono i Tullianos ma proprio Corallo, che aveva già provveduto a mettere a disposizione del delfino della family e di Lady Fini i suoi consulenti della Corpag – Walfenzao&co – per costruire la rete di off-shore e preparare il colpaccio immobiliare nel Principato.
Fini, dunque, per la procura è l’anello di congiunzione tra Corallo e i suoi parenti acquisiti. Ma gli inquirenti ritengono che il suo ruolo non si limiti a questo. Il rilievo delle sue cariche istituzionali – prima vicepremier, poi presidente della Camera – fa di lui il vero «obiettivo» delle attenzioni rivolte ai Tullianos da Corallo, e il gip lo lascia desumere in maniera esplicita: «Che l’obbiettivo di Corallo fosse altro dai Tulliani – scrive – si desume per tabulas: Corallo è il titolare di un’impresa colossale, i Tulliani una famiglia della piccolissima borghesia romana». Fini invece, «all’epoca», era una «figura istituzionale di elevato rilievo», e dunque gli intrecci tra questi tre poli innescano interessi di «estrema delicatezza», anche perché le tracce di dazioni di denaro, osserva il gip, vengono lasciate «in occasione dell’adozione di provvedimenti di legge di estremo favore per Corallo». Non un solo decreto ma almeno due, il 39/2009 e il 78/2009. La storia mette in fila anomalie di ogni genere, dalle «gravissime interferenze» sui Monopoli alle «inverosimili sottrazioni» alle casse dello Stato, fino alle norme pro-Atlantis approvate, «sintomatiche di condizionamento della vita parlamentare in ragione di flussi di denaro di grande consistenza». Una storia dalle «implicazioni inquietanti», e che al giudice sembra sia stata svelata solo in minima parte, potendo riservare «imprevisti» e sviluppi «piuttosto tumultuosi». Quanto basta per togliere la decantata «serenità» all’ex leader, già scottato nell’amor proprio, ora anche indagato. E sempre più nel fuoco della procura.
FONTE
IL GIORNALE
DATE UNA MEDAGLIA A DI BATTISTA:IL SUO GESTO MEMORABILE MERITA 1 MILIONE DI CONDIVISIONI!
Esordisce cosi il deputato del M5S Alessandro Di Battista:
E’ sbalorditiva (anzi no) la rincorsa dei renziani ad attaccarmi su questa storia dei vaccini. Infatti sembra che nei giorni scorsi Renzi abbia proprio detto: "La questione vaccini deve diventare la Banca Etruria del M5S". Ecco da dove parte l’attacco. Ora è tutto chiaro. Si attacca una forza politica non al governo su ogni cosa, persino di aver favorito epidemie. Vi rendete conto?
Ma sapete qual è la verità? E’ che questi signori credono di poter manipolare la realtà con un titolo o con un tweet. Oggi vogliono farci credere che la sanità pubblica in Italia sia perfetta e gratuita, così come ieri hanno fatto con la Buona Scuola o con il Jobs Act, dicendo che avrebbe creato posti di lavoro. O ancora, come hanno fatto sulle nuovi leggi sulle banche lasciandoci credere che fossero a tutela dei risparmiatori. Poi abbiamo visto com’è andata.
Ma tutto questo non è vero, perché spesso fanno le leggi e non ci mettono i soldi. Nella fattispecie: i vaccini sono gratis? Non sempre. Molti cittadini pagano ancora. Ci sono state delle estensioni? Sì, ci sono state, vedremo come reagiranno le Regioni e se avranno le risorse necessarie.
A proposito della vera Banca Etruria (caro Renzi, quella in cui tutti voi siete coinvolti e che provate in ogni modo a nascondere), vi posto qui il video di ieri a Piazza Pulita mentre parlo di De Benedetti. Guardate voi stessi quanto è difficile soltanto nominare tali personaggi, veri e propri uomini politici che fanno il bello e il cattivo tempo in questo Paese ucciso dai conflitti di interesse.
Il M5S continuerà a difendere i cittadini, la loro salute, i loro diritti e i loro risparmi!
SVELATA LA PORCATA DI RENZI: VOGLIAMO QUESTO POST IN TUTTI I DIARI D'ITALIA:MASSIMA CONDIVISIONE!
Di emendamenti si campa.
Tutto quello che il governo non è riuscito a far passare nei mesi e negli anni passati lo sta inserendo nella “manovrina”.
Così hanno aumentato la reversibilità del vitalizio del 20 per cento per moglie e figli degli onorevoli, hanno ripristinato il diritto al doppio incarico per 143mila politici locali, sempre a colpi di emendamento, si vogliono reintrodurre i voucher.
I nuovi voucher, però, sono una “frode” secondo la costituzionalista Roberta Calvano, la quale in un video pubblicato su Facebook dal Comitato per la Democrazia Costituzionale spiega:
“Quanto è avvenuto a seguito dell’ordinanza dell’Ufficio Centrale per il Referendum, che aveva dichiarato la sospensione della procedura referendaria perché i cosiddetti voucher erano stati abrogati, è un episodio che possiamo ritenere in frode all’articolo 75 della Costituzione che disciplina il referendum abrogativo”.
Cioè, prosegue la Calvano: “A procedimento referendario ormai avviato, superata la fase dei controlli, viene prima abrogata la disciplina su cui verteva il quesito referendario; l’ufficio centrale dichiara la cessazione delle operazioni referendarie, e solo allora, oggi, il legislatore reintroduce una disciplina largamente riproduttiva di quella che doveva essere il referendum, ormai sospeso”.
Questo, aggiunge la professoressa, è “da ritenere, probabilmente in contrasto col tentativo di aggirare l’articolo 75 della Costituzione”.
Ci sono precedenti che danno solidità a questa chiesi, domanda l’intervistatore alla costituzionalista, che replica:
“Precedenti di questa gravità no, però si era verificato nel 1978 che si ponesse proprio il problema dell’intervento del legislatore per evitare la consultazione referendaria interveniva a modificare la disciplina. A seguito di questo intervento fu sollevato dal comitato promotore un conflitto di attribuzione, e la corte sollevò davanti a se stessa la questione di costituzionalità proprio della legge che disciplina il referendum. Perché la legge che disciplina il referendum, l’articolo 39 della legge 352 del ’70, prevede appunto che se il legislatore interviene nella norma su cui verte il quesito il referendum non si tenga più.
La corte, sapientemente, introdusse in quella occasione un principio in base al quale se l’intervento legislativo è un intervento non veramente abrogativo, ma un intervento volto ad aggirare la consultazione referendaria, allora in quel caso non si debba tenere lo stesso.
Guarda il video:
CLAMOROSO: giornalista Rai sputtana la sua stessa azienda: "Ecco come fanno disinformazione".
