Editoriale di Marco Travaglio (08-03-2019)
"Ieri, durante la conferenza stampa di Giuseppe Conte sul Tav, ho capito Lorella Cuccarini. Detta così, lo ammetto, è da perizia psichiatrica. Ma cerco di spiegare questo ennesimo pensiero che non condivido.
La Cuccarini ha fatto una gaffe a Otto e mezzo, dicendo che in Italia non si votava da 10 anni. E tutti l’hanno sottolineata, con quel surplus di perfidia che è riservato a chiunque passi per “sovranista” (anche Landini e Zingaretti sbagliano qualche congiuntivo, ma non sono sovranisti e dunque vengono risparmiati).
Ora, è indubitabile che in Italia si voti al massimo ogni cinque anni. Ma l’impressione che ha causato la gaffe della showgirl l’abbiamo avuta in tanti: che, cioè, dopo le elezioni del 2008 vinte per la terza e ultima volta da B., i governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni prescindessero dal nostro voto.
O lo ribaltassero. O se ne fregassero proprio di noi elettori: non tanto per i premier “non eletti” (l’elezione diretta del premier qui non esiste), ma perché rappresentavano la minoranza degli italiani (estrogenata dal premio incostituzionale del Porcellum); e perché seguivano programmi opposti a quelli che i cittadini avevano votato. Per questo, fra l’altro, il governo Conte continua a godere di tanto consenso, malgrado i tanti errori, carenze, divisioni e qualche vergogna: perché rappresenta, dopo tanti anni, la maggioranza degli italiani. E perché dà mostra di non infischiarsene degli elettori.
Salvini è il cazzaro troglodita che è: ma passa le giornate a rivolgersi direttamente alla gente, col linguaggio della gente, sui problemi della gente (anche se le sue soluzioni sono xenofobe e/o propagandistiche).
I 5Stelle sono l’armata Brancaleone che sono: ma parlano a persone vere e tentano, a volte con successo altre volte con pasticci, di risolverne i problemi. Anche se il governo cadesse domani e non ci tornassero mai più, i “grillini” dovranno vergognarsi di tante cose (dal voto sulla Diciotti a quello sull’illegittima difesa). Ma potranno andare orgogliosi di averle tentate tutte per fermare il Tav e ancor di più di aver avviato il più forte investimento contro la povertà, che nel primo giorno ha portato 60 mila cittadini in difficoltà a fare compostamente domanda alle Poste e ai Caf, sperando in un futuro finalmente dignitoso (tra le risate di una “sinistra” indecente, le previsioni di assalti ai forni di una stampa manigolda e le scomuniche di una Cei vergognosa).
Dall’altra parte, basta leggere l’ultima intervista del figlio di babbo Tiziano al Corriere per capire l’abisso scavato da questa jattura ambulante fra la sinistra e il popolo.
Non contento dei danni fatti all’Italia e al suo partito, ora si congratula con se stesso per aver detto no a Di Maio e – parole sue – “distrutto i 5Stelle”. Veramente, al momento, ha distrutto il Pd. Ma, a voler seguire il suo delirio, i punti persi dal M5S nei sondaggi sono finiti tutti a Salvini, mentre i dem sono fermi al 18%: dunque il suo no ha raddoppiato la Lega.
Se questo era il suo nuovo, mortifero obiettivo, chapeau: missione compiuta. Cercare nell’intervista un solo accenno all’interesse nazionale, al bene dell’Italia o almeno della sinistra, è sforzo vano: la gente non è un problema suo (è lui che è un problema per la gente).
A chi parlava, invece, Conte? Appena nominato premier, suscitò l’ilarità dei fini dicitori perché si definì “avvocato del popolo”. Ieri s’è capito cosa intendeva dire: anziché rifugiarsi nei meandri tecnici dell’analisi costi-benefici sul Tav, l’ha sminuzzata in parole semplici perché tutti capissero l’“interesse nazionale” e il “bene dei cittadini”.
Non si rivolgeva ai giornalisti presenti in sala (fatica sprecata), ma ai cittadini che da trent’anni sentono parlare di questa nuova Grande Muraglia o Piramide di Cheope e non hanno idea di cosa sia, a che serva, quanto costi e chi la paghi.
Parlava soprattutto agli elettori leghisti e pidini, che in buona fede han creduto alle imposture dei loro leader sulla grande occasione di sviluppo dell’immondo buco. E spiegava le ragioni per cui l’enorme spreco di denaro pubblico va fermato finché si è in tempo: l’opera è vecchia e superata; non c’è traffico merci sufficiente a giustificarla; non basta scavare buchi e stendere binari per trasferire le merci da gomma a rotaia, essendo più conveniente caricare i container sui Tir anziché fare su e giù fra Tir e treni; Italia, Francia e Ue butterebbero 15-20 miliardi (con le solite lievitazioni) per perderne 7-8.
Poi – parlando ai “sovranisti”, se così vogliamo chiamare chi non ha scritto “Giocondo” in fronte – Conte ha ricordato che la Francia non ha stanziato un euro per il buco; e, anche se lo stanziasse, pagherebbe la metà dell’Italia per un tunnel che insiste per i due terzi in territorio francese.
Un regalino a Parigi che dobbiamo a B.&Lunardi e ai successori fino a Renzi&Delrio, giustificato col fatto che la tratta di collegamento al buco costa più ai francesi che a noi: peccato che quelli non l’abbiano né iniziata, né finanziata, né progettata.
E noi chi siamo? Pantalone che paga per tutti?
Al posto di Salvini, ci preoccuperemmo più del linguaggio “populista” e “sovranista” di Conte, concorrenziale al suo e diretto alla sua base, e meno dell’eventuale blocco delle gare: per la prima volta un presidente del Consiglio ha fatto capire all’inclita e al colto (categoria, quest’ultima, che esclude il salviniano medio) che a bloccare il Tav ci guadagniamo tutti, tranne una piccola cricca di affaristi.
In un Paese serio, gli autori dell’analisi costi-benefici verrebbero ringraziati per averci fatto risparmiare un sacco di soldi. Invece vengono sputacchiati da giornali e politici prezzolati che, non contenti di averci portati alla bancarotta, ora la vogliono pure fraudolenta."
domenica 31 marzo 2019
TANGENTI SULLA TAV, ARRESTATI FIGLI DI POLITICI E DI ALTI PAPAVERI. ECCO CHI SONO I PARASSITI DI QUESTO STATO INFAME E PARASSITA
Spiccano due nomi illustri nell’inchiesta della Procura di Roma su appalti e corruzione delle grandi opere. Uno è l’imprenditore Giandomenico Monorchio (figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio) arrestato stamattina dai carabinieri del Comando Provinciale di Roma. L’altro, che risulta indagato a piede libero, è invece Giuseppe Lunardi, anch’egli imprenditore, nonché figlio dell’ex potente ministro Pdl ai Trasporti e alle Infrastrutture del governo Berlusconi, Pietro Lunardi.
