Londra smaschera Romano Prodi: “Collaborava con i servizi sovietici”
La vituperata commissione parlamentare d’inchiesta Mitrokhin istituita nel 2002 per indagare sui rapporti tra i servizi segreti sovietici e i politici italiani sta rifiorendo a Londra. Dove sono stati depositati gran parte dei documenti raccolti in Italia e sono state rese pubbliche, senza troppi distinguo, le accuse contro Romano Prodi. Il tutto all’interno di quella che gli inglesi considerano l’inchiesta (inquiry) del secolo: quella che indaga sull’uccisione con il polonio radioattivo dell’ex colonnello russo del Kgb e del Fsb Aleksandr Litvinenko, avvenuta nel novembre del 2005. L’«inquiry» è un procedimento speciale in cui il giudice dell’Alta Corte sir Robert Owen ha pieno accesso ai segreti di Stato; è stata disposta dal Guardasigilli inglese per investigare sulle responsabilità del governo russo e dei suoi servizi segreti in questo omicidio.
L’AUDIO-INTERVISTA
Gli inglesi hanno desecretato anche l’audio-intervista del 2004 concessa alla commissione dall’ex spia e ne hanno pubblicato una traduzione sul sito della «Litvinenko inquiry». Uno dei temi del colloquio è la famosa seduta spiritica a cui l’ex premier avrebbe partecipato durante il sequestro da parte delle Brigate rosse di Aldo Moro e in cui uno spirito avrebbe indicato alcuni toponimi. «Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli» disse Prodi alla commissione Moro nel 1981. «Nessuno ci ha badato: poi in un atlante abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno sapeva qualcosa, e, visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa». Ma Gradoli era anche la via in cui si trovava uno dei covi utilizzati dai sequestratori del presidente della Dc. Grazie all’inchiesta londinese possiamo leggere l’opinione di Litvinenko sulla versione di Prodi (la traduzione è quella letterale dell’interprete): «Primo o lui è stato di persona in questo appartamento, poi poteva avere questa informazione da testimoni, ma questo è poco probabile non penso che i terroristi lasciano i testimoni vivi. Oppure poteva avere l’informazione direttamente da persone che hanno commesso questo crimine, oppure lui ha ricevuto questa informazione dal Kgb che aveva l’intenzione di spingerlo sopra nella carriera e hanno dato, hanno regalato, presentato a lui questa informazione per tenerlo in seguito come un ostaggio da questa informazione». In pratica Litvinenko sostiene di non credere che l’ex presidente della commissione europea abbia saputo l’indirizzo del covo da un fantasma, ma che è molto più probabile che quell’informazione l’abbia ricevuta dai servizi segreti sovietici.
Nello stesso capitolo Litvinenko parla anche dei rapporti della Olivetti di Carlo De Benedetti con l’Unione sovietica. Dopo qualche mese i giornalisti di Repubblica (edita dallo stesso De Benedetti) raggiunsero Litvinenko a Londra per raccogliere questa chiosa: «Osservai soltanto che, se volevano (quelli della Mitrokhin ndr) il mio parere di esperto, era poco credibile che Prodi avesse appreso la notizia durante una seduta spiritica e che sicuramente il Kgb aveva seguito il sequestro provando ad acquisire informazioni. Io non avevo e non ho nessun tipo di prove su Prodi». Ma per il consulente della Mitrokhin, Mario Scaramella, ex giudice onorario ed esperto di pirateria nel Corno d’Africa, c’è differenza tra le dichiarazioni alla commissione e quelle più prudenti a Repubblica: «Le prime furono audio registrate le seconde solo appuntate su un block notes». Eppure nel libro-intervista realizzato con Marco Damilano («Missione incompiuta»), Prodi ha seppellito il lavoro della Mitrokhin con queste parole: «L’assurdità delle accuse venne presto dimostrata, ma mi resta ancora oggi da capire chi ha sostenuto le ingentissime spese che sono state necessarie per imbastire documenti e testimonianze false in giro per il mondo». Ora questi documenti e queste testimonianze «false» sono state pubblicate su un sito governativo inglese alla voce «prove».
Scaramella a Londra ha collaborato su base volontaria, gli inquirenti gli hanno riservato due udienze pubbliche e il 27 marzo scorso il giudice Owen gli ha fatto recapitare il suo ringraziamento personale per «l’utile» collaborazione. Sarà per questo che i Queen’s counsels, gli avvocati della regina, il 18 marzo scorso, hanno ricostruito in aula il suo curriculum e le vicende che gli sono costate diversi guai giudiziari in Italia, senza mettere in dubbio la sua versione.
Scaramella nella Mitrokhin era l’esperto con delega al reperimento delle prove all’estero e alla gestione dei contatti con gli ex ufficiali del Kgb, Litvinenko compreso. Dalla sua viva voce ha raccolto in due anni 120 pagine di testimonianza scritta, una trentina di ore di file audio e due ore di videoriprese. Tra i file consultabili sul sito dell’«inquiry» ce n’è uno del 13 febbraio 2004, siglato «lug000092», in cui si legge: «Io (Litvinenko ndr) chiedo che questa informazione rimanga confidenziale siccome l’ho ricevuta da un ufficiale di alto rango del Fsb (…) e lui potrebbe essere ucciso come traditore. Tra le cose che mi ha rivelato c’è che Romano Prodi, il presidente della Commissione europea, è una persona legata al Kgb». L’informazione l’avrebbe ricevuta il 20 settembre del 2000, prima di fuggire in Italia per raggiungere il fratello Maksim. La fonte di Litvinenko lo sconsigliò di andare in Germania e Italia dove c’erano molti ex agenti di Kgb «nel governo di quei paesi e avrebbero dato una mano a punirlo». L’ex colonnello chiese chi fossero quegli ex agenti nei posti chiave e l’interlocutore rispose: «Ti dirò giusto il nome di uno dei nostri che in questo momento è il presidente della commissione europea e si chiama Romano Prodi: questa informazione è abbastanza per te? (…) In Italia il Kgb collaborava con lui per questioni altamente confidenziali, perciò io non andrei in Italia per nessuno motivo». La fonte era Anatoly Trofimov, vicedirettore dell’Fsb, capo dell’ufficio moscovita. Morirà due anni dopo, nel 2006, in circostanze non del tutto chiarite.
Scaramella ha depositato a Londra anche una lettera di scuse dell’ex colonello del Kgb Oleg Gordievsky, che lo aveva coperto di insulti in un’intervista a Repubblica: «Le mie parole furono male interpretate e tradotte in modo errato in lingua italiana» si legge nell’epistola. Gordievsky rilasciò anche un’intervista all’ex presidente della commissione Mitrokhin Paolo Guzzanti dai contenuti espliciti: «Quando ero a Mosca fra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta, Prodi era popolarissimo nel Kgb perché era più o meno sempre pro Unione Sovietica. Il Kgb non arruolava mai iscritti al partito comunista perché era proibito, ma sempre persone orientate a sinistra non comuniste, con una predilezione per i professori universitari e coloro che potevano orientare l’opinione pubblica».
Gli inquirenti inglesi hanno posto diverse domande su Prodi a Scaramella. Il 25 febbraio l’avvocato della regina si è rivolto così all’ex consulente napoletano: «Abbiamo visto un po’ del materiale raccolto durante le indagini della commissione in base al quale Prodi sarebbe stato un agente della Federazione russa. È corretto?». Scaramella ha inizialmente tergiversato («questa è una parte sensibile del lavoro che abbiamo condotto»), ma nell’udienza successiva ha risposto: «Litvinenko presentò questa come l’informazione più importante in suo possesso, tanto da dire: “Stop, ora fuori gli interpreti. Io devo spiegarle perché sono un po’ timoroso per questa collaborazione con l’Italia. La ragione è questa”. E poi, un po’ per volta, mi diede altre informazioni». Nell’aula della gotica Royal courts a pochi passi da Trafalgar square l’esiliato ceceno Akhmed Zakayev ha dovuto ammettere di essersi inventato pesanti accuse contro Scaramella e l’ex istruttore di lingue del Kgb Evgheniy Limarev, vecchia fonte di Repubblica («probabilmente da prima di conoscere Scaramella» ha ammesso Limarev), non ha potuto negare l’invio di documenti riservati alla commissione.
IL GIUDIZIO
Al termine delle udienze pubbliche abbiamo chiesto agli inquirenti un giudizio su Scaramella. Mike Wicksteed il responsabile dei rapporti con la stampa della «Litvinenko inquiry» ci ha risposto così: «Non possiamo fare commenti sulle dichiarazioni di un testimone. Per giudizi di questa natura bisognerà aspettare fino a quando il presidente della corte depositerà il suo rapporto a fine anno». Nel frattempo i documenti e le «false» testimonianze della Mitrokhin su Prodi sono diventate di pubblico dominio sul sito governativo. Senza alcuna censura. Tuttavia Prodi non ha perso il gusto per la battuta e in «Missione incompiuta» ha bofonchiato: «L’affare Mitrokhin è stata una vicenda (…) assurda, tanto che Vladimir Putin (ex 007 sovietico ndr) mi disse ridendo: “Avresti dovuto dirmi che eri del Kgb: avremmo potuto fare un sacco di cose assieme”». Forse per recuperare il tempo perduto nel 2013 lo stesso Putin ha scelto, un po’ a sorpresa, Prodi come consulente del Cremlino per il G8 di Sochi.
La vituperata commissione parlamentare d’inchiesta Mitrokhin istituita nel 2002 per indagare sui rapporti tra i servizi segreti sovietici e i politici italiani sta rifiorendo a Londra. Dove sono stati depositati gran parte dei documenti raccolti in Italia e sono state rese pubbliche, senza troppi distinguo, le accuse contro Romano Prodi. Il tutto all’interno di quella che gli inglesi considerano l’inchiesta (inquiry) del secolo: quella che indaga sull’uccisione con il polonio radioattivo dell’ex colonnello russo del Kgb e del Fsb Aleksandr Litvinenko, avvenuta nel novembre del 2005. L’«inquiry» è un procedimento speciale in cui il giudice dell’Alta Corte sir Robert Owen ha pieno accesso ai segreti di Stato; è stata disposta dal Guardasigilli inglese per investigare sulle responsabilità del governo russo e dei suoi servizi segreti in questo omicidio.
L’AUDIO-INTERVISTA
Gli inglesi hanno desecretato anche l’audio-intervista del 2004 concessa alla commissione dall’ex spia e ne hanno pubblicato una traduzione sul sito della «Litvinenko inquiry». Uno dei temi del colloquio è la famosa seduta spiritica a cui l’ex premier avrebbe partecipato durante il sequestro da parte delle Brigate rosse di Aldo Moro e in cui uno spirito avrebbe indicato alcuni toponimi. «Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli» disse Prodi alla commissione Moro nel 1981. «Nessuno ci ha badato: poi in un atlante abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno sapeva qualcosa, e, visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa». Ma Gradoli era anche la via in cui si trovava uno dei covi utilizzati dai sequestratori del presidente della Dc. Grazie all’inchiesta londinese possiamo leggere l’opinione di Litvinenko sulla versione di Prodi (la traduzione è quella letterale dell’interprete): «Primo o lui è stato di persona in questo appartamento, poi poteva avere questa informazione da testimoni, ma questo è poco probabile non penso che i terroristi lasciano i testimoni vivi. Oppure poteva avere l’informazione direttamente da persone che hanno commesso questo crimine, oppure lui ha ricevuto questa informazione dal Kgb che aveva l’intenzione di spingerlo sopra nella carriera e hanno dato, hanno regalato, presentato a lui questa informazione per tenerlo in seguito come un ostaggio da questa informazione». In pratica Litvinenko sostiene di non credere che l’ex presidente della commissione europea abbia saputo l’indirizzo del covo da un fantasma, ma che è molto più probabile che quell’informazione l’abbia ricevuta dai servizi segreti sovietici.
Gli inglesi hanno desecretato anche l’audio-intervista del 2004 concessa alla commissione dall’ex spia e ne hanno pubblicato una traduzione sul sito della «Litvinenko inquiry». Uno dei temi del colloquio è la famosa seduta spiritica a cui l’ex premier avrebbe partecipato durante il sequestro da parte delle Brigate rosse di Aldo Moro e in cui uno spirito avrebbe indicato alcuni toponimi. «Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli» disse Prodi alla commissione Moro nel 1981. «Nessuno ci ha badato: poi in un atlante abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno sapeva qualcosa, e, visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa». Ma Gradoli era anche la via in cui si trovava uno dei covi utilizzati dai sequestratori del presidente della Dc. Grazie all’inchiesta londinese possiamo leggere l’opinione di Litvinenko sulla versione di Prodi (la traduzione è quella letterale dell’interprete): «Primo o lui è stato di persona in questo appartamento, poi poteva avere questa informazione da testimoni, ma questo è poco probabile non penso che i terroristi lasciano i testimoni vivi. Oppure poteva avere l’informazione direttamente da persone che hanno commesso questo crimine, oppure lui ha ricevuto questa informazione dal Kgb che aveva l’intenzione di spingerlo sopra nella carriera e hanno dato, hanno regalato, presentato a lui questa informazione per tenerlo in seguito come un ostaggio da questa informazione». In pratica Litvinenko sostiene di non credere che l’ex presidente della commissione europea abbia saputo l’indirizzo del covo da un fantasma, ma che è molto più probabile che quell’informazione l’abbia ricevuta dai servizi segreti sovietici.
Nello stesso capitolo Litvinenko parla anche dei rapporti della Olivetti di Carlo De Benedetti con l’Unione sovietica. Dopo qualche mese i giornalisti di Repubblica (edita dallo stesso De Benedetti) raggiunsero Litvinenko a Londra per raccogliere questa chiosa: «Osservai soltanto che, se volevano (quelli della Mitrokhin ndr) il mio parere di esperto, era poco credibile che Prodi avesse appreso la notizia durante una seduta spiritica e che sicuramente il Kgb aveva seguito il sequestro provando ad acquisire informazioni. Io non avevo e non ho nessun tipo di prove su Prodi». Ma per il consulente della Mitrokhin, Mario Scaramella, ex giudice onorario ed esperto di pirateria nel Corno d’Africa, c’è differenza tra le dichiarazioni alla commissione e quelle più prudenti a Repubblica: «Le prime furono audio registrate le seconde solo appuntate su un block notes». Eppure nel libro-intervista realizzato con Marco Damilano («Missione incompiuta»), Prodi ha seppellito il lavoro della Mitrokhin con queste parole: «L’assurdità delle accuse venne presto dimostrata, ma mi resta ancora oggi da capire chi ha sostenuto le ingentissime spese che sono state necessarie per imbastire documenti e testimonianze false in giro per il mondo». Ora questi documenti e queste testimonianze «false» sono state pubblicate su un sito governativo inglese alla voce «prove».
Scaramella a Londra ha collaborato su base volontaria, gli inquirenti gli hanno riservato due udienze pubbliche e il 27 marzo scorso il giudice Owen gli ha fatto recapitare il suo ringraziamento personale per «l’utile» collaborazione. Sarà per questo che i Queen’s counsels, gli avvocati della regina, il 18 marzo scorso, hanno ricostruito in aula il suo curriculum e le vicende che gli sono costate diversi guai giudiziari in Italia, senza mettere in dubbio la sua versione.
Scaramella nella Mitrokhin era l’esperto con delega al reperimento delle prove all’estero e alla gestione dei contatti con gli ex ufficiali del Kgb, Litvinenko compreso. Dalla sua viva voce ha raccolto in due anni 120 pagine di testimonianza scritta, una trentina di ore di file audio e due ore di videoriprese. Tra i file consultabili sul sito dell’«inquiry» ce n’è uno del 13 febbraio 2004, siglato «lug000092», in cui si legge: «Io (Litvinenko ndr) chiedo che questa informazione rimanga confidenziale siccome l’ho ricevuta da un ufficiale di alto rango del Fsb (…) e lui potrebbe essere ucciso come traditore. Tra le cose che mi ha rivelato c’è che Romano Prodi, il presidente della Commissione europea, è una persona legata al Kgb». L’informazione l’avrebbe ricevuta il 20 settembre del 2000, prima di fuggire in Italia per raggiungere il fratello Maksim. La fonte di Litvinenko lo sconsigliò di andare in Germania e Italia dove c’erano molti ex agenti di Kgb «nel governo di quei paesi e avrebbero dato una mano a punirlo». L’ex colonnello chiese chi fossero quegli ex agenti nei posti chiave e l’interlocutore rispose: «Ti dirò giusto il nome di uno dei nostri che in questo momento è il presidente della commissione europea e si chiama Romano Prodi: questa informazione è abbastanza per te? (…) In Italia il Kgb collaborava con lui per questioni altamente confidenziali, perciò io non andrei in Italia per nessuno motivo». La fonte era Anatoly Trofimov, vicedirettore dell’Fsb, capo dell’ufficio moscovita. Morirà due anni dopo, nel 2006, in circostanze non del tutto chiarite.
Scaramella ha depositato a Londra anche una lettera di scuse dell’ex colonello del Kgb Oleg Gordievsky, che lo aveva coperto di insulti in un’intervista a Repubblica: «Le mie parole furono male interpretate e tradotte in modo errato in lingua italiana» si legge nell’epistola. Gordievsky rilasciò anche un’intervista all’ex presidente della commissione Mitrokhin Paolo Guzzanti dai contenuti espliciti: «Quando ero a Mosca fra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta, Prodi era popolarissimo nel Kgb perché era più o meno sempre pro Unione Sovietica. Il Kgb non arruolava mai iscritti al partito comunista perché era proibito, ma sempre persone orientate a sinistra non comuniste, con una predilezione per i professori universitari e coloro che potevano orientare l’opinione pubblica».
Gli inquirenti inglesi hanno posto diverse domande su Prodi a Scaramella. Il 25 febbraio l’avvocato della regina si è rivolto così all’ex consulente napoletano: «Abbiamo visto un po’ del materiale raccolto durante le indagini della commissione in base al quale Prodi sarebbe stato un agente della Federazione russa. È corretto?». Scaramella ha inizialmente tergiversato («questa è una parte sensibile del lavoro che abbiamo condotto»), ma nell’udienza successiva ha risposto: «Litvinenko presentò questa come l’informazione più importante in suo possesso, tanto da dire: “Stop, ora fuori gli interpreti. Io devo spiegarle perché sono un po’ timoroso per questa collaborazione con l’Italia. La ragione è questa”. E poi, un po’ per volta, mi diede altre informazioni». Nell’aula della gotica Royal courts a pochi passi da Trafalgar square l’esiliato ceceno Akhmed Zakayev ha dovuto ammettere di essersi inventato pesanti accuse contro Scaramella e l’ex istruttore di lingue del Kgb Evgheniy Limarev, vecchia fonte di Repubblica («probabilmente da prima di conoscere Scaramella» ha ammesso Limarev), non ha potuto negare l’invio di documenti riservati alla commissione.
IL GIUDIZIO
Al termine delle udienze pubbliche abbiamo chiesto agli inquirenti un giudizio su Scaramella. Mike Wicksteed il responsabile dei rapporti con la stampa della «Litvinenko inquiry» ci ha risposto così: «Non possiamo fare commenti sulle dichiarazioni di un testimone. Per giudizi di questa natura bisognerà aspettare fino a quando il presidente della corte depositerà il suo rapporto a fine anno». Nel frattempo i documenti e le «false» testimonianze della Mitrokhin su Prodi sono diventate di pubblico dominio sul sito governativo. Senza alcuna censura. Tuttavia Prodi non ha perso il gusto per la battuta e in «Missione incompiuta» ha bofonchiato: «L’affare Mitrokhin è stata una vicenda (…) assurda, tanto che Vladimir Putin (ex 007 sovietico ndr) mi disse ridendo: “Avresti dovuto dirmi che eri del Kgb: avremmo potuto fare un sacco di cose assieme”». Forse per recuperare il tempo perduto nel 2013 lo stesso Putin ha scelto, un po’ a sorpresa, Prodi come consulente del Cremlino per il G8 di Sochi.
Al termine delle udienze pubbliche abbiamo chiesto agli inquirenti un giudizio su Scaramella. Mike Wicksteed il responsabile dei rapporti con la stampa della «Litvinenko inquiry» ci ha risposto così: «Non possiamo fare commenti sulle dichiarazioni di un testimone. Per giudizi di questa natura bisognerà aspettare fino a quando il presidente della corte depositerà il suo rapporto a fine anno». Nel frattempo i documenti e le «false» testimonianze della Mitrokhin su Prodi sono diventate di pubblico dominio sul sito governativo. Senza alcuna censura. Tuttavia Prodi non ha perso il gusto per la battuta e in «Missione incompiuta» ha bofonchiato: «L’affare Mitrokhin è stata una vicenda (…) assurda, tanto che Vladimir Putin (ex 007 sovietico ndr) mi disse ridendo: “Avresti dovuto dirmi che eri del Kgb: avremmo potuto fare un sacco di cose assieme”». Forse per recuperare il tempo perduto nel 2013 lo stesso Putin ha scelto, un po’ a sorpresa, Prodi come consulente del Cremlino per il G8 di Sochi.
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