venerdì 31 agosto 2018

Applausi, tutti in piedi. Il governo Conte ha ottenuto una vittoria straordinaria per tutti i lavoratori precari della ricerca

‘Risultato storico: stabilizzati 2.000 ricercatori precari!’


“Negli ultimi giorni abbiamo approvato un decreto qui al Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che ci consente per la prima volta in molti anni di stabilizzare oltre 2.000 ricercatori precari negli enti pubblici di ricerca in Italia”.
Lo ha fatto sapere il sottosegretario al Ministero della Pubblica Istruzione Lorenzo Fioramonti.
“Questo è un risultato storico – ha spiegato – che abbiamo ottenuto a poche settimane dell’insediamento del nuovo Governo. Negli ultimi giorni, alcuni esponenti del Governo precedente hanno sostenuto che in fondo questa non fosse altro che un’attività già decisa da parte loro”.
“Ma questo – ha continuato – non è vero, ma lo sapete perché? Perché gli stanziamenti previsti dal Governo precedente prevedevano un co-finanziamento e delle risorse aggiuntive, che gli enti pubblici di ricerca non avevano”.
E ha aggiunto: “Noi oggi, stanziando €68 milioni, consentiamo non solo di portare a termine un processo iniziato ma mai concluso dal Governo precedente, ma addittura di fare molto di più: e cioè superare di oltre 2.000 unità la platea di coloro che beneficeranno di questa stabilizzazione”.
“Quindi – ha proseguito – è un risultato importante, un risultato che non sarebbe stato possibile senza il nostro intervento. Una cosa in più voglio dire: noi oggi scommettiamo sulla ricerca in Italia come volano di una nuova economia in questo Paese”.
“Io quello che chiedo a tutti i ricercatori che in questi mesi verranno stabilizzati dagli enti di ricerca è semplicemente di unirsi a noi, di aiutarci a far diventare l’Italia un esempio per il resto del mondo, di fare in modo che queste stabilizzazioni divengano davvero un’apertura verso la meritocrazia e l’innovazione e che gli investimenti che faremo in ricerca e sviluppo saranno il motore di una nuova economia,” ha concluso Fioramonti.

Fonte: https://www.silenziefalsita.it/2018/08/02/istruzione-fioramonti-risultato-storico-stabilizzati-2-000-ricercatori-precari/

LA BANDA CHE FACEVA MILIONI SUI CLANDESTINI? IL BOSS ERA LA TRADITRICE DELLO STATO: si chiama Patrizia Impresa ed era il Prefetto di Padova che smistava alle coop amiche più profughi possibile

Il Mattino di Padova svela le conversazioni tra Patrizia Impresa e il suo vice Aversa: «Anche se dobbiamo fare schifezze… noi ci dobbiamo salvare».
«È vero che ne abbiamo fatte di porcherie, però quando le potevamo fare»: a parlare il 14 aprile dello scorso anno sarebbe stato l’ex prefetto di Padova, Patrizia Impresa, in un dialogo con l’allora vice prefetto vicario di Padova, Pasquale Aversa, delegato ad occuparsi dell’accoglienza dei migranti. L’ex prefetto non è indagata.
La conversazione, diffusa oggi dal «Mattino di Padova», sarebbe stata intercettata dai carabinieri e sarebbe uno dei dialoghi finiti del rapporto conclusivo dei militari, parte integrante dell’inchiesta sulla gestione dell’accoglienza in Veneto.
Le indagini riguardano, in particolare, la cooperativa Ecofficina Educational poi Edeco che, proprio grazie all’accoglienza dei migranti, ha visto aumentare il proprio fatturato dal 2014 ad oggi. La coop gestisce, tra gli altri, i Cpt di Bagnoli e Cona e in una intercettazione rimarca ai funzionari prefettizi la necessità di «far quadrare i conti». Impresa non è indagata e da tre mesi si trova a Roma con l’incarico di vice capo di gabinetto del ministero dell’interno, mentre risultano indagati la funzionaria della Prefettura Tiziana Quintario, attualmente a Bologna, e lo stesso Aversa, insieme ai capi della Edeco, Simone Borile, Sara Felpatti e Gaetano Battocchio.
In una conversazione precedente, pubblicata oggi dal quotidiano, riferita ad un problema di sovraffollamento del centro di San Siro di Bagnoli dell’ottobre 2016 e alle pressioni da Roma per alleggerirlo di alcune decine di unità, Impresa avrebbe detto ad Aversa: «Anche se dobbiamo fare schifezze Pasqua’… eh eh… no… schifezze… noi ci dobbiamo salvare Pasqua’… perché, ti ripeto, non possiamo farci cadere una croce che…».
«Il governo di centrosinistra negava l’emergenza sbarchi, ma poi scaricava il problema sui prefetti e li costringeva a spostare i clandestini da un Comune all’altro – come nel gioco delle tre carte – per non irritare sindaci del Pd, ministri in visita o presidenti Anci del Pd. È il quadro vergognoso che emerge dall’inchiesta di Padova. Io, invece, voglio bloccare gli sbarchi e mi prendo tutte le responsabilità delle mie scelte. Se qualche funzionario ha sbagliato è giusto che paghi. Ma chi sono i mandanti politici di tutto questo?», ha detto a proposito il ministro degli Interni, Matteo Salvini.

