La trattativa del governo Lega-M5s con la Commissione europea per evitare le sanzioni sulla manovra parte già sotto la stella dell’ipocrisia del commissario agli Affari economici, il francese Pierre Moscovici. All’ex ministro di Parigi non è bastato il passo indietro fatto dall’esecutivo italiano almeno sul deficit, punto dolente che sta per costare all’Italia la procedura di infrazione. Da Roma la proposta è di ridurre ulteriormente la soglia, portandosi al massimo al 2,2%, di certo, ha aggiunto poi Matteo Salvini, il governo non farà battaglie campali per resistere su qualche decimale.
Il limite tra richiesta e pretesa però è sempre più sottile, soprattutto quando si tratta dei burocrati di Bruxelles. Dalla cena dello scorso sabato tra Jean-Claude Juncker, Moscovici, Valdis Dombrovskis, Giovanni Tria e il premier Conte è emerso chiaro quanto la Commissione europea non abbia alcuna intenzione di allentare la morsa sull’Italia, per quanto le parole dei vertici europei appaiano accomodanti: “Una procedura si può ancora evitare – si è detto a tavola da parte Ue – ma si può anche sopravvivere sotto procedura”.
Il ricatto è presto fatto. Fino a questa mattina Moscovici si è detto disponibile al dialogo e fermamente intenzionato a evitare la procedura di infrazione, a costo però che il governo italiano accetti di ridurre il deficit al di sotto del 2%. Il che vorrebbe dire rinunciare, come minimo, ad alcune delle iniziative fondamentali del governo Lega-M5s, vedi reddito di cittadinanza e pensioni con quota 100. Il mantra è sempre lo stesso: se l’Italia accetterà le condizioni imposte da Bruxelles, gli altri Stati membri non avranno nulla da obiettare. In caso contrario, la procedura di infrazione sarebbe inevitabile: di sicuro si sopravvive, malissimo.
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