sabato 31 dicembre 2016
IL FANTASTICO DISCORSO DI FINE ANNO DI BEPPE GRILLO. GUARDA E CONDIVIDI
Per vedere subito il video arrivate al minuto 4:30. Grazie a tutti
Roma, Giunta Raggi salva in Aula 100mln di debiti fuori bilancio
Roma, 30 dic. (askanews) - La maratona di tre giorni dell'Assemblea capitolina ha portato al riconoscimento di quasi 100 milioni di euro di debiti fuori bilancio del Comune di Roma. Le 58 delibere approvate in Aula Giulio Cesare oggi, sommate alle 75 approvare nei due giorni precedenti, fanno sì che il totale dei documenti predisposti e vagliati dalla Giunta e dalla commissione Bilancio dal 9 dicembre, data in cui il Mef ha autorizzato uno spazio di finanza pubblica sul debito gestito del Comune di 137 milioni, successivamente sottoposti a votazione in Aula tocchi il numero record di 133 delibere in totale, alcune risalenti a debiti accumulati fin dal 2004. Tornano, così, nelle casse dello Stato circa 37 milioni che torneranno a disposizione del bilancio capitolino al prossimo consuntivo. "Avremmo potuto riconoscere fino a 110 milioni di debiti fuori bilancio - ha spiegato l'assessore capitolino al Bilancio Andrea Mazzillo commentando la chiusura del tour de force da oltre 24 ore continuative spezzate in tre sessioni d'aula - stiamo riconoscendo altri debiti, abbiamo cominciato un circolo virtuoso. I soli debiti relativi alle residenze sanitarie assistite valevano 30 milioni l'anno prima che arrivasse Raggi. Tronca ne accumulati altrettanti, ma ne ha riconosciuti solo 10, noi da quest'anno non ne faremo più. E non solo in questo settore". Rispetto all'atteggiamento collaborativo con cui le opposizioni hanno sostenuto senza ostruzionismo la copertura dei debiti della capitale, Mazzillo, ringraziando gli uffici, la presidenza d'Aula e tutti i consiglieri, ha spiegato che con questo traguardo raggiunto "l'amministrazione capitolina nel suo complesso ha lanciato un segnale di credibilità e reputazione alla città, non solo a chi ci ha criticato sui tempi. Chiedo a tutti di continuare su questa strada, continuando a verificarci, a chiederci conto del nostro impegno che sta andando avanti". Il prossimo appuntamento col bilancio capitolino per la Giunta Raggi sarà col previsionale 2017-19 che, bocciato dall'Oref, verrà emendato e sottoposto nuovamente ai revisori e all'Aula Giulio Cesare a partire dai primi di gennaio, perché possa essere approvato entro il 28 febbraio come prevedono i termini di legge.
fonte: https://it.notizie.yahoo.com/roma-giunta-raggi-salva-aula-100mln-di-debiti-185814369.html
venerdì 30 dicembre 2016
Travaglio da capolavoro. Ecco l'ultimo editoriale spettacolare in difesa della Raggi.
rutti, sporchi e cattivi !!!!!
Altri dieci buoni motivi per cui i 5Stelle non potranno mai governare né Roma, né l’Italia, né un condominio.
1. Campidoglio: Raffaele Marra, dirigente comunale dai tempi di Alemanno e Marino, viene promosso da Virginia Raggi a capo del Personale. Marra risulta incensurato e mai indagato, poi la Procura di Roma scopre che tre anni prima s’è fatto pagare una casa da un costruttore e lo fa arrestare. Tutti contro la Raggi perché doveva prevederlo che sarebbe finito nei guai, quindi è un’i nca pa ce che non sa scegliersi i collaboratori: “Caos Roma, Raggi nella bufera, Virginia vattene”. Palazzo Chigi: il premier Paolo Gentiloni nomina sottosegretari del suo “nuovo” governo tutti quelli di Renzi, fra i quali Giuseppe Castiglione, indagato in Mafia Capitale per corruzione elettorale e turbativa d’asta (appalto truccato del Cara di Mineo); Simona Vicari, inquisita per falso (visite in cella a Cuffaro); e Vito De Filippo, imputato per peculato e indagato per induzione indebita (già concussione). Grandi elogi a Gentiloni per la serafica continuità col governo Renzi, che tanto bene fece agli italiani a loro insaputa: nessuno gli dà dell’in capace per non aver previsto che Castiglione, De Filippo e Vicari sarebbero finiti sotto inchiesta, anche perché lo erano già, quindi non solo l’aveva previsto: lo sapeva. Perciò li ha confermati. Lui sì che sa scegliersi i collaboratori.
2. Campidoglio: la Raggi nomina assessore all’Ambiente Paola Muraro, incensurata e non indagata. Un mese dopo la Muraro fa un secondo interpello ai pm e scopre di essere inquisita. Lo annuncia lei stessa con la Raggi un mese e mezzo dopo, in commissione Ecomafie. Polemiche à gogo perché non l’hanno detto subito, attacchi furibondi a Di Maio perché era stato avvisato via email ma aveva taciuto. “Caos 5Stelle, Di Maio nella bufera, Luigi vattene”. Poi la Muraro riceve l’i nvito a comparire con le accuse (presunte violazioni del testo unico ambientale) e la Raggi la fa dimettere. “Caos Roma, Raggi nella bufera, Virginia vattene”. Palazzo Chigi: Gentiloni promuove a ministro dello Sport il sottosegretario Luca Lotti, incensurato. Poi Lotti viene indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto insieme al comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette: Luigi Marroni, ad di Consip, li accusa di averlo avvisato che i pm di Napoli avevano piazzato delle cimici nei suoi uffici per trovare le prove di una mazzetta per il più grande appalto d’Europa che sta a cuore a papà Renzi e a due imprenditori amici. Gentiloni conferma Marroni, Lotti e Del Sette perché “ho fiducia nei magistrati”. Risultato: o la Consip è guidata da un calunniatore, o al governo e al vertice dell’Arma ci sono due delinquenti bugiardi. Ma niente caos-bufera-“Renzi e Gentiloni sapevano”: solo tanta fiducia nella Giustizia.
3. Palazzo Vecchio, Firenze: come rivela il Fatto nel 2015, la Corte dei Conti boccia gli ultimi 4 bilanci del Comune, cioè l’intera gestione dell’ex sindaco Renzi: “Gravi irregolarità, inosservanza dei principi contabili di attendibilità, veridicità e integrità del bilancio”. Nessuna reazione. Palazzo Chigi: l’Ufficio parlamentare di Bilancio, Bankitalia e la commissione Ue censurano la Stabilità di Renzi. Nessuna reazione. Campidoglio: i revisori dei conti bocciano il bilancio della giunta Raggi, il primo non falso degli ultimi 10 anni, dopo aver avallato tutti gli altri. Uno dei tre revisori è imputato per bancarotta fraudolenta. “Caos Roma, Raggi nella bufera, Virginia vattene”.
4. Palazzo Chigi: la Corte costituzionale, con ampie motivazioni, boccia in quanto incostituzionale la riforma Madia della PA. Governo, partiti e giornaloni attaccano la Consulta che si permette addirittura di sindacare la costituzionalità di una legge. Campidoglio: come ben 800 sindaci, anche la Raggi emana un’ordinanza per vietare a Capodanno botti, razzi e fuochi artificiali a difesa dell’incolumità di persone e animali. Ma il Tar del Lazio accoglie un ricorso dei produttori di botti e sospende senza motivazioni l’ordinanza, rinviando la discussione sul merito al 25 gennaio: tanto per il Capodanno 2017 c’è tempo. E giù lacrime dei giornaloni sul Capodanno triste, con l’albero di Natale spoglio e senza Concertone (lo sponsor che ha vinto la gara chiedeva i soldi al Comune: primo sponsor a pagamento della storia). “Caos Roma, Raggi nella bufera, Virginia vattene”.
