martedì 31 ottobre 2017

RISULTATO STRAORDINARIO, C'E' RIUSCITA DAVVERO: LA NOTIZIA CHE NESSUN TG VI DARA'!

Roma - (askanews) - Tre miioni di euro circa di risparmi in cinque anni: li realizzerà l'Assemblea capitolina decretando il taglio delle auto blu a disposizione della presidenza dell'Assemblea e dei capigruppo d'aula e dei permessi Ztl a tutti i consiglieri del Comune di Roma.
Nella seduta di questa mattina, ha spiegato il presidente Marcello De Vito, "l'ufficio di presidenza dell'Assemblea capitolina ha ratificato il taglio delle 5 auto blu dell'ufficio stesso e delle 8 dei capigruppo, oltre all'eliminazione dei permessi Ztl con facoltà di parcheggio per i 48 consiglieri, che avranno a disposizione la tessera per il trasporto pubblico. Considerando che ogni auto costa al Comune circa 40mila euro all'anno, il risparmio stimato è di oltre 500mila euro annui".
"Per i permessi Ztl, dal costo di 2mila euro l'uno, il risparmio è di quasi 100mila euro all'anno", ha concluso. A tutti i consiglieri verrà, comunque, garantita una tessera Atac per permettere loro di lavorare per la città utilizzando i mezzi pubblici.

Fonte: http://www.askanews.it/regioni/lazio/roma-per-campidoglio-3mln-di-risparmi-da-ztl-e-tagli-a-auto-blu_711871868.htm

Clamoroso a Roma! Grazie a una denuncia del M5S, scoperta una truffa faraonica da 14 milioni di euro

Una truffa da oltre 14 milioni di euro ai danni della Regione Lazio, del Comune di Roma e di circa 76 cittadini, soci di 3 cooperative nel Piano di Zona B50 'Monte Stallonara' di edilizia agevolata. Per questo motivo stamane, su disposizione del Gip Costantino De Robbio, sono scattati i sequestri di 37 conti correnti, 17 quote azionarie e 53 proprietà immobiliari nel Lazio e in Toscana appartenenti a 6 persone (4 uomini e 2 donne) componenti i consigli di amministrazione di quattro cooperative romane e diverse società, tutti indagati per truffa con il concorso di un dirigente e un funzionario di Roma Capitale, indagati per abuso d'ufficio.
Posti sotto sequestro, a scopo preventivo per la tutela delle vittime delle truffe, anche i tre edifici delle cooperative per la gestione delle quali è stato nominato un amministratore giudiziario.

Le indagini sono state avviate dopo un esposto del consigliere regionale di Fratelli d'Italia, Fabrizio Santori sulle mancate opere di urbanizzazione e della parlamentare del Movimento 5 Stelle, Roberta Lombardi, sulle responsabilità del mancato controllo da parte dei funzionari comunali.
"Sono molto soddisfatto dell'esito dell'inchiesta", afferma Santori, che però avverte: "In tutta Roma ci sono almeno sette altre situazioni simili sotto indagine. Roma Capitale e la Regione Lazio devono impegnarsi a tenere sotto osservazione queste realtà, verificando lo sviluppo di piani di urbanizzazione primaria a tutela dei romani e di un territorio su cui si è speculato in maniera ignobile in passato solo per fare profitto, a volte truffando ignari cittadini come accaduto a Monte Stallonara".
Secondo l'inchiesta, durata tre anni e affidata alla sezione di polizia giudiziaria dalla Polizia Locale, diretta dalla dottoressa Rosa Mileto, i consigli di amministrazione di tre cooperative ('Acli Castelli Romani Terza', 'Acli Castelli Romani Seconda' e 'Il Nido'), formati sempre dagli stessi indagati, dopo aver beneficiato di finanziamenti (circa 3 milioni e mezzo di euro dalla Regione) e concessioni di enti pubblici (i terreni dal Comune di Roma), vincolati alla costruzione di appartamenti da dare in locazione o vendita a condizioni di favore per soggetti meno abbienti, hanno gonfiato gli affitti, raddoppiato i costi di vendita degli immobili e fatto sparire i finanziamenti pubblici ricevuti.
Il meccanismo era semplice. Secondo quanto emerso dall'inchiesta, per aggirare la normativa gli indagati hanno creato una quarta cooperativa, la 'Monte Stallonara', nella quale hanno fatto confluire tutti i soci delle altre tre cooperative per poter giustificare la vendita degli appartamenti ai soci costruttori a oltre 13 milioni e 600mila euro, circa il doppio rispetto ai circa 7milioni e 900mila dovuti per il costo di una sola edificazione e dichiarato alla Regione per poter ottenere il finanziamento pubblico.
Un finanziamento erogato dalla Regione proprio per abbassare i costi totali della nuova edificazione e consentire così ai soci della cooperativa di pagare solo circa 4milioni e 400mila euro per la nuova edificazione. Ma i soci per l'acquisto della casa, non solo non hanno beneficiato delle agevolazioni ma si sono ritrovati anche a dover versare un mutuo alle banche per un ammontare totale di 9milioni e 750mila euro.
I soldi venivano poi fatti girare e sparire dalle casse delle cooperative, con la motivazione di ulteriori prestazioni di servizi, all'interno di società e consorzi sempre intestati agli stessi indagati in una sorta di scatola cinese. Una truffa in piena regola, realizzata anche grazie all'aiuto di un dirigente e di un funzionario del Comune di Roma che, abusando del loro potere, facevano 'passare' i prezzi di cessione, accontentandosi della semplice dichiarazione dei consigli di amministrazione, mentre sarebbe stato invece necessario che i prezzi di cessione fossero approvati e deliberati dagli stessi soci delle cooperative.
"Bene l'intervento della magistratura sul piano di zona di Monte Stallonara ma ora chiediamo l'intervento immediato del Comune di Roma affinché per gli altri piani di zona su cui deve vigilare, vigili contestando le violazioni e applicando le sanzioni previste", dice all'Adnkronos l'avvocato Vincenzo Perticaro, che ha inoltrato l'esposto denuncia che ha portato oggi all'intervento della magistratura. "Ci sono 28 denunce per 28 piani di zona - afferma Perticaro - e l'ente che doveva vigilare in primis era il Comune. Stiamo parlando di un danno erariale enorme. Ora chiediamo al Campidoglio di revocare le convenzioni con chi ha disatteso gli accordi acquisendo il patrimonio immobiliare in modo da tutelare i cittadini".

