domenica 11 marzo 2018

Reddito di cittadinanza, don Ciotti a Di Maio: “Libera al fianco di chi lo sostiene”

Il prete antimafia risponde all'appello del vicepresidente della Camera: "Criminalità organizzata e corruzione si sconfiggono davvero solo affermando diritti e dignità delle persone"


Libera e Gruppo Abele sostengono il reddito di cittadinanza. Lo ha annunciato sul blog di Beppe Grillodon Luigi Ciotti che risponde ad una richiesta lanciatagli dal deputato M5s, membro del direttorio del Movimento e vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. “Caro Luigi Di Maio – scrive nella lettera don Ciotti – rispondo molto volentieri all’invito che ha voluto rivolgermi e lo faccio in maniera semplice e diretta: Libera chiede con forza al Parlamento di approvare quanto prima l’introduzione del reddito di cittadinanza. E’ una proposta che non a caso abbiamo inserito al primo posto del Manifesto conclusivo di Contromafie, perché criminalità organizzata e corruzione si sconfiggono davvero solo affermando diritti e dignità delle persone”.
Per queste ragioni, spiega, Libera e Gruppo Abele, insieme a migliaia di realtà del sociale e del volontariato, hanno lanciato nel 2013 la campagna “Miseria ladra”, per rendere illegale la povertà e affermare come diritti quello che mafiosi e corrotti vendono come favori: “Solo Italia, Bulgaria e Grecia non hanno ancora adottato questa misura, nonostante il Parlamento europeo il 20 ottobre del 2010 abbia raccomandato di lavorare in questa direzione. Anche per questo siamo disponibili da subito a dare il nostro contributo a tutte quelle forze politiche che, come sta facendo il MoVimento 5 Stelle, sostengono questa riforma di civiltà”.

FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/02/reddito-cittadinanza-don-ciotti-maio-liberaal-fianco-sostiene/1310685/


1 commento:

  1. La causa di tutto ciò? L’inchiesta accusa le politiche neoliberiste che hanno deregolamentato il mercato del lavoro tedesco nel nome della flessibilità, comportando un generale abbassamento dei salari e una precarizzazione dei rapporti di lavoro: oltre 900mila i cosiddetti “precari” nel 2012 rispetto ai 300mila del 2003. Nel 2015, il Paritätische Gesamtverband, un’associazione attiva nel sociale, denunciava in un rapporto il ritorno della povertà nel paese ai livelli del pre-unificazione: 12 milioni e 500mila degli 80 milioni di cittadini guadagnavano meno di 540 euro al mese, vivendo in stato di povertà. Una situazione, a detta dell’associazione, causata dai tagli alle politiche di tutela del lavoro. Nello stesso anno, secondo il Destatis, l’ufficio di statistica tedesco, erano oltre 3 milioni i poor worker, ossia quei lavoratori in soglia di povertà per via dello stipendio non allineato al costo della vita. E che dire della situazione sociale? Tanto è stato scritto sugli stupri di massa del capodanno di Colonia del 2016 operati da bande di immigrati, specialmente medio-orientali e balcanici – parte di essi richiedenti asilo, rifugiati umanitari e profughi, e da allora la Germania è stata sconvolta da diversi attentati a matrice islamista; eventi che hanno giocato un ruolo fondamentale nell’ascesa di partiti antisistema come Alternativ für deutschland alle recenti elezioni.Il modello d’integrazione tedesco forse non è mai stato capace di germanizzare i non autoctoni, ed oggi più che mai mostra la vastità delle sue falle tra attentati terroristici, proliferazione di ghetti e no-go zones. Secondo una ricerca del Gatestone Institute, nel 2016 soltanto 34mila rifugiati, su oltre un milione di entrati nel paese tra il 2014 e il 2015, avevano trovato un’occupazione regolare, con contratto e tutele sindacali. Dati confermati, in parte, anche dalla Bundesagentur für Arbeit, l’Agenzia federale del lavoro, che nello stesso anno denunciava che dei 2 milioni e 500mila abitanti del paese senza occupazione, il 43,1% era straniero o tedesco naturalizzato. La stessa agenzia nel rapporto approfondiva le cause della situazione occupazionale tra etnie, sottolineando l’importanza giocata dal diverso background culturale nelle possibilità di trovare un’occupazione, o quantomeno una soddisfacente, ed integrarsi meglio nella società. Un’inchiesta del Wall Street Journal dello stesso anno ha invece portato alla luce il fallimento del progetto di inserimento dei profughi nel mondo della grande imprenditoria tedesca, tanto auspicato dal governo Merkel nel 2015. Tra i casi più clamorosi Deutsche Post, che ha offerto 1000 posti di lavoro a rifugiati ricevendo solo 235 domande di partecipazione, e Continental AG che ha avviato un percorso formativo con finalità d’assunzione per 50 rifugiati, terminato soltanto da 15 degli aspiranti.

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