Sono in totale ventuno gli arrestati tra Lazio, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Abruzzo, Umbria e Calabria nell’indagine condotta dai carabinieri di Roma e denominata «Amalgama» (per simboleggiare i legami stretti). Ipotizza la corruzione per ottenere contratti di subappalto nell’ambito dei lavori per la realizzazione della tratta Tav «Av./A.C Milano-Genova-Terzo Valico Ferroviario dei Giovi» (Alta Velocità Milano-Genova), del 6° Macrolotto dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e della People Mover di Pisa. Agli indagati i procuratori aggiunti Paolo Ielo e Michele Prestipino contestano, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione.
Uno scambio di favori tra dirigenti e imprenditori. Falsi certificati sui lavori in cambio di subappalti. Ruolo «chiave» era quello del direttore lavori, l’ingegner Giampiero De Michelis, considerato il «promotore e organizzatore» della banda insieme all’imprenditore calabrese Domenico Gallo. Era proprio lui che, incaricato della direzione dei lavori dal «contraente generale», svolgeva compiacenti controlli di qualità e rilasciava certificati dove si affermava il falso, ottenendo come contropartita «commesse per beni e servizi» fatturati a ditte riferibili a parenti o amici.
Il complesso meccanismo è spiegato dalle intercettazioni telefoniche con le quali i carabinieri, agli ordini del generale Antonio De Vita, hanno incastrato i due principali protagonisti e gli altri indagati coinvolti, a vario titolo, nell’inchiesta. Tantissime le telefonate ascoltate dagli inquirenti. C’è ad esempio quella dell’aprile 2015, nella quale Gallo dice a un coindagato: «Chi fa il lavoro… la stazione appaltante… i subappaltatori… deve crearsi l’amalgama, mo’ è tutt’uno… Perché se ognuno tira e un altro storce non si va avanti… Quando tu fai un lavoro diventi… parte integrante di quell’azienda là… E devi fare di tutto perché le cose vadano bene… è giusto?».
I carabinieri annotano nel verbale, poco dopo, lo stupore dello stesso Gallo nell’apprendere che il suo interlocutore credeva che i controlli sui lavori venissero svolti secondo le regole: «Ah, perché pensavi che erano…». Quello risponde: «Io sì», e Gallo chiarisce: «Nooo… non pensare…. Chi pensa male fa peccato ma non sbaglia mai».
FONTE:
LA STAMPA
Sono in totale ventuno gli arrestati tra Lazio, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Abruzzo, Umbria e Calabria nell’indagine condotta dai carabinieri di Roma e denominata «Amalgama» (per simboleggiare i legami stretti). Ipotizza la corruzione per ottenere contratti di subappalto nell’ambito dei lavori per la realizzazione della tratta Tav «Av./A.C Milano-Genova-Terzo Valico Ferroviario dei Giovi» (Alta Velocità Milano-Genova), del 6° Macrolotto dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e della People Mover di Pisa. Agli indagati i procuratori aggiunti Paolo Ielo e Michele Prestipino contestano, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione.
Uno scambio di favori tra dirigenti e imprenditori. Falsi certificati sui lavori in cambio di subappalti. Ruolo «chiave» era quello del direttore lavori, l’ingegner Giampiero De Michelis, considerato il «promotore e organizzatore» della banda insieme all’imprenditore calabrese Domenico Gallo. Era proprio lui che, incaricato della direzione dei lavori dal «contraente generale», svolgeva compiacenti controlli di qualità e rilasciava certificati dove si affermava il falso, ottenendo come contropartita «commesse per beni e servizi» fatturati a ditte riferibili a parenti o amici.
Il complesso meccanismo è spiegato dalle intercettazioni telefoniche con le quali i carabinieri, agli ordini del generale Antonio De Vita, hanno incastrato i due principali protagonisti e gli altri indagati coinvolti, a vario titolo, nell’inchiesta. Tantissime le telefonate ascoltate dagli inquirenti. C’è ad esempio quella dell’aprile 2015, nella quale Gallo dice a un coindagato: «Chi fa il lavoro… la stazione appaltante… i subappaltatori… deve crearsi l’amalgama, mo’ è tutt’uno… Perché se ognuno tira e un altro storce non si va avanti… Quando tu fai un lavoro diventi… parte integrante di quell’azienda là… E devi fare di tutto perché le cose vadano bene… è giusto?».
I carabinieri annotano nel verbale, poco dopo, lo stupore dello stesso Gallo nell’apprendere che il suo interlocutore credeva che i controlli sui lavori venissero svolti secondo le regole: «Ah, perché pensavi che erano…». Quello risponde: «Io sì», e Gallo chiarisce: «Nooo… non pensare…. Chi pensa male fa peccato ma non sbaglia mai».
FONTE:
LA STAMPA
Ius Soli, Emma Pompetta spara l’idiozia del giorno: senza vergogna alcuna cosa arriva a dire
Emma Bonino: “Lo ius soli aiuta ordine, sicurezza e legalità”
Intervistata dal sito di Michele Santoro, l’esponente di +Europa parla della cittadinanza ai figli degli immigrati: “Non dovrebbe essere un regalo del Principe, ma un loro diritto”. È utile perché “aiuta l’ordine, la sicurezza e la legalità”
“La cittadinanza? Non dovrebbe essere il regalo del Principe, ma essere un diritto. Aiuta ordine, sicurezza e legalità”.
In un’intervista rilasciata al sito di Michele Santoro, l’esponente di +Europa Emma Boninotorna di nuovo sulla questione ius soli, il principio giuridico in base al quale chi nasce sul territorio italiano deve avere automaticamente diritto alla cittadinanza a prescindere dalla nazionalità dei genitori. Ora che persino il premier Conte ha chiesto di aprire una “riflessione” sul tema – per quanto almeno la metà degli italiani sia contraria a facilitare la concessione della cittadinanza – il fronte progressista torna alla carica per far tornare lo ius soli al centro del dibattito. Compresa Emma Bonino. Che spiega: “La cittadinanza? Non dovrebbe essere il regalo del Principe, ma essere normata come un diritto”. Il “Principe” sarebbe Matteo Salvini, che ha appena incontrato e deciso di concedere la cittadinanza italiana ai 13enni Adam e Ramy, gli “eroi” che avevano impedito la strage del bus di Milano.
“In Italia – racconta la senatrice – dal 1992 è in vigore una legge sullo ius soli per cui un ragazzo nato in Italia da genitori stranieri può richiedere la cittadinanza quando ha compiuto 18 anni a condizione di essere stato residente legalmente e senza interruzioni dalla nascita. C’era una proposta di riforma approvata nel 2015 alla Camera (ai tempi del governo Renzi, nda) e mai arrivata in Senato. Forse, per ragioni elettorali, al governo è mancato un po’ di coraggio. Noi sosteniamo uno ius soli temperato la cittadinanza è un elemento di integrazione e di senso di appartenenza. Aiuta l’ordine, la sicurezza e la legalità“, spiega Emma Bonino prima di attaccare chi, secondo lei, sfrutterebbe a fini elettorali il popolo degli oltre 500 mila irregolari che vivono in Italia. “Molti italiani sono stati artificiosamente spaventati da parte di chi ha investito e lucrato sul disordine”.