Fonte: http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2017/01/16/roma-truffa-milioni-comune-regione-sequestrati-palazzi-azioni-conti-correnti_2lpu7nilR50qWK5OYyledL.html

Tutti in piedi in studio per Luigi Di Maio. Ha asfaltato gli ospiti di Floris ricevendo applausi a mai finire! Guardate che cos'ha fatto in diretta





LUIGI DI MAIO
Residente a Pomigliano d'Arco, è il maggiore di tre figli. La madre è un'insegnante di italiano e latino ed il padre Antonio è stato dirigente del MSI prima e di AN poi.

Ha conseguito il diploma di Liceo Classico Vittorio Imbriani di Pomigliano d'Arco nel 2004. Ha proseguito gli studi presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II", si è dapprima iscritto alla facoltà di Ingegneria, dove ha fondato assieme ad altri studenti l'associazione di studenti di ingegneria "ASSI", poi si è trasferito a giurisprudenza e ha fondato insieme ad altri studenti l'associazione Studenti Giurisprudenza.it nell'anno 2006, nella quale ha ricoperto la carica di Consigliere di Facoltà e di Presidente del Consiglio degli Studenti. Ha lavorato come webmaster.

Carriera politica[modifica
Milita nel Movimento 5 Stelle dal 2007. Nel 2010 si candida come consigliere comunale del suo comune, senza riuscire ad essere eletto, ottenendo 59 preferenze. In seguito alle «parlamentarie» del Movimento 5 Stelle, viene candidato con 189 preferenze ed eletto alla Camera dei Deputati per la circoscrizione Campania 1 al secondo posto nella lista del Movimento 5 Stelle per le elezioni politiche del 2013. Il 21 marzo 2013 è eletto Vicepresidente della Camera dei deputati con 173 voti, diventando a 26 anni la persona più giovane ad aver ricoperto questo ruolo. Dal 7 maggio fa parte anche della XIV commissione, che si occupa delle politiche dell'Unione Europea.

ITALIANI, CONDIVIDETE TUTTI QUESTA NOTIZIA: E' UNA VERGOGNA SENZA PRECEDENTI!

Fatta la legge trovato l’inganno.
La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha approvato il disegno di legge che modifica le norme sui vitalizi parlamentari e applicherebbe il sistema contributivo sia ai vitalizi futuri sia a quelli già esistenti.
I media hanno dato grande spazio alla notizia, perché il testo ricalca la proposta di Richetti del Pd, ma hanno dimenticato un particolare importante: la reversibilità aumenta di un quinto se i beneficiari non hanno altri redditi, come spiega Thomas Mackinson sul Fatto Quotidiano:
“Dall’Inps assicurano che in Italia non c’è categoria che goda di una norma tanto favorevole da aumentare di colpo la pensione di reversibilità del 20%. Non i 21 milioni di dipendenti pubblici e privati cui ogni anno eroga le pensioni, che al massimo possono contare sulle rivalutazioni Istat dello zero virgola o di vedersi alzare l’importo, se inferiore, ai 501 euro di pensione sociale. Il problema comune a tutti gli italiani non riguarderà invece mogli e figli di 2.470 ex onorevoli e 1.650 ex consigli regionali che al momento di incassare la reversibilità potranno contare su un assegno aumentato automaticamente di un quinto. A prescindere dall’importo. Ed ecco rispuntare il privilegio, per di più nella legge nata per abolire il più avversato di tutti: il ricco vitalizio che a ancora oggi consente agli ex parlamentari di incassare anche 5-6mila euro al mese a fronte di qualche legislatura in Parlamento”.
All’ultimo è infatti passato n emendamento a firma di Daniela Gasparini, deputata Pd:
“La pillola, contro la quale già si annunciano ricorsi (per i famosi “diritti acquisiti”), è un po’ meno amara del previsto: all’ultimo passa un emendamento che accorda un beneficio ben poco perequativo nella corsa a omologare il trattamento degli ex onorevoli e consiglieri a quello dei lavoratori dipendenti. Riguarda la “Rideterminazione degli assegni vitalizi” (art.13), lo firma la deputata Pd Daniela Gasparini e recita così: “In assenza di altri redditi di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per i soli trattamenti in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, la misura della pensione di cui all’articolo 11 è aumentata del 20 per cento”.
In soldoni significa che in caso il congiunto beneficiario della reversibilità non abbia “redditi da lavoro dipendente/autonomo e d’impresa, rendite fondiarie e redditi da capitale” percepirà il 60% dell’importo come gli altri italiani, ma aumentato di un quinto. Automaticamente, senza soglia massima ne criteri patrimoniali. E pace se in quelle stesse famiglie, a differenza di altre, per anni si è materializzato uno stipendio parlamentare da 10mila euro al mese”.

Fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/05/28/vitalizi-reversibilita/

“PRENDO 170MILA EURO DI PENSIONE, MA SE MI DITE PRIVILEGIATO VI SPACCO IL CULO”: COSI’ MUGHINI AI MICROFONI DELLA ZANZARA

“Io godo di una pensione con sistema retributivo. A chi mi dice che sono un privilegiato spacco il culo”. Sono le parole pronunciate ai microfoni de La Zanzara, su Radio24, daGiampiero Mughini a proposito della pensione che percepisce.

E spiega il motivo della sua contrarietà a chi lo bolla come privilegiato: “Io mi ricordo quello che pagavo mese per mese quando ero inviato speciale di Panorama, mi sono pagato la pensione fino all’ultimo minuto. Su quello stipendio che prendevo pagavo contributi molto alti e non vorrei che qualcuno venisse a rompermi i coglioni.


