Gli occhi del governo sono puntati sul 21 novembre. Fra meno di una settimana si saprà fino a che punto si spingerà lo scontro con l’Unione europea.
I gialloverdi hanno già dimostrato di voler andare fino in fondo pur di portare a casa la manovra economica. Ora tocca a Bruxelles fare la propria mossa. Il primo step dovrebbe essere l’apertura della procedura di infrazione per poi arrivare lentamente alle sanzioni. “Sono dei pazzi se davvero aprono contro il nostro Paese la procedura d’infrazione – sbotta il vice premier leghista Matteo Salvini in un colloquio con il Messaggero – insorgerebbero 60 milioni di italiani”. Tra le file del governo, poi, si sta facendo strada il sospetto che dietro alle pressioni dell’Unione europea ci sia un grande nemico dell’Italia: Emmanuel Macron.
“Macron è determinato a punire l’Italia”. A svelarlo, in un retroscena pubblicato oggi dal Mesaggero, è un ministro del governo italiano secondo cui la strategia dell’Eliseo è di mettere l’Italia in ginocchio per “fare shopping nel nostro Paese”. “Se dovessimo essere costretti a ripianare il debito – viene spiegato – potremmo infatti essere obbligati a vendere i nostri gioielli di famiglia, come Eni, Enel, Fincantieri, etc. E gli appetiti francesi sono noti e antichi…”. Che Macron abbia mire sul Belpaese non è una novità. Basta vedere la campagna spregiudicata fatta nell’ultimo anno sul terreno libico per capire che ha troppi interessi per scatenare una guerra contro di noi. E la procedura di infrazione diventerebbe l’occasione per dare la spallata. La Commissione europea potrebbe aprirla per deficit o per debito. Nel primo caso ci costerebbe interventi correttivi da 9-12 miliardi di euro, la seconda obbligherebbe l’esecutivo gialloverde ad approvare misure da 40-60 miliardi di euro.
“Mi siederò (al tavolo con Juncker, ndr) non per chiedere come modulare una procedura di infrazione ma per invitarlo a considerare di non avviarla”. Il premier Giuseppe Conte sta lavorando di diplomazia per far sì che non scatti la procedura di infrazione. Il terreno, però, è altamente scivoloso. In una intervista al Sole 24Ore, il vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ha già emesso la sentenza contro l’Italia. “Roma sfida le regole dell’Europa – ha detto – la manovra rallenta la crescita”. A Bruxelles stanno già preparando un rapporto sul debito italiano ai sensi dei Trattati. “In questi anni abbiamo evitato di aprire una procedura contro l’Italia perché abbiamo considerato tra i fattori rilevanti la presentazione di bilanci in linea con il Patto di Stabilità – ha continuato Dombrovskis – se questa condizione non fosse più presente, aprire la procedura potrebbe quindi essere giustificato”. Secondo il Messaggero, dal momento che sta per lasciare la presidenza della Commissione europea, Juncker non avrebbe alcun interesse ad essere morbido con Conte.
Dall’Austria all’Olanda, i sostenitori dell’austerity si sono già espressi contro Roma. Al fianco dei gialloverdi non si è schierato nessuno. Anzi, l’Italia è stata indicata come agnello da sacrificare per far valere le regole imposte agli Stati membri dall’Unione europea. In chiaro il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, si è detto “rammaricato” che il Belpaese “non abbia accolto la mano tesa dalla Commissione europea” e ha chiesto di “dare prova di responsabilità” e “lucidità”. Sottobanco il presidente Macron, che “ha antichi appetiti sui nostri gioielli di famiglia, come Eni, Enel, Fincantieri”, starebbe operando ai fianchi della Commissione Ue per far passare la linea dura contro Roma. “Se scattasse la procedura per debito, potremmo essere costretti a vendere i nostri gioielli – spiegano fonti governative – e i francesi sono lì, pronti, a fare shopping”. Proprio come hanno fatto i tedeschi con la Grecia.
“Francesi, lussemburghesi e austriaci guardassero a casa propria”, ha commentato Salvini. Che non ha alcuna intenzione di farsi venire a dettare la manovra dai partner europei. “L’Italia ha un governo che si occupa degli italiani, lo dico col massimo affetto – ha, poi, scandito – fatevi gli affari vostri e lasciateci lavorare”. Luigi Di Maio, invece, si è dimostrato più diplomatico nell’assicurare che il governo sta lavorando “per non ottenere la procedura ma senza sacrificare gli italiani”. Insomma, nonostante le minacce e le trame, sembrano non aver alcun ripensamento dell’ultimo minuto. Nemmeno dinnanzi alla possibilità che l’Unione europea li sanzionasse.
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