In un articolo sul sito economico voxeu.org, Boeri e il prof. Pietro Garibaldi dell’8 settembre 2016 prendevano in esame proprio gli effetti della riforma Fornero, arrivata dopo un decennio in cui il tasso di occupazione sono rimasti invariati sia per la fascia di età tra i 55 e i 64 anni, il 45%, che per la fascia 15-24, il 12%. L’età di pensionamento invece aumentava, con il picco toccato con la Fornero che ha spostato di almeno cinque anni, per alcune categorie, l’ingresso alla pensione. Nella simulazione dei due economisti, appare evidente come man mano che l’età di pensionamento aumenti, si riduca drasticamente la domanda di lavoro giovanile.
E mentre oggi Boeri non nasconde le sue preoccupazioni per i conti pubblici davanti alla legge di Bilancio del governo e le stime sul rapporto deficit/Pil, nel 2016 invocava regole fiscali più flessibili, come sperato nella riforma del patto di stabilità del 2005. All’epoca si teorizzava che un deterioramento di breve periodo del deficit di bilancio poteva essere tollerato se, intanto, un governo riducesse le sue passività a lungo termine. Certo la necessità è quella di calcolare il sistema previdenziale interamente con il metodo contributivo, penalizzando le richieste di pensionamento anticipato rispetto ai requisiti minimi, e tagliando le pensioni che oggi definiremmo d’oro, che superano gli 80-85mila euro all’anno. I punti in comune della teoria di Boeri con il piano sulle pensioni dell’attuale governo erano tantissimi, eppure oggi la memoria sembra assistere poco il presidente dell’Inps. Di sicuro è strano come Boeri sia riuscito a cambiare idea, proprio quando è cambiato il colore del governo in carica: i sospetti che le accuse di Matteo Salvini sui suoi interventi viziati da impegno politico siano sempre più dimostrati dalla realtà dei fatti.
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