GENOVA, LA FINANZA DA DEL RIO: IL DIGIUNATORE E’ NEI GUAI FINO AL COLLO! Si sono presentati al ministero ed hanno sequestrato tutti i documenti di quando era ministro

L’INCHIESTA SUL CROLLO DEL PONTE MORANDI PUNTA ANCHE SU DELRIO – LA FINANZA SEQUESTRA DOCUMENTI AL MINISTERO CHE ERA GESTITO DAL LEADER RENZIANO (FU PRODIANO) – IN TOTALE SOTTO TIRO 28 PERSONE – GLI INVESTIGATORI NON SI SONO PRESENTATI SOLO AL MIT DI ROMA, MA ANCHE AL PROVVEDITORATO DELLE OPERE PUBBLICHE DELLA LIGURIA E ALLA SPEA ENGINEERING SPA, UNA SOCIETÀ DEL GRUPPO ATLANTIA


Giacomo Amadori per la Verità
Altra trasferta romana degli uomini del Primo gruppo della Guardia di finanza di Genova.
Dopo quella di mercoledì scorso, nella sede di Autostrade per l’ Italia, ieri le fiamme gialle, guidate dal colonnello Ivan Bixio, hanno fatto breccia nel ministero delle Infrastrutture e trasporti di fronte a Porta Pia e al monumento al bersagliere. Accolti da questo tweet del ministro Danilo Toninelli: «Sono ben felice che si faccia chiarezza su quanto successo in passato. Il ministero è a totale disposizione delle autorità che stanno indagando sul crollo del ponte Morandi. Buon lavoro a Gdf e magistrati».
Nel decreto di sequestro (il fascicolo penale è ancora senza indagati) si legge che gli investigatori si sono presentati al dicastero, che nel periodo sotto osservazione era guidato da Graziano Delrio, per acquisire «ogni documentazione di natura tecnica, amministrativa e contabile, appunto, nota o simili» relativa al ponte, «redatta da, o pervenuta a, qualsiasi ufficio, centrale o periferico (provveditorato alle opere pubbliche per la Liguria, ufficio ispettorato territoriale)» del ministero. Gli investigatori avevano il compito di sequestrare anche la documentazione digitale e la posta elettronica del personale «avente competenza sulla materia delle autostrade in concessione».
Gli investigatori non si sono presentati solo al Mit di Roma, ma anche al provveditorato delle opere pubbliche della Liguria e alla Spea engineering spa, una società del gruppo Atlantia (che a sua volta controlla Autostrade per l’ Italia) a cui è stato affidato il progetto di messa in sicurezza del viadotto Morandi che sarebbe dovuto partire a settembre. La Spea ha 650 dipendenti, 8 filiali estere e una controllata brasiliana, la sede principale negli uffici dell’ Aspi a Roma e un’ altra a Milano.
Gli uomini delle fiamme gialle hanno quindi fatto dei sequestri anche nel capoluogo lombardo e lavorato sui server di posta elettronica della Spea a Firenze. Alle Spea si sono occupati di portar via soprattutto i report trimestrali sulla sicurezza redatti sulla salute del ponte. Al termine della giornata di sequestri gli investigatori hanno fatto copia forense di 13 computer e altrettanti smartphone in uso dalle figure più coinvolte. Un numero a cui bisogna sommare i 15 dirigenti di Autostrade già privati di pc e telefonini la settimana scorsa.
In pratica, in vista dell’ incidente probatorio irripetibile, la Guardia di finanza sta cercando tutte le informazioni che sono circolate sullo stato del viadotto e sta ricostruendo la catena di comando che ha avuto contezza dell’«ammaloramento» degli stralli del Morandi e che poteva prendere provvedimenti.
Un ulteriore focus riguarda l’ attività svolta dalle strutture di vigilanza e controllo, ossia provveditorato e Mit, dove è stato acquisito un carteggio interessante con Autostrade sul ponte. Tutti i possibili responsabili di una sottovalutazione del rischio potrebbero essere iscritti sul registro degli indagati in vista dell’ incidente probatorio, in modo da dar loro la possibilità di difendersi e di nominare un consulente di parte.
I primi dirigenti su cui si sono concentrate le indagini preliminari sono quelli di Autostrade e in particolare Paolo Berti, responsabile centrale delle operazioni di Aspi, l’ architetto Michele Donferri, a capo dell’ ufficio Manutenzione e interventi, il direttore del tronco di Genova, Stefano Marigliano, e il responsabile dell’ ufficio Affari regolatori e concessori, Amedeo Gagliardi.
Al centro degli approfondimenti anche i membri del consiglio d’ amministrazione presieduto da Fabio Cerchiai e dall’ amministratore delegato, Giovanni Castellucci, che hanno approvato i lavori. Dopo il via libera, la stesura del progetto viene affidata alla controllata di Autostrade, Spea engineering. Per questo le fiamme gialle hanno acquisito pc e cellulari dell’ amministratore delegato, Antonino Galatà, del responsabile del progetto, Massimiliano Giacobbie e dell’ autore del piano sicurezza, l’ ingegner Massimo Bazzarelli. I passaggi successivi del progetto coinvolgono altri manager e tecnici.
Il primo febbraio il progetto viene presentato al comitato tecnico del provveditorato del ministero delle Infrastrutture, davanti a dieci commissari con diritto di voto e 17 esperti. L’ architetto Roberto Ferrazza, provveditore interregionale da 155.000 euro l’ anno, lo promuove a marzo con alcuni rilievi.
Il 28 aprile Autostrade pubblica il bando di gara, con procedura ristretta, per un appalto da 20.159.344,69 euro, (24,6 milioni con Iva), a cui segue una preselezione. La durata prevista per i lavori è di 784 giorni «dall’ aggiudicazione dell’ appalto». Ossia più di due anni, evidentemente per non rallentare troppo il traffico e gli affari. Il responsabile unico del procedimento è l’ ingegner Paolo Strazzullo di Autostrade, che è chiamato a valutare le proposte.
L’ 11 giugno è il termine ultimo per la presentazione delle offerte e lo stesso giorno Vincenzo Cinelli, a capo della direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali del Mit (poltrona conquistata grazie a un decreto del presidente del Consiglio dei ministri firmato da Marianna Madia in vece di Paolo Gentiloni), ha dato il via libera definitivo al progetto. Ma Cinelli è laureato in Scienze politiche e si è certamente consultato con il responsabile della Prima divisione del Mit (Vigilanza tecnica e operativa della rete autostradale in concessione), l’ ingegner Bruno Santoro, con un passato al Consiglio superiore dei lavori pubblici, il massimo organo tecnico e consultivo dello Stato, e successivamente destinato a incarichi di minor prestigio.
Santoro è stato nominato da Cinelli responsabile della Prima divisione a marzo e nella stessa infornata è diventato capo dell’ ufficio ispettivo territoriale di Genova l’ ingegner Carmine Testa. Tutti esperti che non sono riusciti a prevedere il collasso del Morandi e a cui i finanzieri hanno clonato pc e telefoni. Gli investigatori hanno anche spulciato con cura gli uffici della Divisione analisi e investimenti, guidata da Giovanni Proietti.
In attesa delle prossime mosse della Procura, i reperti del ponte, catalogati dai consulenti, saranno custoditi in un hangar dell’ Amiu, la municipalizzata dei rifiuti. «Come è stato fatto per la tragedia di Ustica», ha puntualizzato il procuratore Francesco Cozzi.

