domenica 13 agosto 2017
Sapete perché hanno chiuso La Gabbia di Paragone? Uno dei motivi principali è in questo video clamoroso!
A confermare la notizia al fattoquotidiano.it è lo stesso conduttore. Una vera doccia fredda per i giornalisti, gli autori e gli operatori che hanno appreso la notizia della cancellazione del programma solo nel pomeriggio durante una riunione
La7 chiude la Gabbia. Quella del 28 giugno sarà l’ultima puntata della trasmissione condotta da Gianluigi Paragone, che quindi non andrà in onda la prossima stagione. A confermare la notizia al fattoquotidiano.it è lo stesso giornalista. “Sì, è vero: stasera andrà in onda l’ultima puntata de La Gabbia“, si è limitato a dire il conduttore, che si trovava già in studio alle prese con gli ospiti e i preparativi dell’ultima messa in onda.
Una vera doccia fredda per i giornalisti, gli autori e gli operatori che lavorano a La Gabbia: hanno appreso la notizia della cancellazione del programma solo nel pomeriggio durante una riunione con lo stesso Paragone. Nato nel 2013, il programma andava originariamente in onda ogni domenica per poi essere spostato nella prima serata di mercoledì. In quattro anni Paragone ha condotto più di 160 puntate con uno share medio tra il 3,10 e il 3,80%.
La notizia della chiusura della trasmissione arriva a poche settimane dalla nomina di Andrea Salerno , ex autore di Gazebo, a direttore della televisione di Urbano Cairo. Già nel maggio scorso, quando era stato annunciato l’arrivo dell’ex autore di Rai 3 al vertice de La7, Il Foglio aveva raccontato di come tra le mura televisive si parlasse di un Salerno lontanissimo dallo “stile La Gabbia“. Un retroscena giornalistico che viene confermato ora dalla chiusura del programma di Paragone.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/28/la7-chiude-la-gabbia-ultima-puntata-della-trasmissione-di-paragone/3694391/
SE TUTTI CONDIVIDESSERO ALL'ISTANTE, SAREBBE SPUTTANATO IN TUTTO IL WEB.
Rondolino: ‘M5S punta allo scontro fisico, alla violenza e all’eversione’. E denigra gli attivisti
Ci sono scene a cui non vorremmo mai assistere.
Una di queste è l’intervista rilasciata da Fabrizio Rondolino a Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, riassunta da Dagospia in 5 parole: “TOGLIETE IL FIASCO A RONDOLINO”.
Sì, perché ogni volta che parla dei 5 Stelle l’editorialista dell’Unità esagera. Ecco cosa ha detto nell’intervista:
“Penso da tempo che una parte del Movimento Cinque Stelle punti esplicitamente allo scontro fisico, nelle piazze. Il Movimento Cinque Stelle aizza, provoca, stimola, la sua presenza sulla scena politica è un invito costante al menare le mani, perché l’unico principio del movimento è il vaffanculo. E’ un movimento che oggettivamente incita alla violenza e all’eversione. Poi fortunatamente la gente se ne sta a casa, perché i loro attivisti sono i famosi leoni da tastiera”.
Rondolino si riferiva a quanto dichiarato da Luigi Di Maio in merito alla “assoluzione” di Minzolini da parte del Senato: “Poi non lamentatevi se i cittadini vengono a manifestare in maniera violenta”, ha detto il deputato pentastellato.
Ma attenzione, ora arriva il peggio. Rondolino ha avuto anche due parole per gli attivisti del Movimento 5 Stelle:
“I loro attivisti sono disoccupati, fancazzisti, impiegati pubblici che non lavorano e stanno lì al computer. Perchè, secondo voi ci sono attivisti del Movimento Cinque Stelle che lavorano secondo voi?”.
Poi, conclude Dagospia nel suo commento, non poteva mancare la “leccatina al cazzaro”: “La leadership di Renzi non è mai stata messa in discussione dentro il Pd, il problema di Renzi è costruire un’alleanza o meglio ancora muoversi in un sistema politico e istituzionale che non è più quello suo, perché lui è un uomo del fare, il sindaco d’Italia, l’uomo del fare”, ha detto Rondolino.
Ci sono scene a cui non vorremmo mai assistere.
Una di queste è l’intervista rilasciata da Fabrizio Rondolino a Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, riassunta da Dagospia in 5 parole: “TOGLIETE IL FIASCO A RONDOLINO”.
Sì, perché ogni volta che parla dei 5 Stelle l’editorialista dell’Unità esagera. Ecco cosa ha detto nell’intervista:
“Penso da tempo che una parte del Movimento Cinque Stelle punti esplicitamente allo scontro fisico, nelle piazze. Il Movimento Cinque Stelle aizza, provoca, stimola, la sua presenza sulla scena politica è un invito costante al menare le mani, perché l’unico principio del movimento è il vaffanculo. E’ un movimento che oggettivamente incita alla violenza e all’eversione. Poi fortunatamente la gente se ne sta a casa, perché i loro attivisti sono i famosi leoni da tastiera”.
Rondolino si riferiva a quanto dichiarato da Luigi Di Maio in merito alla “assoluzione” di Minzolini da parte del Senato: “Poi non lamentatevi se i cittadini vengono a manifestare in maniera violenta”, ha detto il deputato pentastellato.
Ma attenzione, ora arriva il peggio. Rondolino ha avuto anche due parole per gli attivisti del Movimento 5 Stelle:
“I loro attivisti sono disoccupati, fancazzisti, impiegati pubblici che non lavorano e stanno lì al computer. Perchè, secondo voi ci sono attivisti del Movimento Cinque Stelle che lavorano secondo voi?”.
Poi, conclude Dagospia nel suo commento, non poteva mancare la “leccatina al cazzaro”: “La leadership di Renzi non è mai stata messa in discussione dentro il Pd, il problema di Renzi è costruire un’alleanza o meglio ancora muoversi in un sistema politico e istituzionale che non è più quello suo, perché lui è un uomo del fare, il sindaco d’Italia, l’uomo del fare”, ha detto Rondolino.
++ TERREMOTO ++ Decine di arresti. E arriva anche la conferma: coinvolti anche parlamentari..
E' di 40 arresti e numerose perquisizioni il bilancio dell'operazione anti 'ndrangheta della Polizia e della Dia che si è svolta in Liguria, Calabria, Lazio, Piemonte e in altre Regioni del nord Italia. Le misure, fa sapere in una nota la procura del Tribunale di Reggio Calabria-Direzione Distrettuale Antimafia, colpiscono "appartenenti ed affiliati alla 'ndrangheta delle cosche reggineRaso - Gullace - Albanese e Parrello - Gagliostro, a vario titolo indagati per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società".
E' stato eseguito il sequestro preventivo di beni mobili, immobili, depositi bancari di numerose società riconducibili alle consorterie mafiose per un valore complessivo stimabile in circa 40 milioni di euro.
Tra gli indagati il deputato Giuseppe Galati, oggi esponente di Ala. Al parlamentare Galati "viene contestata una vicenda relativa a un terreno per agevolare la composizione di alcune tematiche che riguardavano la sospensione dei lavori in un’area vincolata di Roma", fa sapere la procura di Reggio Calabria. La stessa procura aveva avanzato una richiesta di misura cautelare ma il gip ha ritenuto che il quadro indiziario rappresentato non fosse grave, in particolare non era univoco il comportamento posto in essere né l’effettiva accettazione della promessa.
