Il pm di Agrigento mette sotto indagine il leghista per sequestro di persona. Il fascicolo ora passa al tribunale dei Ministri
Alla fine Matteo Salvini è stato indagato. L’ipotesi di reato del procuratore di Agrigento è di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio.
Nel registro degli indagati anche il capo di gabinetto del ministro. Ora la palla, però, esce dalle mani della procura sicialiana. Il fascicolo per legge dovrà andare al Tribunale dei Ministri, l’unico competente quando ad essere chiamati in causa sono dei membri del governo.
“Tale procedura – se legge nel comunicato con cui procura – prevista ed imposta dalla legge costituzionale 16/1/89 n. 1, permetterà, con tutte le garanzie e le immunità previste dalla medesima legge, di sottoporre ad un giudice collegiale specializzato le condotte poste in essere dagli indagati nell’esercizio delle loro funzioni, uno dei quali appartenente ai qualificati soggetti indicati all’articolo 4 della norma costituzionale”. Il pm aggiunge: “Com’è noto, infine, ogni eventuale negativa valutazione delle condotte di cui sopra dovrà essere sottoposta alla autorizzazione della competente Camera dei deputati”.
Quella tra Matteo Salvini e i pm, sul caso Diciotti, sembra ormai una guerra aperta. La procura di Agrigento aveva aperto un fascicolo contro “ignoti” ipotizzando il reato di sequestro di persona. Prima che trapelasse la notizia dell’indagine aperta contro il ministro, era stato lo stesso ministro a rivelare su Facebook che “il Procuratore di Agrigento ha chiesto ufficialmente i miei dati anagrafici”. Il vicepremier aveva subito attaccato il giudice: “Per fare cosa li chiede? – aveva scritto – Non perda tempo, glieli do io. Matteo Salvini, nato a Milano il 9/3/1973, residente a Milano in via xxx, cittadinanza italiana. Se vuole interrogarmi, o magari arrestarmi perché difendo i confini e la sicurezza del mio Paese, lo aspetto a braccia aperte!”.
Il leghista aveva anche definito “meschina” la decisione di Luigi Patronaggio di interrogare i funzionari del Viminale nella sua attività istruttoria invece di andare direttamente dal capo. “Mi spiace che ci sia qualche giudice che ha tempo e soldi da spendere per andare a interrogare i funzionari del Viminale: vengano direttamente dal ministro”, aveva detto il vicepremier. “Mi sembra meschino andarsela a prendersela con dei funzionari quando c’è un ministro che si prende la responsabilità di dire no”, ha sottolineato Salvini. Il pm oggi è andato a Roma e ha interrogato come persone informate sui fatti il capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’immigrazione, Gerarda Pantalone, e il suo vice Bruno Corda.
Il ministro comunque non intende fare passi indietro. “Nonostante insulti, minacce e inchieste – dice infatti il ministro – sto lavorando per chiudere la ‘pratica Diciotti’ senza che a pagare stavolta siano gli Italiani, visto che abbiamo accolto e speso abbastanza”. Un primo passo è stato fatto: venti dei migranti della Diciotti andranno in Albania, visto che Tirana si è detta pronta ad aiutare il Belpaese dopo che l’Italia ha fatto tanto per gli albanesi.
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