giovedì 1 dicembre 2016

Panico in studio! Travaglio esplode in studio contro il piddino e distrugge la riforma di Renzi in pochissimi minuti



Tutto quello che bisogna sapere sul Referenzum sulla schiforma Boschi-Verdini

Ad ottobre (ancora non sappiamo in che data) il paese sarà chiamato ad esprimersi per il referendum confermativo della riforma costituzionale, il DDL Boschi: su questa riforma, sul "sì", il governo ha messo la faccia ma ha pure legato la sua permanenza al potere. Perché se perdo, dicono Renzi e il ministro Boschi, con che faccia mi ripresento al paese?

Mettiamo da parte la questione, non secondaria, che le Camere sono sciolte dal Presidente della Repubblica e non dall'esecutivo. Concentriamoci sul contenuto della riforma: ogni giorno su buona parte dei TG è un continuo ripetersi degli slogan delle regioni del Si. #Bastaunsì è l'hashtag che gira sui social: metti un sì, sembra di capire, è tutti i problemi della nostra Repubblica saranno risolti.
Non preoccuparti, elettore, c'abbiamo pensato noi: taglio ai costi della politica, tempi certi per l'approvazione delle leggi, fine del bicameralismo perfetto. Avremo un sistema più snello, con meno costi, più agile.

Sui telegiornali le ragioni del no hanno avuto e (presumibilmente) avranno poco spazio: altrimenti sarebbe abbastanza facile smentire tutte questi mini spot per la riforma. A quanti sostengono le ragioni del no (e magari non sono comici, calciatori, ma costituzionalisti fuori dai giochi della politica) ci sono solo pochi secondi per cercare di spiegare, di far capire a chi ascolta dei rischi che questo sistema comporta. Il tante volte ripetuto “combinato disposto” di una riforma che accentra potere nell'esecutivo, toglie rappresentatività, elimina pesi e contrappesi (check and balances dicono quelli bravi) con una legge elettorale che mantiene di fatto tutti i difetti del porcellum.

Per questo motivo i giornalisti del Fatto Quotidiano, il direttore Travaglio e Silvia Truzzi hanno deciso di pubblicare questo breve saggio, “Perché no”, che raccoglie e spiega tutte le ragioni del no.
Non a caso il libro inizia col capitolo “Passate parola”: è così semplice oggi, in un paese dove la gente tende a delegare, a non interessarsi, a non appassionarsi più alla politica, dire sì.
Non pensate, non ragionate, non sforzatevi. Basta un sì.

Massì dai, aboliamo del tutto questa Costituzione, che per molti (tipo JP Morgan, per fare un nome) è come un vestito troppo stretto, scomodo, perché è pensata per includere e non per escludere, per tutti senza discriminare e non solo per le elìte.
La legge uguale per tutti, la sovranità che appartiene al popolo, il diritto all'istruzione fino ai più alti livelli per i meritevoli, il diritto alle cure, ad un salario dignitoso.
Non capita tutti i giorni di riformare la Costituzione e dunque quando la si modifica (cosa ragionevole, non essendo un dogma scolpito nella pietra) si deve procedere allargando il dibattito a tutti, non lavorare a colpi di maggioranza, a colpi di canguro e di questioni di fiducia, per escludere le proposte delle minoranze e con il ricatto o votate si o si va a casa.
Questa riforma, dicono quelli che pure voteranno sì, è scritta male, raffazzonata, pasticciata (Scalfari, Cacciari,Benigni ..): ma se non votiamo si, avremo perso tempo, avremo perso un'occasione, daremo l'impressione di non essere capaci di fare le riforme...
Falso: se passa il si ci troveremo sulle spalle leggi costituzionali, da cui discenderanno le leggi ordinarie, scritta male, che creeranno contenziosi tra regioni e Stato centrale, che impatteranno sulla nostra vita.
È sbagliato riformare la legge delle leggi considerando i problemi dell'oggi (le reazioni dei mercati, degli altri paesi europei) e non l'effetto che avrà sull'Italia dei prossimi decenni.

Per quanto detto sopra (e quanto dirò in seguito) è importante votare no al referendum, per questo è importante essere consapevoli di cosa comporterà il sì, per questo è importante questo libro. Libro che ha il pregio di smontare tutte le ipocrisie, le bugie anche grossolane, la spudoratezza del fronte del si.