C’ è da sperare che in questo caso la verità affiori prima.

“RASSEGNATEVI, SIETE COME DEI MORTI” Mentana mai così duro: così seppellisce PD, Boldrini e tutta la feccia buonista

“Aria nuova, gente nuova, ma soprattutto idee nuove”. Enrico Mentana scuote la sinistra facendo un’analisi della situazione in Europa. “In tutte le fasi di crisi rispunta perentoria la ricetta: ‘La sinistra torni a fare la sinistra!’, come quando si va a cercare un vecchio vestito perché si dice che possa tornare di moda” scrive il direttore del TgLa7 in un post su Facebook. “Senza pensare che un adulto non può tornare bambino – rileva – nell’illusione di poter guardare il mondo con occhi più innocenti”.

Per Mentana “se la sinistra di governo è stata punita contemporaneamente in tutta Europa in modo tanto brutale la diagnosi è chiara: quel modello di partito e quel riformismo di governo non funzionano, non bastano, e quei gruppi dirigenti ne visualizzano la disfatta. Ogni palliativo, ogni maquillage, ogni ritorno al passato lascia il tempo che trova”. Dunque, conclude, “ci vuole aria nuova, gente nuova, ma soprattutto idee nuove, e non per concorso”.

Bongiorno: “Voglio la legittima difesa. Chi entra in casa per uccidere deve sapere che io posso reagire”

In un’intervista al Corriere della Sera, l’avvocato Giulia Bongiorno ha spiegato di sentirsi molto in linea con le idee di Matteo Salvini: “Pensavo di non poter parlare con lui. Poi a livello di contenuti ho capito che c’è piena condivisione. Se ci fermiamo all’apparenza, Salvini fa paura. Se guardiamo i contenuti, è stato un apripista perché ha segnalato molti pericoli e poi gli altri se ne sono resi conto”.
Anche l’avvocato Giulia Bongiorno aveva paura di Salvini prima di trovarsi a tu per tu con il leader del Carroccio. Parlando della sua candidatura alle prossime elezioni politiche del 4 marzo al Corriere della Sera, l’avvocato Bongiorno ha spiegato: “Anche io all’inizio avevo paura di Salvini. Pensavo di non poter parlare con lui. Poi a livello di contenuti ho capito che c’è piena condivisione. Se ci fermiamo all’apparenza, Salvini fa paura. Se guardiamo i contenuti, e io che lo conosco dal 2015 posso dirlo, è stato un apripista perché ha segnalato molti pericoli e poi gli altri se ne sono resi conto. Io con lui ho parlato di donne, di natalità: e da parte sua c’è stata umiltà e voglia di capire. Se avessi pensato che era un razzista, avrei fatto un’altra scelta. Questo è chiaro”.
Bongiorno racconta di essersi convinta ad accettare l’offerta del Carroccio proprio andando “oltre le apparenze”: “Salvini è una persona che può fare le cose. Ho incontrato politici che non avevano idee precise. Lui le ha. E poi su sicurezza, immigrazione e tanto altro la pensiamo allo stesso modo. Non è il rozzo ignorante che parla a vanvera”.
Tra le battaglie che Bongiorno mira a combattere a fianco di Matteo Salvini c’è quella della legittima difesa: “Chi scelga di entrare in una casa altrui per violentare o per uccidere deve accettare le conseguenze. E chi è aggredito deve poter reagire. In molti stati europei lo stato di ansia e di paura che genera un’intrusione in casa legittima sempre la difesa. Vorrei questa cosa anche in Italia. Oggi chi reagisce sa bene che può finire come minimo indagato, se non andare a processo e spendere molti soldi per difendersi”.
Per quanto riguarda l’immigrazione, invece, Bongiorno ha spiegato: “Credo che molti di questi flussi migratori portano in italia molti uomini che reputano le donne soggetti inferiori. Chi è in difficoltà va accolto. Se ci sono persone che sono in regola, io le aiuto e lo ospiterei anche. Se c’è il furbetto, lo evito: non possiamo certo accogliere tutti i clandestini e gli irregolari”.