Per la Bonino, “Gli immigrati regolari rappresentano l’8 per cento della popolazione. Questi bambini sono 800mila su un montante di circa 9 milioni di studenti. Se non ci fossero, chiuderemmo 35mila scuole e 65mila insegnanti andrebbero a spasso”. Infine, alla domanda sull’eventuale disponibilità del gruppo di +Europa a un appoggio esterno al governo per votare lo ius soli, Bonino risponde: “Non amo i ricatti, né su questo tema, né su altri. Penso che la politica sia anche negoziato. Dipenderà da quanta forza ci daranno gli italiani. Per ora ci hanno dato il 2,6%, non è che possano pretendere moltissimo”.
Zingaretti, una roba allucinante: riesuma la mummia comunista e la candida delle Europee
Alle prossime elezioni Europee, il Pd di Nicola Zingaretti si ripresenterà con il proprio simbolo, dopo alcuni tentativi di nasconderlo nelle ultime tornate elettorali che hanno portato solo disastri. Restando in tema, di disastri, Zingaretti ha portato fino in fondo l’accordo con l’ex ministro Carlo Calenda per proporre una sorta di listone europeista che accolga tutti quelli disposti a candidarsi però sotto il simbolo del Pd. Non sono mancati i no, in primis quello arrivato da Emma Bonino e dai vertici di +Europa, disposti anche a schiantarsi con il proprio simbolo, piuttosto che morire male sotto le insegne piddine.
La speranza però è sempre l’ultima a morire, almeno per Zingaretti, che ha provato fino all’ultimo a imbarcare tutti quei pezzi di partito persi nel corso degli anni sotto la dittatura renziana. A furia di spalancare le porte del Nazareno, però, Zingaretti ha imbarcato chiunque. Per esempio per la circoscrizione del Sud Italia, il Pd sta valutando di piazzare come capolista Vincenzo Colla, vicesegretario della Cgil, che secondo Repubblica piace pure a Mdp, quindi a Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani.
Al Nord-Ovest ci dovrebbe essere il resuscitato Giuliano Pisapia, in tandem con l’economista Ierene Tinagli, già deputata montiana di Scelta Civica. Al Nord-Est con Carlo Calenda ci sarà la vicepresidente dell’Emilia-Romagna, Elisabbetta Gualmini. Al Centro spazio alla renziana Bonafé con gli europarlamentari uscenti Gualtieri e Sassoli. E nelle isole arriva Caterina Chinnici con il medico di Lampedusa Pietro bartolo e poi Valentina Puzzolo, che da 15 anni lavora nella Commissione Ue.
Il vergognoso stipendio della Botteri: la sbatteranno via dagli USA a calci nel sedere ma non potranno toccare il suo scandaloso contratto
Ve ne abbiamo dato conto qualche giorno fa su Libero: la Rai sovranista si “libera” di Giovanna Botteri, che dopo più di dieci anni di onorato servizio lascerà la sede di New York. Direzione, Pechino e la Cina: dagli agi della Grande Mela alle tenaglie del regime comunista, per dirla in estrema sintesi. Un benservito, in tutto e per tutto, per la Botteri, che da anni combatte una personale e aspra battaglia contro Donald Trump (le sue idee emergono in modo palese, basta dare un’occhiata ai collegamenti che faceva con Linea Notte di Maurizio Mannoni). Futuro in Cina, dunque. Ma la Botteri, ne siamo certi, se la caverà. Infatti affaritaliani.it ricorda le cifre dello stipendio di cui può godere l’inviata di Viale Mazzini: “Duecentomila dollari più benefit“, si legge nell’articolo a lei riservato. Insomma, riuscirà a digerire anche l’esilio cinese.
Verona, l’epica figuraccia della Boldrini: pubblica questa foto e scattano i sacrosanti insulti
Laura Boldrini arriva a Verona per partecipare alla contro manifestazione femminista organizzata in segno di protesta per il Congresso delle Famiglie ma viene bersagliata di critiche sul web per la sua foto accanto alla statua di Giulietta
Congresso delle Famiglie sotto assedio. Oggi a Verona arriva la contro manifestazione promossa dai sindacati cui non poteva mancare Laura Boldrini.
L’ex presidente del Senato, appena giunta a Verona, si è fatta fotografare sotto la statua di Giulietta.
“Le loro famiglie erano acerrime nemiche ma Giulietta e Romeo volevano stare insieme e hanno provato a farlo in tutti i modi. Ce lo hanno insegnato loro tanto tempo fa: l’amore è più forte di tutte le convenzioni”, ha scritto dopo aver postato la foto sui suoi profili social. E, poco importa, se i due innamorati sono ‘vissuti’ nell’odiato e tanto contestato ‘Medioevo. Ma non solo. Come le fa notare più di un utente: “Giulietta e Romeo erano una coppia etero e caucasica e volevano una famiglia tradizionale…”. Nel corso del suo intervento alla contro-manifestazione, però, la Boldrini ha ribadito le sue tesi laiche e femministe: “Noi abbiamo un’idea di società per cui tutti devono essere rispettati e non ci devono essere discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale e di genere”. E ancora: “Chi partecipa al Congresso delle Famiglie vuole sottrarre diritti ottenuti con decenni di battaglie e noi non possiamo permettere questo. Dobbiamo capire che gran parte dell’Italia non ci sta”. La Boldrini si dice a “favore di una società aperta che crede nella libertà di tutti e di tutte e quindi mi fa piacere d’essere qui mentre esponenti del Governo vanno a una manifestazione in cui si sottraggono diritti”. Immancabile che il ministro dell’Interno diventasse un facile bersaglio: “Siamo qui a dire ‘non a nome nostro. Ministro Salvini non a nome nostro”, ha scandito la Boldrini che ha definito “semplicemente mostruoso” il gadget del feto morto perché manda un “messaggio terribbile” alle donne che decidono di abortire e vengono chiamate “assassine”. “C’è una legge dello Stato , e queste persone sono tenute a rispettare questa legge. Nessuno sta minacciando la famiglia tradizionale, io vedo che invece sono minacciate continuamente coppie omosessuali“, ha concluso l’ex presidente della Camera.
Monica Cirinnà, senatrice del Pd e relatrice della legge sulle unioni civili, ha invitato tutti a“resistere per esistere, contro chi vorrebbe cancellare ogni diversità”. “Noi abbiamo fatto leggi di amore e di eguaglianza, loro – ha chiesto – che risposte intendono dare ai bisogni delle persone?”. E poi ha aggiunto:“La libertà e l’eguaglianza delle donne e di tutte le famiglie si costruisce con politiche sociali attente alle concrete condizioni di vita, che garantiscano parità salariale, congedi parentali paritari, misure di sostegno alla prima infanzia e di promozione della conciliazione tra lavoro e vita familiare“. La Cirinnà ha, poi, definito “grave” la partecipazione al Congresso delle Famiglie del Ministro Bussetti, a cui promette che intende vigilare sulla scuola pubblica “affinchè non si torni indietro sull’educazione di genere e al rispetto delle differenze”. Federico Pizzarotti, presidente di Italia in Comune e sindaco di Parma, anch’egli presente all’evento, ha definito la sua la “città dei diritti civili”, dove “per la prima volta nella storia” sono stati riconosciuti i figli di coppie omosessuali.“Qui diamo la cittadinanza civica ai bambini di famiglie straniere che vivono e pagano le tasse in Italia”, ha aggiunto.
lunedì 11 marzo 2019
Fazio non chiede l’unica cosa importante: quella falsa testimonianza di Zingaretti al processo su Mafia Capitale
QUELL’ AUDIO SU MAFIA CAPITALE CHE ORA IMBARAZZA ZINGARETTI
Felice Manti per “il Giornale”
Il fantasma di Mafia Capitale sta turbando il sonno del nuovo segretario del Pd. Nicola Zingaretti aspetta con ansia la decisione del gip del tribunale di Roma che deve decidere se archiviare o meno l’ inchiesta che vede l’ ex presidente della Provincia e governatore del Lazio accusato di aver reso falsa testimonianza al processo che ha condannato l’ ex Nar Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, ras delle coop rosse che faceva affari sull’ immigrazione e finanziatore ufficiale del Pd e dello stesso Zingaretti.
