Il tempo non cura solo le ferite, annebbia pure la memoria. Lo sanno, o dovrebbero saperlo, dalle parti della sinistra italiana (sia essa politica o dei media). Oggi Veltroni, Pd, Repubblica e compagnia bella criticano aspramente la chiusura dei porti italiani attuata da Salvini (e Toninelli).
Eppure ieri, quando l’Ulivo governava con Romano Prodi, mettevano in campo le stesse politiche (se non peggiori) e le lodavano apertamente sulle pagine dei giornali.
Era il marzo del 1997. Prodi aveva vinto le elezioni solo da un anno e non aveva ancora fatto in tempo ad abituarsi alla comoda poltrona di Palazzo Chigi che l’Albania si trasformò nell’Africa che conosciamo oggi. Una polveriera in preda ad una crisi politica impressionante (chiamata anche “anarchia albanese”), col Paese spezzato in due, vittima della crisi economica e con bande armate a gestire ampie zone di territorio in barba al governo ufficiale.
In quell’anno di crisi degli anni Novanta, la squadra di governo poteva schierare ministri di prim’ordine. Agli Esteri comandava Lamberto Dini, alla Difesa Beniamino Andreatta e all’Interno Giorgio Napolitano. Con loro pure il ministro dei Trasporti e della Navigazione (responsabile sui porti), Claudio Burlando. Ebbene. Cosa fece il governo della sinistra quando migliaia di immigrati albanesi tentarono di lasciare i Balcani via mare e approdare sulle coste della Puglia? Aprirono i porti? Misero in mare imbarcazioni umanitarie? Macché. Se da una parte offrirono “protezione temporanea” (temporanea!) ai profughi e sostennero economicamente l’Albania, dall’altra attuarono un vero e proprio blocco navale (ben più duro di quanto non abbia fatto oggi Salvini).
Non solo. Perché chi non aveva diritto d’accoglienza, veniva immediatamente ri-accompagnato da Re Giorgio a casa. “Il ministro Napolitano – spiegava Prodi alla Camera – si è adoperato senza risparmio per impartire direttive e formulare proposte legislative che (…) hanno consentito un’attenta vigilanza intesa a garantire che chi ha bisogno di aiuti e di accoglienza dal nostro paese la abbia, come è giusto che sia, ma chi invece appartiene alla delinquenza organizzata sia tempestivamente e doverosamente espulso o respinto“. E tanti saluti (buonisti).
Certo, Prodi di fronte ai deputati (era il 2 aprile 1997) provò a spiegare che “blocco navale” non era proprio il nome esatto con cui avrebbe chiamato l’operazione, da lui invece definita “attività volta soprattutto a stroncare la malavita organizzata che gestisce gli espatri“. Ma si trattava di masturbazione semantica.
Già, perché per capire quanto la sinistra appoggiasse lo stop all’arrivo dei migranti albanesi basta andare a rileggere un vecchio pezzo di cronaca pubblicato da Repubblica. Titolo: “Blocco navale per fermare gli albanesi“. Incipit: “Da ieri è scattata la linea dura. Non sono più profughi, ma immigrati non in regola. E quindi vanno respinti“. Si faccia attenzione alle parole, che pesano come un macigno. “Immigrati non in regola” sta per “clandestini”. E allora ci si chiede: perché se a fermare gli stranieri era il Professore, tutto bene (anzi: da lodare) e se invece il blocco navale porta la firma della Lega, allora gli africani diventano “ostaggi” del ministro? Come mai venti anni fa era possibile che sullo stesso barcone convivessero profughi e migranti economici (o criminali), mentre oggi tutti sono definiti (per principio) “rifugiati in fuga dalla guerra”? Il sottosegretario agli Interni, Giannicola Sinisi, nel ’97 spiegava: “Sulle nostre coste non stanno arrivando più profughi, gente spaventata, ma uomini e donne che vengono da zone dove la rivolta non è neppure arrivata. Cercano una vita migliore, un lavoro più redditizio, sono, insomma, immigrati”. Sarà stato leghista pure lui?
No, ovviamente. Era buonsenso. Buonsenso che allora la sinistra riconosceva ai suoi governanti e che oggi nega a Salvini&Co. Veltroni, per citarne uno, adesso critica il governo perché i 626 migranti della Aquarius “sono esseri umani, non oggetti, e scappano dalla guerra e dalla fame”, ma in quel lontano 1997 era vicepremier. Non proprio l’ultimo degli arrivati. Perché non si oppose anche allora?
E pensare che le politiche dell’odierno ministro dell’Interno sono molto meno dure di quelle messe in campo da Prodi e Napolitano. Salvini si è infatti limitato a tenere in stallo la Aquarius, garantendo medici, soccorsi e viveri. Con l’accordo firmato allora col premier albanese, invece, l’Italia si impegnò a bloccare con mezzi navali l’emigrazione in massa dell’Albania. Le fregate italiane dovevano realizzare “manovre di allontanamento” in mare per intimidire i barconi carichi di immigrati e costringerli a fare marcia indietro. Solo due giorni dopo la firma, la motovedetta albanese Katër i Radës venne speronata da una nave della Marina italiana Sibilla. Fu una strage: 81 morti e 27 dispersi.
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