Padri Costituenti e ricostituenti.
In questo capitolo si racconta di come è nata la Costituzione attuale, approvata nel 1948 dopo due anni di lavoro da parte dei costituenti, confrontando poi l'iter approvativo dell'attuale riforma che toccherà 47 articoli del 136, alcuni riscritti male (l'articolo 70 passa da 9 parole a 439, per dire della complessità del linguaggio); non dovrebbe toccare i principi della prima parte, ma non è detto che ciò accada nel futuro.
Si è arrivati alla sua approvazione col canguro (del senatore Esposito) per abbattere gli emendamenti della minoranza, con la sostituzione dei componenti della commissione affari costituzionali contrari come Corradino Mineo.
Non solo: questa è la riforma di Renzi, Boschi (e Verdini e Berlusconi, che nella prima parte die lavori erano pure favorevoli). Ci si è dimenticato quindi di quanto scriveva Calamandrei “quando si scrive la Costituzione i banchi del governo dovrebbero essere vuoti”.

La controriforma.
Cosa c'è dentro Italicum e DDL Boschi?
Non c'è maggiore semplificazione dell'iter delle leggi, poiché per alcune si mantiene il passagio tra Camera e Senato.
Non si è abolito il Senato che diventa una camera di doppio lavoristi, già pagati dalle regioni (o dagli enti locali) e che riceveranno probabilmente un rimborso per lo spostamento nella capitale.
Noi cittadini non li voteremo più, ma la riforma rimanda ad altra legge il modo in cui verranno scelti i consiglieri regionali.
Si risparmieranno costi? Per gli stipendi dei 215 senatori sì. Ma parliamo di un risparmio di 25 milioni per una macchina (il Senato) che costa circa 500 ml l'anno.
Tutto qua il risparmio, 215 senatori di meno, quando attorno alla politica, nello stato centrale, nelle amministrazioni e nelle partecipate lavorano 1,1 milione di persone? Le leggi verranno approvate più velocemente?
Dipende, per alcune l'iter di approvazione rimane doppio. E poi c'è una questione dirimente: chi controlla l'operato dell'esecutivo (che avrà un binario preferenziale per i suoi decreti)?
Con una Camera di nominati, in maggior parte, con la possibilità di eleggere i membri più malleabili al CSM e dentro la Corte Costituzionale, mancano i contrappesi al potere del Presidente del Consiglio.
Vogliamo tornare ai tempi in cui Berlusconi si approvava lo scudo del lodo Alfano, ai tempi della legge Ronchi che consegnava ai privati la gestione dell'acqua, alle centrali nucleari che diventavano opere strategiche?
Le leggi dell'esecutivo già oggi sono la stragrande maggioranza e passano tutte in meno di due mesi.
E senza bisogno del DDL Boschi.
Le leggi che non passano (o che fanno fatica a passare, su tortura, autoriciclaggio, sulla prescrizione, sulle unioni civili) è perché sono i partiti a non volerle.

L'Italicum: differisce dal porcellum perché il premio di maggioranza viene dato se la lista vincente passa il 40%. Ma rimangono i capilista bloccati, i collegi multipli.
Il premio di maggioranza garantirà una stabilità? Non è detto perché dà una maggioranza di soli 26 deputati.
E non è detto nemmeno che non ci saranno più inciuci e ricatti delle minoranze: i gruppetti si metteranno assieme al partitone (della nazione?) prima delle elezioni, per poi sciogliersi nuovamente dopo il voto. Come sta succedendo oggi con ALA di Verdini e NCD di Alfano.

A proposito: la sovranità appartiene al popolo sta scritto nell'articolo 1. Ma domani, questa apparterrà ai partiti, che si sceglieranno i deputati e i senatori.
Saremo una Repubblica semipresidenziale, con una Camera svuotata delle sue funzioni e con un Senato che non rappresenterà né le regioni (non c'è vincolo di mandato e né vincolo di votare come espressione del voto regionale) né le autonomie e non avrà più funzione di controllo.

A quanti tirano fuori le proposte dell'Ulivo dove già si parlava di riformare il Senato, o Berlinguer quando proponeva di eliminare la doppia camera, si può rispondere che erano proposte che si basavano su una diversa legge elettorale.
Ai tempi di Berlinguer c'era il proporzionale puro (che garantisce rappresentatività) e la proposta dell'Ulivo del 1996 era così poco importante che rimase lettera morta.
Il Mattarellum, vent'anni fa, non aveva l'abnorme premio di maggioranza oggi previsto dall'Italicum.
Che, ricordo, è stato approvato usando il meccanismo della fiducia. Come la legge Acerbo del 1924.