Finora il successore di Matteo Renzi l’ ha fatta franca: è stato accusato di corruzione per una mazzetta a un collaboratore che sarebbe servita a finanziare la sua campagna elettorale da presidente della Provincia di Roma e per la compravendita di una sede della stessa Provincia. Poi è stato sfiorato dall’ indagine sulla turbativa d’ asta con al centro una storiaccia legata alla gestione della gara per il servizio Cup bandita nel 2014 dalla Regione Lazio. I tre filoni d’ indagine sono finiti nel nulla con la richiesta di archiviazione avanzata il 5 ottobre 2016 dalla procura e accolta dal gip Flavia Costantini il 7 febbraio 2017.
Zingaretti era stato chiamato in causa da Buzzi negli interrogatori resi ai pm. Ma per la Procura quelle accuse de relato non erano sufficienti per costruire un’ ipotesi accusatoria.
Ad accusare Zingaretti di falsa testimonianza erano stati gli stessi giudici della decima sezione penale del tribunale che avevano condannato Buzzi e Carminati. Secondo le toghe i pm avrebbero dovuto verificare se Zingaretti e un’ altra ventina di testimoni sfilati nell’ aula bunker di Rebibbia avessero reso in udienza dichiarazioni false o reticenti su alcune circostanze. In effetti ad ascoltare alcuni stralci della sua deposizione, in cui Zingaretti viene interrogato dagli avvocati di Buzzi come teste in favore della difesa del ras delle coop rosse si capisce perché i giudici l’ hanno giudicata reticente.
Al tempo se ne era accorto anche Alessandro Di Battista che aveva rilanciato il file audio sul Blog delle stelle, ricomparso magicamente in questi giorni su alcune pagine Facebook vicine a M5s.
Nel file audio che dura 6 minuti circa si sente Zingaretti ammettere di aver ricevuto finanziamenti da Buzzi, parla di un editore «amico» a cui la Provincia ha dato diverse migliaia di euro e della famigerata gara per il bando del Cup, vinta da un imprenditore che guarda caso aveva finanziato lo stesso Zingaretti.
Stanno a casa ma ci fottono i gettoni di presenza: Monti e Napolitano, così truffano gli italiani
La verità, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro denuncia la truffa dei parlamentari assenteisti. Si fanno gli affaracci loro ma incassano la diaria piena (a spese nostre) adducendo ogni giorno improbabili impegni istituzionali. E chi sono i campioni di questa truffa? Giorgio Napolitano e Mario Monti, ovvero i senatori a vita che hanno venduto la nostra nazione alla massoneria mondiale.
A ruota seguono i peones che adducono come scusa fantomatiche ‘missioni’. Qui si distinguono la 5 stelle Bogo Deledda che viene pagata con il 94% di assenze, seguita da Cirielli, Gentiloni, Lupi, Ghedini e Lorenzin. Tutta bella gente, come vedete…
A ruota seguono i peones che adducono come scusa fantomatiche ‘missioni’. Qui si distinguono la 5 stelle Bogo Deledda che viene pagata con il 94% di assenze, seguita da Cirielli, Gentiloni, Lupi, Ghedini e Lorenzin. Tutta bella gente, come vedete…
Boldrini, anche oggi ha perso l’occasione per tacere: vuole eliminare chi aiuta solo gli italiani
La Boldrini spara un’altra boldrinata: “CasaPound va sciolta”
Non fosse così costante nello sparare boldrinate, rischieremmo di averne nostalgia. Laura Boldrini invece non delude mai, è sempre sul pezzo e ci regala perle quasi quotidiane. Tutto sommato potremmo dirci sazi, ma ammettiamo di essere piuttosto ingordi. Quindi incitiamo volentieri l’ex presidente della Camera a fare di più e di meglio. Certo, quanto scritto oggi su Facebook potrebbe aver raggiunto lo zenit della sua summa ideologica. “Assolutamente d’accordo con Beppe Sala. La manifestazione di un gruppo che si autodefinisce fascista sarebbe una vergogna per la città di Milano e per tutto il Paese. Altro che cortei in piazza, Casapound va sciolta!”, tuona la Boldrini provando a sostenere così il suo collega di frasi proverbiali, il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Eppure anche in chi si professa libera e uguale una punta di egocentrismo dovrà pur sopravvivere, dunque concediamo a Laura il primato della sparata.
Bando agli epigoni allora, l’inarrivabile originale è lei. Pazienza poi se entrambi i politici più buonisti del momento confondono un concerto con una manifestazione, chiedere di vietare qualcosa a qualcuno perché fascista è un leitmotiv imprescindibile. Non si può dunque pretendere che si applichino nel discernimento, capacità piuttosto comune che rischia però di obnubilare l’attitudine alla fesseria. Ecco allora che CasaPound va vietata, secondo la Boldrini, “nel rispetto della nostra Costituzione e del nostro ordinamento”. A quale Costituzione si riferisca non è dato sapere, i senza confini spesso sconfinano in esoterici confini altrui. Ci risulta però che la Carta italiana preveda la libertà di associazione e oibò pure di manifestazione del pensiero. Ma forse è quest’ultimo a generare un certo terrore, non è d’altronde scontato avercelo, lo è di più tentare di negare quello altrui.
“Non solo, ma è giunta l’ora di restituire alla comunità cittadina anche il palazzo che i ‘fascisti del terzo millennio’ occupano abusivamente da anni nel centro di Roma”, insiste l’ex presidentissima della Camera passando da Milano a Roma con una rapida frecciata rossa. Ogni tanto qualche tappa intermedia farebbe bene, aiuta a meditare prima di sproloquiare. E’ un peccato che la Boldrini sia finita ai margini della politica italiana, qualcuno rischia di perdersi pennellate d’autore da far impallidire i vecchi drive-in americani. Non darti troppa pena Laura, continua così, noi saremo sempre tuoi attenti e scrupolosi osservatori. Abbiamo un’infinita scorta di popcorn, the show must go on.
“Sono sicuro, si va a schiantare” Renzi, la vergognosa rosicata contro il governo in diretta tv
“Io sono stato presidente per tre anni, Matteo Salvini vediamo. In un anno non ha risolto nessun problema”. Matteo Renzi, ospite di Myrta Merlino a L’aria che tira su La7, attacca il ministro dell’Interno: “Vediamo chi si brucia prima”. L’ex premier del Pd aggiunge che “l’atteggiamento del governo sulla Tav ci fa più male a livello internazionale del Bunga Bunga di Berlusconi” e ricorda: “Nel 2013 dissi che il percorso della Tav era eccessivo, quando sono diventato premier ho ridotto il percorso di circa 20 chilometri e diamo il via libera. Se Di Maio e Salvini accettassero un confronto pubblico, li porterei via con le mie argomentazioni”.
