lunedì 3 settembre 2018

A CASA MIA UNO COSI’ SI CHIAMA LADRO! Dalla super bici ai Rolex, Renzi si è spazzolato di tutto da Palazzo Chigi andando contro la stessa legge voluta dal suo partito infame

di Pierluigi Giordano Cardone e Thomas Mackinson per Il fatto quotidiano
Gli esperti di product placement sono divisi e si capisce, mica facile trattare un premier come una Chiara Ferragni o un qualsiasi influencer su Youtube. Quanto può valere quel sorriso appoggiato a un prodotto? Qualche decina di migliaia di euro fino a un massimo di 300 mila, rispondono tentando vari calcoli e ragionamenti. Ma è Matteo Renzi a portarceli, perché a questo punto è certo che si sia tenuto la famosa bici Colnago donatagli il 3 novembre 2016 in occasione di una visita istituzionale alla sede dell’azienda di Cambiago della quale ha fatto poi bella mostra sui social, con tanto di sottolineatura sul fatto che sia stato un bel regalo dello storico marchio. E dunque non è secondario quantificare oggi sul mercato “l’effetto Renzi” per la blasonata azienda delle due ruote, alla quale, di fatto, ha prestato il proprio volto.
Di certo non l’ha più restituita, nonostante Renzi fosse tenuto a farlo subito per legge, ottemperando a un decreto Prodi del 2007 dalla formulazione tassativa: i rappresentanti del governo (e le loro famiglie) non possono portare a casa oggetti dal valore superiore a 300 euro. Devono lasciarli a Palazzo Chigi (dove saranno protocollati) oppure, se si è proprio affezionati a una regalia, possono decidere di riscattarla, pagando la quota in eccedenza. L’ex Rottamatore-ciclista non ha seguito nessuna delle due strade. Neppure una volta lasciato l’incarico in virtù del quale la Colnago ha realizzato una versione speciale di uno dei suoi prodotti di punta. La certezza, se ce ne fosse bisogno, arriva da documenti ufficiali che ogni lettore può leggere: l’elenco ufficiale dei doni registrati dalla Presidenza del Consiglio, una lista aggiornata a maggio 2018 che il Fatto ha ottenuto tramite accesso agli atti al Segretariato Generale. Nella quale la bici, ça va sans dire, non c’è. Non perché valga meno di 300 euro, sia chiaro. Il 25 aprile scorso Renzi è apparso in piazza a Firenze in sella al gioiello a due ruote e ha twittato di gioia per essere a zonzo con la “sua” Colnago. Subitoilfattoquotidiano.it ha cercato di capire perché fosse ancora nella disponibilità dell’ex premier e quale fosse il valore dell’oggetto che evidentemente ha trattenuto per sé. Dall’entourage di Renzi e dalla Presidenza del Consiglio non sono mai arrivate risposte, nonostante le numerose sollecitazioni.
Dalla Colnago, invece, hanno fatto sapere in via informale che era impossibile fare una valutazione precisa, perché si tratta di un modello unico, realizzato appositamente per Matteo Renzi. La base è della Colnago Impact (che costa circa mille euro), ma quella dell’ex segretario Pd è in fibra di carbonio (e non in alluminio), particolare che, unito alla colorazione personalizzata e al logo di Firenze sulla forcella, ne fa aumentare il valore. Di quanto? A sentire i rivenditori ufficiali Colnago, la bici viola non vale meno di 1.500 euro, stima destinata a salire a dismisura nel mercato parallelo dei collezionisti. Inutile, ad aprile scorso, cercare di avere conferme dall’azienda lombarda: voglia di parlare pochissima, anche perché dopo il 3 novembre 2016 in Rete è stato un tourbillon di critiche e polemiche. A una buona fetta dei puristi del pedale quel regalo a Renzi non è piaciuto. Poco male. Anche perché la Colnago ha comunque potuto usufruire di una straordinaria pubblicità, più o meno diretta. Non capita tutti i giorni, del resto, di avere un presidente del Consiglio come testimonial di un proprio prodotto. Renzi, insomma, è stato una sorta di influencer. Una Chiara Ferragni a sua insaputa. Si parla di soldi veri, tanti soldi.
Ma se è impossibile quantificare sul mercato l’effetto Renzi sulle bici Colnago, secondo alcuni esperti di marketing contattati da il Fatto Quotidiano, per un servizio del genere l’azienda avrebbe dovuto sborsare una cifra che va da qualche decina di migliaia di euro fino a un massimo di 300 mila euro. La somma tiene conto di tre fattori: la grande notorietà del personaggio, il suo essere divisivo (il che fa abbassare e non di poco un ipotetico compenso, che – sia chiaro – ovviamente non c’è stato) e la durata della ignara sponsorizzazione. In tal senso, nel 2016, la scena di Renzi in sella ha fatto il giro dei tg, dei giornali e del web; a maggio 2017 l’ex premier ha postato la bici sulla sua pagina Facebook con oltre un milione di follower e la sua presenza a Firenze ad aprile scorso è stata notizia riportata da tutti i media.
Certo, al netto del product placement, è logico nonché auspicabile che un premier debba promuovere le eccellenze del made in Italy. Lo è meno il fatto di portarsi a casa l’eccellenza in questione, facendosi beffa di una norma molto chiara e oltretutto ben conosciuta dallo stesso Renzi. Che nella sua carriera da premier ha restituito 15 oggetti ricevuti in dono durante le varie visite istituzionali. Come detto, nel solito elenco ufficiale la due ruote Colnago non compare, al pari di un’altra bici, quella Shimano trasportata in Italia dai giapponesi su ordine del premier Shinzo Abe e provata dal fiorentino su strada in Versilia. Insomma, le bici a Renzi ‘garbano’ proprio tanto. Non c’è neppure traccia del famoso Rolex a lui destinato, piovuti dal cielo sabbioso di Ryad durante la delegazione italiana al seguito del premier nel novembre 2015, come raccontato dal Fatto lo scorso 5 agosto. E qui parliamo di oggetti da almeno 15mila euro cadauno. E allora, cosa ha restituito Renzi lasciando il suo incarico?
A scorrere l’elenco si direbbe cose di poco valore che nessuno, probabilmente, avrebbe saputo bene dove collocare in casa. Ecco alcuni esempi tratti dal censimento. Nella lista figura un colorito piatto con annesso “vestito locale” gentilmente offerto dal presidente del Ghana Mahama, nel luglio 2015. Un modellino della Turkish Airlines, una scultura dei “Carabinieri nella tormenta”, una ciotola blu cobalto, un portacandele in legno di artigianato locale offerto dal primo ministro serbo, scatola con sei bicchieri in argento di produzione azera. Tutti “devoluti a fini istituzionali”, ma ancora lì a ingombrare depositi e quadreria del secondo piano della Segreteria generale della Presidenza al civico 96 di via Mercede. Non si capisce a che scopo abbia lasciato anche un poco commerciabile “Ritratto del presidente Matteo Renzi” calorosamente donato dal presidente della Repubblica del Congo in occasione di uno dei primi viaggi del fiorentino nei panni di premier. Il suo ritratto non lo vuole neanche lui, la sua passione – si è capito – è per altre cose. E se le tiene strette.

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