venerdì 27 ottobre 2017

VERGOGNA DE BENEDETTI: NON SOLO RUBA A MONTEPASCHI, ADESSO SI FA PAGARE DAGLI ITALIANI IL BUCO DELLE AZIENDE

Una legge favorirà Sorgenia a danno dei colossi dell’energia. Così l’ex società dell’Ingegnere salvata da Mps avrà più clienti

In gergo finanziario si dice: «Se il debitore deve alla banca 10mila euro, il problema è suo; se le deve 10 milioni di euro, il problema è della banca».
A questa massima si può aggiungere una postilla: «se la banca e il debitore sono amici dello Stato, a pagare è il cittadino». Ed è questo, in buona sostanza, il succo di una serie di emendamenti al ddl Concorrenza che potrebbero avvantaggiare la utility Sorgenia, un tempo del gruppo Cir della famiglia De Benedetti e da un paio d’anni proprietà delle banche creditrici tra le quali c’è Mps.
Il ddl Concorrenza 2015, che da agosto è in commissione Industria al Senato presieduta da Massimo Mucchetti (Pd), prevede la fine del mercato tutelato di elettricità e gas a partire dal primo luglio dell’anno prossimo. I clienti del servizio di maggior tutela entro quella data dovranno passare a una delle offerte di mercato libero dei vari operatori (le associazioni dei consumatori sono sul piede di guerra da tempo perché prevedono rincari). Ma che cosa succede a chi non eserciterà l’opzione per inesperienza o semplice dimenticanza? Lo spiegano due emendamenti all’articolo 27 approvati in commissione, uno di Francesco Scalia (Pd) e l’altro di Aldo Di Biagio (Ncd): sarà garantito un servizio di salvaguardia «attraverso procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero».
Il governo, secondo fonti bene informate, avrebbe già in preparazione un altro emendamento che disciplina nel dettaglio lo svolgimento delle aste precorrendo i tempi del decreto attuativo – d’uopo in simili occasioni – e stabilendo limiti rigidissimi di quote di mercato, che dovranno essere inferiori al 50%, per la partecipazione alle gare. Una sollecitudine un po’ sospetta per un ddl che da due anni vaga per il Parlamento. L’identikit dei potenziali partecipanti è presto svelato: a quelle gare non potrebbero partecipare Enel e le utility delle grandi città come Roma, Milano, Torino e Napoli. A tutto vantaggio di operatori su scala nazionale quale è appunto Sorgenia.
Se si considera che il volume d’affari ipotizzato per i servizi elettrici forniti a coloro che non eserciteranno l’opzione per il mercato libero è di almeno 500 milioni di euro, è legittimo dubitare della trasparenza delle procedure vista l’esclusione ex ante degli operatori incumbent che, tra l’altro, essendo a partecipazione pubblica, garantiscono dividendi al tesoro o ai Comuni azionisti. Ecco, è una questione di dirottamento di dividendi. Sorgenia, di proprietà delle banche dopo che Cir non era riuscita a far fronte a 1,8 miliardi di debiti (600 milioni in capo a Mps, oggetto di salvataggio pubblico da 6,7 miliardi), ha bisogno di un afflusso di risorse che le consentano di rimettersi in carreggiata facendo recuperare ai soci una piccola parte dei crediti trasformati in azioni e in nuovi finanziamenti. Il presidente dell’Authority Energia, Guido Bortoni (in scadenza nel 2018 e in cerca di ricollocazione), ha detto che «non saranno messi all’asta i clienti, ma il servizio». Le perplessità restano.

FONTE
IL GIORNALE

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