E ancora: “Questi fanno finta su tutto. Il problema è che loro litigando bloccano tutto: la fiducia degli investitori, dei consumatori. Prima avevamo il segno più e ora abbiamo il segno meno, hanno spento la macchina, hanno lasciato lì le chiavi e se ne sono andati”. Lui però non si candiderà: “Fare battaglie in Europa non significa candidarsi al Parlamento europeo. Io farò una battaglia per un’Europa diversa ma non voglio candidarmi. Ho già corso abbastanza”.
Infine la coltellate a Enrico Letta: “Ce l’ha con me un rancore personale immortalato nello scatto dello scambio della campanella. Se uno dice voglio imparare, allora impari dalla realtà: c’era un allenatore che faceva risultati negativi, se avesse fatto risultati positivi nessuno lo avrebbe cambiato. Non c’è stato nessun hashtag segreto #staisereno”.
Flavio Insinna,finalmente il conduttore rosso è fatto fuori dalla RAI! Adesso è quasi ufficiale, godetevi la bomba
Giuseppe Candela su Dagospia svela le incognite dei vertici di viale Mazzini sulle conduzioni di Flavio Insinna e Gabriele Corsi. Nonostante l’andamento positivo negli ascolti, la conduzione del romano all’Eredità starebbe incontrando malumori tra alcuni dirigenti Rai. Per di più, già al momento del debutto di Insinna al game show molti dei telespettatori, sui social, non avevano mostrato molto entusiasmo. Anche la riconferma del collega Corsi a Reazione a Catenaavrebbe sopra un punto interrogativo. Ancora una volta il motivo è da attribuire alle critiche che hanno interessato la conduzione del membro del Trio Medusa.
domenica 10 marzo 2019
“Sono le sue battaglie ad aver sgretolato la nostra società e adesso…” così mario Giordano demolisce la Bonino, la portavoce della massoneria mondiale
Mario Giordano per “la Verità”
«Emma Bonino premier del centrodestra? Spero di no». L’ ipotesi è stata smentita ieri da Giorgia Meloni. Ma il fatto stesso che questa sia un’ ipotesi su cui discutere non vi sembra surreale? È vero che l’ ex leader radicale, a parte il Comune di Topolinia e la presidenza degli All Blacks, è stata candidata praticamente a tutto, ma proprio a tutto, e non si è mai negata una poltrona appena ha visto la possibilità di appoggiarci su le sue prestigiose terga. Ma vi pare possibile che una che sta facendo campagna elettorale con il centrosinistra venga considerata come premier possibile per il centrodestra?
Sarebbe come se durante un derby venisse assegnato un rigore al Milan e i giocatori cominciassero a chiedersi: chi lo batte? Il bomber dell’ Inter? Una follia, insomma, che solo una legge elettorale demenziale come questa poteva produrre. E infatti ieri i giornalisti hanno posto seriamente la domanda alla Meloni: scusi, che ne pensa della Bonino come leader di un suo governo? Lei, colta di sprovvista, ha risposto «Spero di no». Ma si vedeva che stava pensando: «E perché non Jeeg Robot d’ acciaio? O Mazinga Zeta?».
Però, ecco, va segnalato che la Meloni è una delle poche a dire apertamente che la Bonino non le piace. Perché, di questi tempi, l’ articolo Emma va fortissimo dappertutto: è tornata à la page come quando la si voleva a tutti i costi al Quirinale. Tutti che la applaudono, la riveriscono, la corteggiano, le si stendono davanti come zerbini. Nei salotti tv non viene intervistata: viene venerata. Sui giornali non viene raccontata: viene osannata. Gli altri esponenti politici fanno campagna elettorale.
Lei no: fa l’ oracolo. Non viene mai incalzata, al massimo innalzata. Sale in cattedra. In effetti: gli altri fanno comizi, lei al massimo fa lezioni. Gli altri cercano voti, lei invece li dà. È una candidata a tutti gli effetti. Ma la trattano come se fosse un guru. La voce della verità. Una santona. E dunque avanti, tutti in ginocchio, ad ascoltare il vangelo della Beata Emma da Bra.
Del resto farsi trattare come Santa Subito non è un risultato da poco, soprattutto per una che è entrata in politica sull’ onda degli aborti clandestini. Ricordate? Dichiarò di averne fatti 10.141. E si fece fotografare mentre ne praticava uno con la pompa da bicicletta. Da allora la sua carriera non si è mai fermata: ha avuto più poltrone lei che Divani&Divani, come le ha ricordato Marco Travaglio, uno dei pochi che ha osato contraddirla in un talk show, rischiando seduta stante l’ incriminazione per lesa maestà. Emma è stata infatti otto volte parlamentare, quattro volte eurodeputato, vicepresidente del Senato, commissaria Europea e tre volte ministro, due con Romano Prodi e una con Enrico Letta.
Ha governato con il centrosinistra ma ha detto di aver lavorato bene anche con il centrodestra: infatti si è fatta eleggere in Parlamento nel 1994 da Fi ed è stata nominata a Bruxelles da Silvio Berlusconi. Franza o Spagna purché se magna, insomma. A questo giro, per esempio rischiava di restare fuori dal Parlamento perché non riusciva a raccogliere le firme necessarie per presentare la sua lista.
Ma come può la Bonino restare senza poltrona? Così ha accettato il passaggio garantito del Centro democratico di Bruno Tabacci: un trucchetto da vecchia lenza della politica per una che da una vita dice di battersi contro la partitocrazia. Ma soprattutto l’ abbraccio con un democristiano per chi si è sempre professata fortemente anti clericale. Non male, no? Se la coerenza fosse acqua, la Bonino sarebbe il deserto del Gobi.
E allora perché tutti continuano a osannarla, venerarla e candidarla a qualsivoglia poltrona? La presidenza del Consiglio, in quota centrodestra, è solo l’ ultimo incarico ventilato per lei: è stata candidata infatti a tutto, presidenza della Repubblica, presidenza delle Camere, ministro degli Esteri, ministro della Difesa, presidente della Regione Piemonte, presidente della Regione Lazio, alto commissario Onu ai rifugiati, alto rappresentante Onu in Iraq, addirittura leader del centrodestra… Quest’ ultima candidatura fu di Marco Pannella, il suo maestro che naturalmente la Beata Emma ha tradito a tal punto da farsi cacciare via dal partito. «Per lei l’ unico problema è quello di far parte del jet set internazionale», commentò acido e deluso il buon Marco. Il jet set internazionale, proprio così.
Non a caso Emma è amica di George Soros, fa parte del board della sua Open society ed è anche stata chiamata ai ritrovi del Bilderberg. «Il Bilderberg non è il Ku klux klan», ha detto l’ altro giorno in tv. D’ accordo. Ma da ex Radicale, sarebbe disposta a portarsi Cicciolina anche lì, come fece in Parlamento? O per i club dell’ alta finanza porta più rispetto di quello che ha riservato alle istituzioni italiane?
