venerdì 2 novembre 2018

“E’ VERO, VI ABBIAMO AMMAZZATO CON LA CRISI” COSI’ DOPO 10 ANNI LA GERMANIA CI PRENDE PER I FONDELLI DOPO AVERCI RASO AL SUOLO CON LA COMPLICITA’ DEI NOSTRI POLITICANTI DA 4 SOLDI

di Nino Sunseri per Libero
Chissà: forse sarà perché ormai la presidenza della Bce è sfumata visto la preferenza di Angela Merkel per il comando della commissione Ue. O forse perché deve fronteggiare le crisi gemelle di Deutsche Bank e di Commerzbank. Resta il fatto che, per la prima volta il capo della BundesbankJens Weidmann ammette che i colossi tedeschi del credito non sono stati vittime della crisi del 2008. Casomai protagonisti. «Molte banche hanno assunto rischi che non potevano sostenere» dice in un’ intervista pubblicata da Bild, il più diffuso quotidiano tedesco.
«La crisi finanziaria è stata anche una crisi tedesca», afferma Weidmann ammettendo le responsabilità del sistema bancario del suo Paese nella diffusione dell’ epidemia. Da quando la Grecia fu messa in ginocchio per non far fallire le banche tedesche e francesi che avevano finanziato a piene mani il governo di Atene che si indebitava per alimentare l’ industria delle armi di Parigi e Berlino. Oppure la Deutsche Bank che, nella primavera del 2011 aprì la crisi dell’ Italia liquidando il suo portafoglio di Btp. Probabilmente agì per ragioni politiche (accelerare la caduta del governo Berlusconi). Sicuramente per motivi finanziari dovendo coprire i derivati.
Troppi rischi – «Molte banche si sono assunte rischi che alla fine non potevano sostenere – spiega Weidmann – In molti casi hanno investito in prodotti molto complessi, i cui rischi non erano trasparenti». I fatti di allora «hanno scosso la fiducia» dei cittadini e per questo «è stato importante e giusto che lo Stato abbia deciso di intervenire», ha continuato Weidmann. Una possibilità che è stata negata all’ Italia aprendo le porte per la caduta di Mps, Etruria, Vicenza e Veneto Banca. Contemporaneamente, però Roma fu chiamata a chiudere i buchi del credito in Spagna, Portogallo e Irlanda. La Germania ha fatto tutto da sola. «La cancelliera e il ministro delle finanze si sono rivolti direttamente ai cittadini per fermare la perdita di fiducia – conclude Weidmann – La regolamentazione è stata più rigorosa».
Fusione in vista – Resta il fatto che gli occhi da super-falco del presidente della Bundesbank non hanno visto le condizioni penose in cui è ridotto il sistema creditizio tedesco. Strana distrazione. Deutsche Bank non riesce a smaltire il portafoglio avvelenato: 42 miliardi di derivati, pari a sedici volte il Pil tedesco. Non a caso è arrivato il terzo amministratore delegato in cinque anni. Non sta meglio Commerzbank che non riesce a uscire dai guai. L’ acquisto di Dresdner nel 2009 non è stato digerito nonostante lo Stato sia diventato il principale azionista con il 15,6%.
Nel frattempo il valore di Borsa dei due gruppi è evaporato. In dieci anni Deutsche Bank ha perso l’ 83% (39% da inizio 2018), Commerzbank il 95% (34% da gennaio). Ai prezzi attuali la somma di Deutsche Bank (valore di Borsa 20,4 miliardi di euro) e di Commerzbank (10,6 miliardi) è inferiore alla sola Unicredit (29,5 miliardi). Per questa ragione la cancelleria di Berlino ha deciso di promuovere la fusione fra le due banche. Spera che l’ unione di due corpi malati dia origine a Usain Bolt.
Un sogno, in genere, deluso.

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