5. Palazzo Marino, Milano: il sindaco Giuseppe Sala, indagato per falsa dichiarazione (nascose una villa in Engadina e due società in Romania), truffa (sulle monete e le medaglie di Expo) e soprattutto falso in atto pubblico (sul maggiore appalto di Expo), nomina assessore al Bilancio Roberto Tasca, suo socio nella Kenergy (società che produce energia elettrica, una di quelle non dichiarate). Altri applausi. Campiddglio: la Raggi, non indagata, per evitare il conflitto d’interessi tra Raffaele Marra e il fratello
giovedì 29 dicembre 2016
L’ALLARME DI TRAVAGLIO: RAI E TV DI REGIME METTONO IL BAVAGLIO SUL PEGGIOR SCANDALO DI CORRUZIONE MONDIALE: 2,7 MILIARDI DI EURO
La famiglia RENZI, il ministro LOTTI, la CONSIP, altissimi esponenti dei Carabinieri… un VERMINAIO in un caso di corruzione da 2,7 MILIARDI DI EURO. Eppure, agli italiani tutto questo viene nascosto. La RAI non ne ha fatto parola alcuna.
“Chi s’informa (si fa per dire) dai tg Rai, cioè la stragrande maggioranza degli italiani, non sa quasi nulla dell’indagine della Procura di Napoli che vede indagati Luca Lotti (il ministro più vicino a Renzi) e i generali Tullio Del Sette (comandante generale dei Carabinieri) ed Emanuele Saltalamacchia (capo dell’Arma in Toscana) per la soffiata che ha vanificato le intercettazioni alla Consip a proposito di un appalto in odor di tangenti destinato all’imprenditore Alfredo Romeo, napoletano, grazie ai buoni uffici di Carlo Russo, fiorentino di Scandicci intimo della famiglia Renzi.
Chi invece si informa sui giornaloni qualcosa sa, anche se, visti gli spazi angusti riservati all’indagine svelata dal Fatto, pensa che sia robetta. Nulla di paragonabile alle firme false dei 5Stelle a Palermo, all’indagine sulla Muraro e alla nomina del fratello di Marra in Campidoglio da parte della Raggi che “potrebbe essere indagata”: queste vicende tengono banco da mesi o da settimane sulle prime pagine e in tutti i tg, mentre lo scandalo napoletano è rapidamente scomparso dai radar, dopo i titoli rassicuranti su Del Sette subito ascoltato in Procura seguito a ruota da Lotti. Del resto, mentre i 5Stelle litigano notte e giorno sui giornali, sui social e in tv per le proprie disavventure, dal Pd non si leva un monosillabo. Tutti zitti e mosca. Eppure anche l’inchiesta di Napoli meriterebbe qualche attenzione in più. L’appalto che i pm ritengono truccato è il più grosso d’Europa: acquisti per 2,7 miliardi (sì, miliardi) deliberati dalla Consip (società pubblica al 100% del Tesoro) per la PA. E i personaggi coinvolti, indagati e non, sono tra i più potenti d’Italia: Renzi, suo padre, il suo più fedele ministro, i comandanti dei Carabinieri italiani e toscani, i vertici della prima stazione appaltante del Paese. Tutti mobilitati – a prescindere dagli eventuali reati commessi o meno – attorno all’indagine di Napoli. Poche settimane fa i pm incaricano i carabinieri del Noe di riempire di microspie gli uffici Consip, dove il dirigente Marco Gasparri avrebbe promesso alcuni lotti della maxi-commessa a Romeo, sponsorizzato da Russo. Ma subito il presidente e l’ad di Consip, Luigi Ferrara e Luigi Marroni, vengono avvertiti da uno o più uccellini di stare attenti a come, dove e con chi parlano. Marroni chiama una ditta per bonificare gli uffici. Questa toglie le cimici due giorni dopo l’installazione. Gli inquirenti se ne accorgono subito: da Consip non esce più una parola. E interrogano Marroni, il quale, sapendosi intercettato, indica 4 uccellini che, in rapida successione, misero in guardia lui e Ferrara. Questi: Del Sette (di cui gli parlò Ferrara), Saltalamacchia, Lotti e Filippo Vannoni. Ex scout fiorentino, amico da una vita di Renzi che l’ha nominato presidente della municipalizzata Publiacqua, Vannoni dichiara – pure lui sotto giuramento – che non solo Lotti&C., ma anche Matteo sapeva in anticipo dell’indagine segreta (si fa per dire). E che sapesse tutto anche Tiziano Renzi l’ha scritto il 6 novembre La Verità, mai smentita. Come se non bastasse, tutti i protagonisti e comprimari dello scandalo sono fedelissimi di Renzi. Sia gli accusati: dai due generali (l’uno è comandante in Toscana, l’altro è stato nominato comandante generale proprio da Renzi) ai due imprenditori (Russo, compagno di pellegrinaggi a Medjugorie di Tiziano, e Romeo, finanziatore dichiarato della fondazione renziana Big Bang). Sia gli accusatori: non solo Vannoni, ma soprattutto Marroni, direttore dell’Asl di Firenze quando Renzi era presidente della Provincia e poi sindaco, poi assessore regionale Pd alla Sanità, infine promosso un anno e mezzo fa al vertice di Consip da Renzi e Lotti. Ce n’è abbastanza per rivolgere, a chi si degnerà di rispondere, cinque domandine semplici semplici.
1. Chi ha informato dell’indagine l’intera catena degli uccellini, cioè Matteo e Tiziano Renzi, Lotti, Vannoni e i due generali, e in quale ordine? Forse la prima fuga di notizie la fa un carabiniere che indaga per conto dei pm, avvertendo i superiori che, anziché custodire il segreto, lo spifferano al Giglio Magico.
2. Perché i generali avvertono proprio l’entourage di Renzi, mettendo a repentaglio le proprie carriere, se nessuno del Giglio Magico era indagato? Forse sanno che dietro Romeo c’è Russo, dietro Russo c’è Tiziano e dietro Marroni ci sono Russo, Tiziano, Matteo e Lotti. E vogliono proteggere il premier & famiglia.
3. Lotti e Del Sette, sentiti a tempo di record dal pm di Roma nonostante le ferie, dicono che è tutto falso: perché allora non querelano Marroni per calunnia? E perché Lotti e il suo governo non licenziano Marroni dalla Consip? Se non lo fanno, possiamo dedurne che Marroni dice la verità, anche perché non ha alcun motivo per calunniare l’amico ministro che l’ha nominato e il più alto ufficiale d’Italia.
4. Perché Renzi non parla, non smentisce e non querela l’amico Vannoni? Se non lo fa, possiamo dedurne che Vannoni dice la verità, cioè che anche Renzi – non si sa a quale titolo – sapeva di un’indagine segreta e non denunciò (com’era suo dovere di pubblico ufficiale) i militari infedeli che violarono, con lui o con altri, il segreto investigativo.
5. È vero, come ci risulta, che l’indagato Del Sette ha chiesto al governo di non confermarlo nel suo incarico che scade tra pochi giorni, ma Gentiloni & C. hanno deciso di lasciarlo lì per altri due anni? Forse perché, se salta Del Sette, tutti si domanderanno come mai non salti anche Lotti?
Domandare è lecito e rispondere non è solo cortesia: in questo caso, sarebbe proprio doveroso.”