Se il Movimento 5 Stelle e Beppe Grillo denunciano la disinformazione dei Tg della Rai, dovuta alla lottizzazione dei partiti, tutti i giornali e tutti i partiti si scagliano contro gridando alla vergogna e alle menzogna. Questo video è la prova provata di come fanno informazione in Rai. Un video datato 25 maggio 2011, ma che torna tremendamente attuale dopo la denuncia del Movimento 5 Stelle sull'informazione del Tg1 e dopo i dati dei Tg Rai che, di fatto, hanno censurato i 5 Stelle, praticamente mai presenti nell'informazione del servizio pubblico.
La persona che parla nel video è la giornalista Rai, Elisa Anzaldo, la quale decide di denunciare le stesse nefandezze portate alla luce dal Movimento 5 Stelle. La Anzaldo, in polemica con il direttore Augusto Minzolini, annuncia il suo ritiro da conduttrice del TG1, contestando il fatto che esso violerebbe i più elementari doveri dell'informazione pubblica come equilibrio, correttezza, imparzialità e completezza dell'informazione.
CHI E' LA ANZALDO - Giornalista professionista dal 1995, entra in RAI dopo aver lavorato in emittenti catanesi. Nelle edizioni 2006-2007 e 2007-2008 conduce la sezione giornalistica di Unomattina. Dal settembre 2008 passa alla conduzione del TG1 della notte.
Il 25 maggio 2011, in polemica con il direttore Augusto Minzolini, annuncia il suo ritiro da conduttrice del TG1, contestando il fatto che esso violerebbe i più elementari doveri dell'informazione pubblica come equilibrio, correttezza, imparzialità e completezza dell'informazione. seguendo di circa un anno la medesima decisione della collega di redazione e amica Maria Luisa Busi. Dal 2013 torna alla conduzione del TG1 conducendo l'edizione delle 17, poi quella delle 13:30.
GIORNALI E TV HANNO CENSURATO QUESTA NOTIZIA,MA SE LA GENTE LO SCOPPIA IL FINIMONDO!
La casta dei partiti il mese scorso non solo ha fatto finta di abolire i vitalizi, escludendo la proposta del M5S e approvando quella del Pd, ma ha anche “dimenticato” di far finta di abolire i vitalizi dei senatori.
Se infatti per i deputati risparmieremo 2,4 milioni (su 139 a bilanci), per i senatori neanche quello, come spiega Tommaso Rodano sul Fatto Quotidiano:
“Come ricorderete, tra polemiche e sotterfugi, il 22 marzo l’Ufficio di presidenza della Camera ha approvato un contributo di solidarietà triennale sui vitalizi degli ex deputati che eccedono i 70 mila euro l’anno.
Il Pd, nel frenetico tentativo di anticipare i 5Stelle, ha fatto votare praticamente senza discussione la delibera-blitz della vicepresidente Marina Sereni. Gli effetti concreti del provvedimento sono modesti: si risparmiano appena 2,4 milioni sui 139 a bilancio ogni anno a Montecitorio (ovvero l’1,7%). Ma tanto bastò ai renziani per prendersi la medaglia e lasciar scorrere proclami e dichiarazioni: ‘Una misura di equità e rigore’; ‘a differenza della propaganda dei 5Stelle, si tratta di misure efficaci subito’.”
“il Partito democratico pare essersi dimenticato di Palazzo Madama. Mentre la delibera Sereni diventa efficace per gli ex di Montecitorio dal primo maggio, gli assegni degli ex senatori a tutt’oggi non sono stati sfiorati. Nessun gruppo si è nemmeno premurato di convocare il Consiglio di Presidenza che dovrebbe occuparsi di redigere (e votare) un testo che produca gli stessi effetti di quello approvato nell’altro ramo del Parlamento”.
Perciò ci sarà ancora chi, come Clemente Mastella, percepirà migliaia di euro al mese (mentre gli invalidi ne prendono 280). Scrive Rodano:
“Un esempio pratico: Clemente Mastella (assegno che sfiora i 7 mila euro al mese) ha vissuto tra le mura della Camera per ben 8 legislature. L’ultima, breve esperienza in Parlamento però l’ha consumata al Senato, dal 2006 al 2008. Dunque è proprio il Senato che gli paga il vitalizio: se non interviene il Consiglio di Presidenza potrà continuare a godere della sua pensione senza rinunciare nemmeno alle briciole”.
Se infatti per i deputati risparmieremo 2,4 milioni (su 139 a bilanci), per i senatori neanche quello, come spiega Tommaso Rodano sul Fatto Quotidiano:
“Come ricorderete, tra polemiche e sotterfugi, il 22 marzo l’Ufficio di presidenza della Camera ha approvato un contributo di solidarietà triennale sui vitalizi degli ex deputati che eccedono i 70 mila euro l’anno.
Il Pd, nel frenetico tentativo di anticipare i 5Stelle, ha fatto votare praticamente senza discussione la delibera-blitz della vicepresidente Marina Sereni. Gli effetti concreti del provvedimento sono modesti: si risparmiano appena 2,4 milioni sui 139 a bilancio ogni anno a Montecitorio (ovvero l’1,7%). Ma tanto bastò ai renziani per prendersi la medaglia e lasciar scorrere proclami e dichiarazioni: ‘Una misura di equità e rigore’; ‘a differenza della propaganda dei 5Stelle, si tratta di misure efficaci subito’.”
“il Partito democratico pare essersi dimenticato di Palazzo Madama. Mentre la delibera Sereni diventa efficace per gli ex di Montecitorio dal primo maggio, gli assegni degli ex senatori a tutt’oggi non sono stati sfiorati. Nessun gruppo si è nemmeno premurato di convocare il Consiglio di Presidenza che dovrebbe occuparsi di redigere (e votare) un testo che produca gli stessi effetti di quello approvato nell’altro ramo del Parlamento”.
Perciò ci sarà ancora chi, come Clemente Mastella, percepirà migliaia di euro al mese (mentre gli invalidi ne prendono 280). Scrive Rodano:
“Un esempio pratico: Clemente Mastella (assegno che sfiora i 7 mila euro al mese) ha vissuto tra le mura della Camera per ben 8 legislature. L’ultima, breve esperienza in Parlamento però l’ha consumata al Senato, dal 2006 al 2008. Dunque è proprio il Senato che gli paga il vitalizio: se non interviene il Consiglio di Presidenza potrà continuare a godere della sua pensione senza rinunciare nemmeno alle briciole”.
Fonte:https://www.silenziefalsita.it/2017/04/21/vitalizi-senatori-pd/
OBIETTIVO 1 MILIONE DI CONDIVISIONI: LA VERITA' SU RENZI E' APPENA VENUTA A GALLA:DIFFONDETELA!
Fare fuori Report e Gabanelli e andare al voto con la televisione pubblica al proprio servizio.
