Caro Dago,
Mi dispiace, ma non sono convinta che dietro le polemiche di stile e il presunto menar di scandalo sulla passerella a Ciampino, non ci sia un gigantesco rodimento, perché e’ questo governo che chiude con successo una caccia all’uomo inutilmente e ambiguamente fallita per 37 anni.
Ed è un rodimento così palese che utilizza tutto e il contrario di tutto, le manette perché non ci sono, pensate se ci fossero state; gli accordi con due capi di Stato, subito frutto di sospetto, uno perché di sinistra, l’altro perché è di destra, (l’ordine si può anche invertire); il ministro con la giacca della polizia e quello col loden, quest’ultimo subito crocifisso al ruolo di comparsa, anche se gli è stato chiesto se voleva parlare per primo, anche se lui comparsa non si è affatto sentito, come ha tentato di ripetere per un’ora intera durante un agguato TV ieri sera, e questa mattina posando con la divisa da polizia penitenziaria, in un colpo da maestro.
Di catturare Cesare Battisti, scandalosamente protetto in giro per il mondo, sento parlare da una vita, uno scandalo accompagnato da dichiarazioni di impotenza del massimi politici italiani, che però poi incredibilmente, al cospetto di coloro che avevano consentito tale impunità, come l’ex presidente brasiliano, Lula, tacevano e sorridevano a favore di telecamere.
Ora che ci sono riusciti, rendendo un minimo di giustizia e onore alle vittime e ai sopravvissuti, l’esercizio di stile, il sopracciò, il Signora mia, che cattivo gusto, mi è veramente insopportabile.
Quando siamo diventati un popolo raffinato e moderato, che non agita le mani e non dimostra entusiasmo perché non sta bene e non è chic?
Quando noi italiani ci siamo trasformati in londinesi stiffy, a parte il fatto che le scene nel Parlamento inglese sono da commedia dell’arte, che l’attuale Premier si presenta nella goffa imitazione di una ballerina, e che Londra somiglia a un suq ogni giorno di più?
Non bastano in Italia cinque minuti allo stadio in tribuna Vip o davanti al teleschermo che trasmette il calcio della domenica, per sapere che la passerella è il nostro ambiente perfetto?
La nostra tendenza allo spettacolo si è trasmessa alla classe politica già da tempi non sospetti, e se nella prima Repubblica gli scongiuri di Leone e il tifo di Pertini rappresentavano ancora un’eccezione al doppio petto, con la seconda Repubblica abbiamo decisamente “sbracato”, e dagli con le corna ai convegni europei, le corse in bicicletta, il carretto dei gelati a Palazzo Chigi, le mogli cornificate che scrivono ai giornali.
Si può dire che siamo stati pop, magari a sproposito, prima che fosse prepotentemente di moda, diventasse la cifra per stabilire un legame tra chi governa e chi è governato, per affermare che non sono due pianeti diversi.
Che poi il ripudio di una Élite inetta e’ la questione principale in tutto il mondo di questi anni, fallita una globalizzazione che ha visto una classe politica mediocre e svenduta, che ha messo tutto in mano ai mercati, che a loro volta non sono né buoni né cattivi, non vanno semplicemente lasciati soli a gestire quel che si produce e quel che si vende, chi lo fa e chi viene escluso, quanto e dove viene retribuito, alla fine chi si arricchisce, legittimo, chi forse non sopravvive, criminale.
Il leader popolare oggi mostra la sua giornata, si denuda, non è più lontano, sbaglia nelle piccole cose come tutti, mangia troppo e male, lascia intuire a volte una sofferenza personale. Indossa la divisa di quelli che incontra e rappresenta, da noi e’ cosa relativamente recente e nuova, in quasi tutte le altre nazioni si è’ sempre fatto, i destinatari ne sono quasi sempre felici e orgogliosi, si sentono rappresentati. Lo strumento dei social dilata e amplifica. Che male c’è?
La confusione tra il pop e l’autocrate invece non c’è, e chiunque suggerisca come prodromi autoritari certi modi popolari di far politica, dimentica che contestazioni continue, anche violente e ai limiti del consentito in democrazia, sono di casa dalle nostre parti in questo periodo; che stampa e TV particolarmente accanite esercitano una critica costante e continua, a colpi di nomignoli insultanti; che, insomma, per chiamarlo per nome, Matteo Salvini molto si espone, ma accetta dell’esposizione i pro e i continui contro.
Soprattutto, chi si butta in queste ore sulla critica formale e stilistica, sulla eccezione estetica, ancora una volta perde di vista il dovere di tirar fuori argomenti di opposizione, polemica, controproposta. Infine, tra i difensori della democrazia che il Pop calpesterebbe, ci sono molti che senza tanti infingimenti hanno in sommo dispetto il suffragio universale. E allora?
Io un arrivo scandaloso a Roma me lo ricordo, e quella sì che fu un’accoglienza da divo, anzi da diva. Tornava in Italia a prezzo altissimo, penso alle vittime del Cermis, Silvia Baraldini, terrorista conclamata. All’ultimo momento il ministro della Giustizia, Diliberto, rinuncio’ ad accoglierla alla scaletta dell’aereo, si limitò ad accompagnare la mamma della Baraldini fino all’aeroporto, e torno’ indietro. Sull’aereo però viaggiava il suo consigliere politico. L’accordo con gli americani fu subito violato, doveva andare in carcere e andò a casa sua.
Ecco, allora mi sono sentita offesa, nella forma e nella sostanza, ieri no, e guardando nelle varie interviste TV il volto tanto segnato di Alberto Torregiani, ho letto sollievo, e una qualche forma di pacificazione.
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