(Marco Travaglio FQ 28 Dicembre 2016)
Gesto straordinario della giunta Raggi. Trasporti bus gratis nel 2017. Ecco chi ne ha diritto
Abbonamento Atac gratis per gli over 70: tutte le informazioni
„Una delibera approvata dalla Giunta capitolina ha rinnovato l'agevolazione. Hanno diritto gli anziani con redditi Isee fino a 15 mila euro“
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„Una delibera approvata dalla Giunta capitolina ha rinnovato l'agevolazione. Hanno diritto gli anziani con redditi Isee fino a 15 mila euro“
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Anche nel 2017 i cittadini over 70 con reddito Isee fino a 15mila euro, potranno usufruire gratuitamente degli abbonamenti Atac durante tutto l’anno. È quanto prevede una delibera approvata dalla giunta capitolina.
Coloro che posseggono i requisiti previsti dovranno consegnare presso le biglietterie l’apposita domanda, corredata di certificazione reddituale in corso di validità rilasciata dal Caf oppure da sedi e agenzie Inps, oltre ad una fototessera (solo in caso di primo rilascio) e un documento di identità. In una nota il Campidoglio commenta: "Si conferma, così, la vocazione di questa amministrazione a sostegno delle fasce sociali più deboli".
Commenta Atac: "L’Amministrazione Capitolina, su proposta dell'Assessore alla Città in Movimento Linda Meleo e del Dipartimento Trasporti di Roma Capitale, anche per l’anno 2017 rinnova la concessione dell’agevolazione Over 70, che consente di utilizzare gratuitamente i servizi di trasporto pubblico ai cittadini residenti a Roma Capitale che abbiano compiuto 70 anni, al momento della presentazione della domanda, e dispongano di un reddito, conteggiato con le modalità di calcolo ISEE, non superiore a 15.000 euro".
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Gli interessati al rinnovo dell’agevolazione speciale per il 2017, potranno recarsi dal 1 gennaio 2017 presso le biglietterie di ATAC S.p.A., di seguito indicate, presentando la certificazione ISEE in corso di validità, rilasciata da CAF o sedi e agenzie INPS e compilando l’apposito modulo disponibile presso le biglietterie Atac o sul sito www.atac.roma.it.
La card Over 70 avrà una validità di 365 giorni, a partire dalla data di rilascio, e potrà essere richiesta dal 1 gennaio 2017. I cittadini interessati al primo rilascio dell’agevolazione speciale Over 70, per l’anno 2017, non in possesso della card ricaricabile, che abbiano compiuto il settantesimo al momento della presentazione della domanda, possono recarsi presso una delle suddette biglietterie e compilare il modulo di richiesta allegandovi, oltre alla certificazione del reddito ISEE (nuovo ISEE), la copia del documento d'identità; il personale della biglietteria, verificati i predetti requisiti minimi (residenza a Roma, età anagrafica, reddito ISEE) provvederà alla predisposizione ed alla consegna della tessera Over 70 per la libera circolazione sulla rete del trasporto pubblico locale.
Biglietterie Atac:
·Metro A: Battistini, Ottaviano, Lepanto, Anagnina;
·Metro B: Ponte Mammolo, Termini, Eur Fermi, Laurentina;
·Metro B1: Conca D’Oro;
·Ferrovia Roma - Viterbo: Flaminio
·Ferrovia Roma - Lido; Porta San Paolo
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·Metro B1: Conca D’Oro;
·Ferrovia Roma - Viterbo: Flaminio
·Ferrovia Roma - Lido; Porta San Paolo
orario di apertura al pubblico:
· dal lunedì al sabato: dalle 7.00 alle 20.00;
· domenica e festivi: dalle 8.00 alle 20.00;
· dal lunedì al sabato: dalle 7.00 alle 20.00;
· domenica e festivi: dalle 8.00 alle 20.00;
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„Si ricorda che la suddetta agevolazione speciale Over 70 riguarda esclusivamente la circolazione sulle linee del trasporto pubblico locale gestite da ATAC S.p.A. (bus, filobus, tram, metropolitane A, B, B1 e C e ferrovie regionali Roma - Lido, Roma - Giardinetti e Roma – Civitacastellana - Viterbo tratto urbano) in esecuzione del Contratto di Servizio con Roma Capitale. In caso di furto o smarrimento il duplicato della tessera Over 70 potrà essere richiesta presso le biglietterie ATAC S.p.A. previa presentazione della denuncia all’Autorità Giudiziaria e rimborso dei costi amministrativi pari a € 7,00.“
fonte: http://www.romatoday.it/cronaca/atac-abbonamento-gratis-anziani-70-anni-informazioni.html/pag/2
„Si ricorda che la suddetta agevolazione speciale Over 70 riguarda esclusivamente la circolazione sulle linee del trasporto pubblico locale gestite da ATAC S.p.A. (bus, filobus, tram, metropolitane A, B, B1 e C e ferrovie regionali Roma - Lido, Roma - Giardinetti e Roma – Civitacastellana - Viterbo tratto urbano) in esecuzione del Contratto di Servizio con Roma Capitale. In caso di furto o smarrimento il duplicato della tessera Over 70 potrà essere richiesta presso le biglietterie ATAC S.p.A. previa presentazione della denuncia all’Autorità Giudiziaria e rimborso dei costi amministrativi pari a € 7,00.“
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"NON HAI MAI FATTO UN CAZZO NELLA TUA VITA!". Un operaio distrugge Formigoni in diretta.
L’ex presidente della Lombardia, e senatore di Ncd, Roberto Formigoni è stato condannato a 6 anni di carcere per corruzione, mentre è caduta – “per non aver commesso il fatto” – l’accusa di associazione a delinquere. Lo ha deciso la decima sezione penale del Tribunale di Milano nel processo sul caso Maugeri e San Raffaele per il quale l’ex numero uno del Pirellone era imputato con altre nove persone. La sentenza, letta nella maxi aula della Prima Corte d’Assise d’Appello, la stessa dei processi a carico di Silvio Berlusconi, arriva otto mesi dalla richiesta di pena, quantificata dai pm in nove anni. E innesca subito la polemica politica, non solo regionale, mentre il governatore leghista Roberto Maroni sceglie di “prendere atto” senza ulteriori commenti.
Le condanne per Daccò e gli altri
Per il “Celeste”, alla guida della Regione ininterrottamente dal 1995 al 2013, già democristiano ed esponente di Forza Italia di osservanza ciellina, poi approdato fra gli alfaniani, i giudici hanno disposto anche sei anni di interdizione dai pubblici uffici. Il tribunale ha condannato Formigoni in solido con Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone – coimputati al processo, entrambi ciellini – a versare una provvisionale complessiva alla Regione Lombardia di 3 milioni di euro. Daccò è stato condannato a 9 anni e 2 mesi (l’accusa aveva chiesto 8 anni e 8 mesi) e Simone a 8 anni e 8 mesi come chiesto dalla pm Laura Pedio e Antonio Pastore. Condannati anche l’ex direttore amministrativo della Maugeri, Costantino Passerino, a 7 anni, e l’imprenditore Carlo Farina a 3 anni e 4 mesi.
Per il “Celeste”, alla guida della Regione ininterrottamente dal 1995 al 2013, già democristiano ed esponente di Forza Italia di osservanza ciellina, poi approdato fra gli alfaniani, i giudici hanno disposto anche sei anni di interdizione dai pubblici uffici. Il tribunale ha condannato Formigoni in solido con Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone – coimputati al processo, entrambi ciellini – a versare una provvisionale complessiva alla Regione Lombardia di 3 milioni di euro. Daccò è stato condannato a 9 anni e 2 mesi (l’accusa aveva chiesto 8 anni e 8 mesi) e Simone a 8 anni e 8 mesi come chiesto dalla pm Laura Pedio e Antonio Pastore. Condannati anche l’ex direttore amministrativo della Maugeri, Costantino Passerino, a 7 anni, e l’imprenditore Carlo Farina a 3 anni e 4 mesi.
