Sia chiaro: non possiamo parlare di fortunati né di privilegiati, dal momento che sempre di gravi disabili si tratta. Però qualche sospetto viene. E, mentre si discute tanto di pensioni e possibili riforme, forse conviene sollevarlo. I vitalizi d’oro dell’invalidità sono infatti una piccola e piuttosto sconosciuta oasi di ricchezza, in un mondo previdenziale che costringe i più a tirare la cinghia. Si tratta di assegni pagati non dall’Inps ma direttamente dal Tesoro. E i beneficiari sono le vittime di guerra(invalidi, perseguitati, ex deportati) o i loro congiunti e figli. Fra le vittime di guerra sono annoverati pure coloro che, in qualsiasi epoca, anche oggi, rimangono colpiti da un residuato bellico: la nostra signora da 9.203 euro al mese, per esempio, fu ferita da un ordigno dimenticato in un campo quando aveva 11 anni. Era il 1953. Da allora percepisce la pensione d’oro.
Tutto regolare? Ovviamente sì. Del resto tutte le cose più strane del nostro sistema previdenziale, comprese le pensioni da 90mila euro al mese, sono perfettamente regolari. Ma non per questo sono necessariamente giuste. Il primo dubbio, per esempio, è come mai nel nostro Paese possa esistere questa differenza: perché, cioè, ci sono alcuni invalidi che non riescono ad arrivare a fine mese e altri invalidi che invece possono contare su assegni da Paperone. Questi ultimi, fra l’altro, godono di uno status speciale, perché, ai fini fiscali, le loro pensioni è come se non esistessero. Non determinano il reddito, non fanno cumulo, non entrano nel modulo Isee per la gratuità delle prestazioni sociali. Come mai? Cioè: come mai esiste una “lista magica” di pensioni d’invalidità gestita direttamente dal Tesoro? E come mai queste pensioni sono così elevate e invisibili al resto del mondo?
La spiegazione ufficiale è che le pensioni delle vittime di guerra (affini&congiunti compresi) hanno una «particolarissima natura» che «rende impossibile ogni paragone con trattamenti di diverso tipo». Dal punto di vista formale, infatti, esse non hanno natura assistenziale né previdenziale, ma risarcitoria: sono cioè una specie di rimborso che lo Stato concede per il danno causato. La nostra signora del Nord Italia, per dire, viene risarcita perché in quel lontano 1953 è incappata in un residuato bellico. Se fosse incappata in qualsiasi altro ordigno e/o marchingegno non avrebbe avuto diritto allo stesso trattamento. Legalmente ineccepibile, si capisce. Ma qualche dubbio resta.
Da qualche tempo, per dire, seguo la storia di Gianmichele Gangale, un giovane di Agliana (Pistoia) rimasto completamente paralizzato dopo un tentativo di rapina in casa da parte di una banda di albanesi. L’hanno massacrato a coltellate e lui ora è costretto su una sedia a rotelle, il corpo interamente bloccato, muove soltanto la testa e ha bisogno di assistenza 24 ore su 24, perché da solo non riesce nemmeno a bere un bicchiere d’acqua. Ebbene: Gianmichele prende 800 euro di pensione. E non sa come tirare avanti. Perché a chi rimane vittima di un reato come questo lo Stato non riconosce un risarcimento, e invece la signora del Nord Italia viene risarcita a suon di 9.203 euro al mese?
Il secondo dubbio è che, quando ci sono occasioni di questo tipo, si rischia sempre l’infiltrazione di furbi. Vale a dire: siamo sicuri che tutte le 600 pensioni d’oro siano pagate a chi ne ha davvero diritto? Come si fanno a escludere truffe? Con tutti quelli che fanno carte false per avere una pensione d’invalidità da poche centinaia di euro, un assegno così ghiotto non attirerà ancor più furbetti? «Ci sono controlli severissimi», garantisce Giuseppe Castronovo, presidente dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, cieco dall’età di 9 anni e perciò percettore di una pensione da 8mila euro al mese. Ma poi aggiunge: «Però che cosa vuole: siamo in Italia…».
Già siamo in Italia. Stando alle carte e a quel che dice l’Associazione Vittime Civili di Guerra (che per altro, come associazione, prende anche una mancetta di 33mila euro dallo Stato), i 600 che incassano pensioni d’oro hanno tutti disabilità gravissime, che li rendono inadeguati a qualsiasi attività. Ci crediamo. Ma la nostra signora da 9.203 euro al mese, nonostante la disabilità gravissima è riuscita a lavorare regolarmente in un’azienda agricola, tanto da maturare con i suoi contributi una mini-pensione che va ad aggiungersi al maxi-vitalizio. Somma algebrica, ovviamente: non scatta nessuna decurtazione perché, come detto, gli invalidi nella gold list pensionistica del Tesoro godono di uno status particolare, e i loro assegni è come se non esistessero. Però, in questo caso, si sfiora la beffa. Siccome la signora, infatti, pur lavorando per anni, non ha versato contributi sufficienti per raggiungere la minima, l’Inps la omaggia di un’integrazione mensile, ovviamente con i quattrini degli italiani, pari a 189 euro al mese. E qui la domanda è inevitabile: con tutti gli invalidi che non sanno come arrivare a fine mese, è proprio necessario regalare altri soldi a chi dal 1953 prende una pensione da 9.203 euro al mese?
Speriamo che M5S vada al governo xche solo cosi può cambiare in toto la situazione !!!!
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