La Dda ha inoltre avanzato una richiesta di arresto per il senatore Antonio Caridi già indagato nell'inchiesta Mamma Santissima, eseguita dai carabinieri del Ros venerdì scorso. Il gip di Reggio Calabria ha tuttavia rigettato la richiesta perché ha sostenuto che l’accusa, sebbene riferibile a una cosca di ‘ndrangheta diversa, riguardasse la stessa contestazione per la quale è già stata ammessa nell’operazione Mamma Santissima. Sulla questione pende ancora la decisione della giunta per le autorizzazioni del Senato.
Nel corso delle indagini, spiega una nota della Dia, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sono stati accertati stabili collegamenti con le famiglie di origine da parte di esponenti dell’organizzazione mafiosa in Liguria, attivi in settori strategici imprenditoriali quali l’edilizia ed il movimento terra anche attraverso l’acquisizione di sub-appalti per la realizzazione dell’infrastruttura ferroviaria del “Terzo Valico”.
Sono emersi, continua la nota, contatti con politici locali, regionali e nazionali, nonché con funzionari dell’Agenzia delle Entrate e della Commissione Provinciale Tributaria di Reggio Calabria, volti a condizionare il loro operato con reciproco vantaggio. E’ stato eseguito il sequestro preventivo di beni mobili, immobili, depositi bancari di numerose società riconducibili alle consorterie mafiose per un valore complessivo stimabile in alcuni milioni di euro.
fonte; http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2016/07/19/blitz-contro-ndrangheta-arresti-perquisizioni-tutta-italia-video_AgGbz9Z0AUr5Gx7lVvHfGO.html
ULTIM'ORA - Maria Elena Boschi e la banca del padre. Diffusa questa vergognosa notizia..
L’ex ministra Boschi aveva minacciato querele a Ferruccio De Bortoli per le rivelazioni contenute nell’ultimo libro del giornalista, intitolato “Poteri Forti”. Le querele, però, dopo tre mesi non sono ancora arrivate, e il termine è scaduto.
De Bortoli aveva raccontato che la Boschi, quando era ancora ministra, “chiese all’ad di UniCredit di comprare Banca Etruria,” la banca di cui il papà della Boschi era amministrato delegato. La stessa aveva dichiarato di non aver alcun conflitto di interesse.
Riporta l’Huff Post:
“Maria Elena Boschi ha deposto l’ascia di guerra (giudiziaria) contro Ferruccio De Bortoli. “La misura è colma, se ne occuperanno i miei legali” diceva lo scorso 10 maggio la sottosegretaria alla Presidenza, commentando le rivelazioni contenute nel libro dell’ex direttore del Corriere della Sera sul caso Banca Etruria.
De Bortoli scrive su “Poteri forti (o quasi)” che la Boschi fece pressioni sull’ex numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni, per salvare la Banca Popolare dell’Etruria, di cui il padre della sottosegretaria è stato per alcuni mesi vice presidente. Ghizzoni non ha mai confermato né smentito e attende una convocazione in audizione in Parlamento, la costituzione di una commissione parlamentare sulle banche slitta e difficilmente si farà in tempo a farla nascere prima della fine della legislatura.
Boschi aveva affidato a due avvocati di grido come Vincenzo Zeno Zencovich e Paola Severino la sua tutela legale: è tuttavia scaduto, scrive il Fatto Quotidiano, il termine per la denuncia penale per diffamazione a mezzo stampa. Per chiedere i danni in sede civile, c’è invece ancora tempo.”
Quando Di Battista diceva ‘La Boschi è una tremenda bugiarda, menzognera e ipocrita’
Il deputato del M5S Alessandro Di Battista aveva trattato da subito la questione della mancata querela da parte della Boschi a De Bortoli. Dopo tre mesi la denuncia di Di Battista ritorna attuale:
“Dopo alcune settimane dalla rivelazione di De Bortoli (“la Boschi chiede all’amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni di comprare Banca Etruria”) Maria Etruria non ha ancora querelato nessuno. Né De Bortoli né i parlamentari del M5S, a detta sua, profondamente diffamatori. A questo punto non mi rimane altro che dire che la Boschi è una tremenda bugiarda, una menzognera e una ipocrita. Ha mentito al Parlamento (quindi all’Italia intera) quando disse di non essersi mai occupata della “bancuccia di famiglia”. Le mie parole sono pesanti? Benissimo, la Boschi dovrà per forza querelarmi per diffamazione. Così a processo finalmente dovrà parlare chi ha il dovere di parlare per sbugiardare definitivamente questa persona politicamente pericolosa.
P.S. Io ovviamente rinuncerei ad ogni forma di immunità parlamentare”, aveva scritto il parlamentare pentastellato su Facebook.
P.S. Io ovviamente rinuncerei ad ogni forma di immunità parlamentare”, aveva scritto il parlamentare pentastellato su Facebook.
SCOPERTO IL TRUCCO DEI PARTITI PER INTASCARSI I SOLDI DEI CITTADINI - Condividete la denuncia dei 5 Stelle il più possibile..
Riportiamo di seguito la denuncia del parlamentare del M5S Vito Crimi (A fondo pagina trovate il video pubblicato dal deputato sulla propria pagina Facebook):
“Vi dice niente l’espressione “donazione liberale”? È il nuovo trucco dei partiti per intascare i soldi dei cittadini senza farlo sapere in giro. Ho provato a denunciarlo in aula qualche giorno fa, tra le proteste del Pd. Adesso vi spiego come funziona il meccanismo. Ogni senatore/deputato percepisce dalla Camera o dal Senato circa 4.200 euro al mese per le spese di mandato elettorale. Ipotizziamo che di questi 4.200 euro il senatore/deputato ne versi 1.000 al Partito Democratico come “donazione”. La cifra è ipotetica: in realtà ne versano anche molti di più. Quanti soldi si ritrova in tasca il senatore/deputato? 4.200 euro – 1.000 euro = 3.200 euro.
Quando poi arriva il momento di fare la dichiarazione dei redditi, che s’inventano i deputati/senatori del Partito Democratico? Denunciano l’importo versato (1.000 euro) come “erogazione liberale” al partito, dunque da mettere in detrazione (è tutto pubblico, potete controllare le singole dichiarazioni dei redditi dei parlamentari pubblicate sui siti di Camera e Senato). A quel punto, sull’importo di 1.000 euro scatta per legge la detrazione fiscale del 26%: cioè gli tornano indietro 260 euro.
Ora, se il senatore/deputato del partito di Renzi riceve dallo Stato 260 euro, quanto ha in tasca? 3.200 euro + 260 euro = 3.460 euro. Che sommati ai 1.000 della “donazione”, arrivano a 4.460 euro: 260 in più rispetto a quanti ne aveva intascati dalla Camera di appartenenza. E chi versa questi soldi in più? I cittadini, ovviamente, tramite il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Quanto fa in totale, questo giochetto? Ricordiamo che la cifra di 260 euro è mensile, per ogni senatore/deputato. Ed è ipotetica, perché versano anche di più. Tra deputati e senatori, il Partito Democratico conta circa 500 ‘onorevoli’. Quindi, moltiplicando i 260 euro della detrazione fiscale per 500 parlamentari, si arriva a 130.000 euro incassati al mese. E moltiplicando ancora quest’ultima cifra per i 12 mesi dell’anno, si arriva a 1.560.000 euro. Ovvero: grazie all’operazione di detrazione fiscale al 26% delle loro “donazioni” al partito, lo Stato versa ai parlamentari un milione e cinquecentosessantamila euro in più. Soldi che poi vanno a finanziare il partito.