Fonte testo: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12/22/roberto-formigoni-condannato-sei-anni-per-corruzione-nella-sanita-lombarda-vacanze-di-lusso-cambio-di-fondi/3274911/
“Capaci di tutto”: di Marco Travaglio
Facciamo così. I 5Stelle prendono atto della loro manifesta incapacità di governare Roma, sfiduciano Virginia Raggi e rimandano i romani alle urne. Siccome però c’è il rischio che i cittadini romani – inspiegabilmente scettici sulla capacità di governare di quelli capaci, cioè dei partiti di ogni colore che hanno così bene amministrato la Capitale negli ultimi vent’anni – rivotino M5S, annunciano anche la rinuncia a ripresentarsi alle Comunali, per avere la matematica certezza che il prossimo sindaco non sia un grillino, ma uno capace. Siccome, poi, chi non riesce ad amministrare Roma difficilmente riesce ad amministrare l’Italia, i 5Stelle rinunciano fin da subito anche alle elezioni politiche: i sondaggi infatti li danno in calo per il disastro capitolino, ma ancora favoriti alle urne. Così salteranno almeno un turno e si prenderanno una o più legislature sabbatiche per studiare, imparare come si fa e tentare di formare una classe dirigente all’altezza delle ambizioni. Quando saranno pronti, torneranno a candidarsi alle Politiche e Amministrative, e si vedrà se qualcuno ancora si ricorderà e avrà bisogno di loro: circostanza tutt’altro che scontata, visto che nel frattempo l’Italia e Roma, liberatesi finalmente dall’incubo dei populisti incapaci, saranno saldamente tornate nelle mani dei democratici capaci. Cioè ridiventate il regno di Saturno e la città di Bengodi, com’erano rispettivamente fino a quattro anni e a sei mesi fa, prima della calata degli Unni.
Basta con gli incapaci della giunta Raggi che si fanno bocciare la legge di bilancio dai revisori dei conti. Al loro posto avremo i capaci dei partiti, che hanno scavato nelle casse del Comune un buco di 15 o 16 miliardi (se va bene), consegnando il Campidoglio a Mafia Capitale. Casomai avessero bisogno di una mano per un bilancio oculato e rigoroso, si rivolgeranno ai capacissimi Renzi e Padoan, che in quasi tre anni di governo hanno aumentato il debito pubblico di 118 miliardi (dai 2.106 del febbraio 2014 ai 2.224 di oggi) e varato una legge di Stabilità stroncata dall’Ufficio parlamentare di bilancio, da Bankitalia, dalla Corte dei Conti e dalla Commissione Ue.
Basta con l’incapace Raggi che si fa bocciare dall’Anac la nomina del fratello di Marra alla direzione Turismo. Avremo il capace Renzi che ha nominato la vigilessa Antonella Manzione a capo dell’Ufficio legislativo di Palazzo Chigi e poi alla Corte dei Conti (contro la legge); e Antonio Campo Dall’Orto Ad della Rai, autore di 21 nomine già bocciate come illegittime dall’Anac.
Basta con gl’incapaci a 5Stelle che non sanno scegliersi collaboratori e amministratori, viste le varie inchieste che li coinvolgono. Al loro posto avremo i capaci dei partiti, che vantano 120 inquisiti in Parlamento, 109 nelle Regioni e migliaia nei Comuni. Il capace Sala, per esempio, nella scelta dei collaboratori è un cane da tartufo: all’Expo non gliene hanno arrestato uno, ma tutti. Tranne lui medesimo, che è indagato solo tre volte. Ora però ha autosospeso l’autosospensione, per via di una scoperta sensazionale: “Sono innocente” (la sentenza l’ha scritta lui).
Basta con gl’incapaci a 5Stelle che non sanno scrivere le leggi. Al loro posto avremo il capace Renzi e la capace Boschi, autori di una “riforma” costituzionale scritta coi piedi in una lingua ancora misteriosa, bocciata dal 60% degli italiani al referendum, nonché di una legge elettorale, l’Italicum, che essi stessi hanno già cestinato (mai usata) prima che gliela accartocciasse la Consulta. Avremo la capace Marianna Madia che, amorevolmente assistita da Napolitano jr. e Mattarella jr., ha scritto una riforma della Pubblica amministrazione appena bocciata dalla Corte costituzionale in quanto illegittima. Avremo i capaci Renzi e Padoan che si sono appena visti bocciare la legge sulle banche popolari e hanno lasciato incancrenire per mesi e mesi il disastro creditizio, tant’è che ora ci chiedono un obolo di appena 20 miliardi per fare ciò che avevano sempre negato di voler fare, grazie al cavaliere bianco Jp Morgan: nazionalizzare Mps a spese nostre. Avremo la capace Valeria Fedeli, non laureata né diplomata salvo che sul suo curriculum farlocco, ergo ministro della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca scientifica. Avremo il capace Giuliano Poletti, già celebre per il cenone con Buzzi, Alemanno, Panzironi e Casamonica, che da ministro del Lavoro ha desertificato il settore col Jobs Act e i voucher ora insulta gli italiani all’estero (“fuori dai piedi”), tanto suo figlio Manuel resta in Italia perché lo finanzia il governo di papà alla modica cifra di 200 mila euro l’anno. Avremo il capace Paolo Gentiloni che, da ministro degli Esteri, si astenne sul voto Unesco contro Israele, decisione definita “allucinante” da Renzi, che poi scambiò Gerusalemme per la capitale della Palestina e ora ha indicato Gentiloni come premier-prestanome. Avremo il capace Angelino Alfano, che parla l’inglese come Totò il tedesco (“Noio volevan savuar l’indiriss”), dunque ora è ministro degli Esteri, anche per l’esperienza in sequestri di donne e bambine kazake maturata all’Interno.
Così, con i capaci e senza più gli incapaci, Roma e l’Italia tutta tornera
mercoledì 28 dicembre 2016
VERGOGNA RAI: CROLLA PALAZZINA A ROMA E OMETTONO LA RAGGI DAL SERVIZIO
+++ ECCO A VOI COME IL TG2 OMETTE L'INTERVISTA DELLA RAGGI +++
+++ CONTINUANO A CENSURARE IL M5S +++
ERA TROPPO SCOMODO MOSTRARE LE PAROLE DI UN SINDACO CHE E' CORSO IN SOCCORSO DEI SUOI CITTADINI?
Questo è quello che è successo nel servizio di stasera su RAI2, la rete OCCUPATA DAL GOVERNO!
FATE GIRARE QUESTO VIDEO perché dimostra il nostro 77esimo posto italiano per la libertà di stampa.
DIFFONDI
Mps prestava i soldi a questi ricchi, loro non li ridavano: ecco chi sono, nomi famosissimi
Fra i debitori che non hanno onorato i debiti verso il Montepaschi c’è anche Giuseppe Garibaldi. Incidenti che capitano alla banca più antica del mondo. Evidentemente anche in tempi non sospetti, a Siena sentivano il fascino della camicia rossa. Ma soprattutto rivelavano una certa reverenza nei confronti dei poteri forti. Preferibilmente in odore di massoneria.