La trasformazione, infatti, è straordinaria: cresciuta nel partito della contestazione Emma è diventata il simbolo della rassicurazione. Ha fatto carriera a suon di destabilizzazione e si è trasformata nel simbolo dell’ establishment.
S’ è costruita un curriculum sulla violazione delle leggi e adesso diventa l’ emblema dell’ ordine costituito. Era sovversiva, ora piace alla gente che piace. E forse piace proprio per questo, perché le lotte che ha sostenuto nel corso degli anni, dall’ aborto alla legalizzazione della droga, dal divorzio all’ eutanasia e alle nozze gay, sono quelle che hanno portato allo sgretolamento della nostra società, che così non può più opporre nessuna resistenza al rincitrullimento globale.
Adesso non resta che l’ ultimo colpo: completare l’ invasione dell’ Italia ad opera degli immigrati. Non a caso è il cavallo di battaglia della Bonino in questa campagna elettorale: vorrebbe dare al cittadinanza a tutti i clandestini e poi farne arrivare ancora, a frotte, a colonizzare l’ intero Paese.
Dice che ne abbiamo bisogno.
Soros confermerà. E dunque perché stupirsi? Di fronte a cotanta passione per aborti di italiani e immissioni di clandestini, non possiamo che venerarla. In ogni salotto. In ogni istante. In ogni intervista. La veneriamo sempre più. E, in attesa di affidarle direttamente San Pietro, per completare l’ opera di papa Bergoglio, aspettiamo pieni di ossequiosa fiducia la sua prossima investitura ufficiale. Ieri per esempio abbiamo ascoltato con devozione la Bonino che ribadiva i capisaldi della sua religione economica: la Fornero è una buona legge, il Jobs act funziona perfettamente e che proporre la flat tax significa «scherzare sul fuoco». Coerenza per coerenza, non vi sembra che possa essere un perfetto candidato per governo di centrodestra?
La Meloni se ne faccia una ragione. O, in alternativa, provi a contattare Mazinga Zeta.
“Ah perché Zingaretti ha pure studiato?” così l’ex Preside dell’analfabeta del PD rispondeai cronisti che chiedono se è vero che ha la terza media
Nicola Zingaretti era stato eletto nuovo segretario del Pd da poche ore e già lo accusavano di aver mentito a mezzo mondo. Secondo Mario Adinolfi, il governatore del Lazio avrebbe mentito sul suo titolo di studio, cioè il diploma, rivelando ai quattro venti che Zingaretti si fosse fermato alla terza media: “E si vergogna a dirlo”. A sentire gli strafalcioni grammaticali che il segretario dem ha sfornato negli ultimi giorni, non viene difficile credere al capo del Popolo della famiglia.
La verità però sta un po’ nel mezzo. Zingaretti in realtà è riuscito a diplomarsi all’istituto DeAmicis, nel quartiere Testaccio di Roma, anche se a scuola non lo ricordano proprio come uno dei più brillanti. Il preside addirittura lo ha preso in giro quando ha parlato con i giornalisti di Open: “Ah perché Zingaretti ha pure studiato?“.
Di documenti ufficiali per ora neanche l’ombra, ma come riporta il Giornale dallo staff di Zingaretti assicurano: “Si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia, numero di matricola 597468, e sostenne tre esami”. Poi però la politica ha preso il sopravvento, e tanti saluti ai libri.
Mafia Capitale, l’audio che inchioda Zingaretti: “Si, prendevo soldi da Buzzi, era un mio amico”
Il nome del governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, torna a circolare sui social associato al processo Mafia Capitale dopo il trionfo alle primarie del Pd che lo hanno eletto nuovo segretario. Nel corso del processo in cui era imputato Salvatore Buzzi, Zingaretti aveva ammesso: “Da lui ebbi un finanziamento di 5mila euro durante la campagna elettorale per le Regionali del 2013. La raccolta era aperta a tanti e raggiunse quasi un milione di euro. È tutto regolarmente documentato agli atti”.
Sui social le parole di Zingaretti tornano a risuonare, aggiungendo nuovi dettagli sul passato del segretario dem, finora poco noto agli elettori fuori dalla sua regione. “Conoscevo Buzzi – aveva detto in aula Zingaretti – era il promotore di una forma imprenditoriale che si era presentata a Roma come esperienza di riscatto di ex detenuti attiva nel settore sociale.
L’ho incontrato più volte in occasioni pubbliche, anche se, nella mia esperienza di presidente della Provincia prima e della Regione poi, non sono mai stato alla guida dell’amministrazione con cui lavorava di più, ovvero il Comune”.
Sui social le parole di Zingaretti tornano a risuonare, aggiungendo nuovi dettagli sul passato del segretario dem, finora poco noto agli elettori fuori dalla sua regione. “Conoscevo Buzzi – aveva detto in aula Zingaretti – era il promotore di una forma imprenditoriale che si era presentata a Roma come esperienza di riscatto di ex detenuti attiva nel settore sociale.
L’ho incontrato più volte in occasioni pubbliche, anche se, nella mia esperienza di presidente della Provincia prima e della Regione poi, non sono mai stato alla guida dell’amministrazione con cui lavorava di più, ovvero il Comune”.
“Sono le sue battaglie ad aver sgretolato la nostra società e adesso…” così mario Giordano demolisce la Bonino, la portavoce della massoneria mondiale
Mario Giordano per “la Verità”
«Emma Bonino premier del centrodestra? Spero di no». L’ ipotesi è stata smentita ieri da Giorgia Meloni. Ma il fatto stesso che questa sia un’ ipotesi su cui discutere non vi sembra surreale? È vero che l’ ex leader radicale, a parte il Comune di Topolinia e la presidenza degli All Blacks, è stata candidata praticamente a tutto, ma proprio a tutto, e non si è mai negata una poltrona appena ha visto la possibilità di appoggiarci su le sue prestigiose terga. Ma vi pare possibile che una che sta facendo campagna elettorale con il centrosinistra venga considerata come premier possibile per il centrodestra?
Sarebbe come se durante un derby venisse assegnato un rigore al Milan e i giocatori cominciassero a chiedersi: chi lo batte? Il bomber dell’ Inter? Una follia, insomma, che solo una legge elettorale demenziale come questa poteva produrre. E infatti ieri i giornalisti hanno posto seriamente la domanda alla Meloni: scusi, che ne pensa della Bonino come leader di un suo governo? Lei, colta di sprovvista, ha risposto «Spero di no». Ma si vedeva che stava pensando: «E perché non Jeeg Robot d’ acciaio? O Mazinga Zeta?».
Però, ecco, va segnalato che la Meloni è una delle poche a dire apertamente che la Bonino non le piace. Perché, di questi tempi, l’ articolo Emma va fortissimo dappertutto: è tornata à la page come quando la si voleva a tutti i costi al Quirinale. Tutti che la applaudono, la riveriscono, la corteggiano, le si stendono davanti come zerbini. Nei salotti tv non viene intervistata: viene venerata. Sui giornali non viene raccontata: viene osannata. Gli altri esponenti politici fanno campagna elettorale.
Lei no: fa l’ oracolo. Non viene mai incalzata, al massimo innalzata. Sale in cattedra. In effetti: gli altri fanno comizi, lei al massimo fa lezioni. Gli altri cercano voti, lei invece li dà. È una candidata a tutti gli effetti. Ma la trattano come se fosse un guru. La voce della verità. Una santona. E dunque avanti, tutti in ginocchio, ad ascoltare il vangelo della Beata Emma da Bra.