Non bastava dunque la truffa del 2×1000, non bastavano i residui dei rimborsi elettorali, no. Alla fine trovano sempre un modo per mungere altri soldi allo Stato e ai cittadini. Aiutateci a diffondere queste informazioni il più possibile e smascheriamo questa ennesima fregatura. Grazie a tutti!”
Guarda il video:
ULTIM'ORA - VERGOGNA PD: un'altra porcata. Guardate cosa ha scoperto il M5S
I cittadini non lo sanno, ma i partiti usano un trucchetto per intascarsi altri soldi a spese dei contribuenti. Un trucchetto che, spiega il deputato 5 Stelle Manlio Di Stefano, ci costa circa 2 milioni di euro.
I senatori versano volontariamente una determinata somma al proprio partito per ottenere una detrazione che, nel caso illustrato da Di Stefano, costa allo Stato 260 euro ogni 1.000.
Leggiamo sulla pagina Facebook del deputato:
“LA NUOVA “TRUFFA” DEI PARTITI
Quella che vedete è una delle tante dichiarazioni dei redditi di un senatore, in questo caso del PD ma vale per tutti gli altri tranne il M5S, la trovate pubblica sul sito del Senato alla voce situazione patrimoniale della pagina del singolo senatore.
Guardatela bene, notate il versamento volontario di 40.000€ al Partito Democratico?
No, non si tratta di mecenatismo, bensì del nuovo escamotage varato dal Governo per intascare più quattrini potendo persino dire di aver abolito i rimborsi elettorali.
E sì perché, oltre al famoso 2×1000 che chiedono agli italiani, di quei 40.000€ il senatore potrà portarne in detrazione ben 30.000 ricevendo il 26% in detrazione di imposta.
Ciò significa che lo Stato dovrà versare al senatore ulteriori 260€ ogni 1000€. Così il partito avrà intascato la sua donazione “liberale” dal senatore (senza la quale non potrà ricandidarsi alle prossime elezioni) e il senatore ne recupererà una parte.
Chi paga tutto questo? Ovviamente NOI cittadini.
Chi paga tutto questo? Ovviamente NOI cittadini.
Quanto ci costa tutto questo? Facendo una media (le donazioni variano) circa 2 milioni di euro all’anno.
Questo meccanismo è utilizzato da tutti gli “Onorevoli” tranne che dai portavoce del M5S visto che, come sapete, abbiamo rinunciato ai rimborsi elettorali, in seguito anche al 2×1000 e non finanziamo il partito bensì restituiamo i nostri soldi ad un fondo statale per la piccola e media impresa.
Questa gentaglia va mandata a casa al più presto, poi riscriveremo le regole del gioco e sarà un enorme piacere.”
sabato 12 agosto 2017
“FERMATELA, E’ SENZA VERGOGNA!”: BOLDRINI PARLA DI MIGRANTI, ECCO COSA LE E’ USCITO DALLA BOCCA
“Le Ong hanno svolto e svolgono una azione preziosa, in virtù della quale è meno alto il bilancio spaventoso delle morti nel Mediterraneo. Per questo meritano la nostra gratitudine”. Parla Laura Boldrini e il centrodestra la ricopre di insulti. La Presidente della Camera interviene sul tema migranti ricordando su Repubblica che ai volontari “si deve il 35% delle azioni di soccorso: decine di migliaia di vite messe in salvo. Hanno intensificato la loro azione dopo che, finita Mare Nostrum, si era fatto ancor più grande il rischio di tragedie in mare”. Insieme alle Ong la Boldrini ringrazia “gli uomini e le donne della Guardia costiera e degli altri corpi dello Stato, gli equipaggi dei mercantili e dei pescherecci che non si voltano dall’altra parte. E con loro gli operatori degli organismi umanitari, i giornalisti che rilanciano richieste di soccorso e i rappresentanti delle comunità straniere in Italia che avvisano se loro connazionali stanno rischiando la vita in acqua”.
“Se tra le Ong qualcuna si è comportata in modo non trasparente e ha violato leggi, è giusto che i singoli responsabili
vengano sanzionati. Ma è inaccettabile la criminalizzazione di un intero gruppo sociale. Se un chirurgo sbaglia un intervento e fa morire un paziente deve risponderne, ma non per questo chiudiamo le sale operatorie di tutta Italia”. Secondo la Boldrini il rifiuto di accettare la presenza di militari italiani armati a bordo “non significa in alcun modo ambigua equidistanza tra trafficanti di esseri umani e legittime istituzioni democratiche. Va compresa – conclude la Boldrini, ribadendo un concetto già espresso qualche giorno fa da Roberto Saviano – l’esigenza di essere disarmati sempre, comunque e dovunque, perché questo consente loro di operare nelle circostanze più difficili senza prestarsi a nessuna possibile strumentalizzazione del
loro ruolo. Neutralità, indipendenza e imparzialità sono condizioni irrinunciabili della loro credibilità”.
vengano sanzionati. Ma è inaccettabile la criminalizzazione di un intero gruppo sociale. Se un chirurgo sbaglia un intervento e fa morire un paziente deve risponderne, ma non per questo chiudiamo le sale operatorie di tutta Italia”. Secondo la Boldrini il rifiuto di accettare la presenza di militari italiani armati a bordo “non significa in alcun modo ambigua equidistanza tra trafficanti di esseri umani e legittime istituzioni democratiche. Va compresa – conclude la Boldrini, ribadendo un concetto già espresso qualche giorno fa da Roberto Saviano – l’esigenza di essere disarmati sempre, comunque e dovunque, perché questo consente loro di operare nelle circostanze più difficili senza prestarsi a nessuna possibile strumentalizzazione del
loro ruolo. Neutralità, indipendenza e imparzialità sono condizioni irrinunciabili della loro credibilità”.
Se a sinistra, per bocca del deputato di Mdp Arturo Scotto, queste parole vengono definite “di grande saggezza e umanità”, il centrodestra è in rivolta. “Qualcuno fermi la Boldrini! – s’infuria il leghista Paolo Grimoldi -. Oggi, al culmine dei suoi soliti proclami solo pro immigrati, arriva persino a paragonare le Ong che nel Mediterraneo nell’ultimo anno hanno trasportato almeno centomila immigrati dalla costa libica ai nostri porti, facendoci invadere, ai crocerossiniimpegnati sui campi di battaglia o ai chirurghi in sala operatoria”. “Signora Boldrini sveglia, esca dalle sue stanze dorate. Molte delle Ong che lei difende a spada tratta hanno violato le nostre leggi, hanno favorito il traffico di esseri umani, hanno avuto rapporti con gli scafisti e con la criminalità e hanno contribuito a far annegare migliaia di esseri umani nel Mediterraneo”. E anche Forza Italia definisce “scandalosa” la presa di posizione della Presidenta.
Fonte: http://tv.liberoquotidiano.it/video/italia/13217052/laura-boldrini-inaccettabile-criminalizzare-ong-rivolta-lega-nord-forza-italia-.html
+++ ATTENZIONE - LA FAMIGLIA DI MATTEO RENZI - E' uscita questa clamorosa notizia..
Consip, Marco Lillo: ‘Hanno perquisito mio padre di 96 anni, ma non quello del leader Pd’
Marco Lillo è il giornalista del Fatto Quotidiano che per primo ha svelato lo scandalo Consip, con un articolo in cui anticipava che il ministro Luca Lotti era indagato.