L’anno scorso ho avuto un imponibile lordo da 170mila euro e di tasse ne ho pagate 70mila. Sono tempi molto magri, almeno per me”. E aggiunge: “Rispetto al passato sono precipitato, un po’ per l’età, un po’ per il fatto che non ho ammiratori, né estimatori nel mondo editoriale. Io non ho nulla, né un giornale, né un rapporto professionale con una testata. Vedo certe nullità in giro che meriterebbero la paga della mia colf e invece sono divenuti direttori, vicedirettori, conduttori, portavoce. Non faccio nomi di persone assenti, ma li vedi in giro, in televisione o anche intervistati alla Zanzara: basta guardarli in faccia.
E’ gente che 30 anni fa al massimo faceva il segretario di redazione e che non supererebbe la quinta ginnasio”. Mughini critica duramente la campagna del quotidiano Libero contro i vitalizi: “E’ una barbarie. Da alcuni mesi non leggo più Libero, che pur mi ha ospitato così generosamente per tanti anni. Questo giornale fa campagne sbagliate e volgari in nome dell’attizzamento del popolino. Il nome della campagna, poi, “Papponi delle pensioni”, è volgare e stupido. Ad esempio, l’accanimento contro il mio amico Achille Occhetto per il suo vitalizio da 5mila euro è ingiusto”. E sottolinea: “Il vitalizio? E’ determinato da una legge, sicuramente cialtrona. Poi la legge si può cambiare, ma non certo in base alle campagne faziose di quello o di quell’altro” di Gisella Ruccia.

LAUREATA A 37 ANNI, “NOMINATA” DIRIGENTE SENZA CONCORSO: SAI CHI E’ IL SUO PAPARINO?

L’azienda di trasporto ha una nuova dirigente: appena laureata, a 37 anni, e figlia di un sindacalista di spicco nella stessa azienda. È diventata presto un caso, come spiega Leggo, la vicenda di Barbara Santeramo, nominata direttore amministrativo della Stp, azienda di trasporto pubblico locale partecipata dal Comune di Trani e dalla Città Metropolitana di Bari, solo 9 giorni dopo il conseguimento del prestigioso titolo di studio, con tanto di 110 e lode. La Santeramo lavora in azienda da oltre 10 anni e per la promozione non era necessario alcun concorso, tranne che la laurea magistrale.

A far chiacchierare è il fatto che la neo-dirigente sia la figlia di Michele Santeramo, segretario provinciale Ugl e capo delle relazioni industriali dell’azienda. Il sindacalista però si difende: “Io non ne sapevo nulla, non tutti i sindacati erano stati avvertiti, ma in ogni caso non c’entro niente con questa nomina”. Anche l’Ugl difende la signora: “Solo strumentalizzazioni, Barbara è una ragazza brillantissima che ha già ricoperto il ruolo di responsabile delle risorse umane. Si è liberata una posizione organizzativa a tempo determinato e l’azienda ha fatto la nuova nomina. La competenza è stata premiata da una società che, è bene ricordarlo, non è tenuta a fare concorsi pubblici”.

10MILA EURO AL MESE IN NERO, PIU’ VIAGGI E CASA ARREDATA: ARRESTATA SINDACA. ECCO COME FACEVA A FARE BUSINESS SULLA PELLE E LA SALUTE DEI CITTADINI

Maddaloni, arrestato il sindaco Rosa De Lucia. Intascava tangenti per il servizio rifiuti. Soldi anche per viaggi e arredare casa
Il sindaco Rosa De Lucia aveva un bancomat personale, fatto di carne e ossa. Nessuna tessera da inserire ma tanti soldi da ritirare: almeno 10mila euro al mese, più denaro per viaggi come quello ad Antibes e perfino contante per arredare casa. I soldi le venivano forniti dall’imprenditore Alberto di Nardi, l’uomo a cui la prima cittadina di Forza Italia garantiva il servizio di raccolta dei rifiuti.
Emerge anche questo dall’inchiesta della procura di Santa Maria Capia Vetere sul Comune di Maddaloni, in provincia di Caserta, dove sono state emesse cinque ordinanze di custodia cautelare (due in carcere e tre ai domiciliari). L’accusa è quella di tangenti intascate per affidare, ciclicamente, il servizio di raccolta rifiuti sempre alla stessa ditta.
Nel Comune alle porte di Caserta i carabinieri hanno arrestato anche l’assessore Cecilia D’Anna, il consigliere comunale Giuseppina Pascarella e appunto l’imprenditore. Sono tutti ritenuti responsabili a vario titolo di corruzione, tentata induzione indebita a dare e promettere qualcosa e peculato in concorso.
Al centro dell’inchiesta la figura della 36 enne Rosa De Lucia. Per la procura avveniva “una corruzione sistemica – ha spiegato il procuratore aggiunto Carlo Fucci – che ricorda la tangentopoli casertana del 1992. Di Nardi – scrive il Gip Sergio Enea – era un bancomat per la De Lucia”. Grazie ai soldi di Di Nardi il sindaco si era permesso un viaggio ad Antibes con l’amica assessore Cecilia D’Anna (anche lei arrestata), aveva arredato completamente casa e fatto tante altre spese.
Dopo la denuncia di una ditta concorrente sono però iniziati i pedinamenti e Di Nardi è stato fermato a un finto posto di blocco con in tasca 5000 euro. “Sono per le bollette” avrebbe detto, soldi che invece erano destinati al sindaco. In altre occasioni Di Nardi avrebbe anche sponsorizzato progetti della giunta e pagato circa 500 euro per iniziative contro il femminicidio.