Del resto farsi trattare come Santa Subito non è un risultato da poco, soprattutto per una che è entrata in politica sull’ onda degli aborti clandestini. Ricordate? Dichiarò di averne fatti 10.141. E si fece fotografare mentre ne praticava uno con la pompa da bicicletta. Da allora la sua carriera non si è mai fermata: ha avuto più poltrone lei che Divani&Divani, come le ha ricordato Marco Travaglio, uno dei pochi che ha osato contraddirla in un talk show, rischiando seduta stante l’ incriminazione per lesa maestà. Emma è stata infatti otto volte parlamentare, quattro volte eurodeputato, vicepresidente del Senato, commissaria Europea e tre volte ministro, due con Romano Prodi e una con Enrico Letta.
Ha governato con il centrosinistra ma ha detto di aver lavorato bene anche con il centrodestra: infatti si è fatta eleggere in Parlamento nel 1994 da Fi ed è stata nominata a Bruxelles da Silvio Berlusconi. Franza o Spagna purché se magna, insomma. A questo giro, per esempio rischiava di restare fuori dal Parlamento perché non riusciva a raccogliere le firme necessarie per presentare la sua lista.
Ma come può la Bonino restare senza poltrona? Così ha accettato il passaggio garantito del Centro democratico di Bruno Tabacci: un trucchetto da vecchia lenza della politica per una che da una vita dice di battersi contro la partitocrazia. Ma soprattutto l’ abbraccio con un democristiano per chi si è sempre professata fortemente anti clericale. Non male, no? Se la coerenza fosse acqua, la Bonino sarebbe il deserto del Gobi.
E allora perché tutti continuano a osannarla, venerarla e candidarla a qualsivoglia poltrona? La presidenza del Consiglio, in quota centrodestra, è solo l’ ultimo incarico ventilato per lei: è stata candidata infatti a tutto, presidenza della Repubblica, presidenza delle Camere, ministro degli Esteri, ministro della Difesa, presidente della Regione Piemonte, presidente della Regione Lazio, alto commissario Onu ai rifugiati, alto rappresentante Onu in Iraq, addirittura leader del centrodestra… Quest’ ultima candidatura fu di Marco Pannella, il suo maestro che naturalmente la Beata Emma ha tradito a tal punto da farsi cacciare via dal partito. «Per lei l’ unico problema è quello di far parte del jet set internazionale», commentò acido e deluso il buon Marco. Il jet set internazionale, proprio così.
Non a caso Emma è amica di George Soros, fa parte del board della sua Open society ed è anche stata chiamata ai ritrovi del Bilderberg. «Il Bilderberg non è il Ku klux klan», ha detto l’ altro giorno in tv. D’ accordo. Ma da ex Radicale, sarebbe disposta a portarsi Cicciolina anche lì, come fece in Parlamento? O per i club dell’ alta finanza porta più rispetto di quello che ha riservato alle istituzioni italiane?
La trasformazione, infatti, è straordinaria: cresciuta nel partito della contestazione Emma è diventata il simbolo della rassicurazione. Ha fatto carriera a suon di destabilizzazione e si è trasformata nel simbolo dell’ establishment.
S’ è costruita un curriculum sulla violazione delle leggi e adesso diventa l’ emblema dell’ ordine costituito. Era sovversiva, ora piace alla gente che piace. E forse piace proprio per questo, perché le lotte che ha sostenuto nel corso degli anni, dall’ aborto alla legalizzazione della droga, dal divorzio all’ eutanasia e alle nozze gay, sono quelle che hanno portato allo sgretolamento della nostra società, che così non può più opporre nessuna resistenza al rincitrullimento globale.
Adesso non resta che l’ ultimo colpo: completare l’ invasione dell’ Italia ad opera degli immigrati. Non a caso è il cavallo di battaglia della Bonino in questa campagna elettorale: vorrebbe dare al cittadinanza a tutti i clandestini e poi farne arrivare ancora, a frotte, a colonizzare l’ intero Paese.
Dice che ne abbiamo bisogno.
Soros confermerà. E dunque perché stupirsi? Di fronte a cotanta passione per aborti di italiani e immissioni di clandestini, non possiamo che venerarla. In ogni salotto. In ogni istante. In ogni intervista. La veneriamo sempre più. E, in attesa di affidarle direttamente San Pietro, per completare l’ opera di papa Bergoglio, aspettiamo pieni di ossequiosa fiducia la sua prossima investitura ufficiale. Ieri per esempio abbiamo ascoltato con devozione la Bonino che ribadiva i capisaldi della sua religione economica: la Fornero è una buona legge, il Jobs act funziona perfettamente e che proporre la flat tax significa «scherzare sul fuoco». Coerenza per coerenza, non vi sembra che possa essere un perfetto candidato per governo di centrodestra?
La Meloni se ne faccia una ragione. O, in alternativa, provi a contattare Mazinga Zeta.
“Lei è l’ultima che può parlare, ha scritto cazz… come sempre” Finalmente qualcuno che demolisce la compagna De Gregorio e il suo pezzo da piangina
Filippo Facci per www.liberoquotidiano.it
La giornalista Concita De Gregorio ha scritto un articolo su Repubblica titolato «Quando questa firma sarà di un uomo» in cui dice che ha accettato di scrivere a patto che Repubblica non le chieda più di affrontare l’ argomento, che è la Festa della donna: e su questo sono d’ accordissimo con lei, vorrei che non ne scrivesse più.
Poi ha scritto che l’articolo le è stato assegnato da uomini e che a dirigere Repubblica sono uomini e a vicedirigerlo pure, quindi tanto vale che l’ articolo sull’ 8 marzo lo scriva un uomo, l’anno prossimo: e di questo, invece, non m’importa nulla, perché penso che l’articolo sull’ 8 marzo non dovrebbe proprio scriverlo nessuno, giudicando questa festa stucchevole a dannosa per la cosiddetta categoria.
Poi ha scritto altre cose, ma prima di affrontarle è il caso che lo scrivente (la scrivente) faccia outing, o coming out, o come si dice: perché, appunto, a scrivere l’articolo che state leggendo, in realtà, è una donna – mi chiamo Filippa Faccia, è tempo di rivelarlo – e da lustri mi nascondevo dietro un corrispettivo maschile per fare una carriera migliore.
Dati i risultati, mi viene naturale chiedermi come sarebbe andata se mi fossi palesata come donna da subito, ma, soprattutto, mi è difficile accettare che io abbia fatto una carriera da uomo mentre la De Gregorio abbia fatto una carriera da donna, e però lei guadagni probabilmente più di me e, secondo i canoni, abbia fatto una carriera migliore della mia, visto che io non ho mai diretto un quotidiano e lei sì.
Anche se – mi spiace, ma è la verità – la cosa che è rimasta più memorabile della sua direzione dell’ Unità è una pubblicità del 2008 in cui si vedeva il culo di una donna in minigonna con in tasca il giornale, campagna che fece clamore tanto che lo spagnolo El Mundo titolò «Un polemico culo per vendere più giornali», una cosa che non piacque a tutte le femministe.
