Il direttore del Fatto chiamato in causa per delle intercettazioni risibili. Come quella volta che mi chiamò Scajola: "Pronto Telese? Lo sa che lei è un bello stronzo?".
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In questo pozzo avvelenato che stanno diventando le inchieste di Roma, l'ultima follia partorita dei troll della rete è il presunto "coinvolgimento" di Marco Travaglio. Un tentativo di discredito messo in atto da qualcuno che ha tutto il diritto di non pensarla come il direttore de Il Fatto, ma che invece non ha nessun diritto di provare a delegittimarlo imputandogli un fantomatico fiancheggiamento di Raffaele Marra. Non faccio l'avvocato difensore di Marco - che si difende benissimo - mi preoccupa invece l'uso social della piccola-grande diffamazione.
In questo caso - infatti - si tratta di un caso intrigante ed esemplare, sia per la politica che per l'informazione. Di un caso che ci riguarda, perché parte da un postulato compromissorio a di poco ridicolo. Quali elementi si citano - infatti - per dipingere questa sorta di mostruosa connection che legherebbe l'imputato di Roma e il direttore de Il Fatto? Fondamentalmente due, e per giunta risibili. Il primo sono alcune intercettazioni di Marra in cui, parlando con un altro esponente della maggioranza capitolina, Salvatore Romeo, racconta le sue reazioni agli articoli apparsi sulla stampa. Nelle intercettazioni, verbalizzate in forma indiretta dai carabinieri di legge che l'ex braccio destro della Raggi discute con Romeo in questi termini: "Marra dice che è lui che è andato da Grillo e aggiunge che un giorno gli racconterà tutto. Salvatore - scrivono i carabinieri - dice che anche lui deve parlargli, ma non per telefono. Salvatore ha sentito Marco Travaglio e dicono che ha fatto un bel lavoro. Marra dice che lui non può chiamare Travaglio». In realtà nei verbali non si parla sempre di Marco Travaglio, ma - più genericamente - di un certo "Marco". Su questo torneremo a fine articolo. Perché secondo alcuni - ad esempio Carlo Bonini su La Repubblica - si tratterebbe in ogni caso di Travaglio. Secondo il Fatto si tratterebbe di "un Marco", giornalista, amico di Don D'Ercole (il noto prelato, protettore di Marra che lo aveva "raccomandato" nella sua avventurosa carriera). Su alcuni siti informativi e nel web, che moltiplicano è riverberano la notizia con le consuete operazioni di titolaggio e di ritaglio, poi, a testimonianza di chissà quale criminoso piano, si riportano come capi d'accusa alcuni spezzoni di due editoriali in cui si citava Marra del direttore de Il Fatto. Brani che in realtà - a mio parere - non hanno proprio nulla di criticabile. Il primo è questo: "Il fondamentale “Frigogate” (testuale) - scrive Travaglio - è rimasto per due giorni in cima al sito di Repubblica, mentre notizie più trascurabili come i 31 arrestati per tangenti sulle grandi opere venivano molto dopo. L’assessora Paola Muraro, indagata per reati ambientali oblazionabili con una multa da 6.500 euro, e il dirigente Raffaele Marra, mai indagato per nulla - aggiungeva - hanno avuto più titoli di Riina e Messina Denaro, accostati continuamente a Mafia Capitale pur non avendo alcun legame con quell’inchiesta. Intanto il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, che s’è scoperto indagato per Mafia Capitale solo quando i pm han chiesto (e non ancora ottenuto) l’archiviazione, veniva nascosto in una notizietta in breve, anche quando - concludeva il Direttore de Il Fatto - faceva scena muta davanti ai giudici". Secondo editoriale di Travaglio tirato in ballo, eccolo: "Ieri Repubblica rilanciava l’ultima inchiesta dell’Espresso su Marra, l’uomo nero nel mirino del gruppo (e di parte del M5S) perché, essendo un dirigente pubblico, lavorò col sindaco Alemanno e poi con la giunta Marino, e in Regione Lazio collaborò con la giunta Polverini e poi con quella di Zingaretti. Finora, a suo carico, s’era scoperto che ha comprato casa da un costruttore di case, Scarpellini, che gli avrebbe fatto uno sconto (tutto da dimostrare) in cambio di favori (mai dimostrati). Ora - scriveva Travaglio - il nuovo scoop è che nel 2009, da dirigente comunale alle Politiche abitative, fece affittare dal Comune su indicazione della Protezione civile e del suo assessore, per ricoverare gli inquilini di due palazzi andati in fiamme, alcuni immobili di tal Fabrizio Amore, che ora si scopre indagato nell’inchiesta Mafia Capitale".