Lillo ha poi pubblicato il libro “Di Padre in Figlio”, in cui racconta il familismo renziano e che contiene delle carte inedite sul caso Consip.
Mercoledì scorso l’abitazione romana del cronista è stata perquisita per rivelazione del segreto d’ufficio avvenuta attraverso la pubblicazione di questo libro.
In un’intervista al Corriere della Sera, Lillo ha raccontato la vicenda, dicendosi “allibito” in quanto “Hanno perquisito me, che non sono indagato, mio padre di 96 anni, la mia compagna e la mia ex. E non hanno perquisito Tiziano Renzi che invece è indagato”.
Riportiamo di seguito alcune domande dell’intervista:
Molti penseranno: se ne accorge ora che tocca a lui.
«Si, ho letto parole di soddisfazione anche per la perquisizione di Federica Sciarelli, che i pm di Roma accusano di avermi fatto da tramite con il pm Woodcock. E che invece so essere innocente».
Da frasi citate da La verità sembra che la Sciarelli ora ce l’abbia con lei. L’ha risentita?
«Oggi. Ma in quel momento stavo entrando dai finanzieri. Ha detto solo: “Avrai letto. Ma, come sai, io non parlo con nessuno…”».
Il tono era arrabbiato?
«Non mi sembrava. Non credo abbia detto che vuole strozzarmi. Anche se è a causa mia che le hanno preso il cellulare. Ma se avessero avuto le intercettazioni, invece dei tabulati, avrebbero capito di avere sbagliato. Io le ho chiesto se Woodcock era a Roma nel giorno della perquisizione alla Consip e lei mi ha detto no. Invece c’era, e il giorno dopo abbiamo riso».
Dalle celle telefoniche hanno visto che eravate vicini. Vi siete incontrati?
«Io ci abito in Prati, vicino alla Rai. Secondo me, anche la procura sa di avere sbagliato».
ULTIM'ORA - Notizia SHOCK sulle ong. Guardate cosa hanno scoperto..
Migranti, gola profonda rivela: ‘Mai salvato gente in pericolo, è un business a chi arriva prima’
“Ho visto pochi migranti in pericolo di vita, non abbiamo mai salvato qualcuno che stesse morendo in mare: sembrava più una gara a chi arrivava prima”. Ha gli effetti di una bomba l’intervista rilasciata a Quotidiano Nazionale Qn da un addetto alla sicurezza impiegato su Vos Hestia, una nave di Save the Children, che vuole mantenere l’anonimato. “Una volta abbiamo preso un battello con gente in buone condizioni -racconta. – A dieci minuti dalla costa libica, non in alto mare. Sono evidenti i rapporti tra scafisti e molte organizzazioni. Non importa a nessuno dei migranti, è un business”.
“Per me un problema di coscienza” “Forse qualche Ong è animata davvero da spirito umanitario. Ma questo discorso di andare sulle coste libiche non sta né in cielo né in terra. Su migliaia di persone soccorse forse solo il 20-25% era meritevole di aiuto”, prosegue l’anonimo testimone nell’intervista-shock a Qn. “Abbiamo caricato giovani magrebini che erano stati espulsi dall’Italia. Ma dico io, chi abbiamo portato in Italia? Non abbiamo portato i siriani disperati o quelli del Mali che scappano dalla fame. Per me è stato personalmente anche un problema di coscienza”.
L’accusa: “Dei migranti, alle Ong, non gliene frega un cavolo””Spesso è lo scafista che dà la posizione con il telefono satellitare, – continua l’anonimo – Quando si trova un gommone con decine di persone a bordo sembra quasi che si siano dati appuntamento…”. “Mi sentivo un po’ complice di un’attività vergognosa. Con Save the Children c’erano scontri anche perché non potevo riferire nulla alle autorità di porto o di polizia”. “Sono stato 30 anni in polizia, – prosegue l’uomo, – so come vanno le cose: bisogna sempre seguire la pista dei soldi. Io vorrei capire: il ministero dell’Interno quanti soldi ha dato a Save the Chldren? A bordo mi hanno detto che sono operazioni da mezzo milione al mese, 6 milioni l’anno”. “Dei migranti, alle Ong, non gliene frega un cavolo – sostiene -, è solamente un business del momento”.
I ricordi della “gola profonda” “Ricordo che avevamo una mediatrice culturale inglese brava, parlava arabo. A un certo punto sbarca e al suo posto arriva un ragazzo italo-eritreo. Guarda caso… due giorni dopo che si fa? Si becca un barcone di eritrei. E fu il team leader di Stc a dare al comandante l’esatta posizione del barcone”. Poi l’accusa alle Ong di fare a gara a chi arriva prima: “Per me aveva un atteggiamento strano Iuventa, troppo piccola. Si capiva che faceva da appoggio. Una volta eravamo in Libia con altre Ong, ma non si vedevano gommoni. Poi un giorno chiama Iuventa e dice ‘abbiamo 400 persone a bordo’. Ma noi in cinque giorni non avevamo visto nessuno! E poi, se carichi tutte quella gente, mi dici dove stanno i battelli che hanno usato? Allora vuol dire che glieli hanno portati gli scafisti”.
Bufera in studio! Di Maio in diretta fa una rivelazione clamorosa sul governo e adesso può crollare tutto..
Fino a quando lo diceva il MoVimento 5 Stelle, tutti contro.
Oggi invece è lo stesso Governo che, ritenendo insostenibile che tutte le navi che fanno operazioni di salvataggio approdino in Italia, sta valutando di negare l'approdo nei porti italiani alle navi che effettuano salvataggi dei migranti davanti alla Libia e che battono bandiera straniera.
Oggi invece è lo stesso Governo che, ritenendo insostenibile che tutte le navi che fanno operazioni di salvataggio approdino in Italia, sta valutando di negare l'approdo nei porti italiani alle navi che effettuano salvataggi dei migranti davanti alla Libia e che battono bandiera straniera.
Solo adesso, dunque, il Governo si sta rendendo conto della bontà delle richieste del MoVimento 5 Stelle. Dopo che negli ultimi 4 giorni ci sono stati oltre 10 mila sbarchi di migranti.
Ricordiamo inoltre che il MoVimento 5 Stelle ha anche presentato una proposta di legge che prevede la possibilità di mandare la polizia a bordo delle navi ONG e di compiere indagini anche in mare aperto attraverso perquisizioni, intercettazioni e acquisizioni di prove.
Ricordiamo inoltre che il MoVimento 5 Stelle ha anche presentato una proposta di legge che prevede la possibilità di mandare la polizia a bordo delle navi ONG e di compiere indagini anche in mare aperto attraverso perquisizioni, intercettazioni e acquisizioni di prove.
Le scuse non sono mai arrivate, ma almeno arrivano le decisioni, meglio tardi che mai.
NOTIZIA CENSURATA DAI GIORNALI, CONDIVIDETELA VOI: ECCO LA TASSA OCCULTA DEL GOVERNO PD.
Gli italiani l’avevano capito da un pezzo, diciamo sin dall’annuncio dell’ottobre 2016. Quando l’ex premier Matteo Renzi dichiarò con toni trionfali che Equitalia sarebbe scomparsa, senza però spiegare in che modo l’avrebbe sostituita. Qui c’è puzza di bruciato, pensammo un po’ tutti. E, infatti, man mano che il quadro iniziava a prendere forma i timori si sono progressivamente trasformati in realtà. Quasi subito è emerso che si trattava di una soppressione solo di facciata e che dal primo luglio 2017 sarebbe nato un nuovo ente, «Agenzia delle Entrate-Riscossione», con poteri rafforzati rispetto a quello precedente.