C'è la ciliegina sulla torta dei referendum: si è abbassato il quorum per i referendum (50% dei votanti alle ultime elezioni) ma servono 800 mila firme.
E sappiamo come poi i risultati dei referendum siano stati disattesi (l'acqua, il finanziamento ai partiti). Le leggi di iniziativa popolare (per cui serviranno 150mila firme) dovranno essere discusse dal parlamento, ma questo è rimandato ad una futura legge e non è detto che poi finiscano nel cassetto.

E vissero felici e impuniti.
Buona parte dei neo senatori saranno i consiglieri regionali di cui oggi sentiamo parlare per le inchieste come le spese pazze dei fondi regionali.


Dalla Val d'Aosta alla Sicilia, una lunga carrellata di consiglieri con alle spalle inchieste e condanne e che ora dovranno andare a Roma a rappresentare le regioni d'appartenenza con tanto di immunità parlamentare.
Ne abuseranno, usandola come scudo per proteggersi per inchieste di natura non politica?
Vogliamo veramente fidarci di queste persone che già prendono stipendi più che onorevoli e che ora diventeranno pure senatori?

C'è chi diveva no.
Penso che questo sia il capitolo più interessante.
Nel 2005 il governo Berlusconi approvò la sua riforma costituzionale, la devolution, toccando 53 articoli della Costituzione.
Si andava verso un regime presidenziale chiaro: l'allora centro sinistra criticò la riforma nei metodi (essere stata approvata dalla sola maggioranza) e nella sostanza (il potere consegnato nelle mani dell'esecutivo e del Presidente del Consiglio) senza contrappesi.
Il vicepresidente della regione Emilia Romagna Gualmini, ad Otto e mezzo aveva criticato il no di FI dicendo “[..] per non parlare di Brunetta e Berlusconi che avevano fatto una riforma del tutto identica”.
Ohibò: il Pd ha fatto una riforma identica che nel 2006 aveva criticato (e fatto campagna elettorale per il no) e ora la ri propone pari pari?
Talvolta qualche pezzo di verità esce dalla bocca di questi personaggi.

Tra quanti dicevano no troviamo la senatrice Finocchiaro, il presidente Mattarella, Napolitano, Fassino, Pier Luigi Bersani, Renzi stesso (all'epoca presidente della provincia di FI).
Franceschini scriveva “il PDC ha in mente un paese in cui il potere viene sempre più tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona”.mQuello che succederà con la riforma Boschi.
Il costituzionalista Ceccanti (oggi fautore del si alla riforma Boschi) e l'economista Salvati avevano fatto un appello contro la devolution “approvare unilateralmente un testo così è uno strappo”.
Nel 2006 a schierarsi per il no c'erano anche magistrati (come Spataro), cosa che oggi d a fastidio all'esecutivo di centrosinistra (schierato per il si).
Infine l'ex presidente Napolitano che, intervistato da Myrta Merlino diceva “non deve passare un'eccessiva amplificazione dei poteri del capo del governo”.
Era il 2006 e all'epoca non ci si poneva il problema per cui se si votava si si sarebbero persi anni di lavoro e un'occasione per rinnovare la carta etc etc …

Le alternative c'erano
Partiamo da un principio semplice semplice: la carta costituzionale si può cambiare, prescindendo dai principi della prima parte che dovrebbero rimanere intoccabili e che ancora aspettiamo la loro attuazione.
Molti dei costituzionalisti del no erano pure favorevoli a riformare gli assetti del nostro paese e avevamo proposto al governo le loro idee. Purtroppo inascoltati.
Così è successo per le proposte di Zagrebelsky che proponeva un senato di garanzia di eletti, non rieleggibili, con criteri di esperienza e di non incompatibilità.
Una camera eletta col criterio maggioritario, senza nominati e su collegi uninominali e un Senato di garanzia che si attiva su alcune leggi per attivare la procedura bicamerale paritaria.
Azzariti, docente di Diritto Costituzionale a Roma, proponeva direttamente l'abolizione del Senato e un'unica Camera eletta in modo proporzionale (che era poi la proposta anche di Berlinguer e Ingrao, oggi citati a sproposito).
Anche Massimo Villone, professore di Diritto Costituzionale a Napoli, proponeva l'abolizione del Senato o, in alternativa, la trasformazione verso una repubblica presidenziale vera. Ma con un meccanismo di controlli per avere “un governo forte, ma anche un popolo non di sudditi ma di cittadini”.
Alessandro Pace, professore emerito della Sapienza a Roma, era dell'idea di trasformare il Senato in organo solo consultivo, poiché non eletto.

