Associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, alla turbativa d’asta, al peculato e al falso in atto pubblico, sono queste le accuse che hanno spinto i magistrati genovesi, competenti a indagare sui colleghi con sede in Toscana, ad arrestare Bufo e altre sei persone. Ieri mattina i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni su richiesta del pm Francesco Cardona. Dalle carte dell’inchiesta emerge un giro di “mazzette” che ruotava attorno all’assegnazione di immobili all’asta. Secondo il gip «la giustizia di Zorro» citata da Bufo si sarebbe basata su un concetto piuttosto semplice. Per metterla in pratica «si doveva distogliere dalla loro naturale destinazione erariale somme derivanti dalla gestione delle eredità giacenti, dalla vendita di compendi ereditari e dalla rendicontazione delle amministrazioni di sostegno».
Oltre a Bufo, sono finiti in carcere Roberto Ferrandi, incaricato alle vendite giudiziarie per il tribunale di Massa, e sua figlia Francesca, avvocatessa di 29 anni e tutore per le amministrazioni di sostegno con nomina specifica del tribunale di Pisa. Con loro anche Oberto Cecchetti, settantenne, ex giudice di pace e imprenditore con interessi anche alla Spezia nel settore alberghiero: sarebbe stato «disponibile ad assumere il ruolo di creditore fittizio dei compendi ereditari affidati al legale Ferrandi».
Della cricca avrebbe fatto parte anche l’architetto Luca Paglianti (ai domiciliari) «amico di Bufo, da questi nominato perito per la valutazione degli immobili». Gli investigatori sono convinti che il gruppo avrebbe «occultato il ricavato delle vendite […] distogliendo inoltre una parte fittiziamente rappresentata come debiti della massa ereditaria».
Ai domiciliari, ma con un ruolo marginale rispetto ai presunti componenti della cricca, ci sono inoltre Virgilio Luvisotti dell’Istituto vendite Giudiziarie e già consigliere regionale toscano ed esponente di Alleanza Nazionale e il braccio destro Giovanni Avino.
Sono tre gli episodi di corruzione attribuiti a Bufo. Nel primo avrebbe consegnato «un’imprecisata somma di denaro a Roberto Ferrandi, nonché prometteva ulteriori somme di denaro (la somma di 5 mila euro per l’aggiudicazione dell’asta relativa a un immobile sito in Podenzana) e nominava, in qualità di giudice del tribunale di Pisa, la figlia di Ferrandi, Francesca, amministratrice e curatrice di eredità giacenti». Gli inquirenti sono convinti che Bufo almeno in alcuni si sarebbe aggiudicato alcuni immobili all’asta utilizzando «prestanome» e «ponendo in essere condotte di dissuasione degli altri possibili concorrenti interessati agli stessi immobili».
In più, da giudice del tribunale di Pisa avrebbe liquidato importi di spese mai sostenute chiesti sempre dall’amministratrice di sostegno Ferrandi dal perito Paglianti. Poi, sempre nella veste di magistrato avrebbe «ritardato un atto del proprio ufficio […]per aver favorito una parte di una procedura esecutiva[…] di vendita di un’imbarcazione» dietro la promessa di una Mercedes Clk, ancorché usata. Infine avrebbe affidato alcuni incarichi con l’accordo di ricevere parte dei compensi. Bufo, difeso dagli avvocati Alessandro Civitillo e Federico Fontana, oggi si trova nel carcere di Massa.
Mi auguro che i secondini del carcere abbiano buttato via la chiave dopo averlo chiuso in gabbia!
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