Piccola nota personale, per così dire preliminare. Come è noto ho spesso avuto idee diverse da Marco, e in molti casi idee differenti proprio sulle sue idee a proposito del M5s. Su Roma, però, chiunque può constatare, leggendo l'intera produzione giornalistica di Travaglio, che il direttore de Il Fatto ha tenuto una posizione molto articolata, molto critica , e per nulla appiattita sulla giunta Raggi. I compilatori delle antologie "criminogene", per esempio, omettono di ricordare la posizione durissima tenuta da Marco proprio sulla questione della Muraro. Il giorno dopo la deposizione-gaffe nella commissione parlamentare, tanto per fare l'esempio più clamoroso, Travaglio chiedeva dimissioni immediate della contestata assessora. E non tanto per l'inchiesta quanto per la "bugia" di aver negato in pubblico (e in una intervista a Il Fatto) qualsiasi coinvolgimento, mentre era già al corrente di essere indagata (per sua stessa ammissione). Io per dire, anche dopo aver letto i mirabolanti capi d'accusa e gli addebiti contro l'assessora, trovo incredibile che sia strafà costretta alle dimissioni perché - quando gli inquirenti hanno fatto l'ispezione - hanno trovato dei canaletti di scolo occlusi. Ma, invece, Travaglio era nettissimo, e scriveva: se ne deve andare.
Quanto alla Raggi: è noto che il più importante attacco giornalistico (legittimo) lo ebbe proprio da Il Fatto, e addirittura alla vigilia del voto che l'avrebbe vista vincitrice. L'idea che venti righe di Travaglio estrapolate a caso possano essere considerate una prova di coinvolgimento è a dir poco risibile. E qui arriviamo al punto di "Marco". Secondo il fatto una volta si parla del direttore, nella seconda l'anonimo Marco riferisce a Marra di essere stato chiamato dal monsignore (D'Ercole) dopo l'intervista di Marra a Il Fatto. Se anche non fosse così, tuttavia, io fatico a trovare un qualsiasi profilo di illegittimità. Marra, e Travaglio lo aveva raccontato, si era presentato con le sue carte e con i suoi documenti in redazione. Aveva proclamato la sua innocenza. Se anche avesse chiamato dopo articoli ed editoriali nulla ci sarebbe di male. Tutti noi che scriviamo siamo perseguitati da coloro di cui trattiamo, anche da quelli di cui scriviamo male. A me accadde di essere chiamato da Claudio Scajola dopo un pezzo durissimo - pubblicato proprio su Il Fatto - ai tempi della casa "a sua insaputa". E non era certo per ringraziare, perché appena alzata la cornetta sentii queste parole: "Pronto Telese? Lo sa che lei è un bello stronzo?". Tuttavia, dentro il cuore di Scajola alberga una sublime diplomazia democristiana. Dopo pochi istanti era già lì che provava a portarmi dalla sua parte: "Lei è un bello stronzo ma una persona onesta. Quindi la invito a venire a casa mia, sedersi con calma sul mio divano, leggere insieme a me le tremila pagine del rinvio a giudizio che mi riguarda, e capire perché mi considero del tutto innocente ed estraneo agli addebiti". È una telefonata che cito, talvolta, quando in pubblico voglio strappare una risata facile. Perché dopo aver sudato freddo, dicevo a Scajola: "Evito il divano, evito la lettura e le chiedo: ma perché un imprenditore in affari con lei avrebbe dovuto fare questo regalo della casa a sua insaputa?". Erano trascorsi dieci lunghi secondi, poi Scajola - con uno scatto geniale - aveva concluso: "Ma lo sa Telese, che questa domanda me la sto facendo anche io?". Il caso vuole che il giorno dopo trascrissi in un articolo anche questo dialogo. Ma - se come si fa per Travaglio - si fosse intercettata questa conversazione, omesso quello che io scrivevo prima e dopo, e si fosse solo trascritta solo la parte in cui Scajola mi chiedeva di diventare il partigiano della sua causa, il testimone onesto della sua innocenza, che immagine si sarebbe potuta dare del nostro rapporto "incestuoso"? Il frammento manomette il contesto è altera la realtà, fino addirittura a ribaltarla. Dopo quello che Marco ha scritto della Raggi e della Muraro, dell'inchiesta di Roma, è assurdo cercare le prove di una compromissione di cui in questi normalissimi incroci relazionali non c'è alcuna traccia. Se Marra fosse andato in una qualsiasi redazione con le sue carte e le sue verità chiunque gli avrebbe dato ascolto: Bonini, Telese, Saviano. Non per altro: è il nostro mestiere.
Fonte: http://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/marra-travaglio-pozzo-avvelenato/
Telese, da sostenitore M5S, ti dico, non tutti adorano Travaglio e non per le sue critiche. In realtà Travaglio difende le persone, di cui si fa una propria convinzione personale, e attacca sempre il moVimento bastonando Grillo. Il quale, col senno del poi, è l'unico ad aver la vista lunga su tutti, giornalisti e opinionisti compresi. Questo doppio standard, sì ad alcuni M5S, no tout court al moVimento in sé lo pone in una posizione di conflitto e distruttiva per chi, da m5s lo vede come un punto di riferimento.
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