Insomma c'erano diverse alternative al “pastrocchio” del Senato non eletto, con poteri legislativi, composto anche da persone scelte dal presidente della Repubblica (perché?), con tanto di immunità ma che non rappresenterà i territori.
Il rammarico di questa occasione persa è nelle parole di Lorenza Carlassare, professore emerito a Padova: “nessuno difendeva il bicameralismo paritario, l'accordo sulla sua modifica era pressoché unanime. Bastava procedere sulle vie indicate dalla Costituzione [..] Le Costituzioni sono fatte per durare, non le si può cambiare secondo gli umori della maggioranza del momento”.

Niente da fare: professoroni, gufi, archeologi della Costituzione.
Anche la proposta del Fatto Quotidiano stesso, lettera morta: non è vero che chi è per il no sia contrario ai cambiamenti in sé, dunque. La domanda da porsi è perché sono stati bloccati i tentativi di mediazione, di dialogo, a suon di ghigliottine o canguri.
Fino ad arrivare alla situazione ridicola di oggi dove, dopo la batosta alle elezioni amministrative (la sconfitta a Roma, Napoli e Torino), si torna a parlare di modifiche all'Italicum e a considerare l'ipotesi di spacchettare i quesiti.

Come funziona negli altri paesi
Interessante è vedere come stanno le cose in altri paesi dove, è vero, non esiste un sistema bicamerale perfettamente paritario come in Italia, ma dove esiste piena rappresentatività e dove esistono sistemi di controllo al potere dell'esecutivo.
In Germania, dove nel Bundesrat si trovano persone scelte (non elette) dai Lander stessi col vincolo del mandato, ovvero dovranno votare compatti, pena il voto nullo.
Il Bundestag è eletto con quote di proporzionale e maggioritario.
Negli Stati Uniti sono eletti in modo diretto i membri di Camera dei rappresentanti e del Senato: c'è un bicameralismo perfetto per il sistema legislativo e per la revisione delle leggi costituzionali.
Il Senato ha poteri di vaglio e ratifica sulle nomine presidenziali, fa da giudice per i procedimenti di impeachment nei confronti del Presidente.
La Francia è un sistema semi presidenziale dove l'esecutivo ha due teste: Presidente del Consiglio e della Repubblica che possono avere colori politici diversi.
Mentre negli Stati Uniti il Congresso ha potere di controllo sul Presidente, in Francia il potere è sbilanciato verso quest'ultimo.
Il Senato è eletto da un collegio di grandi elettori (162mila tra deputati, senatori, consiglieri regionali): l'iter delle leggi è bicamerale ma solo la l'Assemblea nazionale dà la fiducia al governo.
Nel Regno Unito esistono due Camere, la prima House of Commons eletta in modo maggioritario uninominale e la seconda da nominati (Lords ereditati o nominati, 26 vescovi).
Il sistema è bicamerale ma non paritario: la prima Camera dà la fiducia, la seconda è di controllo, “camera di riflessione” sulle leggi del governo.
Infine la Spagna: è un modello regionale asimmetrico, non essendo indicato in Costituzione né quante siano le regioni né le loro competenze.
Il Parlamento è bicamerale: il Congresso eletto in modo proporzionale dà la fiducia, il Senato ha funzione di veto e può proporre emendamenti.

Le ragioni del no
Le ragioni per cuivotare no sono riassunte in questo articolo uscito sul FQ: sono 35 punti, il primo dei quali dovrebbe tagliare la testa ad ogni discussione. Una maggioranza che è tale perché drogata da un premio giudicato incostituzionale, sta cambiando a colpi di minoranza relativa la Costituzione.
In Appendice trovate il testo della riforma costituzionale con a fianco, i testi della costituzione vigente.
Così potete farvi un'idea.
Prima di decidere.

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