Per consolarmi della mia carriera più modesta, comunque, mi racconto che forse esiste un modo di fare carriera da donna in quanto donna – e non semplice e capace professionista – e cioè una carriera che dia una forte connotazione al fatto di essere donna che spesso scrive di donne e di se stessa in quanto donna, ma forse è solo uno scioglilingua, e allora lascio perdere.
La De Gregorio ha scritto anche altre cose, dicevamo. Ha scritto che le donne hanno meno compiti di responsabilità loro affidati, che una minoranza guida imprese o università o teatri o ministeri, che sono pagate meno, che nelle famiglie, spesso, dovendo scegliere, lavorano solo gli uomini. Sono tutte cose vere. Poi ha scritto che le donne dovrebbero essere valutate per le loro capacità ed essere pagate di conseguenza: vero anche questo, direi ovvio.
Dopodiché ha preso se stessa come esempio di discriminazione e ha raccontato che da direttrice guadagnava «moltissimo meno dei miei predecessori» (forse non fu lei a fare la trattativa) e che in Rai, quando prese il posto di un collega cui poi dovette ricederlo, ebbe un ingaggio di un quarto rispetto al collega. Anche, qui, dobbiamo pensare, non fu lei a fare la trattativa: forse fu un uomo a farla al posto suo. In ogni caso è stata poco carina, perché poteva anche scriverlo che il collega è Corrado Augias, peraltro suo collega nel girone uomesco di Repubblica: Augias è pur sempre un giornalista rispettabile, anche se è notoriamente un vecchio trombone.
La De Gregorio ammette che poteva anche non starci, rifiutare in nome della causa: tra l’altro sarebbe stato bello se avesse pubblicato anche i compensi, pur inferiori. Però poi si è fatta molto umana: «Si può sempre dire no e stare fuori. Ma fuori spesso piove, fa freddo, e a un certo punto bisogna rientrare». È notorio che oltretutto le donne soffrono maggiormente il freddo. Infine, la De Gregorio ha scritto quelle che io giudico delle cazzate, concause della scarsa simpatia che la questione femminile riscuote nel Paese spesso anche tra le donne.
Una è che «c’ è sempre qualcuno che farà lo stesso lavoro al posto tuo, se rinunci»: è vero, ma questo vale per tutte le categorie, a tutte le latitudini e a qualsiasi livello di emancipazione. In Italia, per esempio, troverai sempre un immigrato che farà lo stesso lavoro al posto tuo, se rinunci: e al datore di lavoro gli frega poco se sia uomo o donna, gli frega che può pagare meno. Ma è un altro discorso.
La De Gregorio, poi, esorta le donne come categoria: «Non abbiate paura del confronto, se è sul merito. Bisogna pretenderlo, non succederà da solo: bisogna incazzarsi, ora… Le destre avanzano, è ora di alzare la voce». Ecco: si torna a paventare un genere di «lotta» che in passato ha denotato solo un formidabile potere divisivo, non ottenendo – mai – un accidente che non fosse il ritardare la fisiologica emancipazione della donna: che, in ogni caso, c’è e resterà inarrestabile, e avrà tempi che non saranno dei residuali femminismi ad accelerare, ma solo la pratica quotidiana e i comportamenti.
Nei paesi più civili non sono le «lotte» ad aver emancipato la condizione femminile, ma una più datata maturità democratica e storica, l’assenza di condizionamenti religiosi e la semplice convenienza economica nel premiare il merito prescindendo dal sesso: sempre che non spuntasse qualche femminismo sindacalizzato – ciò che la De Gregorio auspica – a pretendere irraggiungibili tutele di categoria.
Negli Stati Uniti, paese in cui l’emancipazione femminile è al massimo grado, le donne in quanto donne di tutele ne hanno pochissime. In Italia delle battaglie e degli articoli non gliene frega a nessuno: non è questo ad aver fatto raggiungere parità di presenze nel lavoro o ad aver fatto superare gli uomini in professioni come magistratura, avvocatura e medicina. «Incazzarsi» e «alzare la voce» è servito solo a chi, della causa femminile, ha fatto professione pur rientrando puntualmente nei ranghi, perché «fuori spesso piove, fa freddo e a un certo punto bisogna rientrare», certo. A scrivere articoli puntualmente al coperto.
La senatrice PD con il cartello infame? Vuoi vedere che odia le famiglie normali perchè nella sua son tutti delinquenti veri? Conosci la storia del fratello?
Monica Cirinnà, senatrice del PD, è su tutti i social dopo la pubblicazione di una foto infame con un cartello che irride le famiglia ‘normali. Forse la sedicente signora è incazzata con cle persone perbene poichè la sua famiglia non è normale? Chi in famiglia non ha un fratello delinquente come la Cirinnà? Ecco alcune imprese del signorino…
tratto da Repubblica del 2016
Roma, import-export di auto di lusso al nero: 16 a processo
Nei guai anche Claudio Cirinnà, fratello della senatrice Monica, per sequestro di persona e violenza privata
Evadevano il fisco attraverso un’attività di import export con la Germania di autovetture di lusso e grazie all’impiego di due funzionari infedeli dell’agenzia delle Entrate che consentivano l’immatricolazione illecita delle auto. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio per 16 indagati accusati di aver messo in piedi una frode all’Erario di circa 6 milioni di euro.
Al vertice del gruppo c’era Ciro Smiraglia, nipote del defunto boss napoletano Michele Zaza. Al suo fianco Andrea Ricci, catturato il 25 ottobre scorso a Palma de Maiorca dalla Dia di Roma, e Umberto Furno, co-amministratore della società I Soprano srl. Oltre a loro altre 7 persone tutte accusate dai pm Ilaria Calò e Edmondo De Gregorio di associazione per delinquere finalizzata alla frode dell’Iva. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Claudio Cirinnà, fratello della senatrice pd Monica. L’uomo era già latitante dall’ottobre del 2015 dopo l’ordine d’arresto emesso dal gip di Roma per aver preso parte ad un’associazione per delinquere che trafficava carburante evadendo le accise.
Cirinnà non è accusato di associazione per delinquere in questa vicenda ma di sequestro di persona e violenza privata, in concorso proprio con Ciro Smiraglia e altre due persone. Nell’ottobre 2010 i quattro avrebbero prelevato una persona e l’avrebbero
costretta, a suon di minacce, a telefonare a un suo conoscente, che aveva procurato un presunto danno economico allo Smiraglia, con l’obiettivo di farlo tornare a Roma senza rivelargli gli intenti vendicativi dell’indagato. Prima lo avrebbero fatto salire a bordo della Mercedes di Smiraglia e poi, nel chiuso dell’abitacolo, lo avrebbero minacciato: “Se non gli telefoni ti imbavagliamo, ti tagliamo un dito, ti leghiamo con il fil di ferro e violentiamo tua moglie”.
tratto da Il Giornale del 2015
Traffico di carburante, latitante il fratello della Cirinnà
La Guardia di Finanza è alla ricerca del fratello della sentarice Pd, madre della legge sulle unioni civili
Un decreto di latitanza. È ciò che è stato costretto a emettere il giudice per le indagini preliminari Maurizio Caivano nei confronti di Claudio Cirinnà, fratello di Monica che di mestiere fa la senatrice Pd.
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