Nell'archivio della banca c'è questa lettera dell'Eroe dei Due Mondi: «Signor Esattore mi trovo nell'impossibilità di pagare le tasse. Lo farò appena possibile». Correva l'anno 1863 e non sapremo mai il destino di quel debito.
C'è anche da dire che a Siena avevano una certa dimestichezza con i protagonisti del Risorgimento. Fra il 1928 e il 1932, infatti, la banca era entrata in possesso della tenuta di Fontanafredda che Vittorio Emanuele II aveva regalato alla Bella Rosina. Gli eredi se l'erano fatta espropriare per un debito non pagato. Un npl (non performing loans) in versione reale.
Giuseppe Garibaldi e i nipoti della moglie del Re che non poteva diventare Regina. A Siena sono sempre stati molto trasversali nella scelta dei loro clienti. E anche le sofferenze rifiutano il monocolore. Così fra i clienti che non hanno rimborsato figurano la Sorgenia della famiglia De Benedetti e Don Verzè che, grazie anche all'amicizia con Silvio Berlusconi aveva fondato l'ospedale San Raffaele portandolo anche al dissesto con un buco di duecento milioni. Dagli archivi risultava anche, almeno fino all'anno scorso, una fidejussione di 8,3 milioni che il Cavaliere aveva rilasciato a favore di Antonella Costanza, la prima moglie del fratello Paolo. La signora aveva acquistato, per nove milioni, una villa da sogno in Costa Azzurra e poi aveva dimenticato di pagarla. A Siena, però, conoscevano bene la famiglia Berlusconi e si fidavano. Erano stati i primi a credere nella capacità imprenditoriali di Silvio e non se n'erano certo pentiti.
Giuseppe Garibaldi e i nipoti della moglie del Re che non poteva diventare Regina. A Siena sono sempre stati molto trasversali nella scelta dei loro clienti. E anche le sofferenze rifiutano il monocolore. Così fra i clienti che non hanno rimborsato figurano la Sorgenia della famiglia De Benedetti e Don Verzè che, grazie anche all'amicizia con Silvio Berlusconi aveva fondato l'ospedale San Raffaele portandolo anche al dissesto con un buco di duecento milioni. Dagli archivi risultava anche, almeno fino all'anno scorso, una fidejussione di 8,3 milioni che il Cavaliere aveva rilasciato a favore di Antonella Costanza, la prima moglie del fratello Paolo. La signora aveva acquistato, per nove milioni, una villa da sogno in Costa Azzurra e poi aveva dimenticato di pagarla. A Siena, però, conoscevano bene la famiglia Berlusconi e si fidavano. Erano stati i primi a credere nella capacità imprenditoriali di Silvio e non se n'erano certo pentiti.
Non altrettanto bene però, sono andate le cose con il gruppo che fa capo a Carlo De Benedetti, l'eterno rivale del Cavaliere. Sorgenia, il gruppo elettrico guidato da Rodolfo, primogenito dell'Ingegnere, ha lasciato un buco da 600 milioni. Le banche hanno trasformato i debiti in azioni. Ora sperano di trovare un compratore. Il cuore di Sorgenia è rappresentato da Tirrenia Power le cui centrali sono localizzate in gran parte fra la Liguria e l'Italia centrale. Naturale che Mps fosse in prima linea nel sostenere l'investimento e oggi a dover contabilizzare le perdite.
Ma i problemi di Mps non si fermano alla Toscana e zone circostanti. La forte presenza in Lombardia attraverso la Banca Agricola Mantovana ovviamente l'ha portata in stretti rapporti d'affari con il gruppo Marcegaglia che ha sede da quelle parti. Fra l'altro Steno, fondatore dell'azienda siderurgica, era stato uno dei soci della Bam che aveva favorito l'ingresso di Siena. Tutto bene fino a quando al timone è rimasto il vecchio. Poi è toccato ai figli Antonio ed Emma. Complice la crisi economica, hanno accumulato un'esposizione di 1,6 miliardi che le banche hanno dovuto ristrutturare aggiungendo altri 500 milioni.
Ma a parte questi nomi eccellenti chi sono gli altri debitori che hanno mandato in crisi la banca più antica del mondo? La ricerca non è facile. Il gruppo dei piccoli azionisti del Monte guidato da Maria Alberta Cambi (Associazione del Buongoverno) ha cercato l'identità delle insolvenze. I dirigenti della banca si sono rifiutati di rispondere schermandosi con le regole della privacy. Qualcosa, però, hanno detto. Non i nomi ma almeno la composizione.
Viene fuori che il 70% delle insolvenze è concentrato tra i clienti che hanno ottenuto finanziamenti per più di 500mila euro. In totale si tratta di 9.300 posizioni e il tasso di insolvenza cresce all'aumentare del finanziamento. La percentuale maggiore dei cattivi pagatori (32,4%) si trova fra quanti hanno ottenuto più di tre milioni di euro. Ovviamente un tasso di mortalità così elevato sulle posizioni più importanti apre molti interrogativi sulla gestione. Anche perché la gran parte dei problemi nasce dopo l'acquisizione di Antonveneta. Prestiti concessi nel 2008 che finiscono a sofferenza nel 2014. Certo sono gli anni della grande crisi. Ma non solo. La scansione dei tempi dice anche un'altra cosa: Mussari e Vigni hanno concesso i crediti. Profumo e Viola hanno dovuto prendere atto che erano diventati fuffa.
di Nino Sunseri
di Nino Sunseri
fonte: http://www.liberoquotidiano.it/gallery/economia/12261761/mps-prestava-soldi-ricchi-marcagaglia-de-benedetti-conti-affossati-.html
Roma traditrice. Così la Raggi è rimasta sola
Abbandonata dai poteri capitolini, la sindaca non trova appoggio nemmeno nelle popstar romane, da Venditti a Ferilli, e subisce le pressioni di chi l'ha aiutata a raccogliere voti
Che fine hanno fatto Sabrina Ferilli, Antonello Venditti, Claudio Santamaria, Fiorella Mannoia, e perché non regalano un concerto di Capodanno a Roma e alla sua sindaca Virginia Raggi, che hanno apertamente sostenuto? Sarebbe un atto di generosità per la città, e un sostegno pratico alla Prima Cittadina che è palesemente in difficoltà, confusa come non mai, davanti al voltafaccia di tutti i grandi e piccoli poteri capitolini che l'avevano appoggiata in campagna elettorale.
I sindacati di base, innanzittutto. Quelli della sinistra-sinistra dell'Atac e dell'Ama che si erano sbracciati per lei e poi si sono accodati alla Cgil rifiutandosi di lavorare sotto le feste. I capi dei tassisti, che improvvisamente hanno cominciato a parlarne male. Il generone degli affari e delle relazioni che ruota intorno allo studio Sammarco. Quelli dall'altra parte, gli amici del giro Micromega e dei Comitati per la casa.
Persino il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin che alla vigilia del voto l'aveva benedetta dicendo: «le auguro ogni successo e di diventare quel che vuole diventare». E ovviamente Beppe Grillo, che l'aveva incoronata all'inizio della sua avventura. Dove sono finiti tutti? Possibile che non ci sia nessuno in grado di offrire uno straccio di sponsor per la fine dell'anno, una mano per tenere aperta la metro e sulle strade gli autobus? Una parola gentile per difenderla?
Dove sono finiti tutti? Possibile che non ci sia nessuno in grado di offrire uno straccio di sponsor per la fine dell'anno, una mano per tenere aperta la metro e sulle strade gli autobus? Una parola gentile per difenderla?