SI E' FOTTUTO 819MILA EURO PER FARSI IL VILLONE: ECCO CHI E’ IL LADRO PD DEL GIORNO, ALLA FACCIA DELLA QUESTIONE MORALE

QUESTIONE AMORALE – CATTEDRE UNIVERSITARIE E MONTE DEI PASCHI DI SIENA, POLITICA IN BASILICATA, ‘FEUDI’ FAMILIARI IN SARDEGNA: C’È DI TUTTO NELLA CARRIERA DI ALDO BERLINGUER, NIPOTE DI ENRICO, FIGLIO DI LUIGI E ASSESSORE PD. ORA C’È ANCHE UNA CONDANNA DELLA CORTE DEI CONTI A RISARCIRE 819MILA EURO PER ESSERSI PAGATO UNA VILLA CON SOLDI PUBBLICI

Secondo la magistratura contabile Aldo Berlinguer avrebbe «posto in essere una serie di atti per avvantaggiarsi illecitamente delle erogazioni pubbliche determinando un totale sviamento dalle finalità pubblicistiche previste». Finanziamenti da Mps, case intestate, fondi pubblici sprecati. E la sua poltrona con Pittella, balla…

Sandro Iacometti per ”Libero Quotidiano”

 «Ideatore e filo conduttore di una vicenda illecita» sfociata «nella indebita erogazione di un finanziamento ministeriale». Solo un paio di giorni fa il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, rievocava la figura di Enrico Berlinguer per denunciare «l’ esistenza nel Paese di una irrisolta questione morale». Il riferimento era all’ inchiesta sulla presunta cricca di Raffaele Pizza. Il caso, però, ha voluto che negli stessi giorni dalla Corte dei Conti della Toscana emergesse l’ ennesima storia di malaffare dove i soggetti chiamati in causa, ironia della sorte, si chiamano Siena, Mps e persino Berlinguer. Non Enrico, ovviamente, ma il suo discendente Aldo (figlio del più noto Luigi, ex ministro della Pubblica istruzione).

 È lui, 47 anni, senese, professore ordinario di diritto comparato all’ Università di Cagliari dal 2005, ex consigliere dell’ Aeroporto di Siena, di Mps Gestione Crediti, di Banca Antonveneta e attuale assessore Pd alle opere pubbliche, ambiente e territorio della Basilicata, ad essere finito nel mirino del viceprocuratore regionale della Corte dei Conti, Stefano Castiglione, per un danno all’ erario quantificato in 819mila euro. Secondo la magistratura contabile Aldo Berlinguer avrebbe «posto in essere una serie di atti per avvantaggiarsi illecitamente delle erogazioni pubbliche determinando un totale sviamento dalle finalità pubblicistiche previste»

La vicenda riguarda un finanziamento ministeriale chiesto dalla Slc Service in base alla legge 488 del 1992, una norma finalizzata a sostenere lo sviluppo nelle aree depresse. L’ area in questione era l’ elegante Villa Atzeri, sita a Cagliari in via San Saturnino 7. Lì, dopo la ristrutturazione dell’ immobile e un ampliamento della società, si sarebbe dovuta trasferire la Slc, amministrata da Berlinguer e dal suo legale rappresentante Marco Grozzini, pure lui condannato dalla Corte a restituire i fondi.

Peccato che la società, scrivono i magistrati, non solo non si è mai trasferita, ma neanche è «mai entrata in attività, né tantomeno ha assunto 22 dipendenti». I soldi, però, sono stati erogati, in tre tranche tra il 2005 e il 2008, con la pratica di finanziamento istruita da Mps.

Neanche i 700 milioni di soldi privati previsti dall’ operazione sembra siano mai usciti dalle casse della Slc.

L’ unico esborso,stando a quanto si legge nella sentenza della Corte dei Conti, sarebbe stato quello di 75mila euro, «un corrispettivo sostanzialmente irrisorio» con cui Berlinguer è diventato proprietario «del piano nobile di 8,5 vani della palazzina». Un acquisto che ha permesso ai magistrati contabili di individuare nel docente senese «il principale beneficiario dell’ illecita operazione».

Non solo, secondo la Corte, all’ esito di «operazione articolate» Berlinguer aveva «acquisito la titolarità degli immobili siti al terzo, quarto e quinto piano di Villa Atzeri, la cui ristrutturazione era avvenuta con risorse altrui». Il professore e Grozzini dovranno adesso restituire al ministero dello Sviluppo economico gli 819mila euro. Ma non ci saranno altre implicazioni. La Corte ha infatti dichiarato la propria incompetenza giurisdizionale sugli altri soggetti coinvolti, principalmente costruttori e società edili. Mentre l’ inchiesta penale del Tribunale di Siena, seppure senza proscioglimento nel merito, è stata archiviata il 29 ottobre 2015 per l’ intervenuta prescrizione del reato di «truffa aggravata per conseguire erogazioni pubbliche». Resta da vedere se ci saranno ripercussioni politiche.

L’ esplosione dell’ inchiesta sulle estrazioni petrolifere in Basilicata ha più volte acceso i riflettori sul suo incarico così distante da Siena e dalle sue competenze. Qualche giorno fa Berlinguer (insieme ad altri due assessori “tecnici”) ha rimesso il suo mandato, ma il governatore Pittella lo ha pregato di restare al suo posto. Almeno finché non si troverà la quadra sul nuovo esecutivo. La grana con l’ erario potrebbe ora accelerare i tempi.

