“In Brasile non c’è l’ergastolo, è vietato dalla Costituzione: per questo l’Italia si è impegnata per garantire che non sarà applicato a Battisti. Questo è frutto dell’accordo, della cosiddetta ‘condizione accettata‘, concluso il 5 e 6 ottobre del 2017. Per cui a Battisti, una volta estradato, sarà applicata la pena massima di 30 anni“, ha spiegato Piccirillo. Battisti, insomma, potrebbe evitare l’ergastolo. “L’autorità che doveva concedere l’estradizione, ossia il Brasile, ha apposto la condizione legata all’ergastolo e il ministro della Giustizia l’ha accettata”, ha aggiunto Piccirillo all’Huffington Post, sottolineando come tutto ciò è legato all’asimmetria tra il sistema giudiziario brasiliano, che “non prevede l’ergastolo e anzi lo considera incostituzionale e quello italiano, dove invece l’ergastolo è formalmente ancora previsto”, anche se di fatto non trova più concreta applicazione. Senza questa intesa, l’estradizione sarebbe stata impossibile: “Trent’anni sono il tetto sanzionatorio accettato dal Brasile e su cui c’è l’impegno”.
Ma questo tetto potrebbe essere ulteriormente rivisto al ribasso? “Sul piano tecnico – continua il magistrato Piccirillo – si potrà valutare se Battisti può usufruire dei benefici penitenziari, come la liberazione anticipata prevista dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario. Quest’articolo, però, è entrato in vigore dopo la condanna di Battisti, che in ogni caso potrà beneficiarne dopo aver scontato metà della pena, quindi ritengo non ci sia nulla di immediato, si parla di almeno 15 anni di tempo”, ha concluso.
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