Ci sono due modi per raccontare il triste fine d'anno della Captain Fantastic della città eterna. Il primo è quello corrente, che un po' tutta la stampa sta usando: incapace, ritardataria, lenta, inefficiente nei bandi, prigioniera della guerra tra fazioni del suo partito. Il secondo, più realistico, è la precipitosa fuga dal carro della Sindaca da parte del variegato mondo che aveva scommesso su di lei, per nobili motivi di cambiamento in qualche caso, per calcolo in molti altri.
Virginia Raggi non appare isolata soltanto nelle stanze del Quirinale – dove un video spietato l'ha mostrata mentre si aggirava smarrita tra le sedie, senza nessuno che le rivolgesse la parola – ma anche nel suo partito e nella sua città, dove all'improvviso è diventato “poco conveniente” associare a lei la propria immagine.
Lo scorso anno anche un burocrate venuto dal nord e del tutto inesperto di questioni romane, il prefetto Paolo Tronca, si era “dimenticato” del Concertone salvo svegliarsi intorno al 20 dicembre e rendersi conto che si doveva fare qualcosa. In extremis aveva trovato Intesa San Paolo, Enel, Poste Italiane, Tim, Toyota e Radio 2 pronti ad accollarsi le spese. E al Circo Massimo era arrivato un palco decente con sopra i Negramaro ed Edoardo Bennato. Quest'anno niente, nein, nada. Nessuno che abbia voglia di aprire il portafoglio. Nessuno che ci metta la faccia.
L'assessore alla Cultura (e neo-vicesindaco) Luca Bergamo per metterci una pezza ha cercato di rovesciare la questione, e di attribuire la mancanza di un “grande evento” a una scelta culturale e ideologica, alla preferenza per una nuova idea di «comunità» che dovrebbe realizzarsi nella catena di micro-eventi con musicisti e artisti di strada programmati sui ponti e sugli argini del Tevere. Ma la pezza è molto trasparente. Il rattoppo si vede. E se il Capodanno non è in fondo un gran problema – Roma non avrà il solito concerto, amen – il resto dovrebbe preoccupare. Perché in tutta evidenza alla Sindaca non è bastato, per superare l'isolamento, spostare l'asse del Campidoglio dal vecchio raggio magico in odor di destra (Marra, la Muraro, Romeo) al nuovo entourage con natali a sinistra (lo stesso Bergamo, Paolo Berdini, Pinuccia Montanari, il nuovo assessore all'ambiente cresciuta alla scuola di Prodi). Quelli di prima erano forse impresentabili. Ma quelli di adesso non sanno o non vogliono spendere più di tanto le loro relazioni, i loro contatti, le loro agende.
Cosa immaginava, cosa credeva, Virginia Raggi quando si affacciò la prima volta al balcone del Campidoglio? Aveva idea di che tipo di bestia fosse Roma, che dai tempi di Cesare e Caligola fa e disfa imperatori in un battito di ciglia?
Insomma, la rete di interessi visibili e invisibili che governa Roma ancora una volta si mostra massimamente ingenerosa con i leader che sceglie, pronta ad acclamarli quando il vento è a favore e altrettanto svelta nel voltargli le spalle appena ne intuisce una qualche debolezza. Successe con Alemanno e con Marino.
Ora si intuisce che la Raggi è sulla stessa strada, e viene quasi da solidarizzare con lei. Cosa immaginava, cosa credeva, quando si affacciò la prima volta al balcone del Campidoglio? Aveva idea di che tipo di bestia fosse Roma, che dai tempi di Cesare e Caligola fa e disfa imperatori in un battito di ciglia? Qualunque cosa fosse, è andata in un altro modo, e sarà lei il capro espiatorio che ne dovrà portare il peso dopo il giro di boa del 2017, in solitudine.
Fonte: http://www.linkiesta.it/it/article/2016/12/28/roma-traditrice-cosi-la-raggi-e-rimasta-sola/32810/
Bilancio Comune di Roma, il revisore che l’ha bocciato è a processo per bancarotta
Marco Raponi, commercialista vicino al centrodestra, è membro dell'Oref, l'organismo che per la prima volta ha respinto i conti della Capitale, "firmati" dalla giunta Raggi. Ilfattoquotidiano.it è in grado di rivelare che lo stesso professionista è imputato per il crac del Latina calcio. Con accuse pesanti. Comprese quelle di aver fatto sparire documenti. La replica: "Processo in corso, non commento"
E’ membro del collegio che ha bocciato pochi giorni fa il bilancio del Comune di Roma, il primo dell’era Raggi, e allo stesso tempo è imputato per bancarotta fraudolenta, con l’accusa di aver “sottratto o distrutto” i verbali del collegio sindacale del Latina Calcio, con l’obiettivo di nascondere il crac in corso. Marco Raponi, commercialista di Cori (Latina) con la passione per la politica (di centrodestra), mai avrebbe immaginato un giorno di trovarsi con in mano un bilancio pubblico pesantissimo da valutare. La città di Cori che negli anni passati ha amministrato – appoggiato da una lista civica vicina all’epoca a Forza Italia e Alleanza nazionale – ha appena 11mila abitanti, e un bilancio che neanche sfiora quello del più piccolo municipio della capitale. Ma a volte è il caso che gioca curiosi scherzi: dallo scorso febbraio è uno dei tre revisori dei conti del Campidoglio, componente dell’Oref, l’organismo che poco prima di Natale ha bocciato il primo bilancio firmato dalla giunta Raggi. Nominato nel febbraio scorso dal commissario straordinario, attraverso una selezione basata sul sorteggio informatico, come raccontano i verbali di Roma capitale firmati dal prefetto Tronca.
E’ membro del collegio che ha bocciato pochi giorni fa il bilancio del Comune di Roma, il primo dell’era Raggi, e allo stesso tempo è imputato per bancarotta fraudolenta, con l’accusa di aver “sottratto o distrutto” i verbali del collegio sindacale del Latina Calcio, con l’obiettivo di nascondere il crac in corso. Marco Raponi, commercialista di Cori (Latina) con la passione per la politica (di centrodestra), mai avrebbe immaginato un giorno di trovarsi con in mano un bilancio pubblico pesantissimo da valutare. La città di Cori che negli anni passati ha amministrato – appoggiato da una lista civica vicina all’epoca a Forza Italia e Alleanza nazionale – ha appena 11mila abitanti, e un bilancio che neanche sfiora quello del più piccolo municipio della capitale. Ma a volte è il caso che gioca curiosi scherzi: dallo scorso febbraio è uno dei tre revisori dei conti del Campidoglio, componente dell’Oref, l’organismo che poco prima di Natale ha bocciato il primo bilancio firmato dalla giunta Raggi. Nominato nel febbraio scorso dal commissario straordinario, attraverso una selezione basata sul sorteggio informatico, come raccontano i verbali di Roma capitale firmati dal prefetto Tronca.
Raponi nel curriculum pubblicato sul sito del Comune di Roma non ha inserito quella che lui definisce con un certo pudore “una situazione professionale”. Per la Procura di Latina è in realtà una pesante imputazione per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta del vecchio Latina Calcio, fallito nel 2009. Le indagini condotte dal pubblico ministero Marco Giancristofaro portarono a individuare pesanti ipotesi di responsabilità per l’intero collegio sindacale della squadra di calcio (la cui attuale gestione nulla ha che vedere con il fallimento di sette anni fa), presieduto proprio da Raponi: “In concorso tra loro – scrive la Procura nel capo d’imputazione – sottraevano o distruggevano, allo scopo di crearsi ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale”.