L’azienda dell’imprenditore risulta, con 300 dipendenti sparsi in vari comuni, come una fra le maggiori del casertano. La Dhi (Di Nardi Holding) si occupa di servizi ecologici e gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani a Maddaloni, e nei comuni di Santa Maria Capua Vetere, San Nicola la Strada, Bellona, Pontelatone, Roccaromana, Teverola, Cesa e Vitulazio. Nata solo 5 anni fa, in pochi anni ha fatto incetta di appalti riuscendo ad ottenere continue proroghe e rinnovi contrattuali. La stessa De Lucia aveva ricevuto richiami formale dalla prefettura di Caserta che la invitava a lanciare una gara d’appalto per affidare il servizio di raccolta dei rifiuti ma questo non avveniva. Di Nardi infatti secondo la procura “pagava” per poter mantenere il servizio. Arrestato, ora all’imprenditore i carabinieri hanno sequestrato preventivamente un milione di euro.

VERGOGNA! CACCIANO LA GABANELLI! LA FECCIA MASSONICA SI VENDICA CON L’UNICA CHE HA SCOPERCHIATO E RESO PUBBLICI I LORO ALTARINI. ECCO TUTTA LA VERITA’

Rai, Milena Gabanelli si è dimessa: “Avevo proposto una striscia quotidiana di 4 minuti ma il dg ha detto di no”


La giornalista ha inviato una lettera in via Mazzini con cui comunica la sua decisione di sciogliere il contratto a partire dal 15 novembre. Ha rifiutando l’offerta della direzione generale della condirezione di Rai News per lo sviluppo del portale web e del ritorno alla sua storica trasmissione Report. Ofero: "Dispiaciuto e stupito". La tv pubblica: "Amarezza". M5s: "Fallimento del nuovo dg"

Milena Gabanelli si è dimessa dalla Rai. La giornalista ha inviato una lettera in via Mazzini per comunicare la sua decisione di sciogliere il contratto a partire dal 15 novembre. Ha rifiutando l’offerta della direzione generale della condirezione di Rai Newsper lo sviluppo del portale web e del ritorno alla sua storica trasmissione Report. “Ho comunicato oggi all’azienda le mie dimissioni poiché le condizioni proposte non permettono di produrre risultati apprezzabili”, dice l’ideatrice del noto programma di giornalismo d’inchiesta di Rai Tre.
“La condirezione di Rainews con delega al relativo sito e l’implementazione del numero dei giornalisti – aggiunge – non ne modifica il limite. Poiché non attrae le forze dei 1600 giornalisti Rai (indispensabili per farlo decollare), in quanto percepito come il sito di una testata concorrente. Invece la nascita del portale unico di news online – per il quale ho lavorato in questi mesi – è subordinata a tempi non definiti e certi. Al fine di non disperdere il lavoro fatto in questi mesi, ho proposto al direttore generale una striscia quotidiana di 4 minuti di un fatto raccontato per numeri. Ma anche questa strada secondo il dg non è al momento percorribile“.
Già nel settembre scorso Gabanelli aveva deciso di autosospendersi: era andata in aspettativa non retribuita in attesa che Consiglio di amministrazione varasse il nuovo piano news. Adesso le era stato proposto di tornare a Report. “Per quel che riguarda la proposta di ritornare a Report in condirezione con Ranucci – spiega la giornalista -, oltre a precisare che è stata la sottoscritta, a decidere che dopo 20 anni era venuto il momento di considerarla un’esperienza conclusa, la considero mortificante per il collega e l’intera squadra, che sta portando avanti il programma in modo eccellente”.
Il direttore generale, Mario Orfeo, si è detto molto dispiaciutoma anche molto stupito dalla notizia delle dimissioni di Gabanelli, mentre viale Mazzini ha diffuso un comunicato per esprimere “smarezza per la decisione” della giornalista. La Rai sottolinea di avere posto a Gabanelli “una doppia offerta che doveva rappresentare il momento di passaggio verso la nascita di una testata web autonoma, i cui tempi di realizzazione sono oggi fissati dal nuovo contratto di servizio approvato dal cda Rai e presto al vaglio della Commissione parlamentare di vigilanza. Una proposta peraltro molto più avanzata rispetto a quella che la stessa Gabanelli accettò nel gennaio scorso dal precedente dg Antonio Campo Dall’Orto come vice direttore all’Offerta informativa con delega per il digitale”.
Per i parlamentari del Movimento 5 Stelle in commissione Vigilanza Rai, invece, le dimissioni di Gabanelli “sono il fallimento di Orfeo come direttore generale. Le priorità del braccio destro di Renzi sono state altri, soprattutto rispetto al comparto informazione, parliamo dei nuovi contratti offerti a Vespa e Fazio. Adesso perde anche pezzi. La cosa peggiore non sono le dimissioni di una figura indipendente e di alto livello, ma l’assenza di progettualità per lo sviluppo del portale web dell’informaziona Rai. Quello di Orfeo è un fallimento in piena regola”.
La rottura tra Gabanelli è l’ex direttore del Tg1, promosso dg dopo le dimissioni di Antonio Campo Dall’Orto, si era consumata nei primi giorni di settembre. L’ideatrice di Report aveva rifiutato l’offerta di condirezione di Rai News con Antonio Di Bella, mettendo Orfeo davanti a una sorta di aut aut: autosospensione o ritorno al progetto originario per il quale era stata chiamata da Viale Mazzini lo scorso febbraio.  “Sembrerà strano – spiegava la giornalista – ma la Rai, al contrario di tutte le tv del mondo, ha molti telegiornali, ma non ha un portale di news online organizzato in modo da valorizzare il lavoro dei suoi 1.600 giornalisti sul web. La concessione dice che deve colmare il gap digitale poiché una grande fetta di popolazione non si informa più attraverso i canali tradizionali, e ad oggi è completamente esclusa dal servizio pubblico pur pagando il canone. Un fatto gravissimo di cui sia l’azienda che la commissione di Vigilanza sono consapevoli”.
Gabanelli, dunque, aveva detto no a una mansione che, rispetto a quello che doveva essere il nuovo grande portale Rai24.it, appariva di serie B: “Il mio incarico era di preparare le condizioni per poter mettere tutti i 1.600 giornalisti Rai (a partire dai corrispondenti esteri e regionali) in condizione di anticipare le notizie sull’online – aggiunge – e fornire contenuti realizzati ed informazioni di cui sono depositari, e che, per ragioni di spazio, non possono essere condensate nei telegiornali”. Invece er arrivata la proposta di condirezione, con una squadra di una ventina di persone al massimo non scelte da lei, per cercare di rilanciare un sito, Rainews.it, che raggiunge appena i 100mila utenti unici al giorno. Un brand fallimentare su cui nessuno, finora, aveva osato mettere la faccia e tentare un rilancio. Per chiedere il ritorno in Rai della giornalista, il Fatto Quotidiano aveva lanciato una raccolta firme: le sottoscrizioni – in circa un mese e mezzo – sono state pià di 190mila. 
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/31/rai-milena-gabanelli-si-e-dimessa-avevo-proposto-una-striscia-quotidiana-di-4-minuti-ma-il-dg-ha-detto-di-no/3948719/