Sarebbe questo secondo Dagospia il piano di Renzi per le prossime elezioni:
“1. BONIFICARE LA RAI E TORNARE ALLE URNE CON VIALE MAZZINI AL PROPRIO SERVIZIO: QUESTO E’ IL PIANO DI RENZI. E’ L’ATTACCO A “REPORT” E’ SOLO IL PRIMO TASSELLO DEL PROGETTO
2. L’ISTRUTTORIA APERTA DA CAMPO DALL’ORTO SULLA TRASMISSIONE, PER IL SERVIZIO SUI VACCINI, E’ UN MODO PER METTERE ALL’ANGOLO UNA TRASMISSIONE SCOMODA PER IL PD E IL BULLETTO (DALLE INCHIESTE SULLE BANCHE POPOLARI A QUELLA SUL SALVATAGGIO DE L’UNITÀ)
3. E PER REGOLARE DEFINITIVAMENTE I CONTI, ORA VACILLA L’IPOTESI DI AFFIDARE ALLA FILO-GRILLINA GABANELLI LA DIREZIONE DELLA TESTATA WEB DI VIALE MAZZINI: IL CDA SI OPPONE…”
Trema lo studio! Di Maio scatenato. A Di Martedì il pubblico è in delirio per lui. Guardate cosa fa..
In diretta a La7 mandano Renzi durante un suo discorso alla direzione PD, e afferma che nel suo governo le tasse siano scese. E' vero? La risposta del pubblico è tutta da vedere. Ascoltate, sbugiardato in diretta dagli italiani.
lunedì 29 maggio 2017
TAGLI ALLE PENSIONI D’ORO? SENTI COME BALBETTA POLETTI, IL PARASSITA E MINISTRO DEL LAVORO. COSA ASPETTIAMO A CACCIARE QUESTI NOMINATI?
I furbetti con la pensione d'oro di bigcocomero
Riproponiamo un servizio trasmesso da La Gabbia su La7
Quasi la metà dei pensionati, nel 2012, ha percepito un assegno più basso di mille euro al mese. Nello stesso anno 11.683 persone hanno incassato pensioni d’oro, da oltre 10mila euro mensili.
PAZZESCO - BECCATO! QUESTA NOTIZIA DEVE FARE IL GIRO DEL WEB: CONDIVIDETELA SUBITO!
Altroché sobrietà. Le spese del Quirinale, nonostante gli annunci di tagli, sono aumentate. Nel 2015, infatti, i costi complessivi preventivati erano pari a 344 milioni, nel 2016 erano 343, e quest'anno, secondo quanto si legge nel bilancio di previsione 2017 pubblicato nei giorni scorsi e riportato dal Tempo, il Quirinale spenderà oltre 354 milioni di euro. Inoltre, "tale spesa è prevista in aumento dello 0,86% rispetto al dato iniziale 2016" salendo nei prossimi anni con "un incremento dello 0,91% nel 2018 e dello 0,29% nel 2019"
Solo per il personale, la spesa quest'anno arriverà a quota 112 milioni di euro, in crescita rispetto al 2016, le pensioni del personale in quiescenza ammontano a 94,7 milioni. Nella spesa generale per il personale c'è anche una voce per le consulenze e le collaborazioni del capo dello Stato, che può contare su un fondo di 1,2 milioni di euro. Solo di cerimoniale spenderemo, quest'anno, quasi un milione di euro (880mila euro nel 2016), di cui 95mila in doni e onorificenze. E ancora: 15mila euro per i servizi fotografici, 12 mila euro per la manutenzione delle attrezzature fotografiche, 571mila euro tra agenzie stampa e comunicazione, 108mila euro per le spese telefoniche, 100mila per quelle postali.
C'è poi tutta la parte relativa alla manutenzione degli immobili alla fornitura di beni, per cui è previsto un capitolo di spesa che supera i 12 milioni. E ancora: reclutamento e formazione del personale (225mila euro), gestione dell'autoparco (550mila euro), vestiario e biancheria del personale (180mila euro), materiale di cancelleria (210mila euro), pulizie (1,5 milioni di euro). Infine, il materiale per giardini ci costerà 70mila euro più 180mila per la manutenzione ordinaria e 45 mila per quella straordinaria.
Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/12351821/quirinale-bilancio-costi-aumentati-sergio-mattarella.html
CLAMOROSO: CADE IL GOVERNO GENTILONI? GUARDATE COSA HANNO SCOPERTO SULLA BOSCHI!
Federico Ghizzoni, l’ex ad di Unicredit a cui Maria Elena Boschi avrebbe chiesto di comprare la banca del padre, si è espresso sul caso che lo vede coinvolto dopo le rivelazioni di Ferruccio De Bortoli:
“Se mi convocheranno parlerò alla commissione d’inchiesta: in Parlamento, non sui giornali, risponderò ovviamente a tutte le domande che mi faranno”
Il manager, secondo quanto riporta Repubblica, si sarebbe sfogato in casa dicendo:
“Adesso non parlo, perché non si può mettere in mano a un privato cittadino la responsabilità della tenuta di un governo. E’ un caso della politica, sarebbe dovere e responsabilità della politica risolverlo”.
E ai giornalisti che domenica hanno circondato la sua villa, Ghizzoni ha detto:
“Qualsiasi cosa dicessi ora, sarebbe strumentalizzata da una parte politica contro l’altra, e contro di me. Oltre poi al fatto che quando studiavo da banchiere mi hanno insegnato che la riservatezza è una virtù”.
E ancora:
“Anche se sono una persona emotiva, e in questi giorni la pressione mediatica su me e la mia famiglia è notevole, mi sento assolutamente sereno. Se mi convocheranno sono disposto a rispondere a tutte le domande della commissione d’inchiesta parlamentare: ho letto che partirà presto, mi auguro sia vero”.
In un’intervista al Corriere della Sera pubblicata ieri, Ghizzoni aveva già confermato, in modo raffinato, quanto rivelato da De Bortoli:
“È normale che i politici parlino con i banchieri e i banchieri con i politici, lo la detto anche Maria Elena boschi. Specialmente quando ci sono situazioni di crisi.”
E alla domanda se Maria Elena Boschi le avesse chiesto di comprare Banca Etruria, il banchiere ha risposto:
“Su questo l’ho detto: no comment”.
fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/05/15/banca-etruria-ghizzoni/
“Se mi convocheranno parlerò alla commissione d’inchiesta: in Parlamento, non sui giornali, risponderò ovviamente a tutte le domande che mi faranno”
Il manager, secondo quanto riporta Repubblica, si sarebbe sfogato in casa dicendo:
“Adesso non parlo, perché non si può mettere in mano a un privato cittadino la responsabilità della tenuta di un governo. E’ un caso della politica, sarebbe dovere e responsabilità della politica risolverlo”.
E ai giornalisti che domenica hanno circondato la sua villa, Ghizzoni ha detto:
“Qualsiasi cosa dicessi ora, sarebbe strumentalizzata da una parte politica contro l’altra, e contro di me. Oltre poi al fatto che quando studiavo da banchiere mi hanno insegnato che la riservatezza è una virtù”.