Non solo. Per i magistrati quel collegio di sindaci presieduto da Raponi avrebbe evitato di “richiedere l’intervento del Tribunale di Latina affinché venisse dichiarato il fallimento della As Latina spa, appena venuti a conoscenza dell’insolvenza”, evidente già nel 2006, tre anni prima del fallimento. In altre parole Raponi – per i magistrati di Latina – invece di vigilare sulla tenuta dei conti del Latina calcio avrebbe aiutato l’amministratore a far sparire le scritture contabili e i registri della società, non segnalando poi in tempo l’imminente crac. Il processo per la bancarotta fraudolenta iniziato da pochi mesi è ancora in corso: “Siamo nel primo dibattimento – spiega a ilfattoquotidiano.it Raponi – speriamo di uscirne fuori”. Una situazione che avrebbe magari consigliato di rinunciare all’incarico delicato di revisore dei conti del Comune di Roma? “C’è un processo in corso – risponde Raponi – non è opportuno commentare”.
Il destino giudiziario e la carriera di revisore dei conti di Marco Raponi sono legati a doppio filo con due nomi noti in provincia di Latina e di Roma, quello di Antonio Sciarretta, patron del Latina calcio tra il 2002 e il 2006 (anno horribilis, quando la squadra venne radiata dopo essersi vista respingere la domanda d’iscrizione al campionato), con velleità politiche nel centrodestra – area Alleanza nazionale – andate spesso a vuoto, e quello di Marcello Ilardi, imprenditore della sanità privata laziale morto tre anni fa. Sciarretta e Ilardi gestivano insieme la Life Hospital spa, società finita fallita nel 2008, dopo appena sette anni di attività, socio unico a sua volta del vecchio Latina calcio. Anche in questo caso il presidente del collegio sindacale era il commercialista Marco Raponi.
Il suo nome appare ancora oggi nelle visure di alcune società legate al gruppo Ilardi (gestite oggi dagli eredi), come la Clinica Madonna delle Grazie di Velletri. Sciarretta era l’amministratore delegato del Latina Calcio al momento del fallimento ed è il principale imputato nel processo per bancarotta fraudolenta. Nel suo caso la procura gli ha contestato anche la distrazione di alcuni beni della società di calcio: “Un automezzo Fiat Ducato, un respiratore, un elettrocardiografo, un trattorino, attrezzi da palestra, armadi e una stampante”, per un valore complessivo di circa 25mila euro. Nel processo dovrà rispondere – insieme al revisore contabile del Comune di Roma Marco Raponi – anche per la distruzione dei registri e di alcuni documenti contabili.
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12/28/bilancio-comune-di-roma-il-revisore-che-lha-bocciato-e-a-processo-per-bancarotta/3283691/
martedì 27 dicembre 2016
“La sinistra è diventata borghese. Siamo pronti a rivotare Raggi”
«Eravamo tutti comunisti». Tutti? «Beh, molti. Sono un sacco quelli con la mia storia a Tor Bella Monaca. Poi i nostri politici sono diventati politicanti, le persone che ci dovevano rappresentare si sono imborghesite, diventando esattamente come quelli che detestavamo. Avidi e incapaci. Aspettiamo la metro C da 15 anni. Abbiamo diritto di essere stanchi, non trova? E guardi che io ho fatto fatica a votare per i 5 Stelle, mica sono una congrega di evangelisti quelli. Ma almeno si sono messi a fare le nostre stesse battaglie. Non sulla rete. Nelle strade. Con i banchetti. Con i volantini. Così mi sono fidato. Anche se ora li aspetto al varco».
Bar Fontana Candida, zona zeta, Municipio VI di Roma, Massimo Costantino, 55 anni, si aggiusta il berretto di lana e dà un’occhiata ai compagni di tavolata. Li guarda incuriosito. «E’ la prima volta che li vedo. Se li incontro di nuovo è la seconda». E’ un filosofo di periferia, un politologo a sua insaputa, uno di quei sensori di borgata che la politica tradizionale ha smesso di ascoltare. O forse non ha ascoltato mai.
«Tra noi invisibili i 5 stelle hanno vinto facile». Esperto di vita e di fatica, Costantino per campare fa l’autista di camion. «La prima volta che ho sentito Renzi alla radio mi sono detto: che fenomeno. Adesso quando mi ricapita cambio canale. Non sono un militante grillino, sono un simpatizzante. E se so’ qui è perché mi ci ha portato Rodolfo». Gente di quartiere. Che si riconosce a fiuto. Chi ci sta sulla scialuppa con noi? Rodolfo è Rodolfo Caputo, attivista pentastellato che ha convocato un po’ di amici in via Degas - Andrea lo studente, Sergio, ex dipendente di una grande azienda o Biagio, che lavorava con gli appalti pubblici - per spiegare perché nell’area più malfamata della capitale, dove i cronisti si aggirano tra i torrioni con lo stesso spirito con cui si va allo zoo, Virginia Raggi ha raccolto il 72% dei consensi. Un plebiscito figlio di una domanda semplice: ma a noi, chi ci protegge? Se i 5 Stelle avessero presentato uno struzzo, a Tor Bella Monaca, 30 mila abitanti con un reddito pro capite che supera a fatica i mille euro, l’età media più bassa della Capitale e un tasso di dispersione scolastica quasi doppio dello standard romano (15% contro il 9%), avrebbero votato per lui. E il centrosinistra?
«So’ dieci anni che è morto. C’è stato Rutelli. Poi Veltroni. Quindi il nulla. A parte la speculazione edilizia, lo spaccio e la violenza, mentre Roberto Romanella, il nuovo presidente della circoscrizione, è uno che lavora a testa bassa venti ore al giorno per risolvere i piccoli e i grandi guai». Teste che annuiscono. «Bravo». «Vero». «Giusto». Si apre una vetrata.
Entra un vento gelido. La votereste ancora la Raggi? Si scatena un dibattito. Ortodossi, dubbiosi, pentiti. Ma qui è ovvio che il punto non è la sindaca, anche se la risposta, tendenzialmente sarebbe sì. E quando Costantino dice: «Un opposizione dura come la nostra non l’ha più fatta nessuno da anni e forse è meglio restare dall’altra parte della barricata», il resto del tavolo si ribella. «Peggio di questi non si può fare». Un tempo Tor Bella Monaca l’avrebbero chiamato «quartiere prioritario», uno di quei non luoghi dormitorio, spappolato dalla speculazione degli Anni Ottanta che era necessario aiutare e tenere d’occhio per evitare che diventasse il labirinto incontrollabile pieno di topi e di rifiuti che è diventato oggi.
La parte sana del circondario - largamente maggioritaria - è convinta che questo caos sia stato creato ad arte. «Una volta il patto era semplice. Un posto all’Ama o all’Atac in cambio di un voto, poi è venuto a mancare anche quello. E’ saltato tutto. E lo hanno fatto apposta».
Come fai altrimenti a consentire che esista un mostro come il complesso R5, quattromila persone stipate in un blocco grigio lungo più di un chilometro dove i pianerottoli sono fortificati e chiusi con cancelli che impediscono alle forze dell’ordine di avvicinarsi e gli spacciatori hanno un filo diretto con la ‘ndrangheta e la camorra?
Le retate di carabinieri e polizia sono continue. Elicotteri, unità cinofile, pattuglie in borghese. Uno scontro quotidiano. Ma è come spegnere l’incendio di un bosco con l’acqua contenuta nel becco di un colibrì.
Nei parchi i rifiuti si mescolano con le siringhe. E basta una passeggiata per capire che aria tira. In via dell’Archeologia il ragazzo appoggiato al pilone di cemento ha il sorriso cattivo. I capelli corti. Un piumino nero. Quanti anni hai? Lui fa appena un cenno del capo deciso a risparmiare energie per occasioni più importanti.