NOTIZIA BOMBA: arrestato! E' coinvolto nello scandalo di Banca Etruria

Aveva già subito una perquisizione con l'accusa di bancarotta fraudolenta, poi sono scattate le manette. Il gup della Procura di Arezzo ha disposto l'arresto di Valeriano Mureddu, collaboratore stretto di Pier Luigi Boschi, indagato per reati economici sul caso di Banca Etruria dalla Procura, scortato dalla Guardia di finanza fino al carcere di San Benedetto.

Il fallimento della Geovision
A portare all'arresto di Valeriano Mureddu è stato il fallimento della Geovision, azienda di imballaggi dell'Aretino interessata da passaggi di denaro sospetti, evasione di Iva e distrazioni patrimoniali che hanno configurato il reato di bancarotta fraudolenta. Il magistrato ha disposto che Mureddu fosse arrestato di fronte alla possibilità dell'inquinamento delle prove e della reiterazione del reato. Interdetto Emiliano Casciere, figlio dell'ex legale di Mureddu e titolare della Geovision.

Il legame con Boschi e Carboni
Mureddu era già salito alla ribalta per aver rivelato di essere un accompagnatore e collaboratore di Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena, sottosegretario di stato alla Presidenza del Consiglio, quando questi doveva trovare il nuovo direttore generale di Banca Etruria, il cui crack economico ha poi travolto molti piccoli investitori. Assieme a Boschi padre, in queste missioni si muovevano Mureddu e Flavio Carboni, il faccendiere noto per i suoi rapporti con la P2 di Licio Gelli, la Banda della Magliana e la mafia corleonese del boss Pippo Calò.




Fonte: http://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/arresto-mureddu-collaboratore-boschi/

lunedì 30 ottobre 2017

Sapete perché hanno chiuso La Gabbia di Paragone? Uno dei motivi principali è in questo video clamoroso!



A confermare la notizia al fattoquotidiano.it è lo stesso conduttore. Una vera doccia fredda per i giornalisti, gli autori e gli operatori che hanno appreso la notizia della cancellazione del programma solo nel pomeriggio durante una riunione

La7 chiude la Gabbia. Quella del 28 giugno sarà l’ultima puntata della trasmissione condotta da Gianluigi Paragone, che quindi non andrà in onda la prossima stagione. A confermare la notizia al fattoquotidiano.it è lo stesso giornalista. “Sì, è vero: stasera andrà in onda l’ultima puntata de La Gabbia“, si è limitato a dire il conduttore, che si trovava già in studio alle prese con gli ospiti e i preparativi dell’ultima messa in onda.

Una vera doccia fredda per i giornalisti, gli autori e gli operatori che lavorano a La Gabbia: hanno appreso la notizia della cancellazione del programma solo nel pomeriggio durante una riunione con lo stesso Paragone. Nato nel 2013, il programma andava originariamente in onda ogni domenica per poi essere spostato nella prima serata di mercoledì. In quattro anni Paragone ha condotto più di 160 puntate con uno share medio tra il 3,10 e il 3,80%.

La notizia della chiusura della trasmissione arriva a poche settimane dalla nomina di Andrea Salerno , ex autore di Gazebo, a direttore della televisione di Urbano Cairo.  Già nel maggio scorso, quando era stato annunciato l’arrivo dell’ex autore di Rai 3 al vertice de La7, Il Foglio aveva raccontato di come tra le mura televisive si parlasse di un Salerno lontanissimo dallo “stile La Gabbia“. Un retroscena giornalistico che viene confermato ora dalla chiusura del programma di Paragone.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/28/la7-chiude-la-gabbia-ultima-puntata-della-trasmissione-di-paragone/3694391/

Renzi ha superato ogni limite. Stavolta vi arrabbiate davvero. Guardate cosa ha scoperto un deputato del M5S:

In visita a Bruxelles per affrontare la questione migranti, il deputato 5 Stelle Luigi Di Maio ha dichiarato che “Il MoVimento 5 Stelle è pronto a depositare una mozione di sfiducia contro il governo colpevole di avere firmato con Frontex l’accordo Triton, che prevede che tutti i migranti sbarchino nei porti italiani. È alto tradimento!
Matteo Renzi ci ha venduti come nazione per 80 euro: ha autorizzato l’utilizzo dei porti italiani per gli sbarchi dei migranti in cambio della flessibilità europea per dare i suoi bonus.”
Il deputato pentastellato ha anche postato una foto del suo incontro con Fabrice Leggeri, direttore di Frontex, corredata dal seguente commento:
“Stiamo incontrando il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri. Ci ha confermato, dopo averlo chiarito anche in audizione al Parlamento Ue, che Triton, voluta da Renzi, prevede che tutti i migranti siano portati in Italia.
Questa è la verità: ci hanno svenduti per 80 euro trasformandoci nel più grande porto d’Europa, pensando di poterci trattare come gli scemi, convinti che saremmo rimasti in silenzio. Ma hanno fatto male i loro calcoli, ora i nodi sono venuti al pettine e presto o tardi ne risponderanno davanti al Paese.”
In un altro post pubblicato sempre sul social network, Di Maio ha detto che sui migranti il governo ci ha mentito e ora ci sono le prove:
“Oggi abbiamo incontrato a Bruxelles il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri. Ci ha confermato, dopo averlo chiarito anche in audizione al Parlamento Ue, che Triton, voluta da Renzi, prevede che tutti i migranti siano portati in Italia. Questa è la verità: Renzi e il Pd ci hanno svenduto per 80 euro trasformandoci nel più grande porto d’Europa, convinti che saremmo rimasti in silenzio. Non solo: ci hanno mentito e pensano di farla franca. In qualsiasi Paese del mondo chi dice bugie ai cittadini si dimette, è tempo che questa pratica venga introdotta anche in Italia. Abbiamo chiesto oggi a Gentiloni, che quando è stato firmato questo accordo era il ministro degli Esteri, di venire a riferire immediatamente in aula.
Sulle Ong siamo stati molto chiari: la Libia è un tema di sicurezza nazionale, massimo rispetto per i volontari, ma a chi non rispetta le regole dobbiamo chiudere i nostri porti. Bilanci trasparenti e una stretta collaborazione con l’autorità giudiziaria italiana sono per il MoVimento 5 Stelle due punti imprescindibili. Abbiamo depositato una legge a prima firma Bonafede che prevede la presenza di ufficiali a bordo delle imbarcazioni battenti bandiere straniere che trasportano migranti. Chi non si trova d’accordo, non attracca sulle nostre coste. Chi arriva a entrare in acque libiche per portare i migranti in Italia, non attracca sulle nostre coste.
Non possiamo più aspettare. L’Europa prima si è preso tutto dall’Italia, grazie all’accondiscendenza dei governi degli ultimi anni, e poi ci ha sbattuto la porta in faccia. Noi chiediamo di chiudere la rotta mediterranea così come è stato fatto con quella balcanica, ma se nessuno ci ascolta allora facciamo da noi, sottraendo parte del contributo italiano al budget Ue e re-investendolo nella gestione dei rimpatri. E’ assurdo che l’Ue riesca a stringere accordi per importare l’olio tunisino e poi non sia in grado di stringere accordi per i rimpatri con i Paesi di transito in Africa. Manca, la volontà politica da parte di tutti, ma non da parte nostra. Adesso ci presentano questo pseudo-Codice sulle Ong, solo fumo negli occhi. Noi crediamo nelle leggi dello Stato non nei codici. E se, come ha sottolineato oggi nuovamente Frontex, in Italia la maggior parte degli ingressi riguarda i migranti economici, allora devono essere rimpatriati, in sicurezza, nei Paesi da dove provengono con i soldi dell’UE.
Ci domandavamo come fosse possibile l’arrivo di 12.000 migranti in Italia in sole 48 ore, più di quanti non ne siano arrivati in Spagna in un anno intero. Lo abbiamo capito. Renzi, Gentiloni, Alfano, tutto il Pd ma anche una buona parte del centrodestra hanno siglato accordi indicibili con i burocrati UE mettendo in ginocchio la nazione. Hanno trasformato l’Italia in un grandissimo campo profughi, per far contenti anche i loro amici nel coop, in cambio di qualche spicciolo. Di poche briciole. Che loro chiamano flessibilità. I giochi però sono finiti. E a giudicarli saranno prima di tutto gli italiani”, ha scritto il vicepresidente della Camera.

Guarda il video – Luigi Di Maio: ‘Sfiduciamo il governo su Triton per alto tradimento’




Il pensionato: affitto 200 euro, pizza 6, barbiere 4. Il paradiso dove vivere da re con 900 euro.

