venerdì 21 dicembre 2018

MOSCOVICI E’ IL CAGNOLINO DA RIPORTO DI MACRON! PRONTO UN PREMIO DA SULTANO: LA POLTRONA D’ORO CHE LO ASPETTA DOPO AVERE DISTRUTTO LA NOSTRA MANOVRA

Matteo Ghisalberti per “la Verità”
Il suo mandato da commissario europeo non è ancora finito, ma Pierre Moscovici già pensa al futuro. Il suo. Al rientro in patria dovrebbe attenderlo – secondo quanto scrive il settimanale Le Canard Enchainé – una bella poltrona ben pagata. Quella di primo presidente della Corte dei conti. Sì, proprio la magistratura che spulcia i bilanci di Stato ed enti locali francesi, con l’ obiettivo di spendere meno e meglio i soldi pubblici. A Emmanuel Macron spetterà l’ onore – o piuttosto l’ onere – di nominarlo al vertice di questa istituzione.
In Francia va cosi. Sei stato un pessimo amministratore pubblico o privato? Sei un trombato della politica?
Che importa. Se hai frequentato una Grande école che da cinquant’ anni sforna élite disconnesse dalla realtà di tutti gli altri francesi, sei il candidato giusto per un posto di responsabilità. Pierre Moscovici può «vantarsi» di avere tutti i requisiti necessari. Dopo essersi diplomato all’ Ena, la scuola dell’ élite amministrativa francese, è stato europarlamentare dal 1994 al 1997. Poi è diventato deputato francese per 10 anni e ministro degli Affari europei durante i negoziati per l’ allargamento dell’ Ue.
Con l’ elezione di François Hollande è ritornato al governo come ministro delle Finanze. Nel periodo in cui ha ricoperto questo incarico – tra il 2012 e il 2014 – Parigi ha sforato più volte i limiti previsti dai trattati europei.
Persino il «suo» presidente se n’ è voluto liberare, mandandolo a Bruxelles. Il resto è storia recente.
Il paracadute dorato per il futuro ex commissario Ue è pronto per essere aperto.
Stando ai compensi previsti per i magistrati della Corte dei conti (secondo la finanziaria francese del 2018), si può tranquillamente dire che Moscò – come lo chiamano scherzosamente alcuni – se la passerà benino. In effetti, sul sito della Corte dei conti c’ è scritto che «la remunerazione mensile netta del primo presidente e del procuratore generale è dell’ ordine di 14.500 euro» mentre «quella dei presidenti delle camere della Corte è di 12.500 euro».
Dati citati anche dal sito di Libération qualche mese fa. Facendo due conti, se monsieur Moscovici fosse effettivamente nominato primo presidente, in un anno guadagnerebbe non meno 174.000 euro netti. Se invece andasse a finire in una seconda linea – come spesso gli è capitato lungo tutta la sua carriera – dovrebbe «accontentarsi» di almeno 150.000 euro di stipendio, su dodici mesi. E così mentre il primo ministro Edouard Philippe, colleziona figuracce, non sapendo più dove trovare i soldi per finanziare l’ aumento di 100 miseri euro annunciato da Macron per i salari minimi, il presidente francese non bada a spese per mettere al sicuro i suoi alleati.
Già, perché se Emmanuel Macron e Pierre Moscovici, non possono dirsi amici, il loro comportamento lascia supporre almeno una certa intimità o una propensione all’ alleanza. L’ ultimo esempio di queste affinità elettive lo si è avuto alla vigilia dell’ annuncio di una possibile procedura d’ infrazione contro l’ Italia. Come già scritto dalla Verità, il signor Moscovici è andato a cena al palazzo dell’ Eliseo proprio alla vigilia dell’ultimo attacco della Commissione europea contro il nostro Paese, nel novembre scorso.
Sebbene nessuno abbia dovuto sborsare un centesimo per pagare il pasto sopraffino chez le président, chissà che al momento del caffè qualcuno non abbia messo sul tavolo anche la storia della presidenza della Corte dei conti. Magari come «indennizzo» nel caso in cui nessun partito di Francia voglia sentir parlare di Moscovici come candidato alle europee 2019. Già, perché nemmeno i suoi vecchi amici del Partito socialista – ormai ridotti ad essere quattro gatti, con un 4-5% di intenzioni di voto nei sondaggi – pare vogliano il Commissario Ue sulle loro liste.
Non va meglio tra gli eletti de La République En Marche, che continuano a prendere sberle dai gilet gialli nelle loro circoscrizioni. Luoghi dove l’ Europa è vista come uno dei principali responsabili delle politiche di Macron e dello svuotamento delle casse delle famiglie e dei carrelli della spesa. Se il futuro ex commissario europeo dovesse proprio tornare in Francia con tutti gli onori, sarebbe una conferma di una delle accuse dei gilet jaunes. Quella della sconnessione dell’ élite, con Macron in testa, dalla realtà dei cittadini comuni.
D’ altra parte anche la maggioranza francese attuale, sembra voglia fare la gara della peggiore strategia politica di tutti i tempi. Questa settimana, ad esempio, Edouard Philippe ha prima annunciato di dover rinunciare alle prime misure adottate a novembre scorso per calmare la collera della piazza.
Poi, solo due ore dopo, è tornato sui suoi passi. Il 17 dicembre, invece, Gilles Le Gendre, il capogruppo dei deputati de La République En Marche, ha dichiarato sulla tv del Senato francese che il governo e la maggioranza erano stati «troppo intelligenti» e «troppo sottili» nello spiegare le misure sul potere d’ acquisto. Come dire: non è colpa nostra se il popolo non ci capisce. Siamo su un altro livello.

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