martedì 29 maggio 2018

VERGOGNA INAUDITA! Se Cottarelli non avrà la fiducia, scatterà aumento dell'Iva e delle accise.

Primo aut aut dal presidente del Consiglio dei ministri incaricato, Carlo Cottarelli: “Se otterrò la fiducia del Parlamento, vareremo la legge di Bilancio e andremo a votare all’inizio dell’anno prossimo. Altrimenti si tornerà alle urne dopo agosto”. Tradotto: senza la fiducia, dal primo gennaio dell’anno prossimo scatterà l’aumento dell’Iva e delle accise sulla benzina. L’aliquota intermedia passerebbe dal 10 all’11,5%, quella ordinaria dal 22 al 24,2%. In pratica, si salverebbero solo le aliquote più basse, quella al 5% (di impatto marginale) e quella al 4%, che si applica per lo più su alimentari di prima necessità: pane, pasta, latte e formaggi, frutta e verdura fresca. I carburanti, invece, aumenterebbe nella misura necessaria a garantire allo Stato introiti per 350 milioni di euro l’anno.

La spiegazione del corto circuito è semplice, ma ha radici nel passato: sulla testa degli italiani pesano dal 2011 una serie di complesse clausole di salvaguardia attivate – nel pieno della crisi che portò alla caduta del governo Berlusconi – per tutelare i saldi di finanza pubblica. Con la manovra estiva di quell’anno, il governo Berlusconi dispose l’aumento dell’Iva dal 20 al 21% se l’esecutivo non avesse trovato, entro il 30 settembre 2012, 20 miliardi attraverso la “razionalizzazione della spesa”. Alla fine di quell’anno, il governo Monti blindò la clausola con un aumento dell’imposta di 2 punti a partire da ottobre 2012: da 10 a 12 l’aliquota ridotta e da 21 a 23 l’aliquota ordinaria; con un ulteriore aumento di 0,5 punti dal 2014 per arrivare a regime a 12,5 e 23,5%.

Il rischio di acuire ulteriormente la recessione, deprimendo i consumi, convinse Monti a far slittare di qualche mese l’aumento dell’imposta. I successivi governi Letta, Renzi e Gentiloni, riescirono – ma solo parzialmente – a sterilizzare gli aumenti che sono ora rimandati all’inizio dell’anno prossimo. Per evitarli servono 12,5 miliardi per il 2019 e 20 miliardi per il 2020.
Ovviamente, nel programma di governo di tutti i partiti c’è il rinvio dell’aumento, proprio per non pesare sulla domanda interna e sui consumi degli italiani che ancora vacillano, ma senza un governo con pieni poteri le speranze sono ridotte al lumicino.


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