Adriano Martelli è uno dei tanti pensionati italiani emigrati all' estero. Ha scelto di trascorrere la sua terza età in Tunisia, a Sousse, 173.000 abitanti, la terza città del paese per popolazione dopo Tunisi e Sfax. Mi risponde al telefono via skype, intravvedo alle sue spalle mobili dal sapore africano alternati a tocchi di Occidente. Dopo le polemiche di questi giorni sulla tassazione delle pensioni all' estero, vuole dire la sua e spiegare come si vive in un paese straniero.
Scusi quanto prende di pensione, gli chiedo? «Poco meno di 1000 euro al mese, ma guardi, io pago le tasse in Italia, la mia pensione arriva lì e ritiro l' equivalente in valuta locale, cioè circa 2400 dinari».
Mi spiega che in Tunisia con quella cifra puoi vivere da «gran signore», se li sai gestire. «Io abito in riva al mare, con tutti i comfort, due condizionatori, riscaldamento per l' interno se fa freddo, due camere, un bel salone, un bagno, era già arredato quando sono entrato. L' affitto costa 550 dinari al mese, l' equivalente di 200 euro, poco più.
L' appartamento è di quasi 80 metri quadri più 90 di giardino, ho il mio orticello, le tartarughe, la palma. Sa come vivevo in Italia?». Ecco, appunto, siamo al passaggio chiave, ovvero la molla che spinge un onesto cittadino che ha sgobbato tutta la vita nel nostro paese ad andarsene. «Per 30 anni ho fatto l' infermiere in ospedale, sono andato in pensione presto, è vero, ma con quella cifra non era possibile vivere dignitosamente. Abitavo a Torino, una pensione di 880 euro, di cui 450 se ne andavano per l' affitto, più spese, di un monocamera a Borgo San Paolo. Non ce la facevo ad arrivare a fine mese. Ho iniziato a lavorare extra in un call center, guadagnando altre 1000 euro. È allora che ho conosciuto la realtà tunisina e ho deciso di provare a trasferirmi. All' inizio mi sentivo spaesato, senza amici, in un paese in cui il peso della religione è fortissimo, altro che la libertà che c' è Italia. Da allora sono passati sette anni e molte cose sono cambiate nella mia vita, e anche in Tunisia. Ma io indietro non torno. Ho solo una figlia, che vive a Torino, avevo un fratello, ma è mancato troppo presto, i miei amici li sento al telefono, loro stentano a credere a quello che gli racconto».
Mi spiega che in molti vengono qui per vivere più sereni, con quegli stessi soldi che a casa nostra li costringerebbero a una lotta quotidiana per far quadrare i conti. «Faccio una grossa spesa mensile: detersivi, scatolame, cose per il bagno, il rifornimento del freezer, ovvero pollo, carne, verdure. Spendo 320 dinari (140 euro), cioè quello che per i locali è uno stipendio. Pensi che un cameriere qui guadagna 250 dinari al mese. Poi da pagare oltre all' affitto mi restano solo le spese straordinarie: magliette, scarpe, un cellulare, ma uso ancora molti dei vestiti che avevo in Italia e soprattutto giro in ciabatte.
Qui se ti vedono uscire in giacca, camicia e scarpe, ti chiedono se stai andando a un matrimonio».
Scarpe e capelli - Il costo della vita, mi racconta, è completamente diverso dall' Italia. Le scarpe costano 25 dinari, cioè 12 euro, una seduta dal parrucchiere femminile con taglio, tinta, piega, sopracciglia e buffetti costa 35 dinari, cioè 15 euro. In Italia non te la caveresti con meno di 80. E gli uomini, dal barbiere, si tagliano i capelli con 4 euro. Cifre che a noi suonano incredibili.
Ma come passano il tempo questi signori un po' attempati? Tra bar e caffè, un giro per la Medina, il centro città, e un po' di shopping. Sempre rispettando il budget prefissato. Adriano mi racconta che qui da sei anni ha una donna, Mariam, una ragazza che ha studiato per fare l' insegnante e dà ripetizioni per mantenersi. Lei ha 34 anni, lui 69. Ma la differenza d' età mantiene giovani, dice. «I genitori di Mariam mi dicono sempre che non mi stanco mai. Ma come faccio a stancarmi se non faccio niente?! Ai maschi che vengono qui dico state attenti, le donne vi diranno che vi amano da pazzi, pur di sposarsi e scappare via, non bisogna farsi fregare. Mariam ha studiato e viene da una bella famiglia, a me non è successo, ma ne ho visti di uomini che hanno dilapidato i risparmi di una vita. Io, assieme a lei, mi sono dato una paghetta quotidiana da spendere, 20 dinari al giorno. Noi poi andiamo spesso in pizzeria, due pizze e due bibite ci costano 15 dinari, cioè 6 euro. In un buon ristorante si mangiano cous cous, agnello e verdure con 8 euro a testa. Certo, non aspettatevi un servizio a quattro stelle, magari si dimenticano il tovagliolo, ma il cibo è buono».
Corruzione e reati -  Sembra il paese del Bengodi. Ma poi scopri che le magagne ci sono anche lì: corruzione, criminalità, o più banalmente nessuno che arrivi mai puntuale a un appuntamento e pure i tunisini che sono pettegoli come la portinaia di un palazzo, mi spiega. A far davvero vacillare la convinzione di rimanere in Italia però ci pensano le tasse. Gli chiedo, scusi ma qui si paga l' Imu, o una tassa sulla casa? «No no, scherza! Qui ci sono solo incentivi per chi acquista». E la Tari si paga? «No». L' Irpef? «No, no». La Tasi? «Macché. Non scherziamo».
In Italia, gli dico, di tasse se ne contano oltre 100. La linea si fa disturbata, chiedo se ci sono ragioni per tornare a casa, lui, concreto, mi spiega: «Qui per curare alcune malattie i costi sono alti, quindi ad esempio se uno ha problemi al cuore, meglio non venire e farsi seguire in Italia. La sanità da noi è ottima, qui in Tunisia no. Ma è anche vero che quando vivevo a Torino ero pieno di patologie, soffrivo di ipertensione, prendevo un sacco di pastiglie, avevo problemi di gastrite e di stomaco, da quando sono qui non ho più nulla. Guarito come per miracolo». Ma lo sa che in Italia in questi giorni si discute di voi pensionati all' estero? -lo provoco- Tito Boeri, il presidente dell' Inps, dice che l' anno scorso sono stati versati ben 373mila assegni in 160 paesi per pensionati che in realtà hanno pagato pochi anni di contributi in Italia. Una vera anomalia che tra l' altro danneggia i consumi, visto che i soldi li spendete in altri paesi, lei cosa risponde?
«Noi i nostri soldi li abbiamo già versati, caro Boeri, ce li lasci spendere dove vogliamo e si preoccupi piuttosto di come vivono i pensionati rimasti in patria. Ho fatto 33 anni di lavoro in Italia, cosa devo ancora a questo paese?».
di Francesca Carollo

fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13207891/tunisia-pensionato-900-euro-mese.html

UN SIGNORE DA UN GIORNALE A DI MAIO, MA DENTRO TROVA QUELLO CHE NON TI ASPETTI: GUARDATE!

Dopo aver diffuso la bufala sul incontro mai esistito tra Matteo Salvini e Davide Casaleggio, La Repubblica si scaglia nuovamente contro i 5 Stelle con un articolo in cui attacca Luigi Di Maio con una falsa notizia.
Lo denuncia il deputato stesso parlando di “Metodo Repubblica“, con un video pubblicato sulla propria pagina Facebook, corredato dal seguente commento:
“Il Metodo Repubblica colpisce ancora. Notizie false e non verificate spacciate per vere con un obiettivo che è politico e non informativo. Non dovete mai dimenticare che La Repubblica è il giornale di Tessera Numero Uno del Pd De Benedetti.
Oggi, per continuare a spacciarci per pericolosi fascisti, si sono inventati di sana pianta che al Liceo avrei presentato una lista, per fare il rappresentante d’istituto, usando il motto della decima MAS fascista “Memento Audere Semper”.
E’ una balla. Sarebbe bastata una telefonata al mio ex liceo per evitare di scriverla, ma ovviamente i giornalisti di Repubblica non fanno alcuna verifica su ciò che scrivono. Per completezza aggiungo che nelle tre occasioni in cui mi sono candidato i motti erano:
1) Anno s. 2001/2002 “Cogito ergo sum”
2) Anno s. 2002/2003 “Per una scuola ricca di iniziative”
3) Anno s. 2003/2004 “Classico e Scientifico fanno la forza”
Non mi aspetto più neanche le scuse da questa gente, neanche mi interessano, ma volevo che voi sapeste la verità. Vi invito solo a non credere mai a ciò che scrive questo giornale: se scrivono una cosa, probabilmente è vero l’esatto contrario. Gli esempi ormai sono centinaia. Domani ne avremo un altro”.