A differenza di Equitalia, infatti, l’articolo 3 della legge n. 225/2016 prevede che il suo sostituto possa accedere direttamente all’anagrafe tributaria, alle banche dati dell’Inps e ai nostri conti correnti. Una svolta sostanziale. Perché fino ad oggi questa possibilità era garantita solo all’Agenzia delle Entrate, cioè all’ente addetto all’accertamento, mentre quello tenuto alla riscossione, Equitalia, non ne aveva diritto. Va da se che il processo subirà una brusca accelerazione.
«Tra poche settimane - spiega a Libero il commercialista Federico Grigoli, partner dello studio Pirola Pennuto Zei & Associati - il nuovo ente addetto alla riscossione dei tributi potrà immediatamente accedere alle banche dati per verificare quali sono i crediti e qual è il patrimonio del contribuente che il Fisco ha la facoltà di aggredire per rifarsi dei mancati pagamenti. Un modo per velocizzare la riscossione e una dimostrazione che nonostante ci sia una sentenza della Corte Costituzionale che lo dichiara illegittimo, il nostro sistema va sempre di più verso un modello “solve et repete”. Cioè costringe il contribuente a pagare e poi eventualmente a ritornare in possesso dei suoi beni se dimostra di aver ragione».
E del resto c’erano già diversi indizi che andavano in questa direzione. Come dimenticare che le ultime norme hanno arricchito il numero di database a disposizione dei guardiani del Fisco. Per dire, l’Agenzia delle Entrate (e quindi il nuovo ente per la riscossione) potrà consultare anche le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego presenti nelle banche dati dell’Inps in modo da semplificare la procedura che porta al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità.
Così come è sempre utile ricordare che ormai da tempo le procedure esecutive per i debiti tributari sono svolte senza il controllo di un giudice. «Per esempio - spiega il commercialista associato allo studio Pirola - il contribuente che riceve una cartella esattoriale e non paga il debito dovuto può ritrovarsi il conto corrente pignorato senza che vi sia il via libera di un tribunale». Di fatto l’Agenzia delle Entrate decorsi i 60 giorni dall’avviso di accertamento (la classica cartella) può ordinare alla banca di versare la somma dovuta direttamente all’Agenzia. Una sorta di prelievo coatto. Ma non solo. Perché le Entrate possono imporre all’inquilino del contribuente moroso di girare allo Stato anche il canone d’affitto. «In tutti questi casi i cittadini hanno un unico modo per difendersi: fare causa all’Erario dimostrando di aver subito un danno».
E le brutte notizie non finiscono qui. L’altra amara sorpresa arriva dalla recente manovrina (dl 50/2017) che ha modificato la normativa sui pignoramenti immobiliari. L’iter parte con l’agente della riscossione che fa una comunicazione preventiva al proprietario per avvertirlo: se non paghi il debito che hai con il fisco entro 30 giorni sarà iscritta ipoteca sul tuo immobile. Fino a pochi giorni fa l’iscrizione poteva avvenire solo se il singolo immobile (eccezion fatta per la prima casa che resta fuori dai giochi) aveva un valore superiore ai 120 mila euro, con le nuove regole invece si considera il valore complessivo degli immobili di proprietà del contribuente moroso e se questo supera i 120 mila euro diventa possibile iscrivere ipoteca e successivamente procedere alla vendita del bene.
«Insomma - sintetizza Grigoli - non si parla più di immobile, ma di immobili. Per fare un esempio, con la precedente normativa, se non pagavo delle imposte e avevo un patrimonio di 10 immobili tra case e box, ma nessun cespite superiore ai 120 mila euro, lo Stato non poteva ipotecarne nessuno. Da oggi invece quegli stessi immobili, che sommati hanno un valore ben superiore ai 120 mila, potranno essere ipotecati e quindi successivamente espropriati e venduti all’incanto per ripagare il Fisco». Morale della favola: visto che l’abitazione principale non può essere toccata occhio alle seconde e terze case e soprattutto ai box auto.
Lo Stato deve fare cassa e non fa niente per nasconderlo. Tanto che lo fa dire al legislatore nella relazione tecnica di accompagnamento alla manovra correttiva. Nel biennio 2014-2015 - si legge - l’87% dei preavvisi di ipoteca (la comunicazione dell’agente della riscossione che avverte il debitore) non ha dato nessuna forma di pagamento. E nel restante 13% dei casi i contribuenti morosi che hanno provveduto a saldare il conto hanno versato in media 12.300 euro. L’obiettivo dichiarato è migliorare l’azione esecutiva del 10% portando a casa 85 milioni di nuove entrate nel 2017 (si considera circa metà anno), 226 milioni nel 2018 e 282 milioni nel 2019. E si salvi chi può.
di Tobia De Stefano
Fonte; http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/12392536/fisco-blocco-conto-banca-contenzioso-primo-luglio.html
A differenza di Equitalia, infatti, l’articolo 3 della legge n. 225/2016 prevede che il suo sostituto possa accedere direttamente all’anagrafe tributaria, alle banche dati dell’Inps e ai nostri conti correnti. Una svolta sostanziale. Perché fino ad oggi questa possibilità era garantita solo all’Agenzia delle Entrate, cioè all’ente addetto all’accertamento, mentre quello tenuto alla riscossione, Equitalia, non ne aveva diritto. Va da se che il processo subirà una brusca accelerazione.
«Tra poche settimane - spiega a Libero il commercialista Federico Grigoli, partner dello studio Pirola Pennuto Zei & Associati - il nuovo ente addetto alla riscossione dei tributi potrà immediatamente accedere alle banche dati per verificare quali sono i crediti e qual è il patrimonio del contribuente che il Fisco ha la facoltà di aggredire per rifarsi dei mancati pagamenti. Un modo per velocizzare la riscossione e una dimostrazione che nonostante ci sia una sentenza della Corte Costituzionale che lo dichiara illegittimo, il nostro sistema va sempre di più verso un modello “solve et repete”. Cioè costringe il contribuente a pagare e poi eventualmente a ritornare in possesso dei suoi beni se dimostra di aver ragione».
E del resto c’erano già diversi indizi che andavano in questa direzione. Come dimenticare che le ultime norme hanno arricchito il numero di database a disposizione dei guardiani del Fisco. Per dire, l’Agenzia delle Entrate (e quindi il nuovo ente per la riscossione) potrà consultare anche le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego presenti nelle banche dati dell’Inps in modo da semplificare la procedura che porta al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità.
Così come è sempre utile ricordare che ormai da tempo le procedure esecutive per i debiti tributari sono svolte senza il controllo di un giudice. «Per esempio - spiega il commercialista associato allo studio Pirola - il contribuente che riceve una cartella esattoriale e non paga il debito dovuto può ritrovarsi il conto corrente pignorato senza che vi sia il via libera di un tribunale». Di fatto l’Agenzia delle Entrate decorsi i 60 giorni dall’avviso di accertamento (la classica cartella) può ordinare alla banca di versare la somma dovuta direttamente all’Agenzia. Una sorta di prelievo coatto. Ma non solo. Perché le Entrate possono imporre all’inquilino del contribuente moroso di girare allo Stato anche il canone d’affitto. «In tutti questi casi i cittadini hanno un unico modo per difendersi: fare causa all’Erario dimostrando di aver subito un danno».