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ARRESTATI 2 GIUDICI! MIGLIAIA DI EURO DI TANGENTI: ECCO COME FUNZIONAVA LA GIUSTIZIA PER QUESTI “SIGNORI”

Tangenti a Milano, ​arrestati due giudici tributari
L’inchiesta della procura ha svelato un collaudato sistema di corruttele: soldi in cambio di sentenze “addolcite” dai giudici
Mazzette per “addolcire” le sentenze sui contenziosi fiscali. Nuovo terremoto a Milano nel mondo delle Commissioni tributarie.
L’inchiesta della procura, dopo l’arresto del professore Luigi Vassallo, giudice tributario in Appello, detenuto a Opera, porta in carcere Marina Seregni, commercialista 70enne di Monza. La misura cautelare emessa oggi coinvolge entrambi i giudici, e riguarda nuovi presunti episodi di corruzione.
Ma andiamo con ordine. Le manette sono scattate il 17 dicembre scorso per Vassallo, colto in flagranza mentre incassava 5 mila euro, prima tranche di una tangente da 30mila. Ora la stessa sorte è toccata alla Seregni, rinchiusa nel carcere di San Vittore, e accusata di aver diviso con Vassallo i proventi di una nuova bustarella da 65mila euro, versata dalla Swe-co Sistemi Srl, una società che aveva subito una contestazione fiscale dell’Agenzia delle entrate di 14 milioni di euro.
Le Commissioni tributarie sono poco note: nominate con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del ministro dell’Economia, sono presiedute da magistrati, e composte da avvocati, notai, commercialisti e ufficiali della Guardia di finanza.
Vassallo, 58 anni, è un avvocato cassazionista e, dal 1988 è giudice tributario. Docentedell’Università di Pavia, per quattro anni presidente dell’Associazione magistrati tributari della Lombardia, nel 2013 nominato nell’Osservatorio della mediazione tributaria su incarico del direttore dell’Agenzia delle entrate.
A dare il via alle indagini sull’insospettabile giudice è stata la denuncia della Dow Europe Gmbh, multinazionale con un fatturato da 58 miliardi di dollari l’anno. I rappresentanti della società, contattati da Vassallo per “accordarsi” sul contenzioso in corso, non si sono piegati alla logica corruttiva e hanno denunciato tutto. Così i magistrati hanno deciso di infiltrare degli uomini delle Fiamme gialle tra gli impiegati della società nel giorno della consegna del denaro che doveva avvenire nello studio della Crowe Horwath Saspi di Milano. Mentre Vassallo incassava la prima tranche della tangente sono scattate le manette.
Qualche giorno più tardi i pm hanno interrogato un altro giudice tributario, Marina Seregni. La sua voce era stata registrata dalla segreteria del 58enne: la telefonata tra i due giudici aveva fatto sorgere sospetti tra gli investigatori. Il collega le comunicava di avere urgenza di parlare con lei a proposito di due processi e anche di “una pratica” che gli interessava. La commercialista monzese però, davanti al pubblici ministeri milanesi Eugenio Fusco e Laura Pedio, coordinati dal procuratore aggiunto Giulia Perotti, aveva respinto ogni addebito e anzi si era dichiarata “vittima di una millanteria”.
Ma grazie al materiale sequestrato nello studio di Vassallo i finanziari del gruppo Tutela spesa pubblica sono arrivati a lei.
Secondo le accuse formulate dalla procura i due giudici tributari erano d’accordo e hanno agito in concorso tra loro, dividendosi i proventi. Entrambi sono accusati di corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. Ma dalle carte emergerebbe un collaudato sistema di corruttele, al punto che non si possono escludere ulteriori colpi di scena.

giovedì 30 agosto 2018

SE TUTTI CONDIVIDIAMO QUESTA NOTIZIA, IL M5S VINCERA' SICURO LE PROSSIME ELEZIONI!

"La Appendino taglia le tasse ai giovani che vogliono fare gli artigiani"

E' la notizia apparsa oggi sul quotidiano online torinoggi.it e che vi riportiamo: 

Cinque anni di defiscalizzazione delle imposte locali per un giovane di talento che sceglie di subentrare nella conduzione di un'azienda


Cinque anni di defiscalizzazione delle imposte locali per un giovane di talento che sceglie di subentrare nella conduzione di un'azienda. Programmi di finanziamento agevolati, "pacchetti per lo shopping" e percorsi dei sensi dell'artigianato torinese, proponendoli in un App per smartphone.
Sono queste le novità introdotte dal patto siglato tra l'amministrazione di Torino e la CNA. Cinque sono le direzioni entro le quali Palazzo Civico intende agire. In primis verranno mappate tutte le eccellenze del territorio, in secondo luogo verranno semplificati i rapporti tra gli artigiani e la Pubblica Amministrazione e poi assicurando sostegno alle piccole e micro imprese impegnate della micro-fornitura, incorporandole anche in Open for business.
Nella città metropolitana sono circa 65 mila le imprese artigianali: il 98% delle aziende presenti a Torino a meno di venti dipendenti.
"Lo abbiamo constatato nell'ultima edizione del Turin Islamic Forum", ha commentato Chiara Appendino, "come l'eccellenza artigiana sia l'effettivo portacolori del made in Italy nel mondo".