Guarda il video in cui Di Maio spiega il Metodo Repubblica:








Nel video, girato durante il viaggio per Asti, dove si chiuderà la campagna elettorale, il deputato 5 Stelle ha raccontato di essersi fermato all’Autogrill e un signore “con Repubblica tra le mani” gli ha mostrato un articolo che Di Maio definisce “osceno, ridicolo e vergognoso”.

Si tratta del “Metodo Repubblica”, continua Di Maio, che spiega: “Ogni mattina a Repubblica si svegliano e cercano di capire come infangare il M5S o me, e questa volta risalgono a fatti di quindici anni fa, ovviamente inventando un’ennesima balla su una notizia non verificata e dicendo una cosa che serve a dimostrare che noi siamo dei fascisti.”


Dopo Banca Etruria, sta per crollare questa banca: se hai soldi qui, toglili subito.

Non vogliono chiamarlo bail in, ma di quello si tratta. Il meccanismo col quale saranno salvate (per modo di dire) le due banche venete non è molto diverso dallo schema utilizzato a novembre 2015 per Etruria, Marche, Chieti e Ferrara. Dopo quasi due anni si riparte dallo schema del fallimento pilotato: un po' di denaro pubblico, una bad bank nel quale far confluire le perdite, una nuova società - probabilmente una sola per inglobare Popolare di Vicenza e Veneto Banca - da piazzare rapidamente alla cifra simbolica di un euro. Dovrebbe essere IntesaSanpaolo il colosso bancario «convinto» da palazzo Chigi. Le trattative, in questo senso, sono andate avanti per tutto il fine settimana e al tavolo sedevano anche gli alti funzionari della Banca d' Italia. Oggi o domani, l' istituto guidato da Carlo Messina potrebbe uscire allo scoperto dopo giorni di smentite di rito e deboli no comment, anche se non mancano opinioni discordi all' interno.

Fatto sta che pure i sindacati di categoria sono informati da diversi giorni. Una soluzione più che concertata, insomma. L' ultima versione del piano d' emergenza per il Nord Est messa a punto dal governo in tandem con le autorità bancarie e i big del credito, dunque, supera le ipotesi approfondite nelle scorse settimane. In particolare, sembra tramontata l' opzione della ricapitalizzazione precauzionale alla quale aveva lavorato a lungo l' amministratore delegato di Bpvi, Fabrizio Viola. La sua uscita di scena potrebbe essere annunciata a breve.
Del resto, ai due istituti non resta molto prima del crac. Di qui la fretta, a cominciare con le manovre per la pulizia dei bilanci. Nella «banca cattiva» di Vicenza e Montebelluna - con ogni probabilità gestita da Bankitalia - finiranno soprattutto i 10 miliardi di crediti marci sui quali sarà poggiata una garanzia pubblica da 4-6 miliardi a carico del Tesoro che si sta avvalendo della consulenza della casa d' affari Rotschild. L' intera operazione, invece, non contempla più Unicredit che ha preferito concentrarsi sul complesso piano di ristrutturazione interno e non sovrapporlo con altri, delicati dossier. Dei big è rimasta in campo, per l' ennesima manovra di «sistema» solo banca Intesa. In pancia a Ca' de Sass, come accennato, dovrebbe finire la parte sana dei due istituti veneti: in buona sostanza il primo gruppo del Paese assorbirebbe così le filiali, i 35-40 miliardi di crediti in bonis, gli 11 miliardi di raccolta e gli 11mila dipendenti. Sul personale, però, è scontata una cura dimagrante: una parte dei lavoratori (4-5 mila in tutto), infatti, è destinata a uscire dal gruppo grazie a un rifinanziamento del fondo esuberi. Previste anche alcune cessioni di rami d' azienda, nell' ottica di fare cassa e di ridurre il boccone da far ingoiare a Intesa. Parte degli asset che oggi fanno parte dei due gruppi, come le quote di Arca, le controllate al sud Banca Apulia e Banca Nuova oltre che le filiali estere verrebbero vendute con negoziati ad hoc. Alla fine della giostra, ci sarà uno spezzatino. E la rotta è stata indicata dal capo della vigilanza della Banca centrale europea, Daniele Nouy, che, in una audizione all' Europarlamento, ieri, ha spiegato che le direttive europee in caso di risoluzione di un istituto di credito offrono «diverse possibilità» inclusa quella di vendere «parti della banca» a rischio. Resta da capire quale sarà il sacrificio a carico degli obbligazionisti: le regole europee, su questo punto, non fanno sconti. Occhio alla stangata.
Per il governo c' è il pericolo di entrare in un altro campo minato, dopo gli errori commessi sul caso Etruria. Renato Brunetta (Forza Italia) attacca l' esecutivo giudicandolo «irresponsabile», mentre le associazioni imprenditoriali, come Unimpresa, chiedono di fare in fretta per evitare una «crisi sistemica». Le aziende italiane dipendo per il 70% dalle banche e il «fallimento» delle venete potrebbe «avere ripercussioni sulla fiducia e sull' economia reale».
di Francesco De Dominicis 

Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/12416699/banche-popolari-venete-faranno-la-fine-di-etruria.html