Porta le dita alla bocca. Fischia. Pochi secondi e un gruppetto di coetanei si avvicina di corsa e si schiera al suo fianco. Nessuno parla. Meglio girare i tacchi. Che cosa aveva detto a Radio Vaticana don Francesco De Franco, il parroco del Santissimo Redentore? «Se con i bambini del catechismo uso la parola “infame” non ho bisogno di spiegarla. Tutti sanno che cosa vuole dire. I ragazzi qui devono dimostrare di sapere stare in strada e farsi rispettare».
E’ più facile delinquere che andare a lavorare. Un palo guadagna cento euro per annunciare l’arrivo degli sbirri. E chi mette a disposizione la casa per nascondere la droga incassa quattromila euro al mese. C’entra tutto questo con la politica, con il fallimento della sinistra e con l’esplosione dei 5 Stelle? Moltissimo.
Al Bar Fontana Candida l’attivista Sergio Di Reda teorizza la fine di un mondo. «Io ho 66 anni e da quando sono in pensione faccio video che metto a disposizione del movimento. Naturalmente gratis. Internet ci ha fatto capire che non ci possiamo più fidare dei giornali e dei media classici. Ci dobbiamo formare un’opinione da soli». Internet è pieno di balle.
«I giornali di più. E oggi basta uno smartphone per farsi una coscienza. Il vecchio sistema non c’è più. I 5 Stelle possono aprire una strada nuova».
Confida di avere registrato la conversazione avvenuta tra noi al bar. E’ la certezza di essere stati fregati dai partiti tradizionali e la paura di essere fregati ancora da chiunque non bazzichi le strade di quartiere che li lega gli uni agli altri.
O forse - idea che il Pd non capisce - è soprattutto la voglia di non essere più osservati come se fossero loro la polvere della vita.
fonte: http://www.lastampa.it/2016/12/27/italia/cronache/la-sinistra-diventata-borghese-siamo-pronti-a-rivotare-raggi-eBNQwJyF6JUWXn6LDKTPzO/pagina.html
venerdì 23 dicembre 2016
STREPITOSO: sentite cosa dicono i cittadini romani alla domanda "Votereste ancora la Raggi?" GIORNALISTA INCREDULO.
Da quando Virginia Raggi è Sindaco di Roma accade di tutto: revisori bocciano il bilancio previsionale, la magistratura lavora come mai fino ad oggi nel controllo dell'amministrazione, gli sponsor si ritirano per il concertone di fine anno. E i romani cosa ne pensano?
Fonte video: Rai3 - Cartabianca
giovedì 22 dicembre 2016
"Tutta l'informazione è contro il M5S". Il giornalista Jacoboni dice come stanno realmente le cose
In questi giorni la macchina del fango contro il MoVimento 5 Stelle si è messa in azione, attivata dalla stampa e cavalcata dal Pd.. L’obiettivo di questa sistematica opera di discredito del MoVimento 5 Stelle non si gioca sui contenuti, ma è volta a delegittimare il MoVimento 5 Stelle recuperando notizie vecchie e accompagnandole con commenti, illazioni e supposizioni inaudite.
TRIPUDIO IN STUDIO: arriva in diretta la notizia che la Raggi ferma lo sfratto di 300 famiglie.
La Giunta di Virginia Raggi fa sospendere lo sfratto per 300 famiglie
300 famiglie che avrebbero potuto perdere la propria casa, hanno ritrovato il sorriso grazie ai servizi di Mi manda Rai3 che ha interessato del caso la giunta Raggi, che ha fermato in extremis lo sgombero di decine di persone.
Mi Manda Rai tre, di Salvo Sottile (22 12 2016)
Poletti non può rimanere ministro: facciamolo sloggiare noi. Ecco come..
Lo so che occuparsi di politica è una fatica, che a vedere Giuliano Poletti ancora ministro dopo un referendum che – come gradito effetto collaterale – doveva abbattere il governo Renzi si ha l’ennesima conferma che siamo nel Paese del Gattopardo.
E so anche che molti di noi non hanno davvero più la forza di indignarsi per le parole perché l’indignazione è già consumata dai fatti, da governi che pensano ai pensionati invece che ai giovani, che liberalizzano i voucher togliendo persino la prospettiva di un contratto a tempo indeterminato. Indebolire l’articolo 18 era anche lecito, ma solo in una prospettiva di contratto unico per tutti. Invece la precarietà è rimasta e il governo ha speso miliardi per fingere un boom dell’occupazione pagato carissimo dai contribuenti: 60.000 euro per ogni nuovo posto di lavoro aggiuntivo rispetto all’anno precedente, secondo i calcoli della Cgil.
Lo so che c’è Natale e che molti di voi hanno di meglio da fare. Però Giuliano Poletti non può rimanere ministro del Lavoro di questo Paese. Se ne deve andare. Non domani, oggi. E se non lo caccia Matteo Renzi, perché deve simulare distanza da questo esecutivo teleguidato, o il nuovo premier Paolo Gentiloni, dobbiamo farlo sloggiare noi.
Smettiamola con questa idea che tocca sempre ad altri prendere l’iniziativa. Nel caso ve la foste persa, vi ricordo che cosa ha detto Giuliano Poletti ieri: “Bisogna correggere l’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui: sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei pistola. Permettetemi di contestare questa tesi”. E poi ha argomentato, da par suo, in questo modo: “Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”.
Si è giustificato, ha detto di essersi espresso male. Io non credo. Si è espresso benissimo, con tutta la chiarezza che il suo livello culturale e il suo curriculum gli consentono. Ha detto quello che pensa. “Esprimersi male”, in casa Poletti, significa evitare l’ipocrisia di mascherare le proprie idee. Il ministro, invece, si è “espresso male” perché pensa male. E chi pensa come lui non può e non deve fare il ministro in questo Paese. Chi è convinto che i ragazzi che emigrano – per fare i ricercatori o i pizzaioli – lo facciano perché sono inquieti, troppo ambiziosi o irresponsabili non ha il diritto di incidere sulle politiche di occupazione in Italia.
In assenza di elezioni competitive, non ci sono molti modi per fermare Poletti o il partito che lo appoggia, il Pd. L’unico è farsi sentire. Già in altre fasi della storia repubblicana forti ondate di indignazione hanno spinto la politica a correggersi, penso per esempio al decreto “salvaladri” e al popolo dei Fax. Siamo pur sempre una democrazia, se centinaia di migliaia o milioni di persone considerano (con buoni argomenti) Poletti inadeguato a fare il ministro, qualcuno dovrà ascoltarci.
Scrivetelo nei vostri profili Faceboook, su Twitter: #PolettiVattene.
E mandate una mail al Ministero del Lavoro e a palazzo Chigi, mettendo in copia il Fatto Quotidiano (segreteria@ilfattoquotidiano.it). Potere usare questi indirizzi: ufficiostampa@lavoro.gov.it ; presidente@pec.governo.it o altri che trovate sul web. Noi pubblicheremo i vostri messaggi sul giornale.
E mandate una mail al Ministero del Lavoro e a palazzo Chigi, mettendo in copia il Fatto Quotidiano (segreteria@ilfattoquotidiano.it). Potere usare questi indirizzi: ufficiostampa@lavoro.gov.it ; presidente@pec.governo.it o altri che trovate sul web. Noi pubblicheremo i vostri messaggi sul giornale.
Bisogna insistere. Finché Poletti non si dimette.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12/20/poletti-non-puo-rimanere-ministro-facciamolo-sloggiare-noi/3272598/
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