E ancora:
“Anche se sono una persona emotiva, e in questi giorni la pressione mediatica su me e la mia famiglia è notevole, mi sento assolutamente sereno. Se mi convocheranno sono disposto a rispondere a tutte le domande della commissione d’inchiesta parlamentare: ho letto che partirà presto, mi auguro sia vero”.
In un’intervista al Corriere della Sera pubblicata ieri, Ghizzoni aveva già confermato, in modo raffinato, quanto rivelato da De Bortoli:
“È normale che i politici parlino con i banchieri e i banchieri con i politici, lo la detto anche Maria Elena boschi. Specialmente quando ci sono situazioni di crisi.”
E alla domanda se Maria Elena Boschi le avesse chiesto di comprare Banca Etruria, il banchiere ha risposto:
“Su questo l’ho detto: no comment”.
fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/05/15/banca-etruria-ghizzoni/
EVVIVA! FINOCCHIARO NEI GUAI, ECCO IL FASCICOLO DEL CSM CONTRO LA PARASSITA
Il procuratore generale ha aperto un fascicolo a carico di Anna Finocchiaro. Dopo il caso di Michele Emiliano, governatore della Puglia, sul quale si esprimerà la commissione disciplinare del Csm, Pasquale Ciccolo vuole valutare anche il suo caso. E da quel che si capisce, riporta Repubblica, il nome del ministro per i Rapporti con il parlamento non sarà l’unico. La procura generale, infatti, vuole fare una verifica su tutti i magistrati eletti transitati in parlamento o nei governi locali, valutando caso per caso.
La Finocchiaro avrebbe detto che il suo caso è diverso da quello di Emiliano: “Ho saputo della cosa e ho aiutato la procura a superare le difficoltà dando ogni chiarimento per spiegare la mia situazione”. Alla Finocchiaro, come è già avvenuto per il governatore pugliese, potrebbe essere applicato l’articolo 3 del decreto legislativo 109 del 2006 che vieta la “partecipazione a partiti politici” e il “coinvolgimento nelle attività di centri politici che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque compromettere l’immagine del magistrato”. La sanzione disciplinare non riguarda la partecipazione alla vita politica, quindi essere senatore o deputato ma se il magistrato prende la tessera di un partito (vedi Michele Emiliano appunto, che sfida addirittura Renzi alla guida del Pd, e Finocchiaro, che non smentisce l’iscrizione al Nazareno).
Netta la linea del vicepresidente di palazzo dei Marescialli Giovanni Legnini: “La posizione del Csm sui magistrati che assumono incarichi politici è stata espressa in modo netto con delibera del plenum del 2015. Mi auguro che il Parlamento consideri attentamente le proposte dell’organo di governo autonomo della magistratura nel corso dell’esame del disegno di legge al fine di arrivare al più presto a definire un quadro di regole caratterizzato da completezza, chiarezza e rigore”.
Fonte
LIBERO
La Finocchiaro avrebbe detto che il suo caso è diverso da quello di Emiliano: “Ho saputo della cosa e ho aiutato la procura a superare le difficoltà dando ogni chiarimento per spiegare la mia situazione”. Alla Finocchiaro, come è già avvenuto per il governatore pugliese, potrebbe essere applicato l’articolo 3 del decreto legislativo 109 del 2006 che vieta la “partecipazione a partiti politici” e il “coinvolgimento nelle attività di centri politici che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque compromettere l’immagine del magistrato”. La sanzione disciplinare non riguarda la partecipazione alla vita politica, quindi essere senatore o deputato ma se il magistrato prende la tessera di un partito (vedi Michele Emiliano appunto, che sfida addirittura Renzi alla guida del Pd, e Finocchiaro, che non smentisce l’iscrizione al Nazareno).
Netta la linea del vicepresidente di palazzo dei Marescialli Giovanni Legnini: “La posizione del Csm sui magistrati che assumono incarichi politici è stata espressa in modo netto con delibera del plenum del 2015. Mi auguro che il Parlamento consideri attentamente le proposte dell’organo di governo autonomo della magistratura nel corso dell’esame del disegno di legge al fine di arrivare al più presto a definire un quadro di regole caratterizzato da completezza, chiarezza e rigore”.
Fonte
LIBERO
Perchè la Boldrini è finita. "Il dettaglio:a settembre..", Franco Bechis la demolisce..
C’è un piccolo cadeau agli italiani nel patto sulla legge elettorale che ha riunito dopo tanto tempo Matteo Renzi e Silvio Berlusconi e che facendo contenti anche Matteo Salvini e Beppe Grillo porterà tutti alle urne. Piccolo ma graditissimo regalo: con la fine anticipata della legislatura Laura Boldrini lascerà la presidenza della Camera dei deputati e se vorrà continuare a fare politica, dovrà sbracciarsi per farsi largo nel mare magnum dei peones della politica. Una chiusura anticipata che rallegra gli oltre due terzi di italiani che considerano l’avventura istituzionale della Boldrini una delle peggiori della storia della Repubblica. In quasi tutti i sondaggi di opinione la sua popolarità è ai minimi termini, meno della metà del gradimento benaugurante che l’aveva accompagnata nei primissimi tempi del suo insediamento.
È praticamente impossibile che per lei ci sia una seconda occasione politica di questo livello, e anche se non vuole farsene una ragione, pare soffrirne non poco. Si è capito ieri anche nella sua nervosissima domenica, che potrebbe essere una delle ultime in cui potersi ancora fregiare di quella terza carica della Repubblica ricoperta fra lo sconcerto dei più. A Ventotene per l’ennesima celebrazione inutile con diluvio di caramellose parole (il modo quasi esclusivo in cui ha ricoperto il suo mandato), la Boldrini si è fatta intervistare dalla all news della Rai, prefigurando scenari da tregenda per quell’accordo che la farebbe sloggiare da Montecitorio qualche mese prima del previsto. «Dovremmo intanto ricordare», ha puntato il dito da maestrina verso quei diavolacci di Renzi e Berlusconi, «che abbiamo molti provvedimenti avviati e non ancora conclusi. Per esempio la prescrizione, la cittadinanza, il reato di tortura, il cognome della madre ai bambini, ma la lista è lunga...». Poi ha sfoderato senza sprezzo del ridicolo quella che riteneva la sciabolata vincente: «Penso che l’Italia per anni è stata considerata all’estero come il Paese inaffidabile in cui i governi cambiano continuamente. Credo che non dovremmo confermare questo pregiudizio, e andare a fine legislatura lo smentirebbe». Frase già in sé grottesca, perché nessuno penserebbe questo per avere accorciato di qualche settimana la legislatura come per altro già fu fatto nel 2013 proprio per dare spazio alla Boldrini. Ma pure sfortunata, perché pronunciata proprio mentre dai contatti diplomatici avviati da Renzi e Berlusconi anche con l’intermediazione del presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, l’ipotesi di una fine anticipata della legislatura italiana otteneva il via libera dalle principali cancellerie della Ue, con in testa Angela Merkel.