E le brutte notizie non finiscono qui. L’altra amara sorpresa arriva dalla recente manovrina (dl 50/2017) che ha modificato la normativa sui pignoramenti immobiliari. L’iter parte con l’agente della riscossione che fa una comunicazione preventiva al proprietario per avvertirlo: se non paghi il debito che hai con il fisco entro 30 giorni sarà iscritta ipoteca sul tuo immobile. Fino a pochi giorni fa l’iscrizione poteva avvenire solo se il singolo immobile (eccezion fatta per la prima casa che resta fuori dai giochi) aveva un valore superiore ai 120 mila euro, con le nuove regole invece si considera il valore complessivo degli immobili di proprietà del contribuente moroso e se questo supera i 120 mila euro diventa possibile iscrivere ipoteca e successivamente procedere alla vendita del bene.
«Insomma - sintetizza Grigoli - non si parla più di immobile, ma di immobili. Per fare un esempio, con la precedente normativa, se non pagavo delle imposte e avevo un patrimonio di 10 immobili tra case e box, ma nessun cespite superiore ai 120 mila euro, lo Stato non poteva ipotecarne nessuno. Da oggi invece quegli stessi immobili, che sommati hanno un valore ben superiore ai 120 mila, potranno essere ipotecati e quindi successivamente espropriati e venduti all’incanto per ripagare il Fisco». Morale della favola: visto che l’abitazione principale non può essere toccata occhio alle seconde e terze case e soprattutto ai box auto.
Lo Stato deve fare cassa e non fa niente per nasconderlo. Tanto che lo fa dire al legislatore nella relazione tecnica di accompagnamento alla manovra correttiva. Nel biennio 2014-2015 - si legge - l’87% dei preavvisi di ipoteca (la comunicazione dell’agente della riscossione che avverte il debitore) non ha dato nessuna forma di pagamento. E nel restante 13% dei casi i contribuenti morosi che hanno provveduto a saldare il conto hanno versato in media 12.300 euro. L’obiettivo dichiarato è migliorare l’azione esecutiva del 10% portando a casa 85 milioni di nuove entrate nel 2017 (si considera circa metà anno), 226 milioni nel 2018 e 282 milioni nel 2019. E si salvi chi può.
di Tobia De Stefano
Fonte; http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/12392536/fisco-blocco-conto-banca-contenzioso-primo-luglio.html
"Sei l'avvocato della Boschi?" Travaglio esplode in studio contro la Fusani de L'Unità. Guardate e condividete..
Durante l'ultima puntata di Otto e Mezzo , scoppia la bagarre nello studio di Lilly Gruber tra il diretto del Fatto Quotidiano e la giornalista Claudia Fusani de L'Unità.
GILETTI, CHE SCHIAFFO ALLA RAI: LA CLAMOROSA DECISIONE DEL CONDUTTORE EPURATO “PERCHE’ DAVA FASTIDIO A RENZI”
Massimo Giletti lascia la Rai. Il conduttore non accetta la cancellazione de L’Arena e se ne va, rifiutando le prime serate “riparatori” che Viale Mazzini, come un contentino, gli ha offerto su Rai1. È quanto afferma il settimanale Oggi in edicola del 29 giugno. Il settimanale dà la notizia per certa e racconta anche i dettagli della decisione del conduttore, che avrebbe delle trattative in corso con altre reti. A contenderselo, ovviamente, Mediaset e La7: la competizione è serratissima.
Secondo il sito Dagospia.com avrebbe rifiutato un lauto contratto da 1,8 milioni per rimanere in Rai “parcheggiato” senza fare nulla o quasi. A questo erano arrivati pur di far tacere un conduttore bravo e che si era dimostrato “troppo” indipendente. Addirittura Renzi lo considerava troppo “grillino” per i temi che trattava ogni domenica. Ricordiamo che in termini di ascolti Giletti batteva tutte le settimane Domenica Live della D’Urso, consentendo elevatissimi introiti pubblicitari. Ma a Renzi, si sa, non interessa risanare la Rai. Interessa solo occuparla per piazzare i suoi leccapiedi e fare propaganda.
Secondo il sito Dagospia.com avrebbe rifiutato un lauto contratto da 1,8 milioni per rimanere in Rai “parcheggiato” senza fare nulla o quasi. A questo erano arrivati pur di far tacere un conduttore bravo e che si era dimostrato “troppo” indipendente. Addirittura Renzi lo considerava troppo “grillino” per i temi che trattava ogni domenica. Ricordiamo che in termini di ascolti Giletti batteva tutte le settimane Domenica Live della D’Urso, consentendo elevatissimi introiti pubblicitari. Ma a Renzi, si sa, non interessa risanare la Rai. Interessa solo occuparla per piazzare i suoi leccapiedi e fare propaganda.
giovedì 10 agosto 2017
CLAMOROSO - NAPOLITANO BECCATO DALLA FINANZA: CONDIVIDETE E FATE LEGGERE A TUTTI COSA HA DETTO.
Uno scoop di Panorama rivela che Giorgio Napolitano garantì a Giovanni Bazoli: “ti farò incontrare Mattarella”.
Il settimanale riporta i contenuti di un’intercettazione sull’utenza di Bazoli, indagato nell’inchiesta su Ubi banca.
L’incontro Bazoli-Mattarella avrebbe dovuto affrontare “alcuni argomenti urgenti”, scrive la Guardia di Finanza che riassume la conversazione.
Tra questi argomenti, la lotta per il controllo del Corriere, come riassunto dalle fiamme gialle:
“Napolitano specifica di aver fatto riferimento (con Mattarella, ndr) anche al dialogo di questi anni tra loro (e cioé tra Napolitano e Bazoli, ndr) e prima ancora con Ciampi. Napolitano dice che questi (Mattarella) ha apprezzato, ed ha detto che considera naturale avviare uno stesso tipo di rapporto schietto, informativo e di consiglio. (…) Napolitano dice speriamo bene, anche perché ha sentito fare (riguardo al Corriere) un nome folle, ovvero di quel signore che si occupa o meglio è il factotum de La 7”. Quell’Urbano Cairo che poi le ha messe, le mani sul Corsera.
Dopo la conversazione, il banchiere, passando per la segreteria del Quirinale, fissa un incontro con Mattarella: il faccia a faccia avviene il 27 marzo. Dieci giorni prima, il 17 marzo, l’ex Capo dello Stato è anche oggetto di una conversazione tra Bazoli, azionista del Corsera, e l’allora direttore di Repubblica, Ezio Mauro, la concorrenza: “Se tu lo tieni in mano (il Corsera, ndr) io sono tranquillo”, afferma Mauro. Dunque l’invito a Bazoli a “non lavarsene le mani di queste scelte”. Poi spunta Napolitano: “La situazione ha ancora un margine di incertezza e ti spiegherò se ci vediamo perché, niente, devo vedere Napolitano…insomma, devo, tengo rapporti con lui”.”
Fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/02/02/giorgio-napolitano-intercettato/
Dopo il sacrosanto NO della Raggi alle Olimpiadi, la Corte dei conti indaga sul Coni per danno erariale..