"Fuori dall’Euro la Germania crolla (e l’Italia vola). Questa è la verità". Dichiarazione choc del tedesco Theo Waigel,ex ministro delle finanze

Fuori dall’ Euro la Germania crolla (e l’Italia vola).A dirlo e l’ex ministro delle finanze tedesco Theo Waigel.L’Euro conviene solo ai tedeschi, ecco perchè ci siamo dentro, e perchè la Merkel farà di tutto per non farci uscire, per non far cadere l’Euro. Siamo tutti ostaggio della Germania…

Theo Waigel è stato per dieci anni Ministro delle Finanze di Helmut Kohl. Il 21 giugno scorso ha rilasciato un’intervista a T-Online. Questo è un frammento delle sue dichiarazioni.
Intervistatore: “I sondaggi sull’uscita dalla UE mostrano che se si chiedesse ai francesi e ad altri, vincerebbe chi vuole uscire, con uno scarto minimo. Secondo lei da dove viene questa disaffezione per l’UE?
Theo Waigel: “Al grado di sviluppo della globalizzazione e dei mercati aperti cui siamo arrivati – che non è più reversibile -, ci sono forze che si oppongono, sostenendo la necessità di ritornare ai confini e alle regolamentazioni nazionali, che prima funzionavano bene, per tornare ad appropriarsi delle proprie capacità decisionali“.
Intervistatore: “E cosa gli si può rispondere?
Theo Waigel: Gli si può rispondere in modo del tutto chiaro quali svantaggi ne scaturirebbero. Se la Germania oggi uscisse dall’unione monetaria, allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20% e il 30% del marco tedesco – che tornerebbe nuovamente in circolazione -. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per il nostro export, per il nostro mercato del lavoro, o per il nostro bilancio federale“.
L’euro conviene alla Germania, ecco perché ci restiamo dentro. Va da sè che se il marco diventasse sconveniente, la lira diventerebbe conveniente per i mercati, per gli investitori e per i consumatori. Queste cose i commentatori nazionali non ve lo dicono. Queste notizie ai telegiornali non passano. Per chi lavora la stampa italiana? Per chi lavora la politica italiana? Per l’Italia o per Berlino? Se lavorasse per gli italiani, interviste come queste sarebbero in prima pagina su tutti i quotidiani, in luogo dello spettro dell’inflazione, e la gente inizierebbe a trarne le conclusioni.
In Germania, invece, non si fanno problemi a dirlo con chiarezza. Anche perché hanno interessi opposti. Ci fu anche un pezzo dello Spiegel Online che lo disse con altrettanta chiarezza:
« Con un’uscita dall’Euro e un taglio netto dei debiti la crisi interna italiana finirebbe di colpo. La nostra invece inizierebbe proprio allora. Una gran parte del settore bancario europeo si troverebbe a collassare immediatamente. Il debito pubblico tedesco aumenterebbe massicciamente perché si dovrebbe ricapitalizzare il settore bancario e investire ancora centinaia di miliardi per le perdite dovute al sistema dei pagamenti target 2 intraeuropei.
E chi crede che non vi saranno allora dei rifiuti tra i paesi europei, non s’immagina neanche cosa possa accadere durante una crisi economica così profonda. Un’uscita dall’euro da parte dell’Italia danneggerebbe probabilmente molto più noi che non l’Italia stessa e questo indebolisce indubbiamente la posizione della Germania nelle trattative. Non riesco ad immaginarmi che in Germania a parte alcuni professori di economia statali e in pensione qualcuno possa avere un Interesse a un crollo dell’euro. »
Fonte: byoblu.com
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Clamoroso:la stampa estera umilia quella italiana per difendere il M5S da tutto il fango ricevuto

