Il tracollo del Pd deriva non dall’essere il partito “amico dei potenti”, ma dall’aver perso per strada il suo popolo. La sentenza di Enrico Mentana sulla crisi, forse irreversibile, del Partito democratico è spietata. I rapporti con i Benetton o con gli industriali c’entrano solo marginalmente.
“Il problema – spiega il direttore del TgLa7 al Fatto quotidiano – è se la sinistra mantiene i rapporti con gli imprenditori ma nel frattempo perde per strada operai, insegnanti e il ceto medio”. Un momento di rottura forte c’è stato nel 2014, con Matteo Renzi: “La sua idea di modernità si sposava più con Confindustria che con Susanna Camusso, però non dimentichiamo che Renzi alle Europee ha portato il Pd al 40%: non mi sembra si possa dire che gli italiani volevano un Partito degli affari”. Per vent’anni il centrosinistra e il mondo imprenditoriale che non voleva Silvio Berlusconi al governo hanno cercato e trovato una legittimazione reciproca: “Quando Alessandro Profumo e Corrado Passera sostenevano Romano Prodi alle primarie il tema non si poneva. Il problema, semmai, è che c’ è stato un divorzio sentimentale tra il Pd e la sua base”. Esempio perfetto, la riforma della Buona Scuola di Renzi, riuscito nel “capolavoro di fare 150mila assunzioni scontentando allo stesso tempo i nuovi assunti – che venivano mandati lontano da casa – e tutti quelli che erano rimasti fuori dal programma”.
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