martedì 13 febbraio 2018
La paura di Fassino: “Se continuiamo così consegneremo l’Italia a Grillo e al Movimento Cinque Stelle”
Piero Fassino
di Monica Setta
"Non è per me, io non cerco poltrone. Ma qui è in gioco il futuro del paese e proseguendo di questo passo finiremo per consegnare l'Italia nelle mani dei 5 stelle". Piero Fassino ha fatto una toccata e fuga da Torino a Roma, è stato visto a Montecitorio quando -solo 48 ore fa-il suo nome era quello più accreditato per occupare la poltrona di ministro degli Affari esteri. Dicono che lo volesse Paolo Gentiloni, che fossero d'accordo anche Mattarella e Renzi, ignari che l'appoggio di Angelino Alfano al nuovo esecutivo avrebbe avuto un prezzo molto più alto di quanto fosse stato fissato al tavolo delle contrattazioni del Quirinale. Responsabile della politica estera dell'ex PCI già membro della commissione esteri della Camera, Fassino è considerato dalla prima vittoria dell'Ulivo del 1996, l'uomo giusto per la Farnesina.
"Ehi Piero, i generali ti vogliono" gli disse Massimo D'Alema all'indomani della vittoria elettorale di 20 anni fa. Sembrava fatta ma Lamberto Dini-presidente del consiglio uscente-manifesta il desiderio di occupare quella poltrona. Prodi, Veltroni e D'Alema hanno effettivamente verso di lui un debito di riconoscenza per come in tutto il 1995 ha tenuto la barra ferma del governo, incurante delle bordate, anche molto violente, di Berlusconi. Domenica scorsa quando dal Colle fanno sapere che Fassino è la prima scelta, l'ex segretario dei Ds non ci crede davvero fino in fondo. Davanti a lui ecco il fantasma di due decenni fa. Lo racconta lui stesso che cosa successe allora. "Mi cerca D'Alema e mi chiede con qualche imbarazzo il sacrificio di entrare nel primo governo Prodi come sottosegretario agli Esteri. Nessuno dei ministri che hanno voce in questo campo è assegnato al partito (all'epoca Pds, ndr) perciò la mia presenza è importante per noi. Accetto. Non me ne sono mai pentito perché quei tre anni alla Farnesina saranno per me una straordinaria esperienza". Anche stavolta Piero- raccontano al Nazareno- si sarebbe messo a disposizione della "causa politica" senza mai usare trucchi o trappole o ancora astuzie del mestiere.
Ma Fassino resta un comunista (o post comunista e per fortuna!) mentre stavolta con il tandem democristiano Mattarella-Renzi vince la componente 'bianca' dell'ex Ulivo, quel che resta della Margherita. Ecco in sella alla Farnesina il siciliano Alfano -e pazienza se la Rete ironizza sul suo inglese e le presunte competenze in materia- dentro l'ex popolare Dario Franceschini, Anna Finocchiaro (grande amica e sodale della Boschi) o Valeria Fedeli che sfila il posto a Stefania Giannini ex ministro dell'Istruzione senza 'copertura' politica e dunque unica esclusa dal governo-fotocopia di Gentiloni che ha accolto perfino Marianna Madia moglie del produttore Mario Gianani socio nella Wildside di Lorenzo Mieli, figlio di Paolo, eterno manovratore della sinistra italiana. A sentire i compagni come Livia Turco chi non ha voluto un "comunista" al Quirinale sarebbe stato addirittura Pierluigi Bersani che così facendo ha aperto la strada al mite Mattarella, uomo di leggi e protocolli, asettico ma efficace.La sua gestione della crisi è stata veloce e "politica": la collocazione di Alfano agli Esteri appare meno drammatica perché compensata dalla conventio ad escludendum di Denis Verdini e di Ala.
D'altronde il conte Gentiloni Silverj non si sarebbe mai sporcato le mani con la politica verdiniana di "carne e sangue" preferendo - cosa che ha puntualmente fatto-la "ragion di Stato" (o di Renzi, come sussurrano a Palazzo Chigi) ossia il cambiare affinché gattopardescamente nulla cambi mai davvero. Oggi sul suo governo piovono epiteti di cui il meno pesante è "impresentabile", gli stessi militanti del Pd minacciano di strappare la tessera."È un suicidio, ma Renzi ha capito o no che ha perso il referendum o vive nelle nuvole?" si chiede Paolo D'Agostino, 56 anni ed una militanza nella sinistra da quando votò la prima volta negli anni 80 il partito di Enrico Berlinguer. Fassino è arrabbiato invece per le conseguenze che potrebbe avere questa scelta. "Più andiamo avanti così, più cresce l'area della protesta dei Grillini che sarà un guaio per tutti" dice l'ex sindaco di Torino a Tiscali.it. Ma il bello di Piero è che lui alla politica ci crede davvero, è uno che lavora per gli ideali non per il vitalizio.
Non serba rancore, anzi conferma di essere pronto a rimboccarsi le maniche per lavorare all'alternativa Pd ad una travolgente avanzata di Grillo. Dietro gli occhiali leggeri, una ruga diventata un solco fa capire che la notte è stata insonne. Dopo la sconfitta a Torino che ha visto avanzare Chiara Appendino sarebbe ripartito dalla Farnesina che è il vero amore della sua vita. Una volta ad una giornalista amica che aveva ricevuto un'offerta in America disse così "Gli esteri sono la mia passione..io partirei subito, sono anni che giro il mondo ma non mi stanco mai di scoprire culture e mondi diversi. Bisogna lavorare per la pace e prima ancora per l'integrazione". Ora che parla dei suoi viaggi, il tono si fa meno abrasivo e lentamente Fassino confessa che la nuova sconfitta brucia sempre meno. Il suo viaggio politico continua, non lo spaventa la fatica del cammino. Perché, aggiunge Piero, non si è mai soli "quando le idee sono buone e le si vive con passione". Possiamo infine fare gli auguri ad Alfano? Certo, buon lavoro ministro. Firmato, Fassino, senza rancore.
Fonte: http://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/fassino-pd-5stelle/
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