L'indagine nasce da un esposto firmato dall’Adusbef di Elio Lannutti, in passato senatore dell’Italia dei Valori, oggi più volte consulente 5 stelle. Nel mirino proprio il Comitato olimpico e la coppia Malagò-Montezemolo
Giovanni Malagò lo spauracchio del danno erariale lo aveva agitato più volte: nei giorni convulsi di settembre in cui Virginia Raggi si preparava ad affossare definitivamente la candidatura di Roma 2024, era stata una delle ultime carte con cui il Coni aveva provato (invano) a far cambiare idea al Movimento 5 stelle, paventando la possibile responsabilità dei consiglieri che avessero votato per una mozione contraria. Ora, a distanza di nove mesi, l’indagine della Corte dei Conti è arrivata davvero. Ma a innescarla è stato un esposto firmato dall’Adusbef di Elio Lannutti, in passato senatore dell’Italia dei Valori, oggi amico e consulente di Beppe Grillo e i suoi. Che ovviamente non attacca l’amministrazione capitolina, ma mette nel mirino proprio il Comitato olimpico e la premiata coppia Malagò-Montezemolo.
A riportare la notizia sono l’edizione romana del quotidiano la Repubblica e il Tempo: la procura del Lazio della Corte dei Conti ha aperto un fascicolo sul bilancio del comitato promotore di Roma 2024, affidato al pm Bruno Tridico. L’organo di vigilanza indagherà per capire se effettivamente c’è stato danno erariale per i tanti milioni di euro di soldi pubblici spesi a sostegno del progetto olimpico. Quanti non è possibile dirlo con precisione: per lavorare in house a Coni Servizi spa (la vera cassa dello sport italiano), non è mai stato costituito un vero e proprio Comitato promotore autonomo, solo una “unità operativa” della società, senza un bilancio completo. Solo rovistando fra i conti del Coni, ilfattoquotidiano.it era stato in grado di ricostruire una parte delle spese sostenute in questi due anni di candidatura: viaggi e campagne promozionali, nuovi uffici e convegni, appalti, contratti e consulenze d’oro anche da 200mila e passa euro all’anno. Altre tracce sono contenute nell’ultima relazione della Corte dei Conti sulla Coni Servizi (relativa però ancora al 2015), che si conclude sottolineando che “ad oggi in relazione all’attività di chiusura del progetto di candidatura non si è verificato alcun tipo di contenzioso”. Il totale dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 milioni di euro.
Proprio gli articoli de ilfatto.it sono al centro dell’esposto dell’Adusbef da cui si origina l’inchiesta, datato al 27 settembre 2016. Sono i giorni della mozione del M5s contro il progetto olimpico, che avrebbe poi costretto il Coni a staccare la spina. Sancendo che tutti quei milioni sono stati sprecati per nulla. La tesi del Comitato è sempre stata che loro i soldi li avevano spesi sulla base di precisi atti amministrativi, e che di un eventuale danno erariale avrebbe dovuto rispondere chi ha cambiato le carte in tavola; ovvero la Raggi e la sua giunta, che hanno annullato la delibera di Ignazio Marino. Ora, però, l’Adusbef mette in discussione non tanto il perché, ma il come siano stati utilizzati quei fondi pubblici: l’associazione “chiede – si legge nel documento – di verificare se le condotte del Comitato Promotore di Roma 2024 nella scelta dei beneficati dei contratti di consulenza, spese per il personale, collaborazioni e prestazioni professionali, ecc., siano state effettuate secondo le vigenti normative volte alla trasparenza ed alla pubblica evidenza”. I ruoli di accusato e accusatore, insomma, sembrano ribaltati. E infatti Malagò ha commentato: “È una storia surreale, una cosa divertente e per certi versi curiosa”. Dalle parti del Foro Italico, comunque, la notizia del fascicolo (aperto per il momento come semplice atto dovuto), non è stata accolta del tutto negativamente: in fondo quello che il Coni minacciava qualche mese fa era proprio di portare le carte del Comitato alla Corte dei Conti. Ed è quello che succederà adesso, anche se la ragione forse non è proprio quella che si aspettavano.
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/31/olimpiadi-roma-dopo-il-no-della-giunta-m5s-la-corte-dei-conti-indaga-sulle-spese-del-coni-ipotesi-danno-erariale/3627650/
Giovanni Malagò lo spauracchio del danno erariale lo aveva agitato più volte: nei giorni convulsi di settembre in cui Virginia Raggi si preparava ad affossare definitivamente la candidatura di Roma 2024, era stata una delle ultime carte con cui il Coni aveva provato (invano) a far cambiare idea al Movimento 5 stelle, paventando la possibile responsabilità dei consiglieri che avessero votato per una mozione contraria. Ora, a distanza di nove mesi, l’indagine della Corte dei Conti è arrivata davvero. Ma a innescarla è stato un esposto firmato dall’Adusbef di Elio Lannutti, in passato senatore dell’Italia dei Valori, oggi amico e consulente di Beppe Grillo e i suoi. Che ovviamente non attacca l’amministrazione capitolina, ma mette nel mirino proprio il Comitato olimpico e la premiata coppia Malagò-Montezemolo.
A riportare la notizia sono l’edizione romana del quotidiano la Repubblica e il Tempo: la procura del Lazio della Corte dei Conti ha aperto un fascicolo sul bilancio del comitato promotore di Roma 2024, affidato al pm Bruno Tridico. L’organo di vigilanza indagherà per capire se effettivamente c’è stato danno erariale per i tanti milioni di euro di soldi pubblici spesi a sostegno del progetto olimpico. Quanti non è possibile dirlo con precisione: per lavorare in house a Coni Servizi spa (la vera cassa dello sport italiano), non è mai stato costituito un vero e proprio Comitato promotore autonomo, solo una “unità operativa” della società, senza un bilancio completo. Solo rovistando fra i conti del Coni, ilfattoquotidiano.it era stato in grado di ricostruire una parte delle spese sostenute in questi due anni di candidatura: viaggi e campagne promozionali, nuovi uffici e convegni, appalti, contratti e consulenze d’oro anche da 200mila e passa euro all’anno. Altre tracce sono contenute nell’ultima relazione della Corte dei Conti sulla Coni Servizi (relativa però ancora al 2015), che si conclude sottolineando che “ad oggi in relazione all’attività di chiusura del progetto di candidatura non si è verificato alcun tipo di contenzioso”. Il totale dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 milioni di euro.
Proprio gli articoli de ilfatto.it sono al centro dell’esposto dell’Adusbef da cui si origina l’inchiesta, datato al 27 settembre 2016. Sono i giorni della mozione del M5s contro il progetto olimpico, che avrebbe poi costretto il Coni a staccare la spina. Sancendo che tutti quei milioni sono stati sprecati per nulla. La tesi del Comitato è sempre stata che loro i soldi li avevano spesi sulla base di precisi atti amministrativi, e che di un eventuale danno erariale avrebbe dovuto rispondere chi ha cambiato le carte in tavola; ovvero la Raggi e la sua giunta, che hanno annullato la delibera di Ignazio Marino. Ora, però, l’Adusbef mette in discussione non tanto il perché, ma il come siano stati utilizzati quei fondi pubblici: l’associazione “chiede – si legge nel documento – di verificare se le condotte del Comitato Promotore di Roma 2024 nella scelta dei beneficati dei contratti di consulenza, spese per il personale, collaborazioni e prestazioni professionali, ecc., siano state effettuate secondo le vigenti normative volte alla trasparenza ed alla pubblica evidenza”. I ruoli di accusato e accusatore, insomma, sembrano ribaltati. E infatti Malagò ha commentato: “È una storia surreale, una cosa divertente e per certi versi curiosa”. Dalle parti del Foro Italico, comunque, la notizia del fascicolo (aperto per il momento come semplice atto dovuto), non è stata accolta del tutto negativamente: in fondo quello che il Coni minacciava qualche mese fa era proprio di portare le carte del Comitato alla Corte dei Conti. Ed è quello che succederà adesso, anche se la ragione forse non è proprio quella che si aspettavano.
