Davide Di Stefano per Primato nazionale
Di solito pubblica almeno uno o due post al giorno dalla sua pagina Facebook. Ieri invece abbiamo assistito al silenzio imbarazzante di Roberto Saviano, non una parola sulla cattura di Cesare Battisti. Il perché lo scrittore abbia deciso di non commentare una notizia di tale portata è semplice: nel 2004 firmò un appello di “intellettuali” che chiedevano la scarcerazione del terrorista rosso, all’epoca detenuto in Francia. A dire la verità il “bardo cosmopolita” era in buona compagnia, insieme a lui firmarono tra gli altri l’allora deputato dei Verdi Paolo Cento, Christian Raimo e Vauro.
Tra i firmatari dell’appello del 2004 regna l’imbarazzo, ma almeno a differenza di Saviano gli altri non si sono trincerati dietro un assordante silenzio. Raimo ha provato a buttarla in caciara: “Ho firmato quattordici anni fa un appello per la liberazione di Cesare Battisti.
Ho conosciuto a parenti di quelle che sarebbero le vittime di Cesare Battisti, ascoltato il loro dolore”, ha scritto su Facebook l’assessore alla Cultura del III Municipio di Roma. Ma il post dove tra le altre cose spiegava che “non festeggia la galera di qualcuno” e per lui le carceri “andrebbero abolite”, è stato cancellato. Successivamente alla stampa si è limitato a definire l’appello del 2004 “sbagliato”.
Ho conosciuto a parenti di quelle che sarebbero le vittime di Cesare Battisti, ascoltato il loro dolore”, ha scritto su Facebook l’assessore alla Cultura del III Municipio di Roma. Ma il post dove tra le altre cose spiegava che “non festeggia la galera di qualcuno” e per lui le carceri “andrebbero abolite”, è stato cancellato. Successivamente alla stampa si è limitato a definire l’appello del 2004 “sbagliato”.
Per Paolo Cento invece “si fa molta propaganda su una vicenda che dovrebbe essere ricondotta al suo alveo naturale. Battisti ha avuto una condanna, è giusto che la sconti, ma senza spirito di vendetta. La giustizia non è vendetta”. Anche Vauro in qualche modo è tornato indietro sui suoi passi, spiegando come la firma all’appello avrebbe dovuto “ritirarla al tempo” e che non lo fece “per colpevole superficialità e malinteso senso di amicizia”. Restiamo ora in attesa per la supercazzola di Saviano. Il bardo cosmopolita dal suo attico di Nuova York resta ancora in religioso silenzio.
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