Virginia, un femminicidio mediatico

Premessa: 1) non ho mai votato per il Movimento 5 Stelle; 2) non ho mai incontrato Virginia Raggi e, perciò, non mi permetto di giudicarla; 3) non entrerò nel merito delle questioni romane (la pesante eredità del passato, i pasticci nel formare la giunta, gli scontri fra il sindaco e i suoi colleghi di partito) che non mi sono del tutto chiare e, comunque, meriterebbero un’analisi seria e approfondita.
Però…
…però sento l’obbligo – sì, l’obbligo – di spendere qualche parola per quanto è avvenuto e sta avvenendo, dal 20 giugno 2016 (giorno dell’elezione), nella vita della trentottenne che guida dal Campidoglio la città caput mundi (prima donna in 2.769 anni di Storia).
Partiamo dall’inizio.
La sua vittoria non ha suscitato il benchè minimo entusiasmo tra le numerose aggregazioni femminili italiane, di solito orgogliosamente velocissime nel sottolineare i successi di signore e signorine.
Anzi…
Riporto quanto ho scritto proprio qui dopo il voto: “L’appartenenza grillina ha oscurato l’appartenenza di genere, diciamolo (…) Perfino fra le militanti di molte associazioni femminili. Da cui è arrivato un fragoroso silenzio o, tutt’ al più, qualche cigliosa presa d’atto, giungendo  addirittura a sottolineare maliziosamente le differenze fra Chiara Appendino (che a Torino ha sbaragliato il sindaco uscente, Pietro Fassino) e la Raggi in termini di obbedienza al Movimento 5 stelle. Di più. Si è rimproverato a entrambe di non aver usato il sostantivo sindaca al posto di sindaco… Nessuna, insomma, ha stappato entusiasticamente bottiglie di champagne nella trincea rosa del Paese. E sul fronte maschile come è andata? Peggio mi sento (a cominciare dal marito della Raggi, che proprio la sera dell’elezione, con una lettera aperta diffusa via Twitter, ha messo in piazza la crisi del loro matrimonio; ed è stato bacchettato su l’Espresso). Come ha raccontato Nadia Somma, di Demetra donne in aiuto, Chiara e Virginia sono state trattate alle stregua di due fenomeni da baraccone, scatenando uno “stupidario”: “Riferimenti all’abbigliamento e all’avvenenza, linguaggio informale (per molti giornalisti e giornaliste sono “le ragazze” e  Raggi è “a moretta”) o smaccatamente sessista (bambola, bambolina, fatina). Alcuni articoli sono irritanti altri involontariamente comici”. E giù con una serie di citazioni. Ben visivamente riassunte, peraltro, nel tweet di Tania Marocchi, dell’European Policy Centre, che offre un eccellente colpo d’occhio sui titoli dei quotidiani italiani: da “Roma in bambola” (Il Tempo) a “Ma saranno capaci?” (Libero)”.
Questo, appunto, all’inizio.
Dopo, tra luglio, agosto e settembre, è andata ancor peggio.
Decisamente peggio.
Senza – lo ripeto – entrare nel merito delle complesse vicende politiche, annoto che Virginia è stata costantemente sbattuta in prima pagina.
È stata sottoposta, cioè, al trattamento che (in un tempo per fortuna lontano) si riservava ai mostri della cronaca condannandoli prima dei processi.
Non basta.
In poche settimane ha avuto da parte dei telegiornali più minutaggio di quanto il Movimento 5 Stelle abbia collezionato negli ultimi due anni.
E il culmine è stato raggiunto domenica 11 settembre.
Quel giorno, infatti, tutti i più importanti quotidiani italiani, i notiziari televisivi e radiofonici hanno utilizzato un banale articoletto sul maltempo dell’Osservatore romano, il quotidiano del Vaticano, elevandolo al rango di presa di posizione della Santa Sede contro l’operato della Raggi.
Una balla spaziale.
Tanto che, letti i giornali, l’autorevole Monsignor Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, si è affrettato a smentire.
Qualcuno ha forse detto o scritto “Abbiamo sbagliato”?
Qualcuno per caso ha chiesto scusa al Vaticano e al Campidoglio?
Nisba.
Solo Marco Travaglio, su il Fatto Quotidiano e, poi, in tv, ospite di Lilli Gruber aOtto e mezzo, ha parlato chiaro, anzi chiarissimo, raccontando, dati alla mano, come la stampa abbia gonfiato il… nulla e insabbiato, il giorno dopo, le parole di Becciu.
Capito?
Mica è finita.
Alla ricerca di non si sa bene che cosa, le troupe televisive hanno assediato l’abitazione privata di Virginia come non si è mai visto fare, nella lunga storia della Repubblica, con qualsivoglia politico.
E, tuttavia, esclusa la diretta interessata, nessuno ha fiatato.
Mentre, per dire, è bastata una vignetta sul ministro Maria Elena Boschi per scatenare il pandemonio e financo lo sdegno di chi, paladino “Senza se e senza ma” della satira, proclamava “Je suis Charlie”.
Ecco, concludo.
Scommetto che se al posto della Raggi ci fosse qualcun'altra e subisse lo stesso trattamento si urlerebbe al femminicidio mediatico.
Invece qui – a parte Travaglio – stanno tutti zitti.
E, quel che è peggio, tutte zitte…

Fonte: http://www.tvsvizzera.it/radio-monteceneri/Hypercorsivi/Virginia-un-femminicidio-mediatico-8041420.htmlb

"Siamo preoccupati. Non tagliateci i vitalizi". La disperazione degli ex Parlamentari che presto si vedranno tagliato il loro vitalizio

Gli ex parlamentari scrivono ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, per avviare un confronto sul tema dell'abolizione dei vitalizi, mettendo tuttavia in guardia i vertici delle istituzioni sul rischio incostituzionalità di un intervento che andrebbe ad agire su diritti acquisiti. Nella lettera, inoltre, gli ex parlamentari sottolineano che un colpo di spugna tout court sarebbe un "atto punitivo". In vista delle decisioni che il Movimento 5 stelle si appresta ad assumere sul fronte vitalizi e costi della politica, l'Associazione degli ex parlamentari ha scritto a Fico e Casellati chiedendo un incontro e suggerendo anche degli spunti di riflessione all'Ufficio di presidenza, organo competente in materia, come ad esempio inserire il tema dei vitalizi all'interno del dibattito sul bilancio interno.


"L'Associazione degli ex-parlamentari della Repubblica condivide l'esigenza di contenimento dei costi della politica razionalizzando le spese delle Camere senza tagliare i costi della democrazia", si legge nella lettera. Quindi, "l'Associazione degli ex-parlamentari chiede di essere ascoltata per esporre il proprio punto di vista sugli annunciati provvedimenti in materia di vitalizi". Gli ex parlamentari elencano quindi, nella lettera inviata ai presidenti di Camera e Senato, una serie di "temi del confronto".

Innanzitutto, "la necessità di un coordinamento tra Camera e Senato per giungere a decisioni comuni, evitando quanto è accaduto nella scorsa legislatura con la delibera sul contributo di solidarietà adottata dall'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati". In secondo luogo, l'Associazione suggerisce che "le eventuali misure riguardanti i vitalizi" vengano inserite "nella sede del dibattito d'aula sul bilancio interno, in considerazione del fatto che all'origine delle disposizioni in materia previdenziale per i parlamentari vi fu una decisione d'aula (seduta del 20 maggio 1954) e perché la discussione avvenga con il massimo di trasparenza, e coinvolga tutti i gruppi presenti in Parlamento".

"Chiediamo il rispetto per la legalità costituzionale"

In terzo luogo, gli ex parlamentari chiedono il "rispetto della legalità costituzionale. A questo riguardo si ricorda che l'unica forma di intervento sui trattamenti previdenziali in essere ammessa dalla Corte costituzionale in varie sentenze, è quella del contributo di solidarietà, a fini di solidarietà interna al sistema previdenziale, nel rispetto dei principi di legittimo affidamento, di ragionevolezza, di proporzionalità e di non reiterabilità. Nessuna legge approvata dal Parlamento di modifica della disciplina previdenziale ha mai messo in discussione retroattivamente diritti già maturati dai cittadini. Infatti, le riforme delle pensioni che si sono susseguite negli anni, da quella Dini del 1995 a quella Fornero del 2011 tutte hanno fatto salvi i diritti dei cittadini maturati prima della loro entrata in vigore.

Anche i regolamenti vigenti di Camera e Senato in materia previdenziale hanno rispettato questo principio prevedendo l'applicabilità delle nuove norme soltanto a chi è diventato parlamentare dopo il 1 gennaio 2012 e lo stesso Collegio di Appello della Camera dei deputati con sentenza n. 2 del 24 febbraio 2014 ha stabilito che proprio per rispetto di detto principio la misura del sistema contributivo introdotto dal regolamento del 2012 è 'adottata esclusivamente de futuro". Ne consegue che "pretendere di farlo per gli ex-parlamentari avrebbe soltanto un significato punitivo, di delegittimazione e umiliazione della funzione parlamentare che è libera e indipendente".

Per gli ex parlamentari "uscire dai binari della legalità costituzionale significa creare, inoltre, un pericoloso precedente che mette a rischio lo Stato di diritto e apre la strada al taglio delle pensioni in essere degli italiani". E ancora, per l'Associazione "quanto al ricalcolo dei vitalizi in essere con metodo contributivo ipotizzato da alcuni non si può non tener conto dei tanti problemi attuativi seri e complessi: il metodo di calcolo contributivo è stato introdotto in Italia a partire dal 1 gennaio 1996. È del tutto evidente che per i vitalizi erogati prima di quella data non si potrebbe procedere al metodo di ricalcolo contributivo. Nel sistema contributivo oggi in vigore non è prevista, come è noto, alcuna forma di tassazione dei contributi previdenziali nè è previsto alcun contributo aggiuntivo per avere titolo alla reversibilità. L'applicazione retroattiva del metodo contributivo ai vitalizi degli ex parlamentari obbligherebbe alla restituzione delle tasse, da loro pagate, sui contributi previdenziali (valutate, per il periodo 2001-2011, in oltre 154 milioni di euro tra Senato e Camera) e del contributo del 2,5% per la reversibilità".




Dopo altre perplessità ed eccezioni riguardanti il ricalcolo dei vitalizi con metodo contributivo, gli ex parlamentari osservano che "i problemi attuativi sopra indicati genererebbero, a nostro parere, oneri finanziari consistenti a carico delle Camere che vanno attentamente quantificati al fine di verificare l'esistenza di problemi di copertura". Inoltre, nella lettera si mette in guardia dalle "ricadute finanziarie delle inevitabili richieste di danni da parte di quanti, in base alle regole vigenti in passato, hanno rinunciato alla propria carriera professionale per mettersi al servizio del Paese. Per ultimo, non certo per ordine di importanza, si pone il tema della tutela giurisdizionale riconosciuta dalla Costituzione a tutti i cittadini quando ritengano lesi i loro diritti". Infine, gli ex parlamentari chiedono che ogni decisione in materia non sia adotatta "prima che siano costituiti gli organi di giurisdizione interna". e che sia garantita la "terzietà di questi organi. Riteniamo necessario garantire, come avviene per il personale dipendente delle Camere, la presenza negli organi di giurisdizione interna di rappresentanti dell'Associazione degli ex parlamentari della Repubblica", conclude la lettera, firmata dal presidente dell'Associazione, Antonello Falomi. 
Fonte: https://www.agi.it/politica/vitalizi_ex_parlamentari-3735777/news/2018-04-05/

IL SINDACO DI SINISTRA CHE UMILIA RENZI COMPAGNIA: su Salvini li accusa di essere dei veri folli, quanto al Procuratore di Agrigento è ancora più duro

Meglio Matteo Salvini di Matteo Renzi: firmato, il sindaco di Castenaso Stefano Sermenghi, esponente del Pd emiliano e soprattutto ex renziano. Un esempio? Ha organizzato le ronde, “che non hanno colore politico se difendono i più deboli, cioè i cittadini. Io comunque preferisco chiamarlo autocontrollo dei cittadini”. L’eretico Sermenghi, eletto con il 76,% dei voti e facendo confermare il Pd primo partito con il 36% nella disastrosa tornata delle elezioni politiche del 4 marzo, come ricorda Italia Oggi aveva anche chiamato in Giunta la sorella dell’ex premier e segretario, Benedetta Renzi, che si è dimessa però lo scorso anno ufficialmente per dedicarsi alla famiglia. Ora, in aperto contrasto con il Pd locale e nazionale, apprezza l’operato del ministro degli Interni sull’immigrazione e critica l’inchiesta della magistratura sul titolare del Viminale, condividendo pubblicamente su Facebook le dichiarazioni di Salvini: “Trovo inopportuno indagare un ministro nell’esercizio delle sue funzioni con accuse vaghe e non circostanziate. Questo mi sembra uno scontro di poteri e la magistratura dovrebbe avere rispetto della politica”. Per ora, Sermenghi nega di volersi iscrivere alla Lega, “però al ministro dell’Interno vorrei lanciare un invito, venga a Castenaso per verificare di persona la nostra politica d’accoglienza, in quanto siamo uno dei pochi comuni che rispetta la quota di 3 profughi ogni mille abitanti“. E Renzi? “In verità sono rimasto l’unico renziano. Il fatto è che oggi nemmeno Renzi è renziano, quindi rimango l’unico. Renzi ha sbagliato quando ha preteso le dimissioni di Enrico Letta: lì è iniziato il tracollo. Diceva che non sarebbe andato al governo senza passare dalle urne ma si è smentito da solo, per un eccesso di carrierismo”.