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/31/olimpiadi-roma-dopo-il-no-della-giunta-m5s-la-corte-dei-conti-indaga-sulle-spese-del-coni-ipotesi-danno-erariale/3627650/
Luigi Di Maio e Marco Travaglio. Diffusa poco fa questa clamorosa notizia:..
Brutte notizie per l’Italia sul fronte della libertà di stampa. Nell’annuale classifica di Reporters sans Frontieres il nostro Paese perde quattro posizioni, scendendo dal 73° posto del 2015 al 77° (su un totale di 180 Paesi) del 2016. L’Italia è il fanalino di coda dell’Ue (che è comunque l’area in cui c’è maggiore tutela dei giornalisti), seguita soltanto da Cipro, Grecia e Bulgaria.
Classifica: ecco le prime 10 posizioni (Fonte: rsf.org)
GIORNALISTI NEL MIRINO
Fra i motivi che - secondo l’organizzazione con base in Francia - pesano sul peggioramento, il fatto che «fra i 30 e i 50 giornalisti» sarebbero sotto protezione della polizia per minacce di morte o intimidazioni. Nel rapporto vengono citati anche «procedimenti giudiziari» per i giornalisti che hanno scritto sullo scandalo Vatileaks. I giornalisti in maggiore difficoltà in Italia, dunque, sono quelli che fanno inchieste su corruzione e crimine organizzato
DIETRO BENIN E BURKINA FASO
Per farsi un’idea dell’allarmante situazione italiana basta dare un’occhiata alla classifica: ci precedono Paesi come Tonga, Burkina Faso e Botswana.
“SI, HO PRESO 8 MILIONI DI SOLDI PUBBLICI MA NON DOVETE ROMPERMI LE BALLE”. SCHIFO BARBARESCHI, COSI SI FA BEFFA DEL POPOLO ITALIANO.
«Vuole la verità? Ho vinto». Nello studio di Luca Barbareschi, al Teatro Eliseo, tra cimeli cinematografici, pile di libri, locandine, alle pareti ci sono due sole foto con i politici: in una è con Napolitano, nell’ altra con Berlusconi. La settimana scorsa, grazie a un emendamento bipartisan Pd-Forza Italia, il direttore del teatro di via Nazionale ha portato a casa un finanziamento di 8 milioni di euro, che ha sollevato uno tsunami di proteste nel mondo dello spettacolo italiano.
Barbareschi, ha contro tutti: l’ Agis, 40 teatri. Dicono: perché a lei sì e agli altri no? Non è una domanda legittima?
«Ma gli altri ricevono da anni. Il Piccolo prende, inclusi i contributi degli enti locali, 11 milioni annui, l’ Argentina 9 milioni, lo Stabile di Napoli 7,3 milioni. Il Festival di Spoleto 3,5 milioni l’ anno. Sa quanto prendeva l’ Eliseo, quando sono arrivato qui nel gennaio 2015? 500mila euro ».
Ma l’ Eliseo è privato.
«Qua di privato ci sono solo le mura, peraltro marce. Ci ho investito personalmente 5 milioni. Niente era a norma. Gli estintori risalivano al 1986».
Senza quei soldi l’ Eliseo chiude?
«Garantito. Ed è un Tric, un Teatro di Rilevante Interesse Culturale. Mi attaccano per puro rosicamento».
Quanto costa gestirlo?
«Quattro milioni l’ anno, tra due anni sarò di nuovo nella merda».
Fatto sta che lei rivolgendosi direttamente al Mef ha ottenuto una corsia preferenziale. Morando era contrario.
«Chi è Morando?»
Il viceministro all’ Economia.
«Non hanno consapevolezza del nostro lavoro. Prenda i miei colleghi: vanno in Parlamento a sparlare degli altri, parlano di physis. Sa invece come li ho convinti io? Sono andato a parlare con ognuno di loro in Commissione Bilancio. Avevo contro il governo. Se questo finanziamento fosse passato con Berlusconi al potere avreste evocato la P2…»
Invece lei ha già fatto la grande coalizione Pd-Forza Italia.
«Ho rispettato le regole. Non mi devo vergognare. Il Parlamento ha capito che un teatro come quello di via Nazionale mai nella storia si è potuto sostenerlo coi soli incassi».
Non è un sostegno ad personam? Non è stato privilegiato per le sue entrature nel mondo politico?
«Guardi che i decisori politici sapevano benissimo che serviva un qualche intervento compensativo che accompagnasse la mia avventura, nella riapertura del teatro. Per citare Massimo Catalano (il “filosofo” di Quelli della notte, ndr): meglio l’ Eliseo chiuso o aperto?».
Per De Capitani, condirettore del Teatro Elfo-Puccini di Milano, così saltano tutte le regole.
«La salvezza dell’ Eliseo è la piena sconfitta di quelle associazioni che negli ultimi trent’ anni si sono occupate di teatro: Agis, Federvivo, Platea.
Mi sono rivolto direttamente alla politica dimostrando con i fatti che davanti a interlocutori credibili e con le giuste motivazioni la stessa politica risponde ».
Con questi soldi si comprerà il teatro?
(Ride). «Paghiamo un canone di locazione di oltre 400mila euro l’ anno. Motivo per cui stiamo studiando da tre anni una formula di acquisto dell’ immobile che sarà un investimento privato, fatto con la mia società immobiliare».
I Cinquestelle lanciano questo slogan: 8 milioni a Barbareschi, zero alle vittime del terrorismo.
«Populismo puro. Se qualcuno spara alle mie figlie io sparo a Beppe Grillo».
È diventato renziano?
«Mi è molto simpatico. Però temo che questo Paese sia meno avanti di quello che lui crede ».
Il ministro Franceschini che ruolo ha avuto nella vicenda?
«Ha cercato di dare una mano. Non intacco i fondi del Fus. All’ estero questa sarebbe salutata come una best practice, nel nostro provincialismo siamo incapaci di cogliere la novità che sottintende a tutta l’ operazione ».
Lei ci guadagna?
«Da quando sono qui non prendo un euro».
Suo suocero, Andrea Monorchio, è l’ ex Ragioniere generale. Qualcuno ventila un suo ruolo. È così?
«Chi lo ha scritto sarà querelato. Mio suocero è in pensione da anni».
Cosa pensa delle disavventure di Fini?
«Lo mandai affanculo, lui mi diede del pagliaccio. Ora gli stessi che lo leccavano gli sputano in faccia. Allora io adesso lo difendo, con dolore: “Gianfranco ti voglio bene”».
Berlusconi andrà al governo con Renzi?
«Non lo so. Silvio lo sento spesso. È una persona di cuore. Se hai un problema lui ti manda tutto quello che vuoi».
Con la Raggi ha contatti?
«Se solo mi rispondesse al telefono. Il suo assessore alla cultura, Bergamo, dice che siamo irrilevanti. Facciamo la stagione Tor Bella Monaca, ci perdo 200mila euro l’ anno, ma il teatro è sempre pieno: faccio più io di Bergamo per i ceti popolari».
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