martedì 18 ottobre 2016

La testimonianza della Piddina su Mafia Capitale fa infuriare il giudice

Il racconto su Repubblica. I tanti «non ricordo» della parlamentare hanno fatto infuriare la giudice

È un’imbarazzante testimonianza quella resa al processo su Mafia Capitale da Micaela Campana, deputata Pd e componente della comissioni Giustizia, che si è seduta nell’aula bunker di Rebibbia come testimone per la difesa di Salvatore Buzzi. La parlamentare è stata più volte ripresa dalla giudice, infuriata per i numerosi «non ricordo». «Non dire la verità sotto giuramento è un reato», le ha ricordato la presidente della Corte Rossana Ianniello.

MAFIA CAPITALE, I NUMEROSI «NON RICORDO» DELLA DEPUTATA PD

Essendo ex moglie dell’ex assessore in Campidoglio Daniele Ozzimo, imputato nello stesso procedimento, Campanaavrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere. Ma lei ha deciso comunque di rispondere alle domande (come a quella su un incontro organizzato per Buzzi con il viceministro agli Interni Filippo Bubbico), mostrandosi però poco credibile per i chiarimenti non forniti. La giudice Iannello le ha perfino chiesto a che titolo sia componente della commissione giustizia di Montecitorio se nemmeno riconosce le regole basilari del processo. Lo racconta oggi Federica Angeli su Repubblica:
Micaela Campana risponde sempre le stesse cose, anche a domande diverse. Ed è questo che agli occhi dell’aula, nel corso della 128esima udienza del maxi- processo Mafia capitale la rende poco credibile a fronte del mare di intercettazioni che, ora l’avvocato Santoro di Buzzi ora il pm Luca Tescaroli le leggono. «Per quale motivo fissò un incontro tra Bubbico e Buzzi?», «Fu lui a chiedermelo, ma non so di cosa dovessero parlare» replica la deputata.
«Mi faccia capire – chiede seccata la presidente – lei fissa un incontro col sottosegretario Bubbico a Buzzi solo perché lui glielo aveva chiesto, senza conoscere il motivo di tale richiesta?». «Non ricordo» dice l’esponente dem.
 Campana non è stata convincente nemmeno quanto ha parlato dell’interrogazione parlamentare che Buzzi le chiese di presentare. La deputata ha dichiarato di non ricordare telefonate del ras delle cooperative per farle pressione. Continua Angeli su Repubblica:
Anche in questo caso però le sue parole sono smentite dalle intercettazioni: un suo collaboratore infatti spiegò a Buzzi che ancora una volta era stato Bubbico a dire di prendere tempo. «Quanto all’incontro organizzato al Viminale per far parlare Buzzi col prefetto Morcone?». «Andai anche io – risponde l’onorevole Campana – ma non ricordo di cosa, Buzzi parlò con il prefetto Manzzione (Morcone non si presentò, ndr). Di qualcosa sul centro di Castelnuovo di Porto, ma nello specifico non saprei».
La giudice Ianniello perde la pazienza: «Eppure lei è giovane: come mai questi continui vuoti di memoria? Lei assiste a un incontro, è presente in una stanza e non sa di cosa hanno parlato?».
Infine l’sms: «un bacio Grande Capo». «Come mai si rivolge così a Buzzi», chiede il pm Tescaroli? «Questione di rispetto nei confronti di una persona più grande di me».
Ma non è finita qua. Perché dal Messaggero emergono altri elementi, sempre più imbarazzante per l’esponente della segreteria del PD. Di cui a questo punto è lecito aspettarsi le dimissioni. La Campana ammette i finanziamenti “Chiesti e ricevuti” da Buzzi per la campagna elettorale “tutte legale” precisa. Scrive il Messaggero

Campana ha ammesso di aver chiesto e ricevuto dal ras delle coop diversi contributi elettorali. Soldi in favore dell’ex marito l’assessore Daniele Ozzimo, già indagato e condannato a due anni e due mesi per corruzione, e del partito nazionale. Contributi legittimi, ha spiegato. Per sé, quando si è candidata come consigliera municipale nel 2001(«di cui non ricordo se pervenuti perché la legge non prevedeva il rendiconto», ha specificato) e «ventimila» per la candidatura in Campidoglio dell’ex marito. Un finanziamento quest’ultimo, per sua stessa ammissione, arrivato a pochi mesi dalla separazione, tanto da suscitare la curiostà della presidente del collegio, Rosanna Ianniello: «Visto che all’epoca si era già lasciata con suo marito perché fu lei a fare da tramite?». «Perché lo ritenevo una persona valida per il Campidoglio», ha precisato la deputata.

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