Si agita scomposta il presidente della Camera, con grande nervosismo e da lunghe settimane con la ricerca spasmodica di una possibile ricandidatura (da peone però) grazie all’amicizia con Giuliano Pisapia. Le prova tutte per recuperare la popolarità durata lo spazio di un mattino e mai così in fretta disintegrata.
Lo ha fatto anche ieri, cercando di infilarsi nell’evento del giorno: l’ultima partita in campo con la As Roma di Francesco Totti. Intendiamoci, la Boldrini di calcio non capisce un fico secco, e non ne ama nemmeno la grammatica come ha spiegato più volte nelle interviste concesse in questi anni. Ma in cerca del consenso perduto, si è messa a cinguettare: «Francesco Totti è un grande campione di calcio ma anche di umanità e solidarietà. Senza mai farsene vanto. Bravo Francesco!». Una carnevalata di fine legislatura, che segue quella compiuta a Pasqua con gli agnellini adottati per scimmiottare Berlusconi. Ha invitato a boicottare l’abbacchio (il piatto preferito da Totti) per la Pasqua, contribuendo a mandare al macello per la festività qualche maialino e qualche vitellino in più. La presidentessa ha adottato per l’occasione due agnelline, Gaia e Gioia che si è fatta portare alla Camera da un gruppo di volontarie. E si è vantata: «Non hanno fatto il casting come quelli di Berlusconi. Le mie sono agnelline veraci, venute dalla fattoria, da Civita Castellana. Quando sono entrate a Montecitorio si sentiva un certo olezzo...». Lei si è fatta fotografare con loro, e quell’olezzo era evidente nelle smorfie della Boldrini. Ma ancora più evidente lo sfortunato incontro nelle smorfie delle pecorelle. L’aveva pensata per recuperare popolarità, è finita con una letteraccia di un pastore offeso perché lui grazie agli agnellini aveva mantenuto la famiglia e pagato gli studi alle figlie.
Ma arriva la buona novella anche per loro: la sofferenza sta per finire, l’affama-pastori sta per tornare in tribuna...
di Franco Bechis
Fonte:http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/12399437/laura-boldrini-addio-riforma-elettorale-settembre.html
QUESTA NOTIZIA DEVE FARE IL BOTTO: ECCO COSA HANNO SCOPERTO SUL FRATELLO DI ALFANO!
Della carriera lampo del fratello di Alfano alle Poste ne avevamo parlato in un altro articolo: 200mila euro all’anno senza mai firmare un documento.
Niente male, soprattutto se hai conseguito una laurea triennale in Economia a 34 anni.
Ma c’è di peggio, tant’è che la Finanza ha voluto vederci chiaro: Alessandro Alfano risulta il più pagato e quello che lavora di meno; il più giovane ed il meno qualificato.
Ne parla Giuseppe Scarpa su Repubblica:
“L’ascesa da supermanager in Poste di Alessandro Alfano – laurea triennale in economia conseguita a 34 anni – è tutta una contraddizione. Ne sono certi anche i finanzieri del gruppo valutario che nei giorni scorsi hanno depositato alla Corte dei Conti (il pm è Massimo Perin) l’informativa finale sul caso dell’assunzione di “Alfano jr”, 41 anni, fratello dell’attuale ministro degli Esteri Angelino Alfano. Alfano jr è il più pagato tra i dirigenti del suo stesso livello. In media percepisce il doppio dei suoi colleghi. Quando è stato assunto in Postecom, nel 2013, ha firmato un contratto da 160 mila euro lordi. All’epoca i due suoi omologhi, più anziani, con più esperienza e curriculum – una sua collega ha una laurea in architettura al Politecnico di Milano col massimo dei voti – percepivano 90 e 80 mila euro lordi l’anno”.
Il problema, però, prosegue Scarpa, è che l’ascesa dello stipendio del fratello di Alfano non si è bloccata qui, nonostante non si sia distinto per essere uno stacanovista:
“Alessandro nel giro di 4 anni, passando da Poste Tributi è approdato nel 2016 direttamente in Poste. Ad ogni passaggio lo stipendio è lievitato fino a toccare quota 200mila euro lordi. Anche in questo caso i suoi sette colleghi, tutti più anziani con qualifiche da ingegneri, dottori in legge e con più anni di esperienza guadagno meno del fratello del ministro. Qui la forbice va da un minimo di 81 mila euro lordi per il più giovane, classe ‘71 laurea in ingegneria civile conseguita a 28 anni, a un massimo di 120 mila euro lordi l’anno per un altro dirigente sempre ingegnere di 55 anni”.
E poi c’è un’altra anomalia, conclude Scarpa:
“Alessandro quando era maxi dirigente in Postecom aveva sotto di lui un unico dipendente. Impiegati che poi sono aumentati nel tempo, fino ad arrivare ai 39 che adesso il fratello del ministro dirige in Poste”.
Tutti aspetti su cui la Finanza farà chiarezza.
Fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/02/25/fratello-di-alfano-guadagna-il-doppio/
Niente male, soprattutto se hai conseguito una laurea triennale in Economia a 34 anni.
Ma c’è di peggio, tant’è che la Finanza ha voluto vederci chiaro: Alessandro Alfano risulta il più pagato e quello che lavora di meno; il più giovane ed il meno qualificato.
Ne parla Giuseppe Scarpa su Repubblica:
“L’ascesa da supermanager in Poste di Alessandro Alfano – laurea triennale in economia conseguita a 34 anni – è tutta una contraddizione. Ne sono certi anche i finanzieri del gruppo valutario che nei giorni scorsi hanno depositato alla Corte dei Conti (il pm è Massimo Perin) l’informativa finale sul caso dell’assunzione di “Alfano jr”, 41 anni, fratello dell’attuale ministro degli Esteri Angelino Alfano. Alfano jr è il più pagato tra i dirigenti del suo stesso livello. In media percepisce il doppio dei suoi colleghi. Quando è stato assunto in Postecom, nel 2013, ha firmato un contratto da 160 mila euro lordi. All’epoca i due suoi omologhi, più anziani, con più esperienza e curriculum – una sua collega ha una laurea in architettura al Politecnico di Milano col massimo dei voti – percepivano 90 e 80 mila euro lordi l’anno”.
Il problema, però, prosegue Scarpa, è che l’ascesa dello stipendio del fratello di Alfano non si è bloccata qui, nonostante non si sia distinto per essere uno stacanovista:
“Alessandro nel giro di 4 anni, passando da Poste Tributi è approdato nel 2016 direttamente in Poste. Ad ogni passaggio lo stipendio è lievitato fino a toccare quota 200mila euro lordi. Anche in questo caso i suoi sette colleghi, tutti più anziani con qualifiche da ingegneri, dottori in legge e con più anni di esperienza guadagno meno del fratello del ministro. Qui la forbice va da un minimo di 81 mila euro lordi per il più giovane, classe ‘71 laurea in ingegneria civile conseguita a 28 anni, a un massimo di 120 mila euro lordi l’anno per un altro dirigente sempre ingegnere di 55 anni”.
E poi c’è un’altra anomalia, conclude Scarpa:
“Alessandro quando era maxi dirigente in Postecom aveva sotto di lui un unico dipendente. Impiegati che poi sono aumentati nel tempo, fino ad arrivare ai 39 che adesso il fratello del ministro dirige in Poste”.
Tutti aspetti su cui la Finanza farà chiarezza.
Fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/02/25/fratello-di-alfano-guadagna-il-doppio/
AFFRETTATEVI A CONDIVIDERE: GLI ITALIANI DEVONO SAPERE LA VERITA' SULL'EURO E LA BCE!
La sconvolgente rivelazione del prof. Giannuli sull’euro e la BCE
“Vedete vicino alla bandierina UE, non c’è scritto in alcuno spazio ‘pagabile a vista al portatore’ perché la BCE non ha una riserva aurea, e in nessuna lingua, nemmeno in micro scrittura, trovate la scritta ‘la legge punisce gli spacciatori e i fabbricanti di moneta falsa’. Vicino la bandiera ci sono gli acronimi della cosi detta Banca Centrale Europea in varie lingue ma prima, fra la bandiera e le scritte c’è un piccolo simbolo: quello del copyright,” spiega il professor Aldo Giannuli nel video che potete vedere sopra, che aggiunge: “Avete mai visto un francobollo, una marca da bollo, una banconota con il simbolo del copyright? il copyright è per sua natura un istituto di diritto privato, la moneta è invece, per sua natura, un istituto di diritto pubblico, tant’è vero che se vai al ristorante e paghi in euro e il ristoratore dice ‘no, gli euro non valgo nulla mi devi pagare in dollari’, il ristoratore commette un reato, in quanto la moneta è un istituto di diritto pubblico e ha corso forzoso e la devi accettare”.
Qui invece, si chiede il professore “siamo in presenza di una moneta che ha corso forzoso?” E ancora:”Noi chiamiamo banca centrale europea quello che non è affatto un banca centrale, ma è un accordo di natura privatistica fra banche centrali nazionali che, infatti, restano proprietarie della riserva aurea, che non ha versato mai nessuno. Questa moneta è equivalente ad una cambiale o a qualsiasi titolo di pagamento di diritto privato, ed è in funzione di moneta perchè la accettiamo come tale.
E poi il professor Giannuli fa un esempio: “Se dovesse esserci una crisi di tipo giapponese o argentina, siamo sicuri che funzionerebbe ancora questa moneta? perciò non c’è scritto pagabile a vista al portatore. Dove la porti? non c’è nemmeno scritto la legge punisce gli spacciatori e i fabbricanti di moneta falsa perchè, in tal caso, sarebbe insorto immediatamente un problema di carattere giuridico.”
La BCE, conclude Giannuli, “è in realtà un accordo privato tra banche centrali dove addirittura può entrare una banca inglese che non adotta questa moneta nel suo paese. Ecco l’esempio di costruzione giuridica europa. Ma se dovesse scoppiare una crisi ed i paesi che cominciano a rifiutare le monete sono troppi, che fare? E lì insorge un problema serio.”
Fonte: https://www.silenziefalsita.it/2016/10/20/bce/
FACCIAMO FARE IL BOTTO A QUESTO POST: LA MANNOIA HA DISINTEGRATO IL PD! CONDIVIDIAMOLO TUTTI!
La Mannoia ha condiviso un articolo del Fatto Quotidiano che riporta la notizia, commentando:
“Tanto vivete in un universo parallelo da non rendervi conto neanche di quello che dite, avete perso il contatto con la realtà.
Signora lei è senza rispetto, in un Paese normale per queste parole chiederebbero le dimissioni, ma non si preoccupi, non accadrà.
Magari i congiunti dei comuni mortali potranno venire a fare le “sguattere” i “giardinieri”…. a casa sua.
“…l’autrice dell’emendamento, manco a dirlo, difende l’eccezione come una misura di “equità”. “Ho pensato che era sacrosanto – dice la Gasparini al fattoquotidiano.it – mettere fine a trattamenti insostenibili attraverso il ricalcolo contributivo dell’importo pensionistico ma anche che non fosse giusto che i congiunti di un parlamentare, che magari non hanno altro reddito, finissero a fare la sguattera o il giardiniere. Ecco perché ho pensato a un riconteggio aumentato del 20%.” .
P.S. Per il parlamentari la reversibilità è estesa anche ai conviventi. Lo sapevate?”
La cantante ha poi aggiunto dei commenti al suo post:
“Comunque, a me non interessa quanto guadagnano i parlamentari, mi da fastidio l’arroganza e la mancanza di sensibilità verso chi non ha questi privilegi, mi da fastidio che vivano in un universo parallelo con sprezzo di chi ha bisogno. Se facessero bene il loro mestiere, se si occupassero dei bisogni dei cittadini, se non tradissero la fiducia di chi li ha votati, se fossero onesti…se….se….se…”
E ancora:
“Mia madre dopo aver lavorato una vita con la reversibilità di mio padre prendeva 600 euro al mese. E ha fatto del bene pure lei, come ha potuto, non meno della signora Fanfani! Idiota!”
domenica 28 maggio 2017
Confessione Gabanelli: vi racconto gli sprechi e le ruberie della Rai. Ecco dove finisco i nostri soldi del canone
Milena Gabanelli: “Rai, ecco la lista degli sprechi. Basta lottizzazione, o non ci avvicineremo mai alla Bbc”
“Per tornare efficiente e competitiva, la Rai andrebbe ‘snellita’, ma modifiche radicali saranno possibili solo se si interviene sulla riforma del 1975, meglio nota come lottizzazione”. Lo scrive in un lungo editoriale sul Corriere della Sera Milena Gabanelli, in cui fa la lista degli sprechi del servizio pubblico. Troppi telegiornali, reti e strutture inventate solo per accontentare politici, assessori e governatori di turno. Troppi incarichi dirigenziali e una proliferazione incredibile di sedi e strutture regionali. Nulla di più lontano dalla Bbc, “il miglior servizio pubblico al mondo” di cui tanto si parla ma che mai sarà avvicinato se non si mettono “competenza” e “merito” come criteri essenziali per la nomina della governance.
In seguito alla lottizzazione, scrive la giornalista, “ogni partito si è preso un canale, e poi ci ha infilato i suoi uomini scegliendo come unico criterio la ‘fedeltà’, non all’azienda ma al partito. Risultato: proliferazione di strutture e incarichi dirigenziali che negli anni si sono stratificati”. Per questo la Rai è imparagonabile a ogni altro servizio pubblico del mondo:
“Non esiste nessuna tv pubblica al mondo dentro la quale convivono 3 telegiornali che hanno come referenti 3 diverse aree politiche; ognuno ha una sua struttura autonoma, i suoi direttori, i suoi inviati, il suo apparato tecnico, i suoi studi, il suo budget. Poi c’è Rai news 24, che non si può dire sia seguitissima, e le 26 sedi per l’informazione regionale. Bisogna ‘ottimizzare’ si dice, ma da dove cominci se non metti mano al contratto di servizio con lo Stato? Le sedi regionali sono nate in funzione dei rapporti con le istituzioni locali. Un modello in crisi poiché le Regioni non rappresentano più il territorio, quindi bisognerà cambiare completamente la prospettiva in funzione delle macroaree. Si prende spesso a modello il miglior servizio pubblico al mondo, ovvero la Bbc, dove però i canali generalisti nazionali sono sostenuti solo dal canone: 174 euro, contro i nostri 113. Se tuttavia il modello a cui ispirarsi è Bbc, confrontiamoci. Le stazioni televisive locali inglesi sono 15, che interagiscono con quelle radiofoniche. I dipendenti sono circa 1.500 contro i nostri quasi 2.000. Le sedi occupano mediamente 2 piani (con una postazione fissa per il giornalista che si connette), la maggior parte sono in affitto. Noi occupiamo edifici giganteschi, quasi tutti di proprietà, con insostenibile spreco di spazi e costi. La loro sede più piccola è quella delle Channel Island: 2 dipendenti; da noi a Campobasso sono in 70. Nella sede di Cosenza lavorano 95 persone, ma il palazzo sembra quello di Viale Mazzini. Tutti i servizi finiscono dentro a Bbc One (la nostra Rai 1), con 4 brevi collegamenti al giorno. Inutile ribadire che la produzione locale del nostro servizio pubblico è perlopiù asservita ad assessori e governatori, che in caso di smantellamento di qualche sede si incateneranno pur di non vedere sottratta una telecamera a loro uso e consumo”.
Gabanelli fa poi tre esempi di strutture create e poi mantenute solo per non turbare la sensibilità di nessun ‘potente’: Rai Vaticano, Rai Expo e Rai Quirinale.
Gabanelli fa poi tre esempi di strutture create e poi mantenute solo per non turbare la sensibilità di nessun ‘potente’: Rai Vaticano, Rai Expo e Rai Quirinale.
“Emblematica la genesi di Rai Vaticano. Nel ‘97 una decina di dipendenti occupavano due stanze per preparare gli eventi di Giubileo 2000. Senza budget, il team si relazionava con la Santa Sede per agevolare le reti nella produzione di programmi da trasmettere e vendere in tutto il mondo, e doveva essere operativo per 2 anni. Il Giubileo è finito da tempo, ma la piccola squadra si è trasformata in una struttura con i suoi funzionari e dirigenti per continuare a fare le stesse cose. Rai Expo è l’ultima creatura: una dirigenza, 45 dipendenti, una sede a Milano e una a Roma. Ma per raccontare il grande evento dell’alimentazione mondiale non bastano le sedi regionali e i programmi delle reti? A Expo finita (ottobre 2015) siamo sicuri che quella struttura non diventerà permanente? Anche Rai Quirinale, da postazione informativa è diventata nel tempo un elefantino, con un direttore e 35 dipendenti. Per fare cosa? Trasmettere il messaggio del presidente della Repubblica di fine anno e la cerimonia del 2 giugno”.
Secondo Gabanelli, per rinascere è inevitabile “eliminare sedi e strutture che non hanno nessun senso, ma non mandando a casa qualche migliaio di persone che hanno famiglia! L’azienda avrebbe bisogno di tutto il suo personale se venisse organizzata in modo produttivo; è pur sempre la più grande industria culturale del Paese! Ricordiamo inoltre che non ha ammortizzatori sociali, e sarebbe paradossale creare disoccupati per dare 80 euro in più a chi uno stipendio (anche se magro) ce l’ha. Certo occorrerà poi liberarsi dai burocrati e intervenire sui contratti collettivi di lavoro”. Un cambiamento di questa portata – sostiene ancora la giornalista – non può essere realizzato da un direttore generale da solo, ma ha bisogno dell’aiuto del governo. Come? Appunto dando la priorità a “merito” e “competenza” come unici criteri per la scelta dei vertici. Come fa la Bbc, dove “quando un dirigente sbaglia, va a casa senza tante storie”.
Secondo Gabanelli, per rinascere è inevitabile “eliminare sedi e strutture che non hanno nessun senso, ma non mandando a casa qualche migliaio di persone che hanno famiglia! L’azienda avrebbe bisogno di tutto il suo personale se venisse organizzata in modo produttivo; è pur sempre la più grande industria culturale del Paese! Ricordiamo inoltre che non ha ammortizzatori sociali, e sarebbe paradossale creare disoccupati per dare 80 euro in più a chi uno stipendio (anche se magro) ce l’ha. Certo occorrerà poi liberarsi dai burocrati e intervenire sui contratti collettivi di lavoro”. Un cambiamento di questa portata – sostiene ancora la giornalista – non può essere realizzato da un direttore generale da solo, ma ha bisogno dell’aiuto del governo. Come? Appunto dando la priorità a “merito” e “competenza” come unici criteri per la scelta dei vertici. Come fa la Bbc, dove “quando un dirigente sbaglia, va a casa senza tante storie”.
Il disastro totale del PD. Numeri da pronto soccorso. Ecco i numeri che nessuno dice..
Sono appena andato in onda i sondaggi il Tg La7 di Enrico Mentana, nella consueta edizione serale delle ore 20.
Il Movimento 5 Stelle accelera e prende il largo, mentre il Partito Democratico, dopo il momentaneo effetto positivo delle primarie, perde quasi mezzo punto percentuale in una settimana.
Da una parte il caso Etruria, dall’altro il caso Consip, il partito di Matteo Renzi non vede più la curva giusta per superare il M5S.
Con l’attuale legge elettorale, sostanzialmente un proporzionale puro, nessuna intesa fra diverse forze politiche riesci a superare la fatidica soglia dei 316 seggi alla Camera dei Deputati.
I numeri di questi ultimi sondaggi politici elettorali fanno ben capire il perché dell’apparente convergenza fra Berlusconi e Partito democratico nel trovare una quadra insieme per una nuova legge elettorale, basata ul modello tedesco.
Con un Movimento 5 Stelle così forte, l’unica speranza dei vecchi partiti è quella di mettersi tutti insieme contro una forza politica è impossibile battere in uno scontro uno contro uno.
FONTE: http://www.newspedia.it/sondaggi-tg-la7-pd-steso-da-casi-etruria-consip-m5s-vola/
Sorpresa: i soldi delle pensioni ci sono. Ma ecco a chi li dà l'Inps (non a noi)
Entrate 189, uscite 173. Anche la più distratta delle massaie sarebbe in grado di capire e fregarsi le mani: in teoria la nostra casalinga di Voghera avrebbe per le mani un avanzo di 16. In teoria, appunto. Visto che non stiamo parlando dell' oculata gestione familiare, ma del magmatico bilancio dell' Inps: oltre 189 miliardi di entrate e circa 173 miliardi di uscite, al netto delle tasse. Tirando una linea salta fuori un avanzo di 16 miliardi. Peccato che non sia così: perché quello che vale per qualsiasi sana famiglia non vale per lo Stato.
Addentrarsi nella balena pensionistica è un' impresa da Giona: si rischia di perdersi. Questo perché l' Istituto previdenziale guidato da Tito Boeri eroga ogni anno 21 milioni di trattamenti (non ci sono solo pensioni ma anche disoccupazione, Cig, Invalidità, trattamenti di guerra, ecc), a ben 15 milioni di persone: praticamente un italiano su quattro è a libro paga dell' Istituto di previdenza. La spesa pensionistica complessiva, al netto delle prestazioni assistenziali, supera i 216 miliardi (ultimi dati disponibili 2014). L' erario si porta a casa quasi 43 miliardi di tasse sui trattamenti. Morale: dell' avanzo di bilancio tra entrate e uscite (al netto delle tasse), invece dei 16 miliardi di avanzo, salta fuori un buco di 26 miliardi.
Questo perché l' Inps non paga solo pensioni, ma anche molte prestazioni temporanee (in sigla le Gpt), oltre che una trentina di miliardi l'anno (33,3 miliardi per la precisione), in prestazioni assistenziali (e altri 23 miliardi per pensioni di invalidità, assegni di accompagnamento, integrazioni al minimo, pensioni sociali), in totale 92 miliardi. Insomma, con l' alibi di garantire un welfare a tutti, nei decenni passati si è preferito accorpare previdenza ed assistenza in un unico calderone e a pagare è sempre il bancomat Inps. Salvo poi, a fine anno, dover coprire i buchi - a carico della fiscalità generale, vale a dire pagando con le tasse prelevate agli italiani - una novantina di miliardidi buco.
Ma non basta: infatti i furbacchioni che negli scorsi decenni si sono accomodati a Palazzo Chigi hanno pensato bene di non versare per anni i contributi all' esercito dei dipendenti pubblici. Oggi sono più di 3,5 milioni gli statali. È solo dal 1994 che, con l' Inpdad, lo Stato versa ogni anno circa 10 miliardi per i contributi dei propri dipendenti.
Ma non c' è solo previdenza ed assistenza. C' è anche la gestione delle zattere salariali per quando le imprese chiudono, vacillano o sono in difficoltà. Sempre al bancomat Inps spetta infatti pagare miliardi di indennità di disoccupazione e cassintegrazione. Nel solo 2014 sono usciti la bellezza di 15,408 miliardi. In un crescendo inversamente proporzionale tra calo del Prodotto interno lordo e aumento esponenziale del ricorso agli ammortizzatori sociali. Come se non bastasse nel bilancio dell' Istituto ci sono virtualmente miliardi di euro da incassare, ma in sostanza difficilmente si porterà in cassa più di qualche spiccioli. Tra truffe e fallimenti il conto per l' Istituto è assai salato: oltre 100 miliardi di contributi non pagati che sono riportati a bilancio come possibili incassi futuri, peccato che siano in sostanza dei veri e propri crediti incagliati al pari di quelli bancari. Nel 2016 - tanto per fare due conti - il totale di contributi non versati all' Inps da parte dei datori di lavoro o dagli stessi iscritti supererà i 100 miliardi di euro.
Tant' è che il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell' Istituto ha già lanciato un accorato allarme approvando approvato il Bilancio preventivo 2016. Sono anni che questi crediti "virtuali lievitano": nel 2002 ammontavano a oltre 31 miliardi.
Tant' è che il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell' Istituto ha già lanciato un accorato allarme approvando approvato il Bilancio preventivo 2016. Sono anni che questi crediti "virtuali lievitano": nel 2002 ammontavano a oltre 31 miliardi.
Nel 2010 sfioravano i 61 miliardi crescendo a botte di 5 o 8 miliardi l' anno. Nel 2014 i crediti non incassati raggiungevano gli 86,6 miliardi del 2014, mentre per il 2015 ne sono stati previsti 94,3 e per il 2016 si potrebbe sfondare quota 104 miliardi.
Tutto il dibattito - che dura da almeno 18 mesi - sui possili interventi in campo pensionistico mettono in allarme questo popolo di pensionati, e anche quello dei "pensionandi", incolpevoli aspiranti tali rimasti congelati alla scrivania per i diktat di Mamade Fornero che in una settimana o poco più gli ha stiracchiato anche di 5, 6 o 7 anni i requisiti per agguantare l' assegno e andarsene ai giardinetti. In autunno le proposte e le ipotesi - che già rimbalzano su tv e giornali aumentando l' ansia e l' incertezza - verranno incolonnate nella legge di Stabilità 2017 (o almeno così assicurano Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan). Modesto dettaglio: a parte la timida ipotesi di rimpianguare le pensioni più basse con i famosi 80 euro (ipotesi da 3 miliardi di costo, e quindi repentinamente accantonata), tutto il dibattito si concentra sui tagli: passati, presenti e futuri.
Tutto il dibattito - che dura da almeno 18 mesi - sui possili interventi in campo pensionistico mettono in allarme questo popolo di pensionati, e anche quello dei "pensionandi", incolpevoli aspiranti tali rimasti congelati alla scrivania per i diktat di Mamade Fornero che in una settimana o poco più gli ha stiracchiato anche di 5, 6 o 7 anni i requisiti per agguantare l' assegno e andarsene ai giardinetti. In autunno le proposte e le ipotesi - che già rimbalzano su tv e giornali aumentando l' ansia e l' incertezza - verranno incolonnate nella legge di Stabilità 2017 (o almeno così assicurano Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan). Modesto dettaglio: a parte la timida ipotesi di rimpianguare le pensioni più basse con i famosi 80 euro (ipotesi da 3 miliardi di costo, e quindi repentinamente accantonata), tutto il dibattito si concentra sui tagli: passati, presenti e futuri.
Bisognerà ora vedere come Renzi, Padoan e Poletti declineranno le varie proposte in ballo. E soprattutto con quali risorse finanziarie si potrà contare. L' idea di base è di mettere un po' ciascuno: un po' lo Stato, che si assumerebbe il ruolo di garante, un po' il datore di lavoro che poer svecchiare l' organizo sarebbe disposto ad anticipare contributi e agevolare uno scivolo alla pensione, un po l' aspirante pensionato che pur di andare a riposo si autoridurrà il trattamento. O almeno questo è il piano del governo. Salvo che non si scelga di far pagare chi è già in pensione con vaghi "contributi di solidarietà", che solitamente chiamiamo tassa aggiuntiva.
di Antonio Castro
FONTE: http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/11911156/insp-pensioni-soldi-buco-rosso-bilancio-previdenza.html
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