Si vestirono da poliziotti: accusati di non aver tutelato la dignità del detenuto. Lo sanno ma hanno taciuto
Il 14 gennaio scorso con un volo proveniente da Santa Cruz, in Bolivia, atterrava nello scalo romano di Ciampino, dopo 40 anni di fuga, l’ex terrorista Cesare Battisti.
Ad attenderlo in pista e a mettere il cappello sull’arresto c’erano in coppia il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini vestito – a favore di telecamera – con la divisa della Polizia e il ministro della Giustizia Alfonso Bonfede. Alla passerella-derby dei due ministri era seguita poche ore più tardi la pubblicazione di un video postato dal Guardasigilli su Facebook che mostrava i momenti salienti della presa in consegna di Battisti da parte della Polizia penitenziaria con tanto di musichetta di sottofondo.
Al vespaio di polemiche che ne seguirono oggi si aggiunge una notizia della quale da almeno una settimana sono a conoscenza sia il ministro Salvini che il ministro Bonafede e cioè che per il loro comportamento, a seguito di una denuncia, è stato aperto un fascicolo presso la Procura di Roma, che ha deciso di fare domanda di archiviazione depositandola presso il Tribunale dei ministri, che potrebbe come sappiamo, anche respingerla. Come ben si ricorderà anche il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro aveva formulato sul caso della nave Diciotti «una richiesta motivata di archiviazione» ma il Tribunale dei ministri ha poi seguito un’altra strada.
Secondo la Procura di Roma Bonafede e in concorso con lui Salvini, avrebbe violato la legge per la mancata adozione delle opportune cautele dirette a proteggere le persone in arresto dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità. A mettere nei guai il ministro della Giustizia sarebbe stato proprio questo video – realizzato con toni trionfalistici e propagandistici – in cui Battisti veniva esibito come un trofeo nel passaggio e nella consegna tra le varie forze dell’ordine. Tuttavia per i magistrati romani il fatto non costituisce reato perché mancherebbe il dolo e il vantaggio patrimoniale.
Ora la palla passa al Tribunale dei ministri. Ci si chiede, intanto, come mai né il ministro Bonafede né Salvini abbiano sentito il dovere di rendere nota questa vicenda giudiziaria che li riguarda. E soprattutto il premier Conte ne era a conoscenza? E Di Maio? «La trasparenza è un dovere» diceva Beppe Grillo quando venne sospeso il sindaco ancora pentastellato Federico Pizzarotti per un avviso di garanzia per alcune nomine al teatro Regio di Parma e di cui non diede notizia tempestivamente ai vertici del M5s. Ma era molto tempo fa, c’era il «codice etico», le valutazioni seguivano ben altri costi-benefici da